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Autore: Sanae77    19/06/2015    7 recensioni
amnesia
[a-mne-ʃì-a]
s.f. (pl. -sìe)
MED Perdita o indebolimento della memoria, costituzionale o acquisita, totale o parziale
‖ estens. Dimenticanza, smemorataggine.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sorpresa
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Tsubasa
Sono in camera, ho appena fatto la doccia, mi sto rilassando sul letto mentre penso a lei, a lei che non si trova più. Spero davvero che non sia stata presa da qualche malintenzionato, finora ho sempre pensato a lei come ad una semplice amica, inoltre le nostre strade si sono divise molto presto, ma adesso che mi sono fatto una posizione e che gioco in Spagna, ho iniziato a pensare a lei.

Non mi sono ancora deciso a dichiararmi perché temo di sconvolgere la sua vita. Ha intrapreso l’università a Londra e non voglio stravolgere suoi progetti, ma adesso che l’ho persa, adesso che non so più dov’è, sto impazzendo.
Entra Taro come una furia sbattendo la porta della camera, mi fa sobbalzare sul letto, non me lo aspettavo.
“Taro che diavolo …” ma non finisco la frase lui è sul mio volto, mi afferra per la maglia strattonandomi “Ho visto Sanae, ho visto Sanae” mi ripete.

I miei occhi si allargano, mentre non riesco a formulare una domanda di senso compiuto.
“Do … Dove?” riesco a dire.
“In discoteca, prima era solo un dubbio, poi ha parlato a Ryo, ma sembra che non lo abbia riconosciuto” parla velocissimo, troppo, quasi mi perdo le parole.
“In discoteca? Ryo? Ma cosa stai dicendo?” chiedo stordito dalla notizia appena ricevuta.
Quindi si mette seduto sul letto, nel frattempo la stanza si è riempita di tutti gli altri, mentre tra 'urletti' di gioia delle ragazze e pezzi di storia raccontati da tutti, riesco a capire finalmente come si è svolta la scena.

Taro prosegue “Siamo anche andati dalle forze dell’ordine e risulta una ragazza giapponese che circa venti giorni fa ha avuto un incidente, ma non hanno potuto dirci altro perché ci vogliono i suoi genitori, Genzo ha provato a telefonare al suo avvocato, ma non c’è stato verso, mi dispiace Capitano, però Yayoi ha già chiamato sua madre, domani chiameranno direttamente i genitori di Sanae, così da farci autorizzare al riconoscimento, pare che l’incidente le abbia provocato un trauma cranico e la totale perdita della memoria”.
Ascolto la metà della Golden Combi con molta attenzione, tornerebbero molte cose, sì, potrebbe essere lei.
“Perché non l’hai fermata Taro” il mio tono è implorante.
“Non ho capito subito che fosse lei Tsubasa, ed era insieme ad un’altra ragazza, solo Ryo l’ha vista in viso, ma vuoi che era ubriaco, vuoi lo shock di vederla non è riuscito a dire niente se non ‘Anego’, ma lei non ha capito”
“Domani sera voglio tornare in discoteca, magari è nuovamente lì, dobbiamo cercarla” dichiaro risoluto.
“Sono corso fuori, ma era troppo tardi, il taxi si stava già allontanando” e avverto che il suo tono è davvero dispiaciuto.
“Domani torniamo lì a cercarla, solo io e te, Taro, non voglio che si spaventi, vedendoci tutti insieme, potrebbe essere uno shock”
“Hai ragione andiamo solo noi” esclama risoluto.
 
 
Amélie
Stanotte ho dormito poco e male, non fanno che riaffiorare ricordi, momenti, attimi di vita piccoli, luoghi, sta tornando la memoria, ma non i volti delle persone, ricordo i piccoli gesti, ricordo che mi occupavo di alcuni ragazzi che giocano a calcio, mi fisso allo specchio e con lenti movimenti riesco a togliere anche l’ultimo cerotto sulla testa, dopo voglio chiedere a Michelle se possiamo tornare in quella discoteca, stamattina appena sveglie; le ho raccontato del sogno che mi ha permesso di dare un nome al volto che ho visto in quel luogo, spero vivamente che ci siano di nuovo, devo scoprire chi sono IO e chi sono LORO.

