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Autore: Aoboshi    19/06/2015    4 recensioni
Cassandra è ormai prigioniera nella reggia del deserto. Il suo tentativo di fuga viene però interrotto dall'affascinante richiamo della biblioteca della magione, la ragazza si ritrova a vagare tra gli antichi volumi del suo misterioso ospite, il quale la sorprende in quel luogo. Dopo il breve scambio di battute, Cassandra capisce che il breve equilibrio, conquistato dopo anni di tormenti, è stato incrinato e sarà proprio Kuja a condurla verso quel destino a cui lei è sfuggita per troppo tempo. Gli spiriti nella sua mente si sono risvegliati e la reclamano, il loro canto popola imbattuto i suoi incubi e, dopo anni, Cassandra non sa se sarà ancora capace di resistergli.
Genere: Fantasy, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kuja, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Frammenti perduti di Gaya'
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Il volo fu piacevole, assaporare la libertà in groppa al suo drago d’argento, mentre sotto di lui, il mare e la terra si prostravano adoranti, era qualcosa di incredibile. Ripensò a quando lo fece per la prima volta, quando si sentì davvero libero, lontano dalle ingerenze di Garland e dalle sue torture. L’aria sfilava veloce come le onde; le ali del drago erano un manto piumato stagliato nell’azzurro del cielo. Un gemito lo riportò alla realtà e alla ragazza tra le sue braccia. Era inutile, quel ciuffo non voleva saperne di stare al suo posto, lontano dalla fronte. Kuja sospirò e glielo spostò. Cassandra scosse appena la testa, per un attimo aggrottò gli occhi chiusi, poi si strinse più forte a lui. Kuja rise, era strano, tenere così la sua prigioniera, o meglio, la sua pedina. Sembrava così fragile, il viso sottile, gli occhi a mandorla e le labbra rosee. Le aveva asciugato le lacrime. Ammise con un sospiro che non avrebbe potuto fare diversamente. In un modo o nell’altro quel suo abito l’avrebbe bruciato, tanto valeva usare le maniche per pulirle il viso, invece di lasciarsi imbrattare l’addome o il petto. Se c’era una cosa che lo infastidiva più di Garland o della mediocrità, era il sangue; era così sporco, viscido, appiccicoso, una sostanza impossibile da smacchiare, per questo quando poteva lasciava ai suoi sotterfugi l’incombenza della battaglia, lui non voleva essere toccato, dopotutto era una recita, quella era la sua parte. Sentì il palmo soffice di Cassandra appoggiarsi al suo petto, Kuja sgranò gli occhi: e se fosse stata sporca di terra e sangue!?  Fece per togliersela di dosso, ma finì ad incrociare le dita in quelle della ragazza. Notò che Cassandra aveva le mani sottili, bianche e quasi perlacee alla luce del sole. Uno scossone, il drago grugnì. Kuja sospirò sdegnato, cosa accidenti prendeva alla sua cavalcatura.
-Buono…- commentò annoiato.
Si chiese perché tutti i suoi collaboratori dovessero essere così irritanti, sempre a seguire pulsioni futili e sconosciute: sentimenti, morale, bontà, amicizia. Trattenne una risata. Persino, l’amore. Tutte sciocchezze ed illusioni, affascinanti per il modo in cui incantavano la gente senza sfere di energia. Cosa erano le persone, se non comparse nel suo grande spettacolo!?
Abbassò lo sguardo su Cassandra, dopotutto lui sceglieva comparse di una certa qualità, questo era certo.  Finalmente la reggia del deserto fu in vista, il jenoma colse il bagliore vivace delle sue vetrate. Il drago volava rapido verso l’ingresso, nascosto sotto la propaggine rocciosa. Kuja lo fermò, probabilmente nel sotterrano c’erano ancora tracce dello scontro con il Mortifero, sarebbe stato meglio accedere dalle sue stanze. Il mago spronò il drago sino al suo balcone in marmo, chiaro e splendente sotto il sole. La bestia alata mosse le ali con meno rapidità cercando di mantenere la quota.
-Mi spiace madame, ma il viaggio è finito!- recitò lui, più per tenere fede al suo personaggio che non per la ragazza, ancora imprigionata nel suo sonno.
Kuja scese agilmente dalla groppa del drago, tenendo stretta Cassandra. Il drago fece per andarsene, il fruscio di piume riempì l'aria.
-Ossequi alla tua solerzia, nobile socio!- disse chinando leggermente la testa.
Una cascata di capelli argentei gli finì davanti agli occhi. Sospirò, con la ragazza in braccio non poteva certo scostarseli
-Siete decisamente un peso, mia cara!- abbassò lo sguardo su di lei.
