Note d'Autrice (per una volta è
relativamente importante.): Salve a tutti, gente.
Esattamente, sono ancora viva! Una Nota d'Autrice a inizio capitolo, ma
perchè mai, cosa sta succedendo, cosa dovrò
mangiare stasera, c'è un gatto fuori dalla finestra, tu non
puoi passare, vieni con me se vuoi vivere, a cosa serve questa Nota
d'Autrice, vi starete chiedendo nella testolina. Esatto, e la sua
inutile presenza non è del tutto inutile. Circa. Allora,
è qui per tre motivi.
Il primo è che mi voglio scusare per tutto questo ritardo.
Chiedo venia, ma negli ultimi giorni di scuola ho dovuto studiare come
una dannata. Ma posso dire felicemente che adesso che sono
ufficialmente iniziate le vacanze potrò aggiornare mooolto
di più e più in fretta.
Il secondo: in queste vacanze ci saranno due settimane in cui non
potrò aggiornare perchè me ne andrò in
una vacanza studio in Irlanda, quindi... no, sarò
impossibilitata. Ma appena torno potrò aggiornare come ai
beeei vecchi tempi :3
E come terza e ultima cosa, ma assolutamente non meno importante: devo
ringraziare shinichi e ran amore e Kiara_Wolf
per avermi consigliato una delle idee presenti in questo capitolo (che
al momento non spoilero). Siete onorati? Siete onorati eh? Eh?
Ammettetelo. Io non sono Miss Modestia, non siatelo neanche voi.
Ringrazio ancora una volta loro e tutte le persone che continuano a
regalarmi consigli e a seguirmi con pazienza! Detto questo e dopo aver
scritto questo tomo (che spero vivamente abbiate letto), vi lascio alla
lettura del capitolo :D Thanks Bro.
Rain of Truth
***
Shadow
‘’-Per
favore, state tutti calmi. Non è il caso di agitarsi- disse
Blaze ad alta voce,
cercando di catturare l’attenzione di tutte le persone nella
sala e di far
cessare il loro persistente brusio fastidioso.
-Siamo
tutti consapevoli che la nostra condizione potrebbe degenerare a breve.
Ci
troviamo oggi ad affrontare una situazione che da molti anni sembrava
non
dovesse più ripetersi-. Mentre parlava, il silenzio regnava
sovrano, quello che
lei aveva ristabilito all’interno della sala.
-Di
questo, mia signora, già ne siamo consapevoli. Il vero
problema sta nel rispondere
alla situazione nella maniera opportuna-.
-Forse
sua signoria Lord Mengel dovrebbe tirare fuori qualche buona idea
invece di
colorire ovvietà assolute con linguaggi forbiti!- disse un
altro parlamentare,
riferendosi al precedente. In un attimo il brusio riprese, come e
più forte di
prima. Mi battei il palmo della mano sulla fronte, sospirando
frustrato. Blaze
scosse la test, esasperata.
-Fate
silenzio!- urlai, sbattendo il pugno sul tavolo della Sala Riunioni.
-Siamo qui
riuniti per parlare di come risolvere un grave problema che, se
ignorato,
potrebbe portare alla distruzione del regno, non per discutere per
delle
sciocchezze, chiaro?- tuonai. Tutti nella stanza si zittirono
improvvisamente,
abbassando lo sguardo.
-Bene.
Ora, c’è qualche proposta che possa esserci di
aiuto?- continuò Blaze.
-Se mi
permette, mia signora, avrei una proposta. Essendo l’attacco
avvenuto nel
tempio, è più che probabile che ve ne saranno
altri con lo stesso bersaglio.
Ritengo quindi essenziale incrementare la sicurezza degli stessi-.
-Lei è
consapevole, Lord Ferguson, che ciò comporterebbe la
necessità di trasferire parte
delle risorse, dei tecnici e dei soldati interni alle città
nei suddetti
luoghi, non è vero? Molti dei progetti a cui stiamo
lavorando ultimamente dovrebbero
essere posticipati- disse Blaze, con aria preoccupata.
-Con tutto
il rispetto mia Regina, ma credo che la prevenzione di
un’eventuale crisi abbia
la priorità sullo sviluppo del regno. Dobbiamo dare maggiore
importanza alla
protezione di ciò che abbiamo ottenuto negli anni recenti
rispetto a ciò che
possiamo ancora ottenere, se vogliamo evitare ulteriori danni-. Blaze
annuì.
-Sostengo
che i progetti per l’ammodernamento per la città
debbano essere temporaneamente
messi in secondo piano e ripresi tra qualche tempo per poter
concentrare tutte
le nostre forze in nome del potenziamento della sicurezza nei rimanenti
sei
templi in cui risiedono gli smeraldi tramite il trasferimento di
guardie
adibite alla protezione delle varie città, assegnandole
temporaneamente
all’incarico di protettori delle gemme, il tutto con una
particolare
concentrazione delle guardie nel castello di Flaritas- finì
il parlamentare.
-Nega
potrebbe essere benissimo sopravvissuto in qualche modo anni fa,
aspettando
soltanto il momento propizio in cui poter attaccare- proruppe una
giovane
donna, da poco entrata a far parte del nostro Consiglio. -Oppure
potrebbe aver
lasciato un discepolo o un apprendista che riprendesse le redini del
suo sporco
lavoro-.
Blaze
si irrigidì per un momento a quelle parole. -Ne siamo
consapevoli,- disse, dopo
un attimo di esitazione. -ed è per questo che consigliamo di
agire con la
massima prudenza-. Notai solo in quel momento che le mani le stavano
tremando
lievemente.
-Qualcun
altro vuole intervenire?- chiese lei. Il silenzio continuò a
regnare sovrano.
-Bene.
Allora procediamo al voto- dissi. -Chi crede che le proposte dichiarate
oggi debbano
venire attuate, alzi la mano-.
-Bene. Allora procederemo a mettere in atto quanto detto-
sentenziò
Blaze in conclusione.’’
***
Era passato un po’ di tempo da allora. Avevamo ben pensato di
agire subito, quindi i templi avevano già ricevuto le
attenzioni necessarie.
Tutti sembravano piuttosto positivi. Strano da dire, ma chiunque fosse
intorno
a me era certo che le innovazioni apportate negli anni precedenti
potessero
prevenire il peggiorare di questa situazione, tanto che forse
anch’io di lì a
poco avrei cominciato a crederlo. Però non ero tranquillo.
Ero sicuro
che non sarebbe stato così semplice. Anche mio
figlio era del mio stesso
parere, per qualche motivo. Era quasi come se avesse messo
temporaneamente da parte
la solarità che lo contraddistingueva.
-Shadow?-
Sussultai leggermente e mi voltai verso Blaze. -Cosa
c’è?-
Lei inspirò profondamente, guardandomi incerta. -Se questa
storia degli smeraldi finirà bene e possibilmente in fretta,
che ne dici di
provare a dire la verità ai ragazzi?-
-Quale verità?- Deglutii, cercando di negare
a me stesso di non sapere la risposta.
Sul suo volto comparve un’espressione che
tentava di nascondere un alone di tristezza, rimarcando
l’ovvietà di quanto
quella domanda dovesse sembrare patetica uscita dalle mie labbra.
-Delle tue
origini, ovvio-.
Sospirai, massaggiandomi nervosamente il
collo. -Blaze, sono dei ragazzi che hanno il peso di un intero regno
sulle
spalle e dei poteri sovrannaturali. Forse sarebbe il caso di evitare
loro
questa ulteriore perdita di normalità-.
-Sì, questo è vero. Ma sono certa che anche
se tu glielo dicessi il loro parere su di te non cambierebbe- disse con
un
sorriso dolce sulle labbra.
Risposi al sorriso con uno leggermente
tirato, abbassando lo sguardo. -Ci penserò su-.
Era da anni che cercavo il momento giusto
per riuscire a parlare ad Althea e ad Alexis riguardo al mio passato
non
esattamente normale, a come ero nato e da dove provenivo realmente. Ma
riuscivo
sempre a trovare una scusa per non farlo. Prima erano troppo giovani e
non
avrebbero capito, e ora avevano già troppe preoccupazioni di
cui doversi
occupare. La loro vita era abbastanza travagliata senza che io mi
mettessi in
mezzo a mettere scompiglio tra i loro pensieri, distruggendo quel poco
che
credevano di sapere su di me.
Ma sapevo che queste erano solo delle futili
scuse per non parlargliene, per rinviare il momento in cui avrei dovuto
mettere
a nudo la vita che ero riuscito a lasciare dietro le mie orme. Solo in
quel
momento mi resi davvero conto che il mio era un problema serio:
desideravo
dirglielo con tutto il cuore ma non riuscivo a farlo.
No. Ma meritavano di sapere chi fosse
realmente loro padre.
***
Il pomeriggio arrivò tranquillo e senza
intoppi. La vita scorreva tranquilla come sempre e non
c’erano novità
allarmanti. Tutto sembrava voler farmi scordare l’enorme
pericolo che stava
incombendo in quel momento sul nostro mondo. Parte dei soldati e gran
parte
degli ingegneri ed architetti con cui avevo discusso fino a poco tempo
prima
era stata immediatamente inviata a proteggere i templi, subito dopo la
nostra
riunione con il Consiglio.
Poi accadde qualcosa. Una sentinella corse
affannata verso di me e Blaze in un modo orribilmente famigliare,
informandoci
che due guardie richiedevano urgentemente la nostra presenza. Due
giovani
ragazzi entrarono agitati all’interno della Sala del Trono,
guardandoci
stravolti. Uno di loro sembrava in condizioni simili al ragazzo che era
venuto
da noi in precedenza. L’altro, invece, era chiazzato di
sangue in faccia e in
svariati punti della sua divisa, ormai praticamente ridotta a
brandelli. Il suo
braccio destro era ridotto in condizioni spaventose: era in una
posizione
innaturale, era macchiato di sangue secco ed era stato bendato
spartanamente:
sicuramente era rotto.
-Cos’è successo?- chiese Blaze spaventata.
