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Autore: beba7    11/01/2009    5 recensioni
Cesare si svegliò all’improvviso, un dolore lancinante alla testa lo aveva risvegliato dal torpore del sonno. Con un enorme sforzo si sedette sul letto e si guardò intorno, era stato un sogno, solo un sogno.
Eppure: già da giorni aveva la sensazione di essere completamente solo e indifeso, come un gladiatore in un arena colma di leoni....
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Antichità greco/romana
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Caio giulio cesare

Piccola premessa noiosa prima della lettura (non saltatela per favore)...per il vostro bene l'accorcerò al minimo. Questa fanfic è incentrata ovviamente sul personaggio di Giulio Cesare, il mio personaggio storico preferito. Ho letto molto su di lui ma in un libro basato sulla sua vita ho apprezzato molto il sentimento di solitudine che lo caratterizzava cercando quindi di riportare questo sentimento.....sperando che Cesare non si rivolti nella tomba per quello che ho scritto......A voi la lettura!  


Cesare si svegliò all’improvviso, un dolore lancinante alla testa  lo aveva risvegliato dal torpore del sonno. Con un enorme sforzo si sedette sul letto e si guardò intorno, era stato un sogno, solo un sogno.

Eppure: già da giorni aveva la sensazione di essere completamente solo e indifeso, come un gladiatore in un arena colma di leoni. Il senato voleva vederlo, sicuramente per conferirgli altre cariche inutili. Dopo la giornata dei Lupercali si era accorto di come i senatori fossero più adulanti e rispettosi nei suoi confronti, perfino Cicerone. Eppure in tutta la sua carriera politica e militare non aveva mai avuto così tanta paura come in quei giorni. I suoi informatori gli avevano rivelato già da tempo le dicerie di una congiura e l’episodio dei Lupercali non aveva fatto che accrescere questa sua convinzione. Qualcuno lo voleva morto. Si mise a ridere e la sua risata rimbombò per le pareti spoglie della stanza. Ovvio, Roma è una città guerriera, fondata sul sangue di due fratelli. Come si poteva credere che non ci fosse qualcuno che lo volesse morto. Primi tra tutti molti senatori che odiavano la Regina d’Egitto che con tanta sfrontatezza aveva portato nella Città il figlioletto, umiliando Calpurnia, moglie di Cesare, che risiedeva ancora nella sua casa coniugale e sopportava le frequenti uscite del marito a casa dell’amante straniera.

Poi gran parte della popolazione non aveva accettato di buon grado la sostituzione dell’immagine di Venere con un’altra molto somigliante a Cleopatra.

Cleopatra, Cesare non era mai riuscito a capire il potere di scatenare guerre che risiedeva nelle donne. Elena di Troia era la causa della famosa guerra cantata da Omero, Cleopatra invece aveva riacceso piccoli screzi che si erano momentaneamente placati. E a nulla erano bastati i giochi o le battaglie navali organizzate in suo onore, a nulla il trionfo di Cesare per la conquista dell’Egitto, a nulla il tributo pubblico all’assassinio di Pompeo. Molti gli erano ancora ostili. Lontani erano i giorni del triumvirato con Pompeo e Crasso dove era bastato avere il loro appoggio politico in qualsiasi decisione presa in Gallia e una legione nuova per riaccendere la passione e la vitalità di Cesare. Ora si sentiva spento, stanco. Ogni riunione in senato era monotona e mal sopportava la rozzezza del suo popolo, così diverso dai Greci inventori di parole o dagli Egizi amanti dell’arte.

Il suo era un popolo contadino, a nulla servivano i vestiti orientaleggianti che le nobili matrone compravano dai commercianti più raffinati, Roma sarebbe sempre rimasta Roma e i romani con essa. Mentre ripensava a questo si alzò dal letto per andare alla finestra.

Publio, il suo braccio destro, era in missione con la Quarta Legione in Spagna per placare dei rivoltosi, Ottaviano in Grecia a migliorare le sue doti oratorie, i vecchi amici morti o dimenticati.

C’era ancora Antonio ma come poteva fidarsi di lui dopo che aveva cercato di incoronarlo per ben tre volte sotto lo sguardo della folla sgomenta. Fortuna che quel briciolo di furbizia, improvvisazione e fortuna non gli era andata via con l’età, per calmare la folla e far smettere quella pagliacciata si era alzato in piedi e aveva tuonato “Non può esistere un altro Re per i romani se non Giove, re degli dei e degli uomini”.

Mentre guardava il sole sorgere ripensava a suo nipote Ottaviano, Cleopatra lo odiava poiché prima della nascita di Tolomeo Cesarione era l’unico erede di Cesare, ma ora non capiva il perchè Cesare si ostinasse tanto a voler far comandare Roma a un romano e non ad un “mezzo romano” come definiva suo figlio, in fondo Roma era una città e le città erano comandate da persone, non in base al luogo di nascita ma in base alla forza, alla potenza e, nel caso dell’Egitto, in base alla discendenza divina. Lei aveva già visto l’impero sotto il potere del figlio, le due potenze, Roma ed Alessandria, unite sotto un unico trono. Ma Roma non l’avrebbe accettato, piuttosto si sarebbe privata di una provincia ma la sua libertà era irrevocabile, secondo lei Roma doveva essere assoggettata e per di più da uno straniero! No.. Tolomeo non sarebbe sopravvissuto un giorno, meglio che Roma rimanesse a Ottaviano e l’Egitto alla sua bella regina.

Ormai si era vestito e mancava poco all’inizio della riunione in Senato, scese al piano di sotto e sorrise alla persona che lo aspettava davanti alla porta, tesa ed in silenzio. In fondo non era del tutto solo, gli rimaneva ancora un amico, una persona che lo capiva e del quale poteva fidarsi.

-Cesare, sembra che il maltempo non ci lasci nemmeno durante le Idi di Marzo-

-Già, sembra proprio così Bruto- disse Cesare guardando il cielo scuro e gonfio di pioggia.

  
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