Le pelle della ragazza era diafana per i giorni passati segregata, i capelli scuri le si attorcigliavano in morbide curve attorno alle guance lisce, la bocca leggermente schiusa, le ciglia nere come la pece solleticavano la guancia. Non riuscì a trattenere un sorriso, certamente, i suoi poeti prediletti dovevano aver avuto una simile visione per descrivere le magnifiche dame dei loro drammi. Cassandra sarebbe sembrata  una bambola, se non fosse stato per il leggero tremolio delle ciglia. Kuja attraversò l’ampia bellavista del suo balcone, scostò l’alta anta della sua porta a vetri e entrò nelle sue stanze. Tutto l’arredamento era come lui, unico, sublime, irreale nella sua perfezione, uno scenario da favola. I marmi lilla e crema regnavano sovrani in quel tripudio di forme morbide e sinuose, il letto, avvolto dal baldacchino di seta, era a pochi metri dalla portafinestra. Kuja vi adagiò sopra Cassandra, spostandole delicatamente la testa sul cuscino di piume d’oca. Continuò a fissarla, fossero stati in una fiaba, lei probabilmente sarebbe stata una perfetta principessa addormentata, fragile, delicata. Le scostò quella ciocca ribelle dal viso, trattene un sorriso, quella ciocca era così ostinata, eppure, non ci fosse stata, non avrebbe potuto sfiorarle le guance. Forse, in una storia diversa, lui avrebbe potuto ricoprire un ruolo diverso, forse quello di impavido eroe con l’armatura scintillante- non i rivestimenti di latta dei plutò-  scosse la testa, no, il suo ruolo era perfetto, lui era perfetto così, inarrivabile, etereo. Fece un sorrisetto, ecco perché evitava le gentildonne, così belle nei loro fronzoli e poi così deludenti nel resto. Cassandra gemette. Kuja le passò una mano sulla fronte
-Non temete, fiore del deserto, non mi riferivo certo a voi…-
Già, Cassandra, lei non era come le gentildonne che aveva conosciuto, lei era… vera.  Era incapace di recitare, ogni sua uscita teatrale era così goffa da farlo ridere, quasi provò compassione. Cassandra era talmente cristallina da non riuscire a mentire o ingannare la gente, chissà come era riuscita a sopravvivere in quel covo di lupi senza che le dilaniassero le tenere carni. Ma la cosa più strana era il suo potere, Kuja non se ne capacitava, Cassandra avrebbe potuto perfettamente ridurre in cenere Alexandria e invece viveva nascosta, tra i volumi di Daguerrero.
Gli eroi sono solo per i libri…
Kuja lasciò vagare lo sguardo nella grande camera da letto signorile, l’arioso soffitto a volta ospitava degli affreschi squisiti, immagini di angeli e demoni, cieli e pianeti, fusi in un’armonia di linee e  colori. Spostò gli occhi sulla toilette d’avorio oltre il letto, lo specchio gli rimandò il suo stesso riflesso, ammise che quell’immagine era perfetta per un quadro: lui, chino sulla bella fanciulla addormentata. Per un istante non si riconobbe, non riusciva a capire quale espressione ci fosse sul suo viso, sembrava soddisfatto come sempre, ma in maniera diversa. Si alzò dal letto con un sospiro. Lo scontro con il Mortifero doveva averlo sfinito più di quanto avesse creduto, tra l’altro quel parassita di donna era nel suo letto e lui non poteva neppure stendersi. Il viso gli si deturpò in una smorfia, dopotutto era il suo letto, ed era a due piazze! Scosse la testa, forse era il caso di stracciare i suoi abiti sudici e indossarne di nuovi, lasciando a Morfeo le cure della sua ospite. Fece per alzarsi, ma avvertì una debole pressione sulla mano. Le dita di Cassandra sfioravano le sue. Che male c’era se avesse provato un ruolo diverso? L’avrebbe ingannata per qualche istante, niente di più, poteva fingere solo finché non si fosse svegliata. Chi gli impediva di recitare anche quel ruolo? Sebbene gli venisse sempre a noia, la parte dell’eroe,  magari per quel poco poteva anche risultare gradevole. Nessun l’avrebbe mai saputo… Scostò delicatamente le dita della ragazza dalle sue. Si alzò e camminò verso la piccola libreria a muro, amava essere circondato dai suoi libri prediletti, aveva mobili simili disseminati in tutta la reggia. Aprì la vetrinetta e ne tradusse un libello, accarezzò la copertina ruvida e purpurea, poi richiuse l’anta leggera e camminò rapido verso il letto. Salì dal lato opposto a quello di Cassandra, attento a non turbare il suo sonno e a non increspare neppure le coperte leggere. Quasi come se l’avesse chiamata, Cassandra si voltò verso di lui, una mano sotto il cuscino, l’altra appena scostata dal petto. Kuja l’alzò poco alla volta, mettendole il volumetto sotto le dita, poi, guardando il gioco di castani e neri  tra le cicche morbide della sua ospite, la sua voce avvolse la camera, accarezzando le parole, modulando i suoni e attingendo alla sua memoria straordinaria. Recitò tutte le poesie del volume, intanto fuori il sole tramontava sul mare tingendo la camera di colori infuocati. La stanchezza ebbe la meglio su Kuja, il quale le cedette volentieri.