-Miei Signori!- strillò quasi la guardia in
buone condizioni. -Il nostro tempio è stato assaltato. Hanno
rubato lo smeraldo-
disse tutto d’un fiato. Il sangue mi si ghiaccio nelle vene.
Quello che raccontò il giovane fu un attacco
simile a quello che avevamo subito quando il primo smeraldo fu rubato.
Nessuna
vittima, tutte le persone nel tempio erano state addormentate.
Dopo che ebbe finito il suo racconto mi
voltai verso la guardia con il braccio rotto. -Perché sei in
quelle
condizioni?- chiesi, cercando di trattenere il panico.
-Maestà- sussurrò con un filo di voce. -Il
tempio che stavo sorvegliando è stato attaccato. Io sono
stato addormentato da
qualcosa, ma sono riuscito a stare vigile abbastanza per riuscire a
vedere i
miei compagni che davano l’allarme. Quando mi sono
risvegliato, mi sono
ritrovato circondato da cadaveri- spiegò con voce roca e a
malapena udibile. -Il
tempio era in fiamme, e lo smeraldo non era più
sull’altare-.
Blaze sbarrò gli occhi. -In quanti siete
sopravvissuti?-
-Solo io-.
Blaze mi guardò terrorizzata, la paura che
si stava facendo strada nel suo sguardo.
Non era solo il nemico che mi preoccupava.
Era il modo in cui agiva. Attacchi effettuati in date senza
significato, in
luoghi lontani tra loro. Solo allora mi resi conto di quanto avremmo
dovuto
migliorare la comunicazione tra i templi, così da rendere
più rapida la venuta
a conoscenza di questi eventi. I mezzi
di trasporto per muoversi in quel mondo non erano evoluti
come quelli a
Mobius, e a volte per riuscire a ricevere una notizia da
un’isola lontana
poteva passare diverso tempo. Quegli attacchi potevano essere avvenuti
giorni
prima e noi non ne avevamo saputo nulla, eravamo stati tranquilli, a
discutere
di tutt’altro. Richiamai con un segno della mano una delle
guardie ai lati
della stanza e gli sussurrai dei comandi.
-Porta questi uomini all’infermeria. Poi
avvisa le altre guardie e chiamate uno ad uno i membri del Consiglio.
Non
importa quanto si opporranno a venire, e fregatene se ti dicono che
è troppo
tardi per una riunione a quest’ora. È
un’emergenza, sono stato chiaro?- Mi fece
segno di sì con la testa e andò subito a fare
quanto gli avevo ordinato. Con la
tensione che aveva raggiunto il limite, mi rivolsi a Blaze.
-Non credo che questa storia finirà presto-.
***
Althea
Cercai di tenere a bada uno sbadiglio
imminente mordendomi l’interno della guancia. Non riuscivo
proprio a spiegarmi
come Dash e le altre due ragazzine fossero riusciti a convincermi a
giocare con
loro a “Panzer Dragon Saga”, uno stupidissimo gioco
da tavolo. Certe volte mi
chiedevo se tutti gli anni in cui avevo studiato per succedere al trono
mi
sarebbero effettivamente serviti a qualcosa, vista la situazione in cui
mi
ritrovavo in quel momento.
-Non ce la farete mai a vincere- si vantò
Sunny con un tono da sbruffona. Alzai gli occhi al cielo, sbuffando e
appoggiando il mento sul palmo della mano.
Dash fece per muovere la sua pedina.
-Dash, è inutile. Lo vuoi capire?- disse
ancora una volta la riccia azzurra. Dash le lanciò
un’occhiataccia.
-Se non chiudi la bocca giuro che ti rovescio
la bibita in faccia-.
Lei sorrise furbetta, socchiudendo gli
occhi. -Non lo faresti mai-.
-Smettila-.
-Visto? Non lo faresti mai!-
-Certe volte sei tremendamente irritante-.
-Ma senti chi parla- borbottai,
giocherellando con la cannuccia nel bicchiere dove prima
c’era una bevanda
gassata. Era la prima volta che potevo mangiare o bere qualcosa che non
potesse
essere definito esattamente salutare senza dovermi sorbire le urla di
qualche
dietologa che tentava di farmi vivere a pane e acqua per mantenere la
linea. Infondo
era questa per loro la cosa importante, no? L’aspetto. Una
sovrana poteva anche
essere una dittatrice, ma se rimaneva in forma era tutto a posto.
-Tu stai zitta- sibilò Dash scocciato.
-A quanto pare non sai accettare le
sconfitte- continuò a stuzzicarlo Sunny.
-Andiamo, smettetela!- trillò Emily.
‘’Oh
Chaos, non è possibile’’ pensai
esasperatamente tra me e me. ‘’In
che razza di branco di mocciosi sono
finita? Sono uno peggiore dell’altro’’.
Fu solo in quel momento che mi
colpì il tremendo dubbio che avessero all’incirca
la mia età. Il che sarebbe
stato duro colpo alla mia dignità.
Era arrivato il turno di Emily, che sembrava
aver fatto la mossa giusta per mettere in scacco la sorella
più grande.
-Hah! Ora il mio drago ha un livello più
alto del tuo!- disse lei, esultante.
-Il tuo drago può colpire due caselle più
avanti della sua?- ridacchiò Sunny saccente, inarcando un
sopracciglio.
-Sìììì!...No…-
-Allora… il tuo è fuori-.
-Ahhh!!! Certe volte sei tremendamente irritante!!!-
rispose nuovamente la ragazzina, furiosa.
-Ed essendo arrivata al centro…ho vinto
ancora!-
-Oh, ma dai!- inveì Dash.
-È la quarta volta che vinci, cambiamo
gioco!- Il brusio, incredibilmente fastidioso ed elevato,
cominciò a
serpeggiare per tutta la stanza, lasciando solamente a me il sacrosanto
dono
del silenzio.
Li lasciai strillare per qualche minuto,
sperando di riuscire a resistere all’irruenza di quei
ragazzini. Chiusi gli
occhi, mettendomi la mano sulla fronte.
-Basta…- mormorai con voce scura. I ragazzi
continuarono a litigare tra loro.
-Basta- dissi a voce più alta. I tre
fratelli mi ignorarono. Ero certa che parlare con un muro sarebbe stato
molto
più gratificante che farlo con loro.
-BASTA!- urlai, alzandomi di scatto dalla
sedia e sbattendo le mani sul tavolo. Un improvviso moto
d’ira colpì i miei già
abbastanza irascibili nervi. Il
gioco
davanti a noi prese improvvisamente fuoco. Emily strillò per
la sorpresa e
tutti e tre i ricci indietreggiarono pesantemente.
-No!- Parai le mani davanti a me, provando a
spegnere le fiamme. Ma senza successo. Il panico si insinuò
in ogni mia vena.
-No, non qui!-
-Ragazzi, è pronto il pranzo, venite a
tavola!- disse Amy, sporgendosi dalla porta della cucina con la testa e
mostrandoci la teglia con l’arrosto che aveva appena finito
di cucinare. La
guardai spaventata, il battito cardiaco a mille. Il cibo che aveva tra
le mani
prese immediatamente fuoco. La riccia rosa lo lasciò cadere
immediatamente sul
pavimento -Oh cavolo!-
Mi misi le mani tra le spine, stringendomi
con forza la testa, che pulsava dolorosamente. Ebbi un improvviso
capogiro per
l’agitazione e caddi in ginocchio.
-Stai calma!- disse Dash, facendo per
mettermi una mano sulla spalla-
-NON TOCCARMI!- urlai, reclinando la testa
in preda a una fitta di dolore terribile. La porta d’ingresso
si aprì di colpo.
-Sono tornato a casa!- disse allegro Sonic,
salutandoci con un sorriso. Mi voltai di scatto verso di lui e il
divano prese
fuoco. Sonic si ritrasse, sorpreso.
-Oh
cavolo!-
***
L’aria fresca mi sferzava il volto dopo che
finalmente eravamo riusciti a spegnere l’incendio. Ci
trovavamo nel cortile
della casa, mentre avevamo lasciato la casa ad arieggiare dopo il mio
piccolo
incidente.
-Fiuu! Per fortuna è andato tutto bene-
disse Sonic, asciugandosi il sudore sulla fronte con
l’avanbraccio. Chinai la
testa e abbassai le orecchie, tremendamente a disagio.
-Io… scusatemi. Non avrei mai voluto che una
cosa del genere accadesse in casa vostra, davvero…- mormorai
imbarazzata.
-Non ti preoccupare, non ci sono stati
troppo danni. Tutto quello che abbiamo perso era un brutto gioco da
tavolo e il
pranzo- disse Dash, sorridendomi rassicurante.
-E il divano. Già… il divano- sospirò
Sonic,
improvvisamente demoralizzato.
-Non è successo nulla di male, non
preoccuparti- continuò Dash rivolgendosi a me.
-Mi dispiace dovertelo dire, ma non sono
d’accordo- intervenne Sunny. -In qualunque modo la metterai,
Dash, dobbiamo
ammettere che ci ha quasi bruciato la casa-.
-Sai che non
è stata colpa sua- sibilò secco.
-Sono convinta che abbia bisogno di aiuto.
Non possiamo lasciarla vagare come una mina per casa nostra rischiando
che
faccia altri danni-.
-Smettila Sunny. Ora-.
-Sunny non ha tutti i torti- disse Sonic,
con aria molto seria.
-Papà…?-
-Non fraintendermi, Dash-. Poi si voltò
verso di me. -Althea, sappi che ti ammiro molto. Sei una ragazza
gentile ed
educata-. Be’…almeno con lui lo ero.
-Ma il tuo potere è grande. Molto grande.
Anche se sono certo che riuscirai a domarlo un giorno, tuo padre ti ha
affidato
a noi. Quindi è anche compito nostro darti una mano-.
-Dove vuole arrivare, signor Sonic?- chiesi.
-Ti prego, chiamami Sonic e basta. Intendo
dire che è arrivato il momento di cercare seriamente una
soluzione al tuo
problema-.
