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Autore: Bec Hale    11/01/2009    11 recensioni
“Cosa?” domandai, delicata, nascondendo la mia curiosità. “C’è qualcosa che devi dirmi?” chiesi speranzosa, sorridendo e puntellandomi su un gomito.
“Ehm …” tentennò Jacob, seguendomi e fissando le onde del mare di La Push infrangersi sul bagnasciuga per poi ritirarsi, lasciando una scia schiumosa.
Fece per dire qualcosa, ma richiuse la bocca velocemente. “No, nulla.” disse infine, sospirando e irrigidendo la mascella, quasi fosse afflitto.
Sospirai, delusa. Non ero abbastanza coraggiosa da fare il primo passo, e se non lo faceva lui …
Ma magari non gli interessavo. Magari l’aveva usato come un pretesto gentile per rifiutarmi, senza urtare i miei sentimenti.
~
Un modo come un altro per dire: sono tornata - purtroppo per voi xD
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jacob Black, Renesmee Cullen
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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~First




Osservavo la luce del tramonto di La Push illuminarmi la pelle facendola brillare piano, delicatamente. Non come il sole, ma come la luna.
Tentavo di concentrarmi sulle mie gambe strette dentro dei jeans - regalo di zia Alice - e sulle mie scarpe piuttosto che concedermi qualche occhiata fugace alla persona che mi stava accanto e osservava il mio braccio scoperto dalla maglia a maniche corte che portavo.
Quando sospirai impercettibilmente, sdraiandomi sulla sabbia morbida, compatta, attenta a mettermi in ombra per nascondere il mio pallido luccichio - se qualcuno mi avesse vista, avrei dovuto rispondere a non poche domande - Jacob Black mi seguì con un piccolo sorrisetto, facendosi un po’ più vicino e scatenando il mio solito rossore sulla guance, causato dall’imbarazzo e da quella dose di timidezza che - con mio grande fastidio e dispiacere - mi accompagnava sempre.
Lui mi accarezzò delicatamente, partendo dalla spalla e arrivando al polso e lasciando una scia rovente, ma non dovuta al calore della sua pelle. Era il semplice contatto con lui a incendiarmi, a infuocarmi e a riscaldarmi lentamente, come un fuoco acceso in un casolare d’inverno.
“Ti dò fastidio?” chiese divertito, osservando la mia reazione sulla mia pelle e notando la pelle d’oca.
“No” farfugliai. Mi davo fastidio da sola, per la facilità con cui riuscivo a mettere in bella mostra i miei sentimenti.
Lui sorrise e continuò, mentre io, per distrarmi, ripensavo a tutti i pettegolezzi di cui mi riempivano le zie - e, anche se un po’ nelle retrovie, mia madre.
‘Sai, Renesmee, io ho dato il mio primo bacio a diciassette anni, a tuo padre. Questo ovviamente non ti deve mettere nessuna fretta, anzi, pensa a sistemarti più in avanti con queste cose, per il bene di tuo padre - e anche mio, sinceramente.’
Sbuffai.
Mio padre era sin troppo protettivo, a volte.
“A cosa pensi?” chiese Jacob, corrugando la fronte incuriosito. In fondo, per lui avevo sbuffato senza motivo.
“A … mio padre” risposi. “E a quanto è protettivo.” aggiunsi sorridendo.
Jacob, a sorpresa, sbuffò, smettendo di carezzarmi il braccio e alzando un sopracciglio scuro.
“Decisamente.” commentò. “Se non fosse stato per lui, avrei fatto una cosa molto pr-” s’interruppe, arrossendo impercettibilmente e scurendo appena appena la sua pelle color ruggine.
“Cosa?” domandai, delicata, nascondendo la mia curiosità. “C’è qualcosa che devi dirmi?” chiesi speranzosa, sorridendo e puntellandomi su un gomito.
“Ehm …” tentennò Jacob, seguendomi e fissando le onde del mare di La Push infrangersi sul bagnasciuga per poi ritirarsi, lasciando una scia schiumosa.
Fece per dire qualcosa, ma richiuse la bocca velocemente. “No, nulla.” disse infine, sospirando e irrigidendo la mascella, quasi fosse afflitto.
Sospirai, delusa. Non ero abbastanza coraggiosa da fare il primo passo, e se non lo faceva lui …
Ma magari non gli interessavo. Magari l’aveva usato come un pretesto gentile per rifiutarmi, senza urtare i miei sentimenti.
In un certo senso, mi sentivo rifiutata. Eppure il suo non era stato un rifiuto, anzi, non avevamo neppure affrontato l’argomento.