Il pomeriggio trascorre tranquillo, sono seduta sul letto quando la mia compagna di stanza entra come un tornado porgendomi qualcosa. È un giornale, la mia mente si fissa sulle immagini in copertina, parla della nazionale giovanile, c’è una foto di tutti i ragazzi che hanno disputato la partita contro le giovanili della Francia, il mio dito scorre sulla carta liscia tra i volti anonimi, finché non mi soffermo su uno, il ragazzo ubriaco in discoteca è lui, ne sono certa!
Michelle mi guarda stupita per poi esclamare “Non vorrai dirmi che conosci i ragazzi della nazionale giovanile Giapponese vero?”
Scuoto la testa e dopo mormoro “Non lo so, non lo so” ed esplodo a piangere, lasciando cadere il giornale a terra.
Michelle è in ginocchio di fronte a me che mi tiene le mani, “Dai non piangere, non ti abbattere” mi ripete.
“Ti dispiace se stasera torniamo in quella discoteca? Sono convinta che se quel ragazzo mi ha riconosciuta, stasera può darsi che mi cerchi proprio lì, voglio provare a vedere chi sono” chiedo tra le lacrime.
“Certo che ci torniamo, se questo può aiutarti a ricordare, anche subito”.
I miei occhi incrociano i suoi, la mia mano asciuga le lacrime che finalmente hanno cessato di sgorgare, dalla mia bocca un sussurro “Grazie”.
 
Siamo pronte, mi guardo allo specchio e devo ammettere che questi jeans e il top attillato mi stanno davvero bene, Michelle mi ha convinto a truccarmi leggermente ed a mettermi le zeppe, la primavera sta per cedere il posto all’estate e nell’aria già si sente il suo profumo.
Finalmente arriviamo e con lo sguardo cerco subito il ragazzo ubriaco di ieri sera, ma purtroppo non lo scorgo, la mia bocca assume una leggera piega verso il basso; peccato ci avevo sperato tanto, magari ha solo fatto finta di dire qualcosa per rimorchiarmi, e magari assomiglia a qualcuno che conosco veramente.
Sento il mio braccio strattonato, è la mia amica che mi incita a seguirla mentre borbotta, “La discoteca è grande, forza cerchiamolo”, quindi iniziamo a perlustrare tutta la pista ed anche i divanetti posti lateralmente.
 
 
Tsubasa
Siamo arrivati con Taro e subito abbiamo fatto un primo giro, ma di lei neppure l’ombra, adesso siamo al bar per bere una bibita, la serata è lunga, magari arriva più tardi.
Mentre sono assorto nei miei pensieri, Taro mi tira una gomitata e con la testa mi fa cenno di guardare in una certa direzione.
Improvvisamente la vedo, è di spalle, la ragazza di fronte la sta trascinando in giro, ha dei jeans a vita bassa ed un top che fa risaltare le sue forme, da quando è diventata così bella? Quanto tempo è che non la vedo? Non la perdo un attimo con lo sguardo, ma Taro già mi sta strattonando per un braccio “Dai muoviti”.
Mi blocco all’istante perché mi rendo conto che non posso andare lì e dirgli ‘Ah ciao Sanae sono Tsubasa, sono anni che io ti piaccio, sai, me lo hanno detto i miei amici e solo ora ho scoperto che anche tu mi piaci’
No, questa ragazza non è Sanae, questa ragazza è come una sconosciuta, devo attendere che lei mi riconosca, non devo metterle pressione, non posso costringerla ad amarmi come prima, deve innamorarsi di me un’altra volta, senza che io le dica niente.
Quindi afferro Taro per un braccio e lo blocco “Non possiamo dirgli chi siamo” dichiaro risoluto.
“Che diavolo dici Tsubasa !?” sbotta il mio amico al mio fianco.
“Possiamo dirgli chi è, che è la nostra manager, che la stiamo cercando da giorni, ma non voglio dirgli di ME”
“Ma se hai deciso di dichiararti, che fai ora ti tiri indietro?”
“Taro, ma se lei non ricorda, non ricorderà neppure il suo amore per me, quindi non voglio forzarla, aiutami solo in questo ti prego”
Lo vedo è frastornato, ma ci pensa, poi parla “Hai ragione, ho capito quello che vuoi dire, ci sto, però muoviamoci, non voglio perderla di vista.”
Quindi, quasi correndo arriviamo vicinissimi alle ragazze che stanno camminando di fronte a noi, deglutisco, poi allungo una mano e prendo Sanae per una spalla mormorando “Sanae!”, lei si blocca al contatto e si gira lentamente, e quando i nostri occhi s’incrociano il mio cuore perde un battito.
 