-Ma…-
-Che non si limiti all’allenamento e in cui
tutti noi potremo darti man forte attivamente-. Abbassai leggermente la
testa,
come se fossi confusa sul da farsi, come se avessi avuto la sensazione
di aver
sbagliato tutto fino a quel momento, come se avessi affrontato la mia
situazione con l’approccio sbagliato. Sunny, quasi come se si
fosse accorta di
essere stata troppo dura nei miei confronti, cosa che comunque non
trovavo
vera, prese nuovamente parte alla conversazione
-In effetti…pa’, tu non conoscevi un genio
della meccanica?-
-Stai parlando di Tails? Sì, certo, ma cosa
centra lui in tutto questo?-
-Beh, potresti chiedergli un aiutino per
risolvere il nostro problema-. Devo essere sincera, mi piaceva il tono
diretto
di quella ragazza.
-Uhm… non saprei. Tails in questo momento è
molto occupato. E poi siamo soprattutto noi quelli che hanno il dovere
di
aiutarla. Lui ha un sacco di pensieri per la testa in questo periodo,
non credo
sia il caso di occuparlo ulteriormente-.
-Papà, lei ha bisogno di aiuto- disse,
accentuando ogni parola della sua frase. Non stavo partecipando al
discorso che
riguardava me in primo piano, e la cosa mi faceva strano. Quelle
persone stavano
lottando attivamente per me e non ne capivo il motivo.
-Tails potrebbe essere l’unico che potrebbe
davvero aiutarci- intervenne Emily, sbucata improvvisamente al mio
fianco.
-E la prossima volta potremmo non essere
così fortunati come lo siamo stati oggi- continuò
Sunny.
-Beh…- Sonic si sfregò il collo con la mano.
-E va bene-.
-Sì!- esultò Dash.
Sospirai, scuotendo la testa. -Io non voglio
il suo aiuto- dissi. Tutti mi guardarono straniti.
-Ma…- balbettò Emily.
La fermai, interrompendola con un gesto
della mano. -No. Non voglio infastidire nessuno con i miei problemi-.
Amy si schiarì la voce, fissandomi con
un’aria stranamente intimidatrice. -Mi sembrava che ne
avessimo già parlato.
Che cosa abbiamo detto? ‘’Non posso fare tutto da
sola’’-.
-Questo è vero, però…-
Lei sorrise radiosa. -Visto che te lo
ricordi?-
-Ti prego, accetta l’aiuto di Tails!- mi
implorò Emily con gli occhi lucidi per le lacrime. Ma come
diavolo faceva? Roteai
impercettibilmente gli occhi, sbuffando.
-E va bene- grugnii di malavoglia.
-Dash, accompagnala tu- disse Sonic
-Cosa?! Perché io?-
-Perché sei più veloce delle tue sorelle e
perché non mi va che Emily usi la macchina troppe volte al
mese-.
-Uff…ok, va bene, messaggio ricevuto. 1,2,3,
via!- Appena ebbe finito di parlare lo vidi partire come un razzo,
mentre io
ero rimasta lì, ferma come un pesce lesso.
-Credo che ti convenga seguirlo- ridacchiò Amy,
con il solito sorriso in faccia. Attivai i pattini e mi affrettai a
seguire il
suo consiglio.
***
Poco dopo ci trovavamo davanti a una casa
abbastanza grande nei pressi di Station Square.
-Questo è il posto- disse Dash, avviandosi
verso la porta e battendoci violentemente sopra un pugno. Non ci
rispose
nessuno. Aspettammo ancora qualche minuto, ma invano. La pazienza
cominciò a
venirmi meno.
Provai a ruotare la maniglia della porta e,
sorprendentemente, quest’ultima si socchiuse.
-È aperta- riflettei, entrando in casa. Mi
guardai rapidamente intorno e notai che quella in cui ci eravamo
praticamente
infiltrati non era affatto un’abitazione ordinata da come
poteva sembrare
all’esterno. Fogli colmi di scritte pressoché
illeggibili erano sparpagliati
per tutto il salone principale, grandi progetti stampati su carta
buttati con
fare affrettato in qualsiasi angolo o spigolo che non fosse
già stato occupato
da qualche libro. Persino la più intrepida delle mie
domestiche si sarebbe
sentita scoraggiata davanti a una mole tale di lavoro.
-Taaails!- urlò Dash. -C’è qualcuno?-
Al posto di una persona, ci rispose una
forte esplosione proveniente dalla stanza che nascosta dietro
l’angolo delle
scale che portavano al piano superiore. Sentii dei violenti colpi di
tosse e, prima
che me ne accorgessi, un fumo pesante e scuro si diffuse in un attimo
per tutta
la stanza.
Un trillo acuto mi trapassò le orecchie e
immediatamente ci investì una pesante dose d’acqua
dal soffitto.
-Stupidi sistemi antincendio!- ringhiò
qualcuno. Prima che Dash o io potessimo ribattere, davanti a noi
apparve una
giovane volpe a due code. Era un uomo alto, slanciato, dalla pelliccia
di un
bel color oro. I suoi
occhi
erano azzurri, limpidi e risaltavano con il camice bianco che indossava
in quel
momento.
-Dash?- riuscì a dire lui tra i tossii.
L’acqua finalmente smise di scorrere e di inzupparmi i
vestiti.
-Tails! Che diavolo è successo?!- urlò Dash,
tossendo incessantemente.
-State tutti bene? Scusate, non mi aspettavo
visite-.
-Scusi la domanda, ma si può sapere
cos’è
successo?- chiesi con tono piuttosto irritato per essere stata
affumicata e
infradiciata.
-Ah, ordinaria amministrazione. Mi spiace che ne siate state
coinvolti-.
Dash, ovviamente con aria sbruffona, ribatté subito. -Non ti
devi preoccupare per questo, siamo delle rocce io e lei! Soprattutto
io-.
Probabilmente non aveva la più pallida idea dei problemi che
mi dava quella dannata pelliccia che mi ritrovavo dalla nascita. A
contatto con
l’acqua pendeva per il corpo e sembravo diventare un uomo
barbuto di mezz’età. Erano
quelli i momenti in cui rimpiangevo di essere nata per metà
felino. O anche
quando annusavo dell’erba gatta o mi ritrovavo
involontariamente a… fare le
fusa. Certe volte era una cosa incontrollata. Sempre umiliante e
indignitoso.
-Ma ditemi, avete bisogno di qualcosa?-
Dash si fece avanti, temendo che io prendessi l’iniziativa e
rispondessi negativamente alla domanda. -Sì, ad essere
schietti-. La volpe
alzò un sopracciglio con fare
curioso.
-Vedi, la ragazza qui ha un enorme problema- continuò il
riccio.
-Oh, fammi il piacere- sbuffai, roteando gli occhi.
-Be’, in poche parole: ha dei problemi a controllare il suo
potere-.
Tails aggrottò la fronte, guardandomi. -Tu sei la figlia di
Blaze se non sbaglio. Althea, giusto?- Fui sicura dal suo tono di voce
che
sapesse già quale fosse la risposta.
-Sì-.
-Giusto, mi ricordo della rissa che avete improvvisato tu e
Dash. Quindi il tuo problema è il fuoco- rifletté
pensieroso.
Dash batté ripetutamente un piede sul pavimento, snervato
dal
cambio di argomento. -Tails, abbiamo un urgente bisogno del tuo aiuto.
Non
riesce più a tenere a bada le fiamme, ci serve una delle tue
invenzioni-.
Tails si grattò la nuca. -Ragazzi, credo di non potervi
essere
d’aiuto-.
-Cosa?!- urlò incredulo Dash.
-Mi dispiace, ma non posso proprio. In
questo periodo sono strapieno di problemi, e il governo mi sta dando
degli
ultimatum per finire dei progetti rilevanti. Devo anche aiutare un
amico… diciamo,
diversi amici per una faccenda importante, quindi…- Mi
guardò esitante,
sinceramente dispiaciuto.
-Ma questa è una
faccenda importante! Ti prego Tails, non puoi farci questo!-
implorò il riccio con un tono disperato.
-Non importa- sospirai. Dash mi guardò con
gli occhi sbarrati.
-Ma tu…-
-Stai zitto! Non immischiarti in faccende
che non ti riguardano. Questo è un mio
affare, non tuo!- Credo che la mia risposta secca lo avesse leggermente
ferito,
anche perché abbassò momentaneamente lo sguardo
in segno di imbarazzo. Mi
voltai verso Tails, rivolgendomi direttamente a lui.
-Senta, mi dispiace se siamo venuti a
disturbarla fino qui, ma davvero, non è necessario il suo
intervento. Questa è
una cosa che posso gestire da…-
Una rapidissima gomitata nello stomaco mi
zittì. Non riuscii a respirare per qualche secondo, e il
colpo inaspettato mi
aveva mandato in un breve stato di panico. ‘’Stupido
riccio…!’’
Sentii una forte vampata di fiamme farsi
strada sulla mia schiena e sulle spalle, alzandosi fino al soffitto. Il
mio
pelo si asciugò all’istante, e poi si
gonfiò. Subito dopo, l’acqua cominciò
nuovamente a sgorgare dal sistema antincendio.
-Apparecchio sensibile, eh?- disse Dash,
quasi divertito .
-Ci sto lavorando…- rispose la volpe con
tono scocciato.
-Perché diamine l’hai fatto?!- riuscii ad
ansimare quando finalmente l’aria mi riempì di
nuovo i polmoni.
Dash sorrise vittorioso. -Visto Tails? Non
riesce a controllare i suoi poteri-.
-Sì. In effetti non deve essere facile per
te, Althea-. A quel punto mi limitai a non guardarlo direttamente negli
occhi,
senza rispondere.
-Allora, puoi aiutarci?- chiese un'altra
volta quell’idiota di un violento di un ragazzino maledetto
di un riccio
dannato.
-Beh…tutto sommato credo di poter fare
qualcosa. Datemi solo un po’ di tempo-.
-Sai dirci quando possiamo tornare?-
-Domattina alla stessa ora, se le cose vanno
a rilento-.
L’ultima frase ci lasciò piuttosto
sbigottiti. -Sta scherzando? Come può…- cominciai
io.
-Ho i miei mezzi, non vi preoccupate-
rispose, strizzandoci stancamente un occhio.