E quel rifiuto, quella sensazione che si stava annidando nel mio cuore di non essere la persona giusta per lui, scatenò la sensibilità del doppio filo che collegava i miei occhi al mio umore.
E dato che ora non ero al massimo della gioia - con il rifiuto che albergava nel cuore - sentii i miei occhi inumidirsi e tentai di nasconderlo coprendomi il viso con i capelli e creando un divisorio fra noi.
“Nessie?” chiese Jacob, sbalordito.
“Che fai, piangi?” domandò agitandosi. Scossi la testa, stando ben attenta a non far debordare le poche lacrime che mi sarei concessa, se fossi stata sola.
Peccato che come bugiarda non valessi neanche mezzo tubo - quindi Jacob intuì subito tutto e mi abbracciò da dietro, incastrando la mia testa fra il suo mento e la sua spalla.
“Non sto piangendo” protestai debolmente, mentre i lacrimoni battevano ritirata.
“Ah, no?” mormorò lui asciugandomi una lacrima solitaria.
“No.” risposi, tentando di impormi un tono deciso e dibattendomi un po’ fra le sue braccia, benché lungi da me fosse interrompere il contatto fra noi.
Lui ridacchiò e aumentò la presa.
“Sai, ti sconsiglierei una carriera ad Hollywood.”
“Come se ci stessi pensando!”
“Non si sa mai, nella vita.”
Sbuffai notando la sua solita risposta pronta e tentai di rilassare i muscoli. Se forse non gli piacevo, perché tenermi così stretta e farmi soffrire di più?
“Non mi hai ancora detto perché piangevi”, mormorò lui, delicato, posando il suo mento sulla mia testa.
“Non piangevo”, mi difesi automaticamente. “Mi era entrata qualcosa nell’occhio, sai com’è …” fossi stata libera, avrei accompagnato le mie parole facendo spallucce, ma dato che non lo ero - non che la cosa mi dispiacesse - mi accontentai di fare un piccolo movimento con la testa.
Lui allentò la stretta delle sue braccia attorno al mio corpo e sospirò.
“Ti devo di nuovo sconsigliare una carriera ad Hollywood?” mi stuzzicò, allontanandomi ancora un po’ per guardarmi negli occhi.
Abbassai subito i miei e scossi la testa. “Non ce n’è bisogno” mormorai afflitta.
“Allora mi spieghi cosa c’è, prima che io impazzisca? Sai, non sono tuo padre e non so leggere nel pensiero.” disse lui, frustrato. “Non ho nulla”, dissi svelta. “E tu, allora?” chiesi piccata. “Perché prima ti sei interrotto?”
Ora voglio proprio vedere cosa risponde, il furbacchione.
“Stavo solo dicendo che …” fece una pausa, imbarazzato, e tornò a guardarmi negli occhi. “Che con tuo padre davanti non potevo fare certe cose, tipo abbracciarti, ecco.” disse sulla difensiva.
Ridacchiai.
“Lo fai sempre, invece. E lui non ha mai detto nulla, né protestato vivacemente con tutti quanti quando te ne andavi. Trane una volta, però ...”
Jacob fece una faccia del genere mi-hai-beccato e sollevò le mani in segno di resa, abbandonando la presa attorno al mio corpo.
“Colpito e affondato” ghignò divertito.
“Non era questo che volevi dire, vero?” chiesi con aria da cospiratrice, tentando di nascondere la mia petulante curiosità. E probabilmente sperando in un sì.
“No, in effetti”
“Allora?”
“Be’ … quando c’è tuo padre, mi sarei trovato a disagio nel fare una cosa, ecco.” farfugliò, indeciso se quello che aveva appena rivelato fosse più o meno compromettente.
“Tipo?” sussurrai a mezza voce. Mi schiarii la gola, non capendo il motivo di tanta agitazione.
Non stava mica per dire davanti all’altare, che diamine.
Però nulla mi impedì di torturarmi le mani in grembo e di sentire il cuore battere a mille, cosa che probabilmente avvertiva anche lui e che mi metteva a disagio.
“Tipo questo.” disse lui con tono volutamente leggero, avvicinandosi velocemente al mio viso e rimanendo a pochi centimetri di distanza. Sobbalzai impercettibilmente, ma non mi mossi, elettrizzata. Sentivo la sua mano vicina alla mia e la sfiorai prima di ritrarre il braccio, quasi mi fossi scottata.
“Scusa” mormorò Jacob prima di annullare la distanza che ci separava e posare le sue labbra sulle mie.
Per quanto avessi immaginato una cosa del genere, per quanto l’avessi anche solo sognata, non pensavo che si sarebbe avverata.
