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Autore: Diemmeci    19/06/2015    4 recensioni
Il mondo va avanti anche quando sembra essersi fermato, smette di ruotare per centinaia di migliaia di motivi diversi, variando da persona a persona, e all'improvviso, quando meno te lo aspetti, riprende a girare grazie ad una persona che ti travolge completamente.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
Capitoli:
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Sedici


La settimana successiva sembrò passare in un battito di ciglia e me ne resi conto solo quando mi sedetti su una panchina fuori all’aereo porto, in attesa che Jennifer recuperasse il proprio bagaglio e mi raggiungesse.
«Ehi, tu» la sua voce squillante arrivò alle mie orecchie, costringendomi ad alzare lo sguardo.
Sorrisi, felice di avere di nuovo la mia migliore amica qui. «Ehi» ricambiai il saluto, alzandomi per avvolgerla con le braccia in un abbraccio caloroso.
«Stai aspettando da tanto?»
«Un quarto d’ora» risposi, stringendomi nelle spalle. «Com’è andato il viaggio?»
«Sicuramente meglio dell’andata» disse, ridendo.
«Dovrei sapere il perché?» Chiesi, ridendo a mia volta. La risata di Jennifer era decisamente contagiosa, specialmente dopo esserle stata lontana per sette giorni e non aver riso a parte quando avevo parlato al telefono con lei e i miei genitori.
«Un vecchio signore ha dormito durante tutto il viaggio di andata» spiegò «con la testa poggiata sulla mia spalla».
Risi fragorosamente, buttando la testa all’indietro.
«La parte peggiore è stata quando mi sono resa conto che aveva sbavato sulla mia maglia» proseguì parlandomi ancora dell’episodio, alimentando il mio divertimento. Ero sul punto di piangere dal ridere.
«Wow» mi limitai a dire, cercando di ricompormi quando mi resi conto di aver attirato l’attenzione di parecchie persone.
«Sei incredibile» Jennifer cercò di sfoggiare un’espressione indignata, invano. «Ti ho raccontato una mia disgrazia e ridi a crepapelle».
Abbozzai un sorriso di scuse, dopodiché entrammo in un taxi per poter tornare a casa.
«Mi dispiace se ci siamo sentite poco, ma ho rivisto la mia intera famiglia e mi hanno lasciato a malapena il tempo per respirare» Jennifer pose fine al silenzio.
«Lo immaginavo» dissi.
«E tu cosa hai fatto durante la mia assenza?» Chiese. «Non avrai passato sette giorni in casa, non è vero?»
«Sono uscita spesso in zona per scoprire se c’è qualche negozio che stia cercando qualcuno da assumere, in effetti» la informai.
«Hai avuto fortuna?»
«No» risposi. «Però ho intenzione di continuare a cercare, altrimenti finirò per passare tutte le mie giornate sul divano».
Jen sorrise. «Sarà anche la mia fine».
«Domani allora andiamo insieme alla ricerca di un lavoro» proposi «ti va?»
Lei annuì. «Certo».
Passammo il resto del viaggio chiacchierando del soggiorno di Jennifer ad Ennis, circondate dalla felicità di essere di nuovo insieme.
Non ci eravamo mai separate da quando avevamo deciso di vivere insieme, quindi avevo avvertito la sua mancanza come mai prima d’ora. Forse anche perché stavo vivendo io stessa un periodo in cui la solitudine mi costringeva a rimuginare.
E se pensavo…
«Siamo arrivati» annunciò il conducente, interrompendo il flusso dei miei pensieri.
Recuperammo la valigia di Jennifer e raggiungemmo il nostro appartamento, entrambe impazienti di rincasare.
«Casa dolce casa» Jennifer buttò la valigia a mano per terra, raggiungendo velocemente il divano prima di lanciarvisi sopra.
Lasciai la valigia all’entrata e mi sedetti sulla solita poltrona, sorridendo alla mia migliore amica.
«Allora» esordì lei dopo alcuni istanti di silenzio, rivolgendomi uno sguardo serio che mi fece capire immediatamente dove volesse andare a parare. «Ci sono novità?»
Mi passai una mano fra i capelli. «Sì» le dissi, annuendo in modo flebile.
Jennifer sgranò gli occhi, sorpresa dalla mia risposta. «Va’ avanti».
«La sera in cui sei partita mi sono ritrovata a pensare parecchio» ammisi «e ho risposto al messaggio di James».
«Cosa gli hai scritto?»
«Soltanto che dovevamo parlare» sospirai, incrociando le gambe.
«E lui?» Jennifer sembrava sempre più impaziente di scoprire altri dettagli della mia novità.
«Mi ha risposto il giorno dopo».
Lei annuì, incitandomi con lo sguardo nel proseguire.
«Mi ha scritto di prendermi tutto il tempo che voglio prima di parlare, che può aspettare, quindi di cercarlo quando veramente avrò la voglia di ascoltarlo» conclusi, pronunciando quella frase tutta d’un fiato.
Jennifer annuì, analizzando le mie parole. «Dopodiché non gli hai più risposto?»
«No» scossi il capo. «Ho paura di sentire ciò che ha da dirmi» le rivelai subito dopo, dando finalmente voce al pensiero che mi aveva tormentata per una settimana. Non avevo avuto l’occasione di parlare di quest’argomento con Jennifer, perciò avevo tenuto dentro di me questo brutto presentimento. «Potrebbe dirmi qualsiasi cosa e questo mi spaventa».
«Questo è vero».
«Già».
«Ma è anche vero che non sai cosa deve dirti, quindi cerca di non farti strane idee nella tua mente» disse. «Hai intenzione di cercarlo? Ormai è passata una settimana».
«Da una parte sì».
«Da l’altra hai paura».
«Esatto».
«Scrivigli» Jennifer esclamò improvvisamente. «Scrivigli ora che sei pronta e che vuoi ascoltare ciò che ha da dire».
Morsi il labbro inferiore.
«Non pensare troppo per una volta nella tua vita» disse lei, recuperando il mio cellulare che si trovava sul tavolino di fronte. «Non hai bisogno di pianificare anche questo, Rose».
Rimasi a guardare il cellulare fra le mie mani, indecisa.
«Ti prego» la mia amica mi supplicò.
Aprii la cartella dei messaggi e sospirai, digitando velocemente sulla tastiera.

