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Autore: mise_keith    12/01/2009    2 recensioni
- Non sto pensando a lui, Luna. -
- No. Credo che per te, in realtà, non se ne sia mai andato veramente. Definiresti lo stesso questa una “seconda volta”?
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: Spoiler!
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Twice

 

Autrice: mise_keith.

Disclaimer: Non è la prima, né la seconda volta che ricordo a chi legge che scrivendo fan fiction non mi attribuisco l’invenzione di Harry Potter (per carità). Né di qualsiasi cosa che lo riguardi da vicino.

Beta-reader: Thilwen (sempre lei).

Rating: PG.

Data di creazione: 5/6 Settembre 2008.

Tipologia: One-shot.

Categoria: Post-DH.

Genere: Drammatico, Introspettivo.

Personaggi: Ginny Weasley, Draco Malfoy. Luna Lovegood (marginalmente).

Personaggi secondari: Luna Lovegood.

Era: Harry ad Hogwarts (1991-1998)

Note: Spoiler, One Shot, What if?.

Sintesi: - Non sto pensando a lui, Luna. -

- No. Credo che per te, in realtà, non se ne sia mai andato veramente. Definiresti lo stesso questa una “seconda volta”? -

Note dell’autrice: Twice non è una Draco/Ginny, perché, nonostante non riesca a smettere di fare il tifo per loro nel fandom, so bene che nel canon sono ormai divisi, irreparabilmente, come sapevo sarebbero stati. Ciononostante, mi piace pensare che questo sia un attimo plausibile in cui si siano ritrovati. Non pretendo grandi riconoscimenti: questo è un divertissement, un piccolo esperimento retorico. Se sia fallito o riuscito, è un giudizio che spetta ai lettori.

Può considerarsi la seconda parte di un esperimento fatto in parallelo con Thilwen, nato mentre ci domandavamo del destino della nostra prima, adorata ship, dopo il settimo libro. Dopo aver letto la sua Tea Time (che vi consiglio vivamente), mi sono rifiutata di accettare il pensiero che Twice ne fosse all’altezza. Ma eccomi qui. In fondo vinci sempre tu, Chiara.

Twice non è una Draco/Ginny. È una Draco, Ginny.

Ringraziamenti: La stesura di questa one-shot è stata spinta su carta dall’ascolto di “By this river”, di Brian Eno; pezzo a me molto caro, a cui devo anche lo sfondo di questi due stringati momenti. Piccolo omaggio al maestro, dunque.

Dediche: A Chiara. Beta, amica, sorella. Radice solida della mia realtà. Lama con cui sviscero il senso dei miei giorni, e bastone della mia tarda adolescenza.

Non ti dirò mai grazie abbastanza.

 

********************************************************************************

 

Here we are
Stuck by this river,
You and I
 Underneath a sky that's ever falling down,

Down, down.
Ever falling down.

Quel giorno la superficie del lago era levigata e immota come un cielo d’agosto.

Non era mai così, in  autunno.

Aveva ritenuto fosse un buon momento per oziare, sola, accovacciata sotto quell’albero, a sforzarsi d’imprimere nella propria memoria le curve familiari e dolci delle sponde. Sempre uguali da quando era lì; anche in quel momento, tra tanti apparentemente uguali da quando si trovava a Hogwarts. Anche sull’orlo della fine.

Luna l’aveva seguita. Si era seduta accanto a lei, le braccia strette intorno alle ginocchia, i capelli sciolti e un po’ arruffati e qualche forma strana che le pendeva dai lobi delle orecchie, luccicante come una Falce in un nido di gazza. Teneva gli occhi spalancati verso di lei con una determinazione nostalgica che probabilmente voleva essere consolatoria.

Ginny Weasley si voltò a guardarla d’impulso, infastidita; l’altra la imitò, dimostrando la stessa, fedele caparbietà di un vecchio animale da compagnia.

- Non sto pensando a lui, Luna. – le disse con convinzione, anticipandola. L’aveva ripetuto tante volte a se stessa, ma c’era qualcosa di precario, nel suo tono. La ragazza annuì.

- No. – ribatté serafica, aprendo le labbra in un mite sorriso.

- Non un’altra volta. – pronunciò Ginny. La sua attenzione tornò a posarsi sul lago, sordo alle loro parole come uno specchio incrinato.

