Fanfic su artisti musicali > R5 (family band)
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Autore: Prato_Azzurro    17/06/2015    5 recensioni
Ross Lynch sembra il solito secchione che si incontra a scuola, un po' sbadato ed allegro.
Dentro di sè, però, ha un mondo; dietro i suoi occhi si celano... demoni.
I tagli si sarebbero visti di certo. Anche con tutto il fondotinta immaginabile avrebbe comunque dovuto entrare in acqua e Rydel non ne aveva nessuno resistente ad essa. [...]
- Cos’è? - chiese, accigliato.
- Cos’è cosa? - [...]
- Quel segno… appena sopra il tuo orologio. Lì, sul polso sinistro.

--
Spero vi piaccia, se recensite mi fate taaaanto felice :3
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Ross Lynch, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Importante: mi sono dimenticata che tra costa est e costa ovest il fuso orario cambia, per cui... prendetela un po' così e scusatemi tanto >.<

 

 

 

 

 

 

- Ryland, non puoi perderti la nascita di tua sorella! - gridò infuriato Ross dal suo telefono. - Come fai a non aver ancora preso l’aereo?

- Non è colpa mia! - era davvero dispiaciuto. - Davvero Ross, ti imploro perdono, imploro perdono a tutti! Ma non è colpa mia! C’è brutto tempo e l’aereo è in ritardo!

- Te lo avevo detto io: prendi l’aereo con papà! Ma no, tu hai voluto prenderlo da solo!

- Scusa Ross, ti prego perdonami.

Sospirò, cercando di cacciar via la rabbia. - Va bene, ho capito.

- Sei arrabbiato?

Diede un calcio ad un sassolino lì per terra. Fortuna che non ci fosse nessuno in quel momento lì fuori perché altrimenti lo avrebbe sentito lanciare insulti a qualunque cosa o persona o animale gli venisse in mente. Il posteggio era vuoto se non per una manciata di macchine dalla targa straniera.

- Sì, cazzo! Anche se non è colpa tua sono arrabbiato. - Prese un bel respiro. - Dio, la mamma sta partorendo proprio ora credo. Ryland, non hai idea di che agitazione.

Ridacchiò dall’altro capo del telefono. - Lo immagino, Shor. E’ arrivato l’aereo! - urlò così forte che quasi gli spaccò un timpano. - Vado, tu torna in ospedale, non mi aspettare all’aeroporto, che mi pare ci vogliano almeno due ore per tornare con il brutto tempo, se non di più.

Ross era confuso. - Come fai a tornare a casa? Non hai soldi altrimenti potresti chiedere ad un taxi. Ryland, mi sale l’ansia!

- Stai tranquillo, inspira ed espira. C’è con me un mio professore, sai, non potrei viaggiare da solo altrimenti! A quanto pare anche lui è di Los Angeles e sua moglie lo viene a prendere per portarmi.

Non era molto convinto: il professore poteva essere chiunque e poi poteva esserci un terrorista e poi…

Ma in fondo, si chiese dopo qualche istante, che scelta aveva? Si avviò verso la macchina correndo, quasi andando addosso ad un uomo sulla mezza età che aveva appena parcheggiato e si stava avviando all’interno dell’aeroporto. - Chi è questo professore?

- Il prof di Psicologia.

Sospirò. Proprio un tipo che gli sapeva troppo di losco? Stai calmo Ross. Stai calmo. Pensa ai coniglietti che brucano l’erba. Ma si dice brucano? Oh Dio santissimo.

- Okay.

- Okay cosa?

- Va bene RyRy, ora vado, grazie.

- E di cosa? - Sorrise, consapevole del fatto che il fratello non l’avrebbe potuto vedere.

- Perché almeno posso vedere la mia sorellina appena nata.

- Vorrei vederla anch’io.

Entrò nella 500, avviando il motore ed uscendo dal parcheggio dell’aeroporto. Era davvero grande e ci mise un po’ a tornare in autostrada per raggiugere l’ospedale dove si trovava la madre, poco lontano da lì.

- Appena arrivi lo vedrai.

- Okay. Ora devo andare. A dopo Ross!

­- A dopo, Ryland. Non credo l’avrei mai detto ma un po’ manchi.

- Anche tu mi sei mancato testa d’ananas. Appena mi vedrai mi dirai che sono abbronzato! Ciao!

- Ciao, a più tardi.

Pochi minuti dopo era nel posteggio dell’ospedale. Uscì dalla macchina in fretta e furia senza quasi nemmeno ricordarsi di chiudere la portiera. Fatto ciò si mise a correre il più veloce possibile; urtava chiunque a causa della sua agitazione.

Appena entrato vide suo nonno, il padre di suo padre, davanti alla ragazza della, per così dire, Reception.