Voglio ascoltarti.
R.


«Premi invio» mi incitò Jennifer.
Feci come mi disse, sperando di aver preso la giusta decisione.

Il mattino seguente volò in un battibaleno.
Uscimmo di casa soltanto alle nove, entrambe decise nel trovare un lavoro per occupare parte delle nostre giornate ormai libere dallo studio. Iniziammo cercando nelle zone vicine al nostro appartamento, in modo tale da poter raggiungerle a piedi senza avere il bisogno di prendere il taxi o la metro.
«Sarebbe ora di prendere la patente» aveva detto Jennifer mentre camminavamo «per entrambe».
Avevo riso sul momento, ma in realtà avevo già preso in considerazione questa idea e ben presto sarei andata ad iscrivermi in un autoscuola. A quanto pareva, avrei avuto compagnia.
Giunta l’ora di pranzo, decidemmo di andare a mangiare qualcosa fuori invece di tornare a casa ed optammo per un ristorante rustico.
Ordinammo immediatamente, dopodiché durante l’attesa decisi di parlare con Jennifer di un argomento importante che l’aveva spinta principalmente ad andare ad Ennis.
«Alla fine com’è andata con i tuoi genitori?» Le domandai dopo aver bevuto un sorso d’acqua.
Lo sguardo di Jennifer saettò su di me in una frazione di secondo  e pensai di aver fatto male a farle quella domanda. «I primi due giorni ho evitato il discorso in tutti i modi, in realtà» ammise dopo alcuni attimi. «Ma poi mi sono fatta forza e li ho affrontati».
«Bene».
«Inizialmente hanno cercato di cambiare discorso» continuò lei «ma io ero decisa e volevo davvero parlarne con loro. Ci è voluto un po’ per farmi ascoltare ma ci sono riuscita».
Annuii, facendole capire che ero interessata. E lo ero davvero, specialmente perché questa storia andava avanti da troppo tempo ormai e sapevo quanto pesasse alla mia amica.
«Gli ho detto tutto, Rose» disse, sorridendo fiera. «Sono riuscita a fargli capire il perché della mia decisione e alla fine hanno compreso le mie ragioni. Si sono persino scusati per non averlo fatto prima».
«Questa è un’ottima notizia» decretai sorridendo. «Sapevo che prima o poi avrebbe capito».
«Un peso in meno» Jennifer rise.
«Già» affermai. «Con Michael come sta andando, invece?»
I suoi occhi si illuminarono nel sentirlo nominare, al che ridacchiai. «Sembra bene, ci sentiamo ogni giorno» disse prima di passarsi una mano tra i capelli lisci, che tra l’altro le avevo sempre invidiato. «Mi ha chiesto di raggiungerlo a Leeds per un weekend».
«Oh» quella notizia mi sorprese. «Questo fine settimana?»
«Sì, mi piacerebbe rivederlo il prima possibile sinceramente» rispose.
Jennifer continuò a sorridere, non smise un istante mentre parlava di Michael, e riuscii a leggere la felicità nei suoi occhi. Non avrei mai scommesso all’inizio sul fatto che lui facesse sul serio, ma col passare del tempo mi ero ricreduta e potevo affermare che la rendesse realmente felice. Non era una storiella passeggera, a quanto pareva.
Ad interrompere i miei pensieri fu la suoneria del mio cellulare che mi avvisava dell’arrivo di un messaggio. Lo aprii e mi mancò il respiro per un attimo quando lessi il nome James.