Di solito ero brava ad interpretare i suoi gesti - le carezze sul braccio, le mani fra i miei capelli - ma quello non mi era famigliare, perché non gliel’avevo mai visto fare - tantomeno su di me.
Quindi, quando aveva piegato la testa di lato per metterla all’altezza della mia, ero pressoché intontita da fare qualunque movimento, anche allacciargli le mani attorno al collo come avevo visto nei film, troppo occupata a controllare le farfalle nello stomaco che diventavano sempre più agitate.
In fondo nessuno mi aveva dato un bacio, uno vero, di quelli fra un uomo e una donna. Quelli sulla testa, sulle guance che mi regalavano tutti non potevano di certo valere quanto un bacio di Jacob, che cercò di essere delicato, intrappolandomi senza fare forza il mio mento, mentre l’altra mano, che aveva risalito il braccio, era dietro la nuca.
Quando si allontanò - pochi secondi dopo - avvicinò la bocca al mio orecchio, quasi dispiaciuto.
“Spero non ti sia costato troppo.”
“No, anzi. Continua pure, se ti va.”
“No, sai com’è” scherzò lui. “Ci tengo alla mia vita, visto che ora ti devo riaccompagnare a casa da tuo padre leggi-pensieri-altrui-senza-ritegno.”
Risi con lui che mi strinse di nuovo al petto, questa volte senza imbarazzo.
“Era per questo che piangevi, prima?” chiese curioso, accarezzandomi lentamente i capelli e stringendomi un poco più forte a sé.
“Non proprio”, risposi imbarazzata. E, ovviamente, arrossii, sperando che non mi chiedesse altri dettagli.
“Quindi?” domandò invece lui, mentre con l’altra mano disegnava cerchi con il pollice sul dorso della mia, stretta alla sua.
“Be’ … mi sentivo rifiutata, ecco, quando tu hai detto di non avere niente da dire.” risposi rassegnata, certa che vuotare il sacco non mi avrebbe fatto male.
Sentii solo le guance bollenti, segno che ero arrossita un’altra volta. Maledissi il mio indesiderato imbarazzo.
Lui ridacchiò piano e sospirò sui miei capelli, mentre sentivo il suo respiro caldo gonfiarli uno ad uno e farmi venire la pelle d’oca sulla nuca.
“Sciocca, sciocca Nessie” sospirò, ma più che altro sembro quasi un sospiro di gioia.
“Come fai a pensare sciocchezze del genere, piccola?”
“Non sono sciocchezze” mormorai. “Non sono perfetta. Non mi stupirei se più di qualcuno mi odiasse.”
“Quel qualcuno se la dovrà vedere con me.” disse minaccioso. Trasalii - immaginando Jacob che tirava pugni in giro, e benché l’immagine apparisse quasi divertente, non mi piaceva - e lui ridacchiò, smascherando il suo scherzo.
“Scherzo, lo sai. Ma, sinceramente, Nessie! Come può qualcuno odiarti?”
“E che ne so” brontolai, stringendo un braccio al petto, avendo l’altro occupato.
“Non lo sai perché è impossibile.” disse deciso Jacob, sollevandomi il mento per far incrociare i nostri sguardi.
“Che tu ci creda o no, è vero.” aggiunse, baciandomi la tempia.
“Ti credo. E sai una cosa? Devo piangere più spesso.” disse calma, seria, in modo da non smascherare le mie intenzioni.
“E perché?” chiese lui sbalordito. “Non mi piace quando piangi, Ness. Mi fa male.”
Scossi la testa.
“Così mi baci più spesso, no?” dissi come se fosse un’ovvietà. Lui rise, sollevato, e portò di nuovo il suo viso a pochi centimetri dal mio.
Chiusi gli occhi, trepidante, ma sarebbe stato meglio prepararmi a un grido parecchio forte che mi frastornò.
“Ehi, Jake!” urlò qualcuno da lontano.
Jacob sospirò, frustrato, allontanandosi.
“Ho un’idea.” disse subito dopo. “Tu che hai delle sottospecie molto più corte di canini, vai da Quil e fai finta di aggredirlo, così ci lascia in pace.”
La mia risata cristallina invase di nuovo l’aria, mentre Jacob minacciava lui stesso di far fuori uno dei suoi migliori amici.



Angolo Autrice
Ci speravate, eh? E invece eccomi qui, a rompere le scatole come prima - se non di più, chi lo sa.
Purtroppo per voi, qualcosina l'ho scritta durante la mia assenza, quindi preparatevi xD
Be', che altro dire? Felice di essere tornata ^_^
  
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