Si avvicinò, tutto trafelato.

- E’ al primo piano, signore. Appena ci arriva, chieda a qualcuno che le saprà indicare quale stanza è. - Il nonno annuì col capo, per poi girarsi e vedere Ross di fianco a sé.

- Ross! Vieni, andiamo, tua mamma è al primo piano. - Era sempre energico, come al solito. Avrebbe potuto anche affermare fosse più sportivo l’anziano di lui. Usciva ogni pomeriggio per molte ore in bicicletta; ricordava che quando sua nonna era ancora viva lo sgridava sempre siccome tornava sempre tardi, una volta perché era rimasto ad aiutare il corpo forestale dei boschi dove andava, una volta per essersi trattenuto troppo a parlare con qualcuno, e così via.

L’ospedale era tutto bianco ed era un po’ deprimente. Avrebbero dovuto mettere un po’ di giallo, forse; una volta aveva letto che fosse il colore della pazzia e…

Al diavolo i pensieri e le descrizioni! Sua madre avrebbe partorito di lì a poco!

Trovate le scale salì in fretta e furia seguendo il nonno. Quasi inciampò ma riuscì a tenersi in piedi grazie ad un non sapeva quale equilibrio che non aveva mai pensato di avere.

C’erano tanti corridoi e non sapevano più dove andare. Videro un’infermiera che trasportava non sapevano cosa - ed in quel momento non poteva essere che un particolare del tutto irrilevante - e la fermarono. La, credeva Ross, diciassettenne si girò, sorridendo loro.

- Ditemi.

Ross si chiedeva come mai ci fosse un’infermiera così giovane ma quello non era proprio il momento per chiederglielo. Si poneva sempre troppe domande, argh!

E pensò che fosse davvero bella ma non poteva formulare quel tipo di pensieri in quell’edificio ed in quel momento.

- C’è mia madre che deve partorire e troppi corridoi, ci può dire dove dobbiamo andare? - La ragazza gli sorrise.

- Dovete andare nel corridoio più in fondo - Intanto gesticolava con le mani indicando loro la strada. - C’è già un’altra ragazza che presumo sia sua sorella.

- Rydel! - scattò Ross. - Cioè, sì, credo lo sia. M-ma dammi del tu, non sono vecchio.

Il nonno ormai era partito come un treno mentre Ross era ancora lì fermo, quasi non riuscisse a muoversi.

La ragazza lo guardava sorridendo. - Cosa c’è? Emozionato?

- Un po’. Una vita umana è sempre qualcosa di grandioso.

Annuì col capo. - Vuoi che ti accompagni?

- Se può. Ho paura di cadere per terra svenuto. - Rise un po’.

La ragazza lo prese sotto braccio, scoprendo quanto in effetti tremasse il ragazzo. - Dammi del tu anche tu - disse gentilmente. - Io sono Harper. Sono, diciamo, in stage qui. Sono al quarto anno.

E’ vero! Era giovedì. Giovedì 15 ottobre. Plausibile che alcuni studenti fossero in stage.

- Ross. Scusa se mi vedi come un ragazzo cerebroleso ma…

- Ti capisco - lo rassicurò lei. - Qualche anno fa è nato mio fratello più piccolo e pure io ero così! Stavo svenendo anch’io per l’emozione.

Respirava pesantemente. - Il bello è che ho già un fratello ed una sorella.

- Sul serio? - gli chiese la ragazza. - Una presumo sia la ragazza… ecco, siamo arrivati! Proprio lei.

- Ross! - Rydel si alzò per abbracciarlo e Harper lo lasciò, passandosi una mano tra il ciuffo di capelli castani che le stava oscurando la visuale. - Ross, la mamma sta per partorire! Oh mio Dio, oh mio Dio.

Si sedettero sulle poltroncine vicini mentre il nonno camminava avanti ed indietro per i corridoi.

- E papà?

- Dentro insieme alla mamma. Può entrare solo una persona, ah! Che rabbia!

Si mise due mani in viso, per poi appoggiarla insieme sopra il vestito rosa che quel giorno indossava.

- Harper! - la richiamò Ross, prima che se ne andasse. - Rimani un po’ qui. Nel senso, se vuoi e puoi, almeno chiacchieriamo visto che prima mi stavi aiutando a non avere un infarto.

Lei si mise a ridere, sedendosi vicino a lui. - Dimmi.

- Non lo so, dimmi tu.

Scosse la testa: quel ragazzo era davvero strano. - Parlavamo di fratelli.

- Ah sì! Il mio fratello più piccolo si chiama Ryland. E lei è Rydel. - La bionda si girò verso di loro. Era ancora emozionata e stava facendo esercizi di respirazione. Beh, bisogna ammetterlo, i Lynch erano tutti persone molto - troppo - emotive.