Amélie
Qualcuno mi ha afferrato la spalla, la mano è gelida, mi volto piano, ho timore che sia il ragazzo di ieri sera, ma quando i miei occhi nocciola incontrano i suoi sento le guance imporporarsi di rosso, anche lui ha detto qualcosa, ma non è la stessa parola dell’altro ragazzo ‘Sanae’.
“Scusa ci conosciamo?” chiedo mentre lui continua a fissarmi imbambolato.
Annuisce e poco dopo mi ritrovo tra le sue braccia, sento il suo abbraccio disperato, mentre in giapponese mi sta dicendo “Finalmente ti abbiamo trovata”.
Punto le mie mani al suo torace e lo allontano da me, lo vedo mi guarda di traverso. “Scusa, ma io non ti conosco” insisto. Michelle è alle mie spalle e con un passo viene in avanti, mentre la sento chiedere al ragazzo di fronte “Conoscete Amélie? Cioè scusate voglio dire: conoscete questa ragazza?”
“Amélie” ripete guardando il suo amico con occhi smarriti.
Michelle si affretta a spiegare “No, non si chiama così, in realtà non lo sappiamo, le abbiamo dato questo nome in attesa di scoprire quello vero”
Adesso è l’altro ragazzo a intervenire portandosi di fronte a Michelle, io e il suo amico continuiamo a fissarci imbarazzati, non so, ma il suo sguardo, mi piace da impazzire.
“Lei è Sanae, detta anche Anego, ed è la prima manager della Nazionale Giovanile del Giappone, sono circa venti giorni che la stanno cercando, ovunque, sia in Inghilterra, sia in Giappone, non riusciamo a capire come sia finita in Francia, ma … che ne dite se ci mettiamo seduti e parliamo con calma?!” chiede molto dolcemente il ragazzo.
Perciò ci facciamo dare il tavolo più lontano dalla musica e ci sediamo. Il primo ragazzo che mi ha toccato la spalla, non parla più, è caduto come in un silenzio forzato, ogni tanto lo guardo inclinando la testa e quando lo scopro che mi osserva gli sorrido ed ogni volta le sue guance si tingono di rosso, deve essere molto timido.
Al mio fianco ho Michelle, di fronte a me il timido ed al suo fianco l’amico.
Intervengo “Scusate, come avete detto di chiamarvi?” domando.
I due ragazzi si guardano smarriti, poi è quello di fronte alla mia amica a parlare “Non ricordi proprio niente Sanae?”
Nego vistosamente scuotendo la testa.
Lui sospira e dopo parla “Io sono Taro Misaki, gioco nel FC Paris St. Germain e lui è Tsubasa Ozora, gioca nel Barcellona, praticamente, Sanae … siamo cresciuti insieme, tu sei sempre stata la nostra manager fino dalle elementari, siamo amici d’infanzia”.
I miei occhi si sgranano, sono i miei amici d’infanzia ed io non ho la più pallida idea di chi ho di fronte.
 
 
Tsubasa
Non è possibile è un incubo, dopo che Taro ha dovuto spiegare chi siamo lei ha sgranato gli occhi e la sua bocca si è allargata per esclamare un OHHH di stupore.
Mi passo una mano tra i capelli e sospiro, non posso davvero credere a quello che le mie orecchie odono.
“Quindi non ricordi neppure perché sei venuta in Francia vero?” chiedo improvvisamente intromettendomi nel discorso.
“No, mi dispiace - esclama affranta – ogni tanto ho dei flash, credo che la memoria stia tornando piano piano, per esempio ieri sera ho visto un ragazzo, che poi ho riconosciuto soltanto stamattina dopo che l’ho sognato, mentre gli passavo una salvietta su un campo da calcio”
“Parli di Ryo?” chiede Taro.
“Sì ecco, proprio lui, ho ricordato il volto, il campo da calcio, ma per ora nient’altro”
“Sanae, una cosa soltanto, puoi uscire un attimo con me, dobbiamo chiamare i tuoi genitori e dirgli che ti abbiamo ritrovata, sono così in pena per te”
Anche questa frase la fa sobbalzare “Allora non sono orfana?!” chiede con quella voce da bambina, che fa sentire al mio cuore una profonda tenerezza.
“No, che non lo sei – le prendo una mano e la invito ad uscire – dai andiamo”.
Mi volto verso Taro e lo vedo annuire soddisfatto, mentre sta facendo praticamente il terzo grado all’amica di Sanae, per capire cosa sia accaduto in questi venti giorni.
Intanto sempre per la mano sto trascinando Sanae fuori dalla discoteca, arriviamo ad un muretto e lei si mette seduta, mentre estraggo il cellulare, ma mi accorgo subito che ha freddo, perché le sue braccia sono strette intorno alla sua vita, quindi mi tolgo il maglione di cotone e glielo porgo, lei lo afferra e lo fa scivolare lentamente sul suo corpo; avrei una voglia matta di baciarla, ma non posso farlo, lei non sa chi sono, lei non si ricorda di me, lei non sa che cosa prova per me e finalmente io per lei.
Mi allontano di due passi e faccio partire la chiamata.
La voce di sua madre mi arriva dritta alla testa, lo sento è disperata, teme sempre di ricevere la telefonata dove le dicono che hanno ritrovato il cadavere di sua figlia, perché dopo venti giorni, credo sia plausibile arrivare a questa conclusione. Ma appena le dico che è con me, prima tace, poi esplode in un pianto dirotto, quindi le spiego velocemente che cosa è accaduto, e poco dopo le passo Sanae, che vedo molto titubante nel parlare con sua madre.