- No. – ripeté Luna; la luce brillante dei suoi bulbi oculari si affievolì per qualche istante, come il riflesso cangiante di una lanterna sull’acqua – Credo che per te, in realtà, non se ne sia mai andato veramente. Definiresti lo stesso questa una “seconda volta”?

Un muto imbarazzo imporporò le sue guance e Ginny rimase a capo chino, gli occhi ostinati fissi al terreno .

Il risvolto lievemente amaro di quel silenzio parve riposare tra di loro simile ad un velo di indesiderata caligine estiva.

- Tornerà. – aggiunse la ragazza per tranquillizzarla.

- Di nuovo? – replicò lei. La nota vagamente risentita di quel dubbio le fece scappare una smorfia di puerile contrizione. Non poteva farne a meno.

Tacque.

Rimasero per qualche minuto senza incrociare gli sguardi, assaporando con un certo rimpianto quella calma innaturale, amara. Familiare, in qualche modo, pensò Ginny, il viso corrugato dall’acredine. Di nuovo?, masticò a bocca serrata, ritrovandosi a rimuginare, ancora, su come Harry, nonostante le sue dichiarazioni d’affetto, non le avesse risparmiato quel rifiuto.

Il rifiuto dell’eroe, del portavoce degli interessi superiori; il quale aveva, però, programmato di tenerla lontana dai propri progetti, non senza un certo egoismo, aggiunse mentalmente. Come se lei non fosse che una pedina marginale dei suoi schemi, un fattore di disturbo.

E non per la prima volta. 

Fu lo scalpiccio di passi non lontani sul terreno vischioso a portare l’attenzione di entrambe le ragazze nella stessa direzione.

Anche il giovane pallido, le labbra strette e livide in una morsa, guardava verso il lago. Malgrado ciò, l’agitazione che scuoteva le sue viscere sembrava correre più lontano, ben oltre il recinto degli alberi della foresta, sulle ali del pungente odore organico che si sollevava dal sottobosco; un misto di vivo e di morto che sembrava depositarsi sulla bocca dello stomaco e lì rimanere, a lungo.

Non gli segnalarono la loro presenza.

Per un po’ i tre conservarono la loro immobilità tragica, ognuno colto nel dipanarsi del proprio dramma personale, e Ginny Weasley scrutò Draco Malfoy con tutto l’astio di cui si sentiva capace, nutrendosi  dell’insofferente frustrazione di essere stata relegata lì, al sicuro nella sua scuola, nella lunga, snervante quiete che precede la tempesta; sola e abbandonata, nel silenzio religioso, pavido, prima che la battaglia infuriasse.

Si  concentrò, livida in volto, e si sforzò, con tutta se stessa, di imputargli tutte le colpe di cui era evidentemente responsabile e di aggiungere, una per una, peso per peso, al carico invisibile che tendeva il filo della sua spada di Damocle, quelle di chi non era presente e l’aveva voluta lontana.

Eppure, a dispetto di quel furore smanioso, dopo che fu trascorso qualche minuto egli era rimasto quello che lei vedeva: il ragazzo tormentato, il cui terrore senza nome veniva spiato sulla riva del lago dai suoi, fortuiti, nemici di guerra. Ella ebbe l’impressione che il suo labbro inferiore tremasse, come fosse sul punto di piangere davanti alle due casuali spettatrici, sconvolto e piegato da un tremore infantile e spietato, incapace di arginarsi.

Fu allora che egli sembrò percepire la loro presenza.

La breve occhiata che le due ragazze avvertirono su di loro fu contegnosa più che stupita, ma, piuttosto che dalla vista della sua solida scorza di alterigia, Ginny Weasley si sentì colpita da qualcos’altro.

L’ombra fragile di dimessa sofferenza che la ragazza credette di vedere sul suo viso venne celata non appena egli voltò loro le spalle. Quando fu abbastanza lontano che la sua coda dell’occhio non fu in grado di sfiorarlo, Ginny pensò, in un attimo di sommessa, inconsueta meraviglia, che anche quello era uno dei tanti sentimenti che, come tanti dei propri dolori in quel tempo ed in quel luogo, non avevano importanza.