- Piacere, Rydel.

- Harper. - Si strinsero le mani.

Ross osservava la ragazza. Però, era simpatica; avrebbe voluto conoscerla in atre circostanze.

- Adoro i tuoi occhi azzurri - disse la sorella. - Sono bellissimi!

- Grazie, ma…

Ross aggrottò le sopracciglia. - Ma sono castani i suoi occhi.

Rydel lo guardò con una faccia da “wtf?”. Insomma, i suoi occhi erano azzurri, azzurri azzurri, del colore del cielo. Per caso il suo fratello era diventato daltonico?

- Ha ragione Ross - disse Harper, prima che Rydel potesse parlare. - Queste sono lenti a contatto. Di solito non se ne accorge nessuno…

Il biondo sorrise. - Sono abituato a notare ciò che nessuno considera.

Continuarono a parlare per una manciata di minuti.

- Ross, dov’è Ryland? - chiese Rydel ad un certo punto, terrorizzata.

- E’ vero, in tutto ciò mi sono dimenticato di dirtelo! C’è brutto tempo a Miami o comunque da qualche parte e l’aereo non era ancora arrivato. Cioè, è arrivato poco fa ma in ritardo.

Harper guardava Ross che parlava con la sorella. L’aveva conosciuto pochi minuti prima ma era sicura fosse un bravo ragazzo e, soprattutto, diverso dagli altri. Si ricordò non gli avesse chiesto l’età: gliela avrebbe domandata più tardi.

- E come fa ad arrivare?

- Non credo faccia in tempo ad arrivare per la nascita ma comunque lo accompagna un suo professore.

- Okay. Non è un maniaco, vero?

Ross scosse la testa. Non credeva che un professore che veniva da una delle più grandi High School dell’America fosse un maniaco. Certo, ci aveva pensato anche lui all’inizio, ma ragionandoci si poteva arrivare ad una risposta logica.

Harper si intromise. - Ross, ora devo proprio andare.

Il biondo, dal canto suo, non voleva che la ragazza se ne andasse. La sua compagnia era proprio piacevole. - Per forza?

Annuì amaramente. - Sì.

Fece passare la lingua tra le labbra, orma secche, per poi prendere il taccuino e la penna che portava sempre con sé. Per le emergenze, diceva sempre. Lo usava soprattutto per annotare gli aspetti della vita che più lo colpivano.

- Cinque… sette… Fatto! - staccò dal quadernetto il foglio, dandolo alla castana che subito lo afferrò, un po’ confusa.

- E’ il mio numero - riuscì a dire nell’imbarazzo. - Se vuoi…

Gli sorrise. - Contaci.

Dopo pochi istanti di Harper rimaneva solo il dolce profumo. Rydel si girò verso Ross, sospirando.

-Possibile tu riesca a rimorchiare anche quando tua madre sta per partorire?

Il ragazzo stava per rispondere con “non rimorchio mai nessuno” o “quando poi la gente mi conosce di carattere…” ma proprio in quel momento una porta si aprì, mostrando la faccia di Mark Lynch.

Piangeva e Ross non l’aveva mai visto così se non alla morte della nonna o alla nascita di Ryland, per quel poco che ricordava.

- E’ nata.

 

//

 

- Il nome, signora?

Stormie sorrise, guardando la bambina che in quel momento era in braccio al figlio. - Winter Autumn Lynch.

La dottoressa le sorrise. - Congratulazioni, signora. È una bambina stupenda - disse, prima di lasciare la stanza.

Ross era seduto su una piccola poltroncina vicino al letto dove era sdraiata la madre, la faccia rossa e sudata. Teneva in braccio una creaturina piccola ed indifesa, avvolta in delicate coperte bianche. Continuava a sorridere mentre sua sorella continuava a piangere. Anche a lui cadevano le lacrime per la felicità.

- Ehi, Winter. - La neonata aprì lentamente gli occhietti, di un verde intenso. Lo fissava, come in attesa dicesse qualcosa. - Io sono Ross, il tuo fratellone. Mi vedi? Sono Ross! Ross…

Era stato l’ultimo ad avere il privilegio di tenere la bambina in braccio ma si sentiva ugualmente importante: la sorellina stava guardando lui, esattamente in quell’istante.

Winter aprì la bocca richiudendola subito dopo, per poi alzare un po’ una manina ed abbassarla.

I capelli erano biondi, notò Ross. Pochi ma biondi, lo si poteva notare. Chissà se con la crescita si sarebbero scuriti.

- Un’altra piccola bellezza in casa Lynch, uh? Sei stupenda.

Rydel si fermò per un istante di fare foto da mandare ad Ell. - Quanto sei dolce, Ross. Perché non fai così anche con me?