 
Quando si risvegliò era già sera, Kuja socchiuse gli occhi, l’aria più fresca del deserto gli provocò qualche brivido sulla pelle, si voltò verso Cassandra, dormiva ancora profondamente, con quel solito ciuffo dispettoso arricciato sul naso. Il jenoma sorrise e glielo assicurò dietro un orecchio, la ragazza storse appena il naso prima di rilassare la sua espressione. Kuja rimase ipnotizzato a guardarla ancora un po’, sembrava fatta di porcellana. Una tristezza viva gli pulsò dentro: se non si fosse mai più svegliata!? Se Zalera aveva detto la verità, allora Cassandra sarebbe stata bloccata in un incubo per sempre. Kuja si sentì pervadere da una sensazione sgradevole. Sgranò gli occhi, qualsiasi traccia di stanchezza era svanita. Non ce la faceva a guardarla, non con il rischio di doverla vedere così per sempre. Il jenoma si ritrovò a boccheggiare, avrebbe dato qualsiasi cosa per vederla aprire gli occhi, sorridergli, magari mentre gli diceva che lo aveva sentito, che era rimasta incantata dalle sue declamazioni poetiche. Kuja guardò angosciato la ragazza accanto a lui: ma quali pensieri stava facendo!?
Scese in fretta dal letto, la sua farsa era durata troppo a lungo, non doveva importargli nulla di lei, era solo uno strumento, niente di più. L’amaro gli scese in bocca, si cambiò dietro il paravento e lasciò la camera velocemente, aveva dormito abbastanza e l’esercito di maghi neri doveva essere ultimato. Era stata una recita, solo una recita. Kuja si chiuse la porta alle spalle e appoggiò la schiena contro di essa, si passò una mano tra i capelli. Rise. Era talmente bravo come attore da ingannare persino se stesso, si era decisamente calato troppo nel personaggio.
Quando c'è il talento...
Si, non poteva essere altrimenti, eppure si sentiva ancora strano, agitato. Doveva tenersi occupato, scacciare quella sensazione insensata che aveva addosso.
-Son, Zon!- chiamò certo che i due mostriciattoli lo sentissero. I due giullari accorsero al richiamo come cani. Kuja rimaneva sempre disgustato, erano degli esseri deformi e grotteschi.
-Ha chiamato padrone!-
-Siamo ai suoi ordini signore!-
Kuja non li guardò si limitò ad affrettare il passo. Lontano, doveva andarsene lontano, dove il volto addormentato di Cassandra non avrebbe potuto raggiungerlo
-Sellate il drago, Alexandria mi attende!- si fermò. No, il suo drago implicava una permanenza breve, e lasciare lì, Son e Zon, con Cassandra, senza di lui…si voltò pensieroso verso i suoi mostruosi  sottoposti.
-No, anzi, preparate l’invincibile, partirete con me, ho bisogno di tenervi a corte!- E lontano da Cassandra
-Sentito Zon!-
-Si torna a casa Son!-
Kuja sorrise di traverso. Si, loro e la loro donna elefante, sarebbe basta la vista di Brahne a cancellare il viso di Cassandra. Che modo infame per sfuggire a un brutto pensiero.
-Chiamate anche due maghi neri, li voglio a guardia delle mie camere!- il mago superò i due, stava praticamente scappando via. Si ritrovò nella biblioteca, ansante, incapace di ammettere che stava scappando.


NdA: questa volta il brano è raccontato dal punto di vista di Kuja, spero di rimanere il più fedele possibile al personaggio,anche se per quello che ho in mente è un po' difficile. Spero si avverta il contrasto tra il suo modo di essere e il confronto con emozioni che di fatto non riesce a capire e lo lasciano confuso. Poiché non ha mai conosciuto niente di diverso dalla sete di potere, ho pensato che magari cercasse di giustificare qualsiasi affetto con la logica o convincendosi di aver solo recitato.  
   
 
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