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Autore: Lazzi    19/06/2015    0 recensioni
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Questa storia, parla di una ragazza, Melissa Malik che incinta, va via di casa. Succede un previsto abbastanza brutto ma, allo stesso tempo, conoscerà un ragazzo che la salverà e cambierà completamente la sua vita.
Genere: Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Lemon | Avvertimenti: PWP
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#FLASHBACK

<< Mamma, devo dirti una cosa >> dico appoggiata allo stipite della porta, con la testa abbassata, dopo averla fissata per lungo tempo cucinare la cena. << Cosa è successo? >> mi chiede preoccupata avvicinandosi frettolosamente a me. “Dai, Melissa, magari ti capirà e ti potrà aiutare” mi dico cercando di farmi coraggio. << Non riesco a dirtelo >> dico guardando il soffitto per cercare di non far uscire le lacrime. << Amore, siediti >> dice accarezzandomi delicatamente la guancia facendomi chiudere gli occhi per ricordarmi bene questo momento che potrebbe essere l'ultimo. << Sono incinta >> dico piano, subito dopo essermi seduta su una sedia, sperando che non mi abbia sentito. << Che cosa?! >> dice mia madre con un tono abbastanza alto accompagnata da un' altra voce maschile. “Oddio, no” dico a me stessa riconoscendo subito quella voce. << Chi è il padre?!>> dice subito mio padre avvicinandosi minaccioso a me. << So di aver fatto una cazzata ma ...>> dico senza rispondere alla “domanda” di mio padre , ma non riuscendo a finire interrotta dallo schiaffo di mia madre. << Non me l'aspettavo da te >> dice con voce bassa, delusa, prima di andarsene. << Non so con quale forza mi sto trattenendo, in questo momento, dall' uccidere te e quel coso che hai in pancia>> dice facendo avanti e indietro nella cucina , terrorizzandomi un po'. “Fatti forza, non piangere” continuo a dirmi mentre vedo mio padre fare avanti e indietro. << Vattene via , troia >> urla fermandosi di colpo. Io non aspetto neanche un secondo e salgo in camera mia. “ Devo andarmene il più velocemente possibile” dico, liberando le lacrime che prima stavo trattenendo, terrorizzata da quello che potrebbe succedere prendendo le cose più importanti e ficcandoli velocemente nel piccolo zainetto. Preso anche il cellulare e il portafoglio, esco di casa senza vedere o parlare con nessuno.

#FINEFLASHBACK

<> dico riferendomi al bambino dentro la pancia che ha appena interrotto i miei ricordi con un calcio (come suo solito). Mi tocco l'enorme pancia che mi ritrovo ora e mi rialzo lentamente dalla panchina del parco nel quale sono stata per tutti questi mesi, o quasi. <> dico a voce bassa continuando a toccarmi la pancia. Mi risiedo sulla panchina non riuscendo a camminare. “Dai , piccolino, non adesso!” dico imprecando dentro di me. Inizio a respirare lentamente, come mi avevano insegnato in ospedale, al corso di preparto. Passano i minuti e le contrazioni si fanno più intense e in tempi più riavvicinati. “Okay, devo andare in ospedale” mi dico trattenendomi dal non avere una crisi nervosa, come mi succedeva spesso. Mi alzo lentamente dalla panchina, di nuovo, e mi sforzo dal riuscire a camminare. “10 minuti e arriviamo” dico tra me e me, sapendo che il bambino mi avrebbe sentito lo stesso. “Ma proprio adesso dovevi?” dico guardando l'ora: 13. Adesso non c'è anima viva per le strade di Milano e non ho neanche un cellulare!. “Oh,no!” penso sentendo un liquido uscire dalle mutandine. Alla mia destra vedo una stradina dove non passa mai nessuno e decido di stare lì, aspettando che qualcuno mi veda. << Non uscire adesso >> continuo a dire al bambino. << Non lasciarmi pure tu>> dico piangendo mentre la paura mi assale. Mi siedo piano piano a terra e metto la mano nei pantaloni per sentire se il bambino era fuori. “no, ti prego, stai dentro” penso dopo aver sentito la testa. Con tutte le mie forze cerco di tenerlo dentro di me. << C'è qualcuno?!>> urlo a squarciagola sperando che qualcuno mi senta. << Aiutoo!>> continuo a urlare fino a quando sento il pianto del bambino. << Non dovevo urlare! >> mi rimprovero alzando la voce terrorizzata, in pieno di una di crisi. “Cosa faccio? Cosa faccio?” continuo a chiedermi mentalmente e faccio la prima cosa che mi viene in mente. Tolgo piano piano i pantaloni facendo attenzione al bambino. “Non pensare al sangue che perdi, pensa al bambino!” mi facevo forza. Finalmente vedo per la prima volta il mio bambino, dopo averlo immaginato per mesi e mesi. Mi incanto a guardarlo. Il mio cuore accelera e sento le farfalle allo stomaco, mentre gli occhi si bagnano di lacrime. Mi sono innamorata; È Bellissimo. Ma subito dopo vengo presa da un attacco di panico.“Lì, sulle mie gambe, c'è il mio bambino, pieno del mio sangue, attaccato a me, cosa faccio?!” mi chiedo arrabbiata con me stessa per non esser entrata in qualche negozio o bar a chiedere aiuto. Decido di prendere i miei pantaloni e coprire il bambino, fregandomi delle mie gambe scoperte e del venticello di marzo, e me lo metto in grembo coprendolo anche con le mie braccia. << Aiutoo! >> ricomincio ad urlare. << C'è qualcuno?>> continuo. Sento dei passi veloci venire verso di me e allora decido di continuare ad urlare aiuto fino a quando non vedo un ragazzo, con una chioma riccia, correre verso di me. << Chiama un ambulanza!>> gli urlo. Lo vedo prendere dalla tasta un oggetto, sicuramente il suo cellulare, e chiamare l'ambulanza. << Come stai? >> chiede preoccupato, sicuramente dopo aver visto il sangue che mi circondava. << Pensa al mio bambino>> dico soltanto. Sento le sirene dell' ambulanza avvicinarsi sempre più. Il ragazzo corre verso il fondo della stradina, forse per farsi vedere e infatti è così. Quando torna, torna con due paramedici con una barella. <> sussurro guardando il cielo. << Ha perso molto sangue >> mi dice un ragazzo sulla ventina d'anni. Ci mettono sulla barella e finalmente ci stiamo dirigendo in ospedale. I paramedici visitano me e il bambino e mi sento al sicuro, dopo tanti mesi.

