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Autore: UraniaSloanus    17/06/2015    0 recensioni
Blaise Zabini aveva sempre avuto tutto quindi era certo che nulla fosse al di là della sua portata.
"Che cosa farai, Daphne?"
"Ti guarderò andare al diavolo ora che nulla ti trattiene qui"
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blaise Zabini, Daphne Greengrass
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Petali
 
I petali cadevano disordinati, veloci si allontanavano dall’ombra scura che copriva l’erba ai piedi dell’albero, le nubi si addensavano lontano ma il sole ancora splendeva chiaro e luminoso come solo accade in alcuni giorni di primavera. Il giovane si voltò verso il Castello e con calma controllò che nessuna di quelle farfalle rosate si fosse posata sulla divisa, volse il volto al vento lasciando che i pochi ciuffi di capelli corvini, sfuggiti alla coda, vorticassero inquieti. Proprio quella mattina, la Preside con voce stanca ma non priva dell’antica fermezza aveva esortato gli studenti a combattere per i loro sogni, a non arrendersi di fronte alle miserie del mondo perché ciascuno di loro potesse avere un frammento di quella felicità che ora sembrava così lontana. Blaise sorrise amaro, lui non era spregiudicato come Draco eppure, seducendo ed ammaliando, aveva un discreto talento nell’insinuarsi negli angusti spazi tra la preda e la salvezza: un soffio e le spire si stringevano in una perpetua stretta che solo la noia di una scontata vittoria avrebbe allentato. Sempre.
Nemmeno l’aria fredda smosse l’oppressiva calma che ormai era compagna delle sue giornate, Blaise Zabini voleva, bramava cosa però non lo sapeva bene neanche lui. Lui era l’erede dell’immensa fortuna che sua madre, in vero poco onorevolmente, aveva accumulato, lui era bello ed intelligente a sufficienza per adattarsi alla maggior parte delle situazioni, lui era un Purosangue introdotto tra le persone che contano di una e dell’altra parte: implacabile benefattore, Serpe generosa.  Aveva sempre avuto tutto, tanto che la differenza tra desiderare e possedere si era ridotta ad una misera manciata di parole su un dizionario.
 
“Tu cosa farai, Daphne?”
“Ti guarderò andartene al diavolo ora che nulla ti trattiene qui.”
 
Che cosa voleva? Lei arida e tagliente come una cresta di ghiaccio? Un suo sguardo forse gli sarebbe bastato, lei non guardava nessuno, mai. Concedeva a tutti un’occhiata distratta, di circostanza, altre volte, se interpelata per qualcosa che reputava degno delle sua attenzione, fissava un punto alle spalle del suo interlocutore poi annuiva, si girava e andava per la sua strada che mai, neanche per caso, incrociava quelle altrui. Blaise sospirò.
 
Si erano conosciuti da bambini, durante quegli interminabili thè delle cinque che le loro madri si ostinavano ad organizzare, incuranti degli sguardi avidi che i figli rivolgevano al sole in giardino. Un giorno, lui e Daphne si erano incontrati dai Parkinson e, mentre gli adulti erano impegnati ad ascoltare la melodia che le ditina ancora tozze di Pansy tentavano di riprodurre sulla tastiera del pianoforte, i due bambini erano usciti in giardino, Blaise aveva gironzolato per un po’ attorno alla fontana divertendosi a rompere il sottile strato di ghiaccio che ne orlava i bordi. Non sentendo alcun rumore attorno, si era voltato e aveva visto la bambina bionda ferma vicino ad un cespuglio basso ma con i boccioli pronti schiudersi nonostante il marzo ancora freddo.
“Perché ha già i fiori?” chiese Blaise guardando perplesso la piantina.
“Perché non ha paura del freddo” rispose Daphne.
Blaise si avvicinò e, chinandosi, seguì con la punta dell’indice il margine di una foglia, annuì come colto da un’improvvisa illuminazione: “Quando fiorirà, tutti la vedranno anche se è così piccola, non ha rivali, le altre piante stanno ancora dormendo. E’ furba” concluse con un sorriso.
“Si chiama Daphne”
“Come te?”
“No, sono io ad avere il suo stesso nome”
Quella sera gli Zabini furono i primi a lasciare la villa incamminandosi lungo i viottoli sassosi del giardino, quando poco dopo i Greengrass gli seguirono, alla tenue luce del tramonto, Daphne vide il prato, ancora brullo, costellato qua e là di macchie rosate come se, di comune accordo, tutte quelle furbe piantine avessero deciso di fiorire improvvisamente assieme. Daphne capì e sorrise ma questo Blaise non lo seppe.
Erano passati anni dalla prima volta che Daphne si era infilata nel suo letto senza una parola e lui l’aveva accolta senza una parola, attento a non farla scappare ancora perso nel suo sonno di bambino. Blaise non sapeva bene cosa dovesse fare, allora ricordò che gli faceva piacere quando il famiglio di sua madre, una piccola palla di pelo bianca, veniva ad accoccolarsi sul suo cuscino dopo essere stato cacciato dalla camera padronale evidentemente tropo affollata: era piacevole il tepore di quell’esserino, sapeva di compagnia e di casa. Così fece con Daphne: dopo averle fatto spazio, le si era avvicinato e, senza sfiorarla, era rimasto immobile forse per ore a fissare la curva del collo lasciata libera  dai capelli biondi. La mattina dopo lei non c’era tanto che aveva pensato si fosse trattato di un sogno, ma Blaise bambino sognava stelle e pianeti, compleanni e risate, non Daphne.
Dopo quella volta era successo ancora e Blaise a volte dormiva, a volte fissava la compagna anche se aveva imparato che la mattina dopo avrebbe avuto un gran mal di testa e si sarebbe addormentato davanti a Ruf.
 