-Allora… la ringrazio- dissi con riverenza,
chinando in modo rispettoso il capo. Dopo che Dash ebbe fatto gli
ultimi saluti
alla volpe, uscimmo dal suo laboratorio e iniziammo a camminare sulla
strada
del ritorno a casa. Dash si voltò sorridente verso di me.
-Hai visto? Te l’avevo detto che ci avrebbe
aiut…- Mi avvicinai rapidamente a lui e gli tirai un pugno
in pancia. Il
ragazzo si piegò su sé stesso, stringendosi lo
stomaco.
-Perché l’hai fatto…?!-
esalò.
Io feci un sorrisetto ironico.
***
Dash
La mattina dopo eravamo di nuovo lì, davanti
all’accogliente casa di Tails. Ci apprestammo ad entrare, e
nel frattempo mi
tenevo bene a mente che non avrei mai più dovuto fare esempi
sul controllo dei
poteri di Althea.
-Buongiorno ragazzi- ci salutò Tails sulla
soglia della porta. Ci fece entrare in casa, facendoci accomodare sul
divano.
-Avete già fatto colazione?- ci chiese con uno sbadiglio
malamente trattenuto.
Io annuii, sentendomi leggermente in colpa. ‘’Almeno
io l’ho fatta’’.
Quando, qualche minuto prima, eravamo in
casa mia, seduti a tavola per mangiare, Althea non aveva toccato cibo.
Era
stata in silenzio, con lo sguardo basso e la testa china. Mi era
sembrata
nervosa, in ansia.
-Bene. Come promesso, vi ho portato quello
di cui avete bisogno- ci disse la volpe con un fiacco sorriso.
-Vado a prenderli, aspettate un attimo-. Si
diresse verso la stanza da cui il giorno prima era fuoriuscito tutto
quel fumo.
Intanto, mi venne voglia di capire che cosa passasse per la mente di
Althea.
-Ehi, che ti succede? Ti vedo preoccupata-.
Althea alzò con esitazione lo sguardo,
mordendosi il labbro inferiore e nel frattempo torcendosi le mani con
nervosismo. -Cosa succederà se non avrà effetto
l’intervento del signor Prower?
La sua si tratta pur sempre di una soluzione improvvisata ad un
problema
delicato-.
-In primo luogo, lui è “Tails”. In
secondo
luogo, devi tranquillizzarti. Lui è uno specialista in
soluzioni improvvisate a
problemi delicati. Il tuo è una bazzecola rispetto a
ciò che mi raccontava mio
padre di lui-.
-Tsk, per esempio?- disse con sguardo
scettico.
-Beh, vediamo…oh sì, una volta stavano
inseguendo in aereo un’enorme aeronave, e…-
-E ho trasformato il mio vecchio e caro
aereo in modalità di combattimento, lo so- rise genuinamente
Tails, ricomparso
improvvisamente nel salotto.
-Sì, stile Transformers, o roba simile!-
dissi, lasciandomi trasportare dall’entusiasmo. Adoravo
quella storia. -Ti
prego Dash, avrò sentito tuo padre raccontare questo
episodio almeno un
migliaio di volte quando eri piccolo- ridacchiò la volpe.
Althea ci guardò confusa e disinteressata
allo stesso tempo.
-Comunque,- disse Tails, schiarendosi la
voce e ritornando sul motivo per cui eravamo venuti da lui. -Questi
sono per
te-. Porse ad Althea due bracciali d’oro.
-Dei bracciali?- farfugliò confusa.
-Non semplici bracciali. Sono Anelli Inibitori-
la corresse Tails. -Hai mai notato che tuo padre ne indossa un paio di
simili continuamente?-
Lei annuì, non troppo decisa.
-Bene. Li ho costruiti sulla base del loro
modello. Credo che potranno servire a contenere i tuoi poteri,
esattamente come
fanno i suoi-. Tails le sorrise. -Prova ad indossarli-.
Althea inspirò profondamente. -Ok-. Fece
passare la mano destra all’interno di uno di quegli anelli e
lo fece scattare
attorno al suo polso. Ci fu qualche secondo di attesa, in cui il tempo
sembrò
essersi fermato.
-Come vanno?- chiesi. Lei rimirò per un
attimo il bracciale che stava indossando con aria assente.
-Non sento niente-. Detto questo, indossò
anche l’ultimo dei due anelli.
-Forza, prova a fare qualcosa!- proruppe impaziente
Tails.
-Qui in casa?- chiese confusa lei.
-Sì, andiamo! Posso permettermi di avere un
po’ di cenere sul pavimento-.
-E va bene…- Althea chiuse lentamente gli
occhi, rilassando le spalle. Dopo qualche secondo, fu interamente
avvolta dalle
fiamme.
-Come ti senti?- le domandò Tails.
-Uhm… bene, suppongo-. Riaprì gli occhi,
come se, poco a poco, si stesse illudendo di essere guarita. Aveva
paura,
glielo leggevo nello sguardo. Ma era anche piena di speranza. Poco a
poco fece
sparire il fuoco dalla sua pelle, e ci guardò con gioia
quasi infantile. Poi
notai che le si erano accese delle minuscole fiammelle
nell’incavo del collo,
vicino alla spalla destra, simili a quelle che compaiono alla fine
dell’incubo che
lascia dietro di sé un incendio.
-Ehm Althea… ne hai ancora un po’ sulla
spalla- dissi.
-Cosa?- Le spense subito, facendo un piccolo
sforzo. -Ti ringrazio-.
Tails sembrava soddisfatto del suo lavoro, e
subito si rivolse ad Althea. -Bene, ora mi raccomando: in questi giorni
non
strafare. Fai in modo che i tuoi poteri si adattino agli anelli poco a
poco, va
bene? Ricordati che erano stati creati per aiutare il controllo di tuo
padre,
non il tuo, quindi potrebbero essere più instabili
all'inizio-.
-Sì… grazie Tails- disse questo Althea,
mentre un tenero sorriso, forse il più spontaneo che avessi
visto da parte sua
fino a quel momento, le coloriva le labbra e la faccia della speranza
in cui non aveva mai creduto fino a quel momento.
-Grazie di tutto Tails. Credo che ora sia ora
di andare- ci congedai. Tails annuì con un sorriso.
-Va bene. Porta i miei saluti a Sonic-.
Prima che potessi uscire, notai che la
pelliccia di Althea era illuminata da una fioca luce blu dovuta a dei
piccoli
sprazzi di fuoco azzurrognoli che le si erano appiccati addosso.
-Althea, Tails ti ha appena detto di non
esagerare. Non credi che almeno dovresti esercitarti fuori da casa
sua?-
chiesi, divertito per quello che credevo fosse solo entusiasmo.
Lei inarcò un sopracciglio. -Cosa…?- Si
guardò gli avanbracci, e il suo voltò si
irrigidì improvvisamente per la paura.
-Non sono io- sussurrò.
Mi avvicinai per guardare meglio cosa
avesse. Poi la sua reazione mi spaventò. Si
allontanò da me barcollando.
-Ehi! Che succede, stai bene?-
-Sì…- rispose lei in un bisbiglio. Aveva la
faccia funerea e tremendamente pallida, come se stesse provando dei
forti
dolori.
-No, non stai bene. Tails, aiutami a
rimuoverle gli anelli!- Io e Tails ci avvicinammo velocemente ad
Althea,
consapevoli di dover agire subito, anche perché si era
verificato un evento
imprevisto. Mentre correvamo quei pochi metri che ci separavano da lei,
Althea sbarrò
gli occhi all’improvviso e ci urlò contro.
-State lontani!-
Infine, una violentissima vampata di fiamme,
chiarissime e incredibilmente calde, fuoriuscì dalla
ragazza. I grossi zampilli
si muovevano furenti, come se finalmente avessero ottenuto
un’agognata libertà.
Ma certamente non pensavo a queste cose in quel momento. La stanza era
praticamente sottomessa alle fiamme. Althea si strinse una mano sulla
testa e
una sullo stomaco. Il volto era vuoto, come se, in quel momento, stesse
provando un dolore così immenso che tutto quello a cui
riusciva a pensare era
una maniera per attenuarlo. Sembrava non essersi accorta di quello che
stava
succedendo attorno a lei. Poi le fiamme cominciarono ad assumere una
forma più
compiuta. Quell’aurea che prima circondava Althea, ora si
stava raggruppando
nella parte destra del suo corpo, lasciando la sinistra libera.
Mentre il lato sinistro delle sue labbra
era impassibile, quello a destra stava formando un grottesco sorriso.
Il suo
corpo era, in un certo senso, diviso in due, ma ancora unito. Le fiamme
erano
così ben raggruppate che nascosero completamente la
pelliccia nera di tutta
quella sezione di lei. Althea raddrizzò la schiena,
guardandoci e trapassandoci
con lo sguardo.
-Tails, via di lì!- gli urlai, subito prima
di spintonarlo via dal punto in cui, subito dopo, si
verificò una piccola
esplosione di fiamme, che si sparpagliarono nelle vicinanze. Ad un
certo punto
lei emise un verso, che sembrava composto da tante voci femminili tutte
uguali
alla sua, che urlavano all’unisono. Era come se stesse
ruggendo.
-Ok, Althea… stai calma, va bene?- sussurrai
mentre le sorridevo tranquillamente, protendendo le mani in avanti
nella
speranza che la calmassero. Lei cominciò a squadrarmi,
facendo avanzare un poco
la parte infuocata, con la quale mi osservava più
attentamente che con quella
rimasta normale.
Però si era fermata un secondo… -Ora ti tolgo
i bracciali…- …solo per riprendersi
all’improvviso e attaccarmi. Aveva
letteralmente allungato il suo braccio verso di me, aumentandone
significativamente
le dimensioni e la lunghezza. Riuscii a schivare il suo attacco solo
perché
avevo un buon istinto, altrimenti sarei morto su colpo a quei tempi.
Mi girai e vidi quell’abominevole braccio trapassare
la parete del lato opposto della stanza rispetto a quello dove si
trovava la
mia amica.