- Ti pare il momento? - le chiese Ross mentre faceva facce buffe alla bambina.

- Ross, dov’è Ryland? - chiese Mark. - Non lo vedo.

- Il suo aereo era in ritardo - rispose. - Lo porta a casa il suo professore.

Era laconico, sì, lo sapeva, ma non poteva farne a meno: voleva godersi quel piccolo lasso di tempo con la neonata.

- It’s too cold outside for angels to fly… [Ed Sheeran, The A Team] - si mise a cantare Ross. Winter spalancò gli occhi e lo guardò e, in quell’istante, a lui sembrò gli stesse sorridendo.

- E’ mia impressione o sorride? - chiese Ross alla sorella maggiore, seduta proprio di fianco a lui.

- Sì è vero! Sorride!

- Le piacerà come canti - aggiunse Stormie, con tono affaticato. - Canta ancora.

- Ehm, let me live, let me die, I’ve always known I’m a star’s about to shine.

- Che canzone è? - chiese Rydel. - Mai sentita.

Alzò le spalle. - La sto inventando io perché al momento per l’emozione non mi viene nulla.

Si schiarì la voce prima di continuare a cantare.

- Through million issues we always fly, looking for a way to stay alive…

- Non ha proprio molto senso - notò Rydel. - Ma canti bene.

Ross la guardò male. - Piuttosto, vai in Internet a cercare il volo di Ryland a vedere se arriva in ritardo.

Sospirò. - Va bene, capo.

Le fece il verso. - But we are alive… Rydel?

- Non mettere fretta! Non c’è molto 3G in un ospedale. Oltre al fatto che non dovrei avere il cellulare acceso perché con gli apparecchi elettronici…

- Rydel! - la riprese il padre. - Non cominciare a straparlare, dai.

La ragazza volse gli occhi al cielo, per poi continuare la ricerca.

- You’re perfect, my dear - si avvicinò alla testa di Winter per poi lasciarci un piccolo bacio. - You’re my seamless sister and…

- Ehi! - esclamò Rydel. - Stronzo. Ed io chi sono? Stronzo per la seconda volta!

Gli fece una pernacchia. - Chi lo dice sa di essere.

- Ragazzi! - li sgridò il padre. - Riuscite a non litigare almeno dopo che vostra madre ha partorito?

Sbuffarono entrambi.

- Che palle, non c’è segnale. Faccio ripartire un’altra volta la ricerca. Piuttosto, Ross, Ryland ti ha detto che linea e che ora ha preso?

Annuì col capo interrompendosi di cantare. - Ha preso il Miami-Los Angeles centro diretto, quello delle due e quarantacinque in ritardo.

In effetti erano già le quattro e mezza. Saranno state le quattro quando l’aereo era atterrato a Miami. Tutta colpa del brutto tempo.

- We’re all alive, we’re all here for you, we’re…

Il telefono di Rydel cadde e Winter si voltò di scatto, forse spaventata.

- Rydel, cosa…? - si girò, vedendo la faccia di Rydel terrorizzata. - Ehi, che hai? Rydel? Rydel? Rydel?!

Prese a scuoterla mentre le raccoglieva il cellulare, cercando di non far male a Winter.

Quando prese in mano l’IPhone 5 dalla cover rosa lesse quello che aveva trovato.

Era fermo, gli occhi sgranati mentre suo padre, preoccupato, si avvicinava a loro. Prese in braccio Winter, chiedendo cosa fosse accaduto.

Il respiro di Ross era irregolare. Rydel si era messa a piangere rumorosamente mentre lungo le guance di Ross scorrevano tante lacrime salate. Si sentiva come se il mondo si fosse impattato contro di lui con tutta la forza possibile. Si sentiva debole, infelice, triste.

Anzi, non si sentiva.

- Ragazzi, ma cosa…

Si fermò anch’egli quando lesse ciò che era scritto sul cellulare di Rydel.

Temporale: aereo Miami-Los Angeles, 400 passeggeri, partito in ritardo alle quattro di oggi è precipitato. I sopravvissuti sono 20. 40 dispersi. 150 morti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE

Ehi!

Chi mi vuole uccidere venga pure! No, serio, mi dispiace molto per RyRy. E pure per tutti quelli che nel mondo reale muoiono durante dei viaggi.

La vita è così fragile.

Comunque… se mi dovete uccidere fatelo possibilmente entro domani perché domani ho una verifica.

Tendo a precisare che quello che cantava Ross ha logica, l'ho scritto apposta [e l'ho inventato di sana pianta, so che non fa tanto rima ma non scrivo canzoni in inglese ma poesie in italiano ahahah]. Voglio dire che la vita c’è sempre anche dove c’è la morte perché finché una persona viene ricordata, beh, non muore mai veramente. <3

Prato_Azzurro

  
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