 

Through the day
As if on an ocean
Waiting here,
Always failing to remember why we came,

Came, came.
I wonder why we came.

La seconda volta che le successe di essere sopraffatta da quel pressante e sconsiderato bisogno di quiete  era quasi Natale. Lo specchio ghiacciato del parco non era che un cielo greve verso cui imprecare e implorare in preda alla collera, o in un altro accesso di solitaria impotenza.

Neanche stavolta l’aveva notato immediatamente, nascosto com’era tra le fronde nude dei rami più bassi.

Nel momento in cui si accorse della sua presenza, l’urlo rauco che aveva covato dentro di sé e aveva scalpitato per uscire si sopì. Avvertì la propria rabbia freddarsi, rapprendersi in una forma sottile e acuminata che tratteneva in sé il potere spietato, duro, di un odio lungamente conservato.

Era accomodato con la schiena contro il tronco di un albero; scrutava nuovamente davanti a sé, stretto negli abiti pesanti ma con il capo cinereo, del grigio fango della neve sporca, scoperto.

Ginny parlò prima che potesse considerare di pentirsene.

- Festeggi il primo anniversario dei tuoi misfatti, Malfoy? – le scivolò dalla lingua con un astio tanto ruvido e grezzo da ferire nel processo anche la propria bocca. Lo scatto repentino della testa di lui le portò alla mente quello sgomento puro, madido, degli animali braccati.

Nel vederla, il volto di Draco si trasformò in una maschera di cauto, sdegnato, sprezzo, che gli colorò la porzione di collo che emergeva dalla sciarpa di un rosa tenue, iroso.

Strinse un pugno nella neve con uno scricchiolio soffocato.

- Non m’importa granché di ciò che pensi, Weasley. – mormorò in risposta, le labbra arricciate. Il suo sguardo era ancora lontano; da lei, stavolta – Ma, davvero pensi sia così stupido da fare lo stesso errore due volte?

L’esalazione scettica di lei fu la risposta, istintiva, che risuonò per qualche secondo nel gelo secco che permeava l’aria del parco.

Nello spazio freddo, ampio, che divideva i loro corpi.

- Ed è tutto quello che hai da dire a tua discolpa? – sibilò Ginny per sollecitarlo, mordace, assaporando la potenza del fremito crescente del proprio rancore. Attendendo una reazione, qualsiasi, invano.

Il silenzio che cadde dopo diede a entrambi la fastidiosa, glutinosa sensazione di stare rivivendo uno dei tanti momenti che le loro memorie avevano condannato a seppellire. Il vaso rotto da bambini durante un divertimento proibito; l’attesa, intrisa di costernazione, di un rimprovero severo. Un imprevisto, sgradevole déjà-vu, uno degli scomodi dolori che trascinano con sé le accuse ben note, ma passate sempre sotto silenzio.

In momenti di pace, come di guerra.

Le parve che avesse ribattuto qualcosa. Che la sua bocca si fosse mossa, in una recriminazione senza voce. Forse era stata la luce, un bagliore fulmineo sul profilo delle sue labbra.

La quiete rimase intatta e solida, come una zolla di suolo sterile e ghiacciato, ancora per molto tempo.

Fu lui ad andarsene per primo. Si sollevò con un braccio, un’inalazione brusca, e le voltò le spalle. Un che di rancoroso negli zigomi tesi come corde.

Lei si aspettava di vedere una maschera cadere, con uno schiocco secco. Sentì, però, solo il rumore dei suoi stivali che grattavano contro il ghiaccio, sempre più fievoli.

Appena ella fu certa che fosse abbastanza lontano da udire solo l’eco, sbiadita ed innaturale, delle sue parole, gridò, con una furia disperata, ferita:

- Buon - Natale!

Il grido si spense in una nota così alta e stridula da rintoccare, più volte, sulle mura del castello. Se le sue mani non fossero state inguantate e strette intorno a due lembi del mantello, avrebbero sanguinato sulla neve poche gocce, tiepide e brillanti. Un’offerta sacrificale al dio della guerra e della discordia.

Non pensava l’avrebbe più incontrato su quella riva.

 

You talk to me
as if from a distance
And I reply
With impressions chosen from another time,

Time, time.
From another time.

 

B. Eno – “By This River”

 

  
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