<< Come stai?>> dice una voce svegliandomi completamente. Guardo da dove arriva la voce e vedo il ragazzo riccio che ci ha salvati. Sorrido. “ sì, dopo tanti mesi Melissa sorride” penso tra me e me quasi sorpresa. << Bene >> rispondo un po' debole. << Grazie >> continuo. << Niente >> dice lui sorridendo. “ Che sorriso “ penso guardando i suoi denti perfetti e le sue fossette. << Come si chiama il bambino?>> mi chiede subito dopo interrompendo i miei pensieri. << In realtà non ho ancora deciso>> dico << Voglio deciderlo con te>> continuo. “ So che è uno sconosciuto e, chi sceglierebbe il nome del suo bambino con uno sconosciuto?, ma io ci tengo tanto” penso. <> dice felice mentre nei suoi occhi si accende una luce bellissima. << Io avevo pensato a qualcosa con la D >> dico. << Dylan, io amo questo nome >> dice eccitato. Guardo il bambino che tengo in braccio. << Ti piace “Dylan”? >> chiedo e lui ride contagiandomi. << Siete bellissimi >> dice con una voce profonda, sincera. Lo guardo e lui, imbarazzato, arrossisce. “Che tenero” penso sorridendo. << Dylan Harry Malik >> dico guardando il mio bambino. << è un nome bellissimo >> continuo guardandolo di nuovo. << Aspetta >> mi chiede confuso. << Il mio nome?>> mi chiede subito dopo. << Voglio che mio figlio tiene il nome del suo salvatore >> dico soltanto facendolo sorridere a 32 denti. << E Malik? >> dice << Suo padre è Zayn? >> dice con tono rabbioso. “Lo conosce?” mi chiedo. << No, Malik è il mio cognome e Zayn è mio fratello >> dico un po' divertita. << Ma come lo conosci? >> continuo. << Ah >> dice soltanto ridendo. << L'ho conosciuto ad una festa di compleanno della mia migliore amica. >> dice soltanto. << Ah ok >> dico sorridendo. << Ma come fai a sapere il mio nome?>> mi chiede Harry. << Me lo ha dettp prima l'infermiera>> dico sorridendogli. <> gli chiedo. << Tantissimo, ma ho paura di fargli del male >> dice avvicinandosi al bambino e sfiorandogli la guancia. Glielo posiziono sulle braccia. << Okay >> dice sospirando. << Ce la farò >> continua facendomi ridere. << Ecco qui >> dico lasciandoglielo lì. << Sei bravissimo >> gli dico. << Hai visto? >> gli domando. << Tuo fratello come l'ha presa? >> mi domanda un po' triste lui. Abbasso la testa. “Che gli dico? Mi vergogno a dirgli che in realtà non lo sa ancora” chiedo al mio subconscio. “Diglielo e basta” mi risponde soltanto. “Grazie dell' aiuto eh!” penso soltanto. << Scusa se sono stato troppo...>> dice Harry, subito interrotta da me. << No no, è che in realtà lui non lo sa>> dico guardandolo per vedere la sua reazione. Lui smette di guardare il pavimento, guardando me con un punto di domanda stampato in faccia. “Sicuramente si sta chiedendo come ho fatto a nasconderlo” penso. << è fuori città, con la sua tipa >> mi giustifico. << Ah, ecco>> dice lui. << Di dove sei? >> gli chiedo. “Si capisce che non è italiano” mi dico. “Anche un bambino di due anni lo capirebbe dal nome e dall' accento” dice antipatica il mio subconscio. “Non rompermi” gli rispondo. << Da Holmes Chipol >> mi risponde. << Mai sentito >> dico. << Scusate ragazzi, Melissa, hai deciso il nome?>> ci interrompe l'infermiera che mi ha detto il nome di Harry. << Tranquilla, si >> rispondo subito. << Okay, allora compila questo foglio>> dice lasciandomi un foglio e una penna sul comodino. << Quando finisci, chiamami>> dice prima di andarsene. Prendo il foglio e lo leggo bene, prima di compilarlo. << Si è addormentato>> dice dolcemente Harry guardando mio figlio. << è tenerissimo >> dico avvicinandomi a lui per osservarlo meglio. << Assomiglia molto a te >> dice osservando prima Dylan e poi me. <> dico un po' triste. << è un coglione >> dice soltanto lui. << Può essere fuori per lavoro >> dico. “Non per forza, se una donna partorisce da sola, il ragazzo l'ha piantata” Penso tra me e me. “O forse si” Mi risponde il mio subconscio. << L'ho presupposto >> dice con voce calma e tranquilla. << Okay >> dico soltanto, non sapendo cosa dire. << Scusatemi ancora , ma qui c'è....>>

   
 
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