Richiamò a sé il braccio. Quando
quest’ultimo tornò al suo legittimo posto, sentii
uno scrocchiare di ossa quasi
inquietante. Althea si voltò di profilo, mostrandomi solo il
suo lato sinistro,
e mi ringhiò contro.
Il sistema antincendio si attivò per
l’ennesima volta. Althea si parò un braccio
davanti agli occhi, scosse la testa
scrollandosi l’acqua di dosso e grugnì
infastidita. Mi guardò fisso ed emise un
ultimo, gutturale gorgoglio. Poi piegò le ginocchia e
saltò, scontrandosi
contro il soffitto e trapassandolo, e con esso tutti i piani restanti
della
casa.
-Tu spegni l’incendio e porta al sicuro
Knuckles e le altre!- strillai rivolto verso Tails. -Io vado a
riprenderla-. La
volpe annuì decisa, e io corsi immediatamente fuori dalla
porta.
Appena fui all’aperto, non mi fu difficile
indovinare in quale direzione fosse andata Althea: la strada che
portava verso
Station Square era ricoperta da fiamme, e del terreno su cui aveva
camminato
rimaneva solo cenere. Decisi saggiamente di correre seguendo quella
pista.
-Althea! Fermati e ascoltami!- Lei non si
voltò nel solito modo stizzito come usava fare di solito,
né mi rispose in modo
discutibile. Mi ignorò e basta. Ormai eravamo entrati nel
centro della città.
-Maledizione, Althea!- Corsi più vicino a
lei, che se ne accorse subito. Il suo braccio si allungò
nuovamente, muovendosi
sinuosamente come una frusta nell’aria in tutte le direzioni
e colpendo tutto
ciò che aveva intorno: pareti di edifici, lampioni, vetrine,
venivano fuse e
spazzate via come nulla. Con lo stesso, eseguì una spazzata
laterale verso di
me. Come poco prima, saltai giusto in tempo per evitarla.
Ripeté un’altra volta
la stessa azione, stavolta cercando di colpirmi dall’alto.
Aumentai la
velocità, riuscendo ad evitare il violentissimo colpo con
uno scatto.
-Allora, ti senti fortunata? Prova ancora!-
Mentre la sbeffeggiavo, vidi che dal suo avambraccio si muoveva, verso
il
grosso palmo della mano, un gonfiore interno, come se fosse acqua che
usciva da
una gomma.
Mi spaventai, e qualcosa mi disse che dovevo
abbassarmi. Feci subito una scivolata. Vidi la sua mano che sparava una
grande
palla di fuoco, molto più grossa di quelle che aveva
prodotto fino a quel
momento, quando era nel suo stato normale. Mi passò ad un
palmo dal naso, e per
pochissimi istanti avvertii un elevatissimo calore passarmi vicino. I
miei
occhi furono storditi alla vista ravvicinata di quel bagliore. La sfera
colpì
l’edificio dietro di me, scatenando un’esplosione
di fuoco, a cui seguì una
forte onda d’urto che mi sbalzò via, facendomi
rotolare per terra per vari
metri, mentre Althea proseguiva la sua corsa selvaggia. Mi aveva
colpito
nonostante non mi avesse nemmeno toccato. Era la quarta volta che
rischiavo di
morire quel giorno. Dovevo fermarla.
Mi sentivo frustrato per non esserci
riuscito subito, ero furioso. Sentii il sangue salirmi alla testa per
la
rabbia. Sbattei il
pugno sul terreno con
tutta la forza che avevo. In lontananza, sentii delle sirene suonare, e
mentre
mi rialzavo, delle volanti della polizia mi passarono di fianco
velocemente,
lasciando al loro passaggio solo una forte ventata d’aria.
Corsi a tutta velocità, seguendo la scia di
distruzione che Althea aveva lasciato dietro di sé. Dopo
poco la riuscii già a
trovare. Era circondata da almeno una decina di auto della polizia
parcheggiate
in modo totalmente casuale, e ogni via di fuga le era stata tagliata.
Molti
poliziotti le stavano davanti, guardandola con un misto di stupore e
paura.
Althea inarcò leggermente la schiena, ringhiando. Si sentiva
in trappola, e non
osavo immaginare che cosa avrebbe fatto pur di liberarsi.
-Althea!- urlai, dandomi la spinta per
scavalcare la macchina che avevo davanti a me. Ma mi sentii afferrare
per le
spalle da due paia di braccia.
-Sei impazzito?!- mi urlò contro uno dei due
poliziotti che mi teneva fermo per un braccio.
-Lasciatela stare, peggiorerete le cose!-
gli ringhiai contro.
Un uomo in uniforme prese un megafono e lo
accese. -Tu! Arrenditi immediatamente o facciamo fuoco!- disse con tono
minaccioso rivolto ad Althea.
-Cosa?! No!- Mi divincolai violentemente
dalle braccia di quei due tipi, ma senza successo. Tutto il corpo della
polizia
estrasse le pistole dalle fondine e le puntò contro la
ragazza. Lei mi guardò
per un attimo.
-Smettila di fare tutto questo! Ti vogliono
ammazzare!- urlai nel panico. Distolse lo sguardo. In qualche secondo,
la base
dell’edificio dietro di lei prese fuoco.
-Sparate!- ordinò l’uomo, e subito
l’ambiente fu ricoperto dagli assordanti boati delle armi da
fuoco, pistole,
mitragliatrici, fucili, tutti addosso a lei. La mia disperazione si
diradò,
insieme alla folta nuvola di fumo intorno ad Althea, quando vidi che
lei era
ancora in piedi.
-Le nostre armi sono…no…non di nuovo…-
disse il capo, che
aveva inconsciamente
lasciato il megafono vicino alla bocca in preda alla paura. Il braccio
della
gatta si ingrossò, e mentre puntava la sua mano aperta
contro di me, notai su
di esso un gonfiore famigliare. Mi liberai con violenza dalla presa dei
due
poliziotti, allentata a causa dello stupore nel vedere che il loro
attacco non
aveva fatto un graffio alla loro nemica e mi diressi velocemente
lontano da
quel punto.
-Allontanatevi!- urlai loro, subito prima
che la macchina dietro di me esplodesse in un mare di fiamme. Quando mi
girai,
i due uomini erano svenuti, a terra, in due punti piuttosto lontani tra
loro.
-Maledizione! Tutto il personale, indietro!
Ritirata!- esclamò il capo prima di sparare ancora un paio
di colpi sulla mia fiammante
amica. Erano scappati via letteralmente a gambe levate, lasciando le
volanti ed
i loro uomini indietro. Era meglio sbrigarsi, quei due potevano aver
bisogno
d’aiuto.
Io e il mio obiettivo: c’era un muro di
fiamme a isolarci dal mondo. O la va, o la spacca. Althea
mi stava osservando circospetta.
-Finalmente ci rivediamo- risi. -Devo
ammettere che mi sei mancata-. Mi avvicinai molto lentamente di un
passo. Lei
indietreggiò, ringhiandomi contro e arricciando il naso.
-Ok! Ok…tranquilla- sospirai. -Non so che
cosa ti stia succedendo, Althea. Ma ti giuro che insieme lo possiamo
risolvere-. Camminai cautamente verso di lei, allungando un braccio.
Lei scansò
la testa, scoprendo i denti e mostrando in bella vista i canini. Ma non
si
spostò. Rimase a guardarmi attenta, attratta dai miei
movimenti delicati.
-Devi soltanto fidarti di me…- sussurrai.
Ero vicino, mancavano davvero pochissimi centimetri per permettermi di
toglierle i bracciali. Il calore del suo fuoco, così vicino,
mi scaldava in
modo quasi rilassante la pelle. Le sfiorai la mano ancora normale,
letteralmente ad un passo dal mio obbiettivo, e feci per stringerla
molto delicatamente per farle capire che non volevo farle del
male.
-Ora, lasciami solo toglierti questi anelli…- I
suoi occhi si dilatarono e le si ricoprirono di vene, come se avesse
avvertito
un pericolo in vicinanza. Mi spaventò ringhiandomi contro ed
emettendo dal suo
corpo un’improvvisa vampata di fiamme che mi fece
indietreggiare di qualche
metro.
-…Concentrati!...ti sta controllando,
ragazza…- Allungò all’indietro il
braccio, afferrando un intero lampione e
lanciandomelo contro.
-Oh, non ci provare…- Poco prima che mi
raggiungesse, saltai proprio sopra l’asta in ferro
dell’oggetto, corsi fino alla
sua cima e saltai dandomi la rincorsa, così da poter
atterrare proprio davanti
ad Althea. Ma lei, con il suo braccio, afferrò il balcone di
un palazzo,
trascinandosi velocemente verso di esso e rimanendovi aggrappata.
Saltò
agilmente sopra la ringhiera e vi rimase in equilibrio, solo per
saltare subito
dopo sul tetto della casa. Alzò la testa verso il cielo e
ruggì con forza,
emettendo lo stesso coro di echi di prima. Poi si mise a fissarmi.
-Ti voglio solo aiutare! Cerca di fermarti a
riflettere!- Non sono davvero certo del motivo per cui continuassi a
parlarle.
Sapevo che non riusciva a capire quello che le stessi dicendo, ma in
qualche
modo ero certo che una parte di lei stesse sentendo ogni mia parola e
che
stesse racchiudendo tutto in una parte della sua memoria. Per qualche
strana
ragione ero certo che, sotto sotto, Althea non fosse niente di
più che una
bambina. E in quel momento stava soltanto dando conferma ai miei
pensieri.
Fu il suo braccio improvvisamente puntato
contro di me che mi riscosse dalle mie riflessioni non esattamente
adatte al momento.
Evidentemente avrei dovuto pensare più tardi ai
sentimentalismi.
-Non pensarci neanche, tesoro!-
sghignazzai ironico, rimarcando volutamente l’ultima
parola. Cominciai a correre in cerchio per tutta l’ampiezza
della piccola
piazza in cui ci trovavamo, formando una folata di vento quasi simile
ad un
tornado. Althea ringhiò frustrata, incapace di prendere la
mira contro di me.