Il Serpeverde ricordava un’altra notte. Daphne era sparita da un po’ ed erano diverse sere che si aspettava di vederla sulla soglia attenta al minimo rumore, così si era alzato e, avvolto dal buio, aveva raggiunto i dormitori femminili. Dopo aver aperto, silenzioso, la porta della sua camera, l’aveva vista nuda su uno dei suoi compagni di Casa, così si era voltato e non troppo silenziosamente era tornato sui suoi passi. Non era arrabbiato Blaise, a dir la verità non era nemmeno troppo triste però gli sarebbe piaciuto, anzi, avrebbe voluto che Daphne stesse con lui quell’ultima notte prima delle vacanze. Quella fu la prima volta in cui Blaise sognò Daphne.
 
Con il nuovo anno scolastico, Daphne era ricomparsa: ogni tanto entrava in camera sua, prendeva i rotoli con i compiti e poi si sistemava sul letto o sulla scrivania a copiarli. In quei momenti Blaise non studiava un granché, o meglio, non imparava nulla che la McGranitt avrebbe apprezzato lui riportasse durante un esame. Però aveva scoperto che Daphne scriveva in due modi: uno elegante e pulito per le cose importanti, l’altro a mala pena leggibile per ciò che era importante solo per lei. Sapeva che Trasfigurazione le piaceva molto e anche Erbologia mentre detestava Cura delle Creature Magiche e faceva fatica in Pozioni, materia che richiedeva tanta pazienza quanta ne aveva in difetto Daphne. Blaise non diceva nulla ma controllava che pergamene e inchiostro fossero sempre presenti. Con un sorriso divertito, il Serpeverde ricordò che a maggio, nonostante il clima mite, si era ammalato e, stranamente incurante dell’aspetto assai poco attraente conferitogli da febbre alta e raffreddore, aveva rivolto tutta la sua febbricitante attenzione ai compiti non completati. La mattina del giorno successivo aveva trovato una pila di rotoli vergati con una calligrafia elegante, ordinatamente appoggiati accanto alla borsa, c’era anche un bigliettino, scritto male e tutto stropicciato: “Avevi freddo questa notte”.
Blaise non ricordava, però sulla giacca del pigiama, all’altezza del cuore, aveva notato degli aloni scuri.
 
Era tardi e la cena stava per essere servita, Blaise aveva dato un ultimo sguardo all’immagine riflessa e si era voltato per uscire. Daphne era davanti a lui, reggendo l’abito con una mano e i capelli con l’altra si era girata mostrando la chiusura, lui si era avvicinato e aveva accostato i lembi del vestito per poi chiuderlo delicatamente indugiando appena sui rilievi delle vertebre, poi erano usciti assieme e nell’ingresso ciascuno aveva raggiunto il proprio accompagnatore. Del Ballo del Ceppo ricordava solo che al termine, aveva aspettato dietro una colonna fino a che Daphne non si era avviata verso i sotterranei, le si era incamminato dietro fino a che, stufo di vederla incespicare sui tacchi, non la aveva raggiunta e presa in braccio. La notte in cui Potter era riapparso con il cadavere di Diggory, Daphne si era sdraiata accanto a lui ed era rimasta immobile fino all’alba, quando se ne era andata lasciando il cuscino bagnato di lacrime.
E così da allora altre mille volte fino a che Blaise non si era avvicinato un po’ di più e l’aveva abbracciata, da quella notte Daphne non era più tornata.
 
Si riscosse dai ricordi, faceva freddo ed in giro non c’era più nessuno, si incamminò verso il Castello, vide Draco, altero e silenzioso, in compagnia della Granger, fece loro un piccolo, scherzoso inchino e si diresse ai dormitori. Qua e là, tra i solchi di pietra, vi erano dei petali rosa, schegge colorate nell’oscurità dei sotterranei, aprì la porta della sua camera e la vide, intenta a liberarsi i capelli da quei petali che avevano accompagnato il suo cammino. Blaise le allontanò le mani e cominciò a districarle le ciocche bionde, raggiunse la cute sensibile della nuca e vi indugiò fino a che lei non si spostò.
 
“Che cosa vuoi, Daphne?”
“Che tu vada al diavolo, Zabini”
 
Lui sorrise apparentemente tranquillo e aspettò, aspettò che lei lo guardasse, che lo vedesse.
 
“Che cosa vuoi, Zabini?”
“Che tu venga con me, Daphne”
 
Per la prima volta Blaise vide gli occhi verdi fissi nei suoi, erano simili a pietre, sembravano catturare la luce che li colpiva portandola a perdersi tra le loro mille sfaccettature. Fu un attimo, poi la ragazza si spostò di lato e, fissando la porta, fece per andarsene.
 
“Daphne, se anche te ne vai, il tuo profumo resta così come il ricordo di me in te”
 
Quella notte, Blaise fissò il baldacchino scuro per ore, un cigolio breve ed improvviso lo paralizzò, trattenne il fiato quando sentì il letto abbassarsi. Daphne gli si avvicinò e cauta poggiò il capo sul suo petto.
 
“Quando verrò con te, dovrai aspettarmi, Blaise”
“Questo sempre, Daphne”
 
 
Ringrazio tutti voi che siete arrivati fin qui per la gentilezza e l’attenzione che avete dedicato alla mia piccola storia, ma anche tutti gli Autori e le Autrici che scrivono su EFP.
Grazie
UraniaSloanus
  
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