Sono felice che tu abbia preso questa decisione.
Non posso muovermi da Leeds però, quindi potresti venire tu.
J.


Lo lessi ad alta voce e Jennifer sembrò avere un’idea. «Vieni con me questo weekend, semplice» propose.
«Non lo so».
«Ti ha esplicitamente detto di raggiungerlo a Leeds» mi fece notare lei «e si da il caso che io debba andarci e che per te sarebbe meglio avermi vicina, soprattutto in questo genere di momenti. Non credi?»
«Sì, hai ragione, ma…»
«Niente ma» mi interruppe bruscamente. «Rispondi al messaggio e digli che devi pensarci, lo sorprenderai in questo modo».
«Ferma, ferma, ferma» mi passai la lingua tra le labbra secche, perplessa. «Mi stai suggerendo di andare a Leeds senza dirgli nulla?»
«Esattamente» confermò. «E sai perché sarebbe la cosa migliore da fare?»
«No».
«In questo modo non avrà il tempo di inventare eventuali scuse o qualcos’altro» tentò di spiegarmi, cercando le parole giuste. «Sarà messo alle strette e saprai la verità».
«Ma ha già detto di volermi dire la verità, non avrebbe alcun senso».
«Tu dammi retta» Jennifer sorrise «non si sa mai».

Decisi di andare a casa dei miei genitori dopo pranzo, mentre Jennifer tornò a casa.
Non avevo pensato di avvertirli, ma mi diedi della stupida per non averlo fatto quando suonai per la quarta volta il campanello senza che nessuno venisse ad aprirmi.
«Dannazione» bofonchiai, voltandomi per andarmene.
«Rosalie» la voce squillante di mia madre giunse alle mie orecchie quando stavo per lasciare il vialetto di casa. «Eravamo in giardino, non ti abbiamo proprio sentita».
Percorsi nuovamente il breve tratto ed abbracciai Jenna.
«Entra, stavo giusto per preparare il tè» mi fece accomodare, sorridendo dolcemente.
Raggiunsi il giardino sul retro della casa mentre mia madre andava in cucina, quindi abbracciai calorosamente anche mio padre prima di sedermi.
«Tu e Jenna sembrate più felici» dissi, sorridendo.
«Credo che il viaggio ci abbia fatto bene».
«Lo credo anche io» dissi. «Com’è Parigi?»
«Parigi è Parigi» affermò Robert, facendo un gesto teatrale con una mano. «È esattamente come te la aspetteresti».
«Sono felice di averti aiutato a scegliere la giusta meta, allora».
«Dovresti andarci anche tu, sai?» Parlò dopo qualche secondo, rivolgendomi uno strano sguardo che non riuscii a decifrare.
«Già» risi, divertita dalla sua espressione.
«Magari con James» soggiunse.
Ecco di cosa voleva parlare in realtà, di James.
Morsi il labbro inferiore prima di abbozzare un sorriso, sperando di non lasciar trasparire la mia agitazione. «Si vedrà» dissi infatti.
«Non ci sono sviluppi nel vostro rapporto?»
«Uhm, sì» mormorai, nervosa. «Ma non c’è nulla di certo per il momento».
Robert annuì, alzando entrambe le mani. «Non ne vuoi parlare, ho ricevuto il messaggio» disse prima di sorridere.
Ricambiai il sorriso e gli fui riconoscente per non aver insistito sulla questione.
Continuammo a chiacchierare di Parigi finché anche Jenna non ci raggiunse con un vassoio sul quale, oltre tre tazze di tè, c’erano anche i biscotti fatti in casa.
«Li ho preparati subito, non appena siamo tornati» Jenna sorrise, bevendo poi un sorso di tè. «Oggi c’è bel tempo» notò, visibilmente felice per ciò.
Guardai i miei genitori scherzare e ridere come mai prima d’ora e questo mi riempì il cuore di una gioia immensa. Ero fortunata ad avere due persone così fantastiche al mio fianco, sempre pronte a difendermi da qualsiasi cosa.
I miei pensieri tornarono inevitabilmente a James, mentre osservavo l’amore che i miei genitori nutrivano l’uno nei confronti dell’altra, e mi resi conto di provare qualcosa di grande, qualcosa che forse non avevo provato neanche per Caleb.
In quel momento realizzai di dover scoprire la verità e, mentre stavo tornando a casa un’ora più tardi, risposi al messaggio di James.

Devo pensarci, ti farò sapere.
R.


 
* * *
Ehilà :)
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e che non vi abbia delusi. 
Aspetto con ansia di conoscere i vostri pareri, come sempre, e ringrazio anche chi legge solamente.
Vi abbraccio forte.
A presto, spero :)

Diemmeci
  
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