Man mano che aumentavo la velocità, mi spostai sulla parte
esterna di uno degli
edifici vicino a me e corsi su di esso in verticale. Mi ero dato
abbastanza
spinta da farmi saltare e da sospendermi in aria per qualche secondo.
-Vengo a prenderti!- esclamai con un
sorriso. Althea fece un passo indietro, digrignando i denti. Mi diede
le spalle
e saltò sull’edificio davanti a lei, sfuggendomi
per un’altra volta. Così
iniziai a rincorrerla. Saltavamo di tetto in tetto, lei per scapparmi
dalle
mani e io per aiutarla. Sembravamo cacciatore e preda, leone e
gazzella.
Peccato che fosse lei quella con il coltello dalla parte del manico.
Voltò lievemente la faccia verso di me nel
mentre della sua rocambolesca corsa e allungò il braccio,
cercando di colpirmi
con una spazzata dall’alto. Abbassai la testa giusto in tempo.
L’edificio che si parava davanti a noi
faceva parte di un altro quartiere di Station Square, e di conseguenza
era
molto più distante rispetto a quelli che avevamo superato
prima.
Althea, avanti a me di solo qualche metro,
saltò con un’abilità e una
facilità sorprendente. Quanto a me…
be’, fui sul
punto di cadere nel vuoto. Preso dal panico di poter davvero
precipitare,
decisi di usare il mio asso nella manica, una mossa che mio padre mi
aveva
insegnato ad utilizzare fin dai primi anni di vita: la Spinta Sonica.
Feci quanto mi era stato sempre insegnato da
lui e la attivai. Il mio corpo subì come una specie di
scossone, e mi
catapultai in avanti a gran velocità. Senza neanche volerlo,
travolsi Althea e
ci mandai a sbattere contro una casa e ricademmo pesantemente al suolo.
Mi
rialzai a fatica, ma fui bloccato da un dolore bruciante che si era
scatenato
per tutta la mia caviglia. Althea si era aggrappata con la mano
infiammata a
me. Con una forza che non potevo immaginare possedesse, mi
trascinò nuovamente
per terra. Si rialzò e, afferrandomi con entrambe le mani,
cominciò a farmi
roteare sul terreno. Mi stava praticamente spellando la schiena contro
il
cemento, e avrei voluto staccarmi direttamente la caviglia dalla gamba
per il
troppo dolore.
-Althea, ti
prego!- Il mio era un urlo disperato. Non so il
perché, se fosse per il mio
volto contorto dal dolore o altro, ma Althea si fermò per un
secondo. Emise uno
strano verso quasi simile ad un uggiolio, guardandomi confusa e con la
testa
leggermente piegata da un lato. In quel momento non mi sembrava un
mostro,
quanto più un cucciolo che cercava di capire dove avesse
sbagliato nel suo
gioco. Ma sapevo che sarebbe stata solo questione di pochi secondi.
Aveva
allentato inconsapevolmente la presa, quindi colsi
l’occasione al volo e le
tirai un calcio sulla mascella. Speravo che se tutto fosse tornato come
prima,
non avrebbe provato ad uccidermi per quello che le avevo appena fatto.
La ragazza lasciò definitivamente la mia
gamba e si premette le mani sulla guancia. Mi allontanai il
più possibile,
strisciando lontano da lei e stringendomi la caviglia in preda al
dolore.
Althea riportò lo sguardo su di me,
ringhiando con ferocia. Allungò per l’ennesima
volta il braccio, il quale iniziò a
gonfiarsi.
Schivai appena in tempo la palla di fuoco
che mi veniva contro, la quale fece esplodere le vetrine di un negozio
dietro
di me. Fu solo in quel momento che vidi quella che probabilmente
sarebbe stata
la mia unica via di salvezza: un bidone dalla spazzatura.
Althea chiuse gli occhi, serrò i pugni, ed
emise il lamento più acuto che abbia mai sentito. Vicino a
lei esplose una
porzione di terreno, scagliando i detriti di sporcizia e cemento per
aria. Su
un edificio vicino si scatenò un’altra esplosione.
E subito dopo si scatenò il
putiferio.
Miriadi di scoppi simili a spari
cominciarono a manifestarsi intorno a noi e sulle case nei dintorni.
Potevo
udire distintamente le urla delle persone spaventate che scappavano in
strada o
che cercavano riparo dai frammenti di vetri rotti che cadevano
leggiadri dai
grattacieli. Forse c’erano già delle vittime e io
nemmeno lo sapevo. E se non
mi sbrigavo, ci avrebbe pensato mio padre a risolvere la faccenda.
Ci fu un’esplosione a meno di un metro di
me. Afferrai deciso il coperchio del bidone affianco a me e mirai al
bracciale
della parte di Althea che non era ancora infiammata. Cercai di
mantenere il
sangue freddo. ‘’Papà
ce la farebbe. Anzi,
avrebbe già risolto il problema e chiuso la faccenda con una
battuta’’.
Lanciai il coperchio come si farebbe con un
frisbee e, come se qualcuno avesse ascoltato le mie preghiere, riuscii
a
colpire il bracciale, che scattò e cadde a terra con un
tintinnio.
Althea sbarrò gli occhi e ruggì, mentre il
suo corpo era preso dagli spasmi. Passò qualche secondo
prima che cadesse
sdraiata sul fianco infiammato. Decisi di andare da lei, anche se con
una
leggera esitazione, preoccupato che avrebbe ricominciato ad attaccarmi.
Appena
mi rialzai sentii un’immensa fitta di dolore alla caviglia,
ma mi rifiutai di
guardare in quali condizioni fosse.
Zoppicai fino ad arrivare al corpo di Althea, steso,
apparentemente
inerme e ancora in fiamme. Deglutii a fatica, scuotendole la spalla.
Avevo le
labbra secche e il cuore a mille per la paura. Althea riaprì
velocemente gli
occhi, alzandosi a sedere e premendosi una mano sulla fronte.
-Cosa…? Cosa?!- strillò, guardando la
metà
destra del suo corpo con terrore e disgusto. -Cosa sta succedendo?!-
Poi sembrò
notarmi. -E perché siamo qui?- Abbassò lo sguardo
e la sua faccia perse un po’
di colore. -Cosa ti è successo?- sussurrò,
guardando la mia gamba. Io scossi la
testa con dolcezza ma allo stesso tempo in modo deciso, sottintendendo
che non
era il momento per parlarne.
-Ci penseremo dopo. Ora devo aiutarti- Le
feci un sorriso cercando di sembrare tranquillo. Cosa che non era vera.
Mantenne ancora per qualche attimo lo sguardo sulla mia ferita, poi
osservò il
mondo intorno a sé.
-No…- mormorò. -No… sono…
sono stata io? Ho fatto io tutto
questo?- Il respiro le divenne improvvisamente affannoso e le mani
cominciarono
a tremarle quando la risposta le si formò sotto gli occhi. Il
braccio ricoperto dalle fiamme non rispondeva ai suoi
comandi. -Cosa
diavolo ho fatto?! Rispondimi!- mi urlò contro,
completamente fuori di sé. -Ho…
ho ucciso qualcuno?- chiese in preda al terrore. Negli occhi le era
comparsa
una paura indescrivibile. Era la prima volta in cui la vedevo
così fragile,
così indifesa.
La afferrai per una spalla, guardandola con
fermezza. -Nessuno. Ma dobbiamo risolvere questa faccenda prima che tu
lo
faccia- mentii. Non avevo la più pallida idea se qualcuno
fosse morto, ma la
presi come una possibilità quasi certa. -Siamo
d’accordo?-
Althea annuì, non troppo convinta delle mie
parole -Va bene-. Si rimise in piedi barcollando. -Aiutami a togliere
questo
affare- borbottò, trafficando con il bracciale sul suo
polso. Un’ondata di
calore mi avvolse non appena mi avvicinai all’altra parte di
Althea. Quel
mostro che la stava controllando si stava opponendo, e muoveva con
forza il
braccio cercando di toglierci dalla sua strada. Althea non
poté fare a meno di
premersi una mano sulla tempia, combattuta tra il suo potere che
reclamava di
poter liberarsi e la consapevolezza che, se avesse dato retta a quella
parte
della sua mente, avrebbe ucciso tutti.
Quando le afferrai il braccio, non provai
molto dolore. Era caldo, sì, ma non incandescente.
L’arto cominciò
immediatamente a divincolarsi dalle mie mani, quindi mi ci aggrappai
con tutto
il corpo, stringendolo al petto. Althea emise un leggero ringhio senza
accorgersene e le pupille le si restrinsero. Il calore del braccio
aumentò di
colpo, cominciando a bruciare sul serio. Provai ad allungare un mano
verso il
suo polso, ma la forza con cui si stava dibattendo era incredibile. Era
come
provare a trattenere un toro imbizzarrito per le corna ed essere
inevitabilmente buttato a terra giusto in tempo per essere incornato.
-Tienilo fermo!- urlai ad Althea, sfogandomi
e cercando di soffocare in qualche modo le urla di dolore.
-Non… non ce la faccio-. Abbassò la testa
per la vergogna.
-Cosa?!-
-È diverso stavolta… vuole uscire fuori!- Non
riusciva a pensare in modo lucido, e sembrava che stavolta dovesse
davvero
scoppiare. Inoltre, il calore non era più sopportabile.
-Non riesco a tenerlo fermo! E credo mi
voglia bruciare vivo!- dissi, lasciandomi scappare un acuto gemito
straziato.
Non ricordo bene, ma forse mi sfuggì qualche lacrima di
dolore. Althea stette
in silenzio per un po’, forse cercando di riprendere la calma
e di pensare ad
un piano.
Chiuse gli occhi e si concentrò. Il calore
del braccio perse gradualmente intensità, così
come la forza con cui si
dimenava. Quando sembrò sottomettersi a lei, Althea aveva
già ripreso un po’ di
calma, e quella metà di lei che prima aveva fattezze
mostruose, ora aveva
parzialmente ripreso colore. -Adesso- disse in un sussurro, segno che
stava
facendo un grosso sforzo per mantenere stabile quella delicata
situazione. Afferrai
con forza l’anello rimasto e tentai di aprirlo con entrambe
le mani.
-È
resistente…!- grugnii mentre tutte le forze che
avevo in corpo erano
mirate a far scattare quell’aggeggio.
All’improvviso, una terza mano si unì a
me a tirare. Era Althea, che mi guardò con
quell’unico occhio che aveva ancora
disponibile, facendomi intuire che anche lei voleva fare la sua parte.
Tirammo
insieme nelle due parti opposte, mettendocela tutta e stringendo i
denti,
mentre quel braccio cominciava a riprendersi e ad emettere calore,
insieme a versi
mostruosi, pieni di rabbia, da cui si intuiva la sua volontà
di essere libero,
di espandersi all’infinito, di bruciare tutto ciò
che avrebbe incontrato sul
suo cammino. Malgrado ciò, noi continuammo a lottare contro
quella bestia
simbiotica. All’improvviso, sentii nuovamente
quell’acutissimo urlo di prima.
Le esplosioni ricominciarono ad invadere il campo di battaglia, le
case,
l’asfalto, facendo gravi danni e avvicinandosi sempre
più al punto dove ci
trovavamo noi. E poi quel rumore, tlac,
seguito dal tintinnio dell’anello che cadde mi
riempì la testa di relax. Almeno
finché un’esplosione non mi sbalzò via.
Le fiamme si erano gonfiate così tanto
da arrivare in cima ad un palazzo di cinque piani. Althea si era
sollevata dal
suolo, come se avesse iniziato a volteggiare per aria, e
quell’immensa colonna
di fiamme, insieme a tutte le piccole fiammelle e incendi che avevamo
intorno a
noi, tornò dentro di lei, poco a poco risucchiati dal
potente legame che
coesisteva tra la gatta e il potere che lei aveva il compito di
controllare. E
poi, quando l’ambiente fu libero anche dal più
piccolo principio d’incendio, Althea
cominciò a scendere verso il suolo, sempre più
velocemente. La sua non era una
caduta, quanto più una rapida discesa. Mi avviai velocemente
verso di lei,
volendo evitare che si ferisse ulteriormente. Mi parai davanti a lei, e
non
appena i suoi piedi toccarono terra con colpo secco, Althea cadde in
avanti,
priva di sensi. La afferrai appena in tempo e sentii la sua testa
scivolare
sulla mia spalla. Sostenni il suo corpo con facilità, e
dovetti constatare
controvoglia che era molto più leggero e apparentemente
gracile di quanto avrei
mai pensato. La appoggiai delicatamente al suolo,
sorreggendole il capo con una mano. Mi misi in ginocchio per riprendere
fiato
un secondo.
-Troveremo un altro sistema. Te lo prometto-
le dissi, nonostante sapessi che non avrebbe mai sentito le mie parole.
***
Shadow
Aprii la porta che mi avrebbe portato nella
Sala del trono. Il buio avvolgeva la stanza, nascondendo nella sua
oscurità le
guardie che si trovavano giusto al di sotto dell’enorme
lampadario nel centro
del soffitto. Involontariamente, mi misi a ricordare di quando, un
tempo, ero stato
costretto a strisciare furtivamente tra le ombre del castello nel
tentativo di
non farmi rilevare dalle guardie o da Blaze.
Anche dopo che ero riuscito a chiudere la faccenda
della G.U.N. e a sistemarmi permanentemente all’interno di
quel nuovo mondo,
avevo continuato a comportarmi in modo guardingo e prudente,
terrorizzato del
fatto che qualcuno avesse potuto sospettare chi fossi in
realtà o da dove
venissi, e che Blaze mi potesse cacciare fuori di lì a calci
per qualsiasi
errore avessi fatto. Effettivamente ci misi un po’ di tempo a
capire quali
fossero i suoi reali obbiettivi nei miei confronti. Ma ormai era
diverso.
Lei era la donna della mia vita. Per quanto
odiassi me stesso per nascondere a mia moglie ciò che facevo
ogni notte, non
volevo che dopo le pesanti giornate a cui eravamo sottoposti, lei
ancora
dovesse sostenere il peso delle notizie che potevano arrivare a seguito
delle
mie “riunioni transdimensionali” private, e
tantomeno dei metodi che sfruttavo
per poterle attuare.
Le guardie davanti al quel vecchio, segreto
passaggio nascosto sotto il mio trono raddrizzarono le loro armi alla
mia vista.
-Aprite la stanza- dissi con autorità, ma
senza esagerare con il tono. Era un periodo in cui tendevo ad abbassare
la
voce, proprio quando in realtà avrei dovuto alzarla
più che mai. Cosa avrebbero
pensato i nostri sudditi sapendo che il loro Re era così
inetto? Era quella la
mia preoccupazione, quella che, tra le tante, strisciava in mezzo alle
altre,
subdola e silenziosa, mostrandomi la sua dolorosa presenza e la mia
incapacità
di tenerla a freno, anche nei momenti più densi di impegni,
anche in quella
tremenda crisi.
Le guardie annuirono, ignorando totalmente
una cosa così futile come il mio tono di voce. Attivarono il
meccanismo e il
trono si spostò. Prima di incamminarmi, mi rivolsi ai due
uomini.
-Come al solito vi richiedo il massimo
silenzio- mormorai a bassa voce. I due uomini annuirono nuovamente,
chinando il
capo e tenendo basso lo sguardo.
Mi avviai per le scale che mi avrebbero
portato nei sotterranei, e subito i miei occhi furono colpiti dalla
luce delle
torce e la mia pelliccia punzecchiata dallo sfavillare del loro fuoco.
Marciai
con decisione fasulla nel cuore fino alla piccola stanza circolare in
cui
risiedeva il nostro tesoro più prezioso.
Inspirai profondamente, avvicinandomi con
cautela all’altare su cui risiedeva il Sol Emerald e
prendendolo tra le mani.
Una sensazione stranamente dolce e rilassante mi trapassò
ogni muscolo,
cullandomi nel tepore che mi si instaurava nelle vene ogni volta che
impugnavo
quella pietra cremisi. Purtroppo sapevo che quella sensazione di
sollievo non
avrebbe avuto vita lunga.
Strinsi con più decisione lo
smeraldo prima di riporlo al sicuro in una delle tasche della mia
giacca.
-Facciamo questa cosa-.
***
Bussai delicatamente alla porta
del laboratorio di Marine, attendendo per una risposta. Aspettai per
qualche
minuto, ma all’interno della stanza regnava il silenzio.
Battei il pugno con
più forza
e sperai che
nessuno mi sentisse. Dopo qualche secondo la porta si aprì
di scatto, e una
Marine stanca, in un pigiama di un verde scuro che le scopriva
l’ombelico e con
i capelli raccolti una bassa coda di cavallo fatta velocemente mi
apparve
davanti. Si stropicciò gli occhi prima di guadarmi e
sbatté un paio di volte le
palpebre.
-Shadow?- sbadigliò senza
preoccuparsi di mettersi una mano davanti alla bocca. La afferrai con
una presa
decisa per le spalle, la spinsi all’interno della stanza
sperando che nessuno
ci vedesse e richiusi la porta con un calcio.
-Ehi! Che stai facendo?!-
sibilò stizzita. Non sembrava ancora completamente sveglia,
quindi sorvolai su
quello che potesse stare pensando in quel momento.
-Svegliati Marine!- ringhiai
innervosito, scuotendola con impeto.
-Ok! Ok, ci sono!- Scosse
leggermente la testa per svegliarsi. -Che ore sono?-
-Le tre-.
Lei aggrottò le sopracciglia,
sembrando confusa. Estrassi dalla tasca lo smeraldo e glielo mostrai.
Appena lo ebbe visto, Marine si
batté il palmo della mano sulla fronte, esclamando
un’imprecazione. -Dannazione,
me ne ero completamente scordata! Scusami Shadow, non sarei dovuta
andare a
dormire ma…-
-Marine, tranquilla. Voglio
soltanto finire questa storia e tornare a dormire prima che Blaze si
accorga
che non ci sono-.
Marine annuì anche se non
troppo convinta, andando a sedersi su uno sgabello davanti alla sua
postazione
di lavoro. Mi posizionai al centro della stanza, stringendo con forza
il Sol
Emerald e preparandomi a quello che avrei dovuto fare.
Sentii Marine sospirare mentre
attivava il macchinario che ci serviva. -Non credo che tu debba farlo-.
Mi voltai verso di lei,
guardandola con aria infastidita. -Per favore, ne abbiamo
già parlato-.
-Ma ogni volta che provi ad
utilizzare il potere dello smeraldo ferisci il tuo fisico. Sai
perfettamente
che è una cosa rischiosa, e in più in questo
periodo sei esposto a una forte
dose di stress. Non possiamo rischiare che qualcosa vada storto, e
poi…-
-Taglia corto-.
Si mise le mani sui fianchi,
guardandomi con aria snervata. -Non sono d’accordo con quello
che stai
facendo-.
-Neanche io. Ma è l’unico modo
che abbiamo per comunicare con Tails-.
-Possiamo sempre trovare un
altro metodo. Certo, ci vorrà del tempo ma…-
-Noi non abbiamo tempo. È da
anni che aspetto questo momento-. Mi voltai nuovamente, dandole le
spalle. -Ti
ringrazio per l’interessamento Marine, ma non ho intenzione
di fermarmi-. Ero
spaventato che avesse ragione. Se per qualche motivo qualcosa non fosse
andato
come dovrebbe, il regno si sarebbe trovato senza un re in un periodo di
guerra.
Lei fece per aprire di nuovo
bocca, ma si zittì. -Va bene-.
Marine schiacciò dei pulsanti
sul macchinario davanti a lei, tirando poi una piccola leva. -Comincia
pure-.
Mi concentrai, prendendo fiato
per un istante e stringendo dita e denti. Attivai il Chaos Control con
il Sol
Emerald, e l’incubo iniziò. La testa, gli occhi,
la gola, gli arti, tutto
cominciò a bruciare. Non vi erano fiamme né
calore, ma mi sembrava di avere qualcosa
che volesse incenerirmi da dentro. In fondo, quella era
un’operazione da
effettuarsi tra più pietre, non tra una pietra ed un essere
vivente. Non potevo
nemmeno respirare né urlare, poiché, quando
aprivo la bocca, mi sembrava di
inghiottire del fuoco, aumentando il dolore. Era troppo persino per me.
Quando
finalmente vidi aprirsi un piccolo, lucente portale, mi lasciai cadere
in
ginocchio, straziato dal dolore. Ma non mi importava più di
tanto. Ero riuscito
un’altra volta a raggiungere il mio obbiettivo: aprire una
finestra per l’altro
mondo. Da quando erano stati rubati dei Sol Emerald, creare un portale
per
Mobius era diventato praticamente impossibile visto che servivano tutti
e sette
i gioielli, e io avevo urgenza di parlare ogni notte con Tails per
poter
scoprire come proseguivano le ricerche sulla mia cura. Così,
chiesi a Marine di
aiutarmi ad incanalare il mio potere e quello dell’unico
smeraldo in nostro
possesso per poter ricreare dei portali di minor potenza rispetto agli
originali, delle “finestre extradimensionali”, per
come li chiama Marine, ma
che almeno mi avrebbero permesso di comunicare con Tails facendocelo
vedere dal
vivo.
-No!- sentii a malapena dire da
Marine. Mi mise le mani sulle spalle, inginocchiandosi al mio fianco e
cercando
di essermi d’aiuto. -Vado a chiamare un medico!-
borbottò ad alta voce,
alzandosi di scatto e dirigendosi dalla porta.
-No- mugugnai a fatica e
afferrandole il polso. Lei mi guardò stranita ma allo stesso
tempo consapevole
di quello che le stessi dicendo.
-Ma il tuo corpo sta reagendo
in modo peggiore delle altre volte!- balbettò lei
agitatissima. -I tuoi occhi…-
continuò -…sono gonfi e violacei-.
-No- ribadii, alzandomi con un
incredibile sforzo e appoggiandomi al tavolo vicino a me, cercando di
sorreggermi.
-Non chiamare nessuno. Nessuno lo deve sapere-.
Lei sembrò indecisa, infatti distolse lo
sguardo.
-Cosa credi che penserebbero
vedendo che sono nella tua officina a quest’ora di notte?-
sibilai, sorridendo
in maniera quasi maligna, probabilmente più una smorfia
dovuta alla fatica a
cui mi ero sottoposto. Marine mi guardò combattuta ma anche
inquietata dalla
prospettiva che le stavo mostrando. -Si spargerebbero delle male-voci e
dei
pettegolezzi. E a quel punto sarebbe tutto finito. Blaze molto
probabilmente
non ci crederebbe, ma sarei costretto a dirle la verità. E
io non voglio
farlo-. Aumentai la stretta sul polso della ragazza.
-Non lo devi dire a nessuno. Me
lo avevi promesso Marine- ripetei. Lei si morse un labbro, sospirando.
-Hai… hai ragione. È solo che…
non so come comportarmi- mormorò, passandosi una mano tra i
capelli.
-Ricorda, Marine…- sussurrai,
ormai riottenendo parte delle mie forze, seppur tra il fiatone.
-…che quello
che mi fai non è un favore. Te lo sto ordinando-. Lei mi
guardò seria per un
attimo.
-Non sei responsabile di nulla
di ciò che è avvenuto e che avverrà.
Chiaro?-
-Sì, Shadow-. Strano. Mi
aspettavo che avrebbe capito, ma nonostante tutto continuava a rimanere
seria,
come a voler mostrarmi la sua convinzione a riguardo della nostra
discussione.
Pur apprezzando la sua determinazione, anch’io le avrei
mostrato quanto ero
convinto di quello che facevo.
-Piuttosto, ormai il
collegamento è stato effettuato. Perché Tails non
è lì?-
-Si è appena aperto, magari sta
arrivando-. All’improvviso, la volpe si manifestò
davanti allo schermo,
visibilmente affaticata.
-Ehi! C’è ancora qualcuno in
linea?!- Era ovvio il fatto che avesse corso per arrivare in tempo.
-Miles, sono Shadow, ti ricevo.
Non ti preoccupare, ci siamo tutti-.
-Ah, uff…grazie al cielo, sono
ancora in tempo…oh, ciao Marine- ansimò,
probabilmente poiché si era accorto
all’ultimo momento della presenza della prociona.
-Ciao Tails. Perché questo
affanno?- chiese lei con un sorriso divertito, notando i capelli
scompigliati
di Tails e il fiatone quasi paragonabile al mio di poco prima.
La volpe si schiacciò il ciuffo ribelle che
aveva sempre avuto in testa cercando di domarlo e si schiarì
imbarazzato la
voce.
-Be’, avevo chiuso per qualche secondo gli
occhi per rilassarmi… ma mi sono addormentato sul divano-
ridacchiò. Solo in
quel momento notai le evidenti occhiaie che sotto gli occhi gli occhi
per la
mancanza di sonno. Marine rise, scuotendo con fare divertito la testa.
-Lo
sapevo. Eri e continui ad essere un bambinetto-.
Tails si appoggiò il mento sul dorso della
mano, un ghigno ironico si faceva strada sulle sue labbra mentre
scrutava
attentamente Marine dal basso verso l’alto. -E comunque non
mi sembra che tu
sia messa in una situazione molto diversa dalla mia,
Marine…- sogghignò,
riferendosi chiaramente all'abbigliamento con cui si era
presentata. Lei
arrossì pesantemente, gli occhi azzurri strabuzzati per la
sorpresa. Poi sbuffò
fintamente indispettita.
-Bene Mister Casanova. Hai qualche notizia
da darci?- chiese lei cambiando discorso con aria professionale
nonostante
fosse ancora visibilmente rossa sulle guance. Forse potevo aver
frainteso la
situazione, ma mi sembrava di ritrovarmi in mezzo a quello che poteva
sembrare
quasi uno strano flirt, e di essere il terzo incomodo.
Tails sorrise. -Questa sera sì-. Si
allontanò di qualche passo, uscendo dalla nostra visuale e
riapparendo qualche
secondo dopo. Tra le mani stringeva una piccola fialetta con dentro un
denso
liquido tendente al verdognolo. Il sangue cominciò a
pulsarmi con più foga
nelle vene.
-È…-
-Sì. È la tua cura Shadow. Ce l’abbiamo
fatta-. ‘’Ci è
riuscito. Ci è riuscito
davvero’’
Tails sorrise apertamente, guardando a turno
me e Marine, la quale saltò giù dallo sgabello ed
esultò. Un enorme peso sembrò
togliersi dal mio cuore e, per la prima volta in quei giorni, riuscii a
rilassarmi e a sorridere sinceramente.
-Sei un grande Tails!- strillò Marine su di
giri. Tails si grattò il capo con un sorriso imbarazzato a
causa dei
complimenti, rivolgendo poi la sua attenzione verso di me. -Ho il
medicinale.
Devi soltanto dirmi quando vi devo raggiungere-.
-Immediatamente- dissi, il cuore che batteva
rapidamente in preda all’euforia.
Marine mi guardò confusa e sgomenta. -Shadow,
non possiamo creare un portale finché
non ritroviamo tutti gli Smeraldi-. Si accorse in ritardo di aver
parlato
troppo. Si mise una mano davanti alle labbra, come se con quel gesto
potesse
ricacciarsi in bocca le parole dette di troppo.
-Perché? Che è successo agli Smeraldi?-
chiese Tails con un sopracciglio alzato.
-Troverò un modo per farti venire qui entro
stasera, Miles. Mantieni attivo il segnale e tieniti pronto- gli dissi
velocemente, tentando di sviare l’argomento. Quello era un
nostro problema, non
suo. Aveva fatto fin troppo. Mi voltai verso Marine, trucidandola con
lo
sguardo e prendendo nuovamente in mano lo Smeraldo del Sol. Lei mi
guardò
terrorizzata.
-Non vorrai creare tu un portale,
vero?-
Le feci un ghigno sarcastico. Avevo i
muscoli del viso tesi, già pronti per il dolore che
avrebbero dovuto
sopportare. Delle piccole fiammelle si stavano facendo strada sulle mia
braccia
senza bruciarmi… per il momento.
-Tu cosa credi?- sghignazzai, mentre un dolore
bruciante cominciava a strapparmi di nuovo dal mondo e dalla
realtà. Non avevo percezione
di quello che stava accadendo. L’unica cosa che sentivo era
il mio corpo mentre
veniva carbonizzato da delle fiamme che non potevo né vedere
né combattere.
Grugnii e serrai la mascella. In confronto a quello, creare una
finestra per
l’altro mondo era una passeggiata nei giardini del castello.
La testa mi
pulsava come se volesse scoppiare, e ogni
respiro era una pugnalata nei polmoni. Strinsi con sempre
più forza il
Sol Emerald e ci concentrai più energia, così
tanta che per un momento temetti
di poterlo distruggere in mille pezzi. E il dolore mi tentò
quasi di farlo.
Crollai di nuovo sul pavimento quando vidi
che il rituale aveva avuto successo e che si era creato un varco per i
due
mondi. Tenni la testa bassa e gli occhi chiusi. Ero ansante, sfinito,
con la
fronte imperlata di sudore. Il dolore non accennava a scollarsi dalla
mia
pelle, e io mi stringevo le braccia intorno al busto, cercando di
attenuare in
qualche inutile modo la mia sofferenza.
-Oh mio Dio…- farfugliò Marine, serrando gli
occhi per non vedermi e di conseguenza per non urlarmi contro le
stupidaggini
che stessi facendo.
Alzai con riluttanza le palpebre. Tails mi
fissava con terrore dal piccolo portale che usavamo per comunicare, ora
affiancato da uno più grande, attraverso il quale la volpe
sarebbe dovuta
venire nel nostro mondo. Dietro di lui, nell’altra
dimensione, si era formato
un altro di quelle fenditure nello spazio-tempo.
-Shadow…- mormorò Tails, senza parole.
Io scossi energicamente la testa, dicendogli
chiaramente che non volevo sentire nient’altro. Lo guardai
con decisione,
facendogli cenno al portale alle sue spalle.
-Quando vuoi, Miles. Raggiungici-.