Sanae “No, signora …”
……..
“Mi scusi è che credevo di non avere i genitori … no, non voglio tornare a casa, prima voglio recuperare la memoria, mi sono abituata adesso a queste persone che mi stanno ospitando e non mi sento pronta per cambiare di nuovo, mi dispiace molto signora”…
…….
“Mi scusi non mi viene di chiamarla mamma”

E con quest’ultima frase inizia a piangere e mi porge il cellulare, lo afferro giro un attimo le spalle e parlo con la signora Nakazawa, cerco di rassicurarla sul fatto di riportare Sanae in patria entro dieci giorni, può tornare con noi della Nazionale, tanto iniziano le ferie estive tra poco e tutti siamo liberi da impegni, finalmente si calma e riesco ad agganciare il telefono.
Quando mi volto trovo lei con le gambe tirate al petto, le tiene strette con le braccia e si sta dondolando leggermente. Mi avvicino e la prendo per le spalle, lei abbassa le gambe e si getta al mio collo piangendo. Le accarezzo la testa mentre dalla mia bocca esce un “Shhh andrà tutto bene non temere, la memoria ritornerà, quando vedrai la tua casa, dove sei cresciuta, i luoghi che abbiamo sempre frequentato, ricorderai tutto vedrai”
Annuisce contro il mio petto mentre sento le sue lacrime bagnare la mia maglia, come vorrei dirle tutto, confessare i miei sentimenti e restituirle la memoria.
Si discosta asciuga le lacrime e poi dice “Come hai detto di chiamarti?”
Sorrido perché questa situazione mi sembra impossibile, è un incubo e non mi sono ancora svegliato, mi passo una mano dietro la nuca e lei sbianca di colpo
“Ehi ti senti bene?” le chiedo.
“Io … io … ti ho già visto fare quel gesto”.
“Beh credo di farlo molto spesso, quando sono in imbarazzo o in difficoltà - ammetto sorridendo – comunque mi chiamo Tsubasa” dico facendo un inchino, che lei prontamente contraccambia, scoppiamo a ridere entrambi, poi continuo dopo che mi sono messo seduto sul muretto seguito da lei, siamo vicinissimi, ci sfioriamo “Mi fa strano che non ricordi niente, mi avrai chiamato dagli spalti milioni di volte incitandomi e sventolando la bandiera che tu stessa hai cucito per la squadra”
“Davvero?” mi chiede stupita con degli occhi talmente grandi che sembra una bambina, sento il mio volto arrossire, quindi guardo fisso avanti a me.
“Dai rientriamo o gli altri si preoccuperanno” esclamo scendendo con un balzo, le offro le mani ed anche lei tocca terra in tutta sicurezza.
Fianco a fianco stiamo per tornare dentro quando lei mi afferra un braccio, mi volto ha la testa bassa mentre mi chiede “Posso farti una domanda?”
“Certamente”
“Perché tu ti preoccupi così tanto per me? Perché non è tornato il ragazzo che mi ha riconosciuto ieri sera? Quel … Ryo, perché siete venuti tu, ed il tuo amico, non era più facile mandare l’altro visto che lo avevo già riconosciuto?” ha ancora la testa bassa, poi prosegue “Tra noi due c’è o c’è stato qualcosa?” e quando la solleva per fissarmi in viso, credo che il colore rosso delle guance le doni immensamente. Del resto credo che s’intoni anche con il mio perché dovrebbe essere uguale.
“No, Sanae, e non per colpa tua, ma soltanto mia”
Dopo la mia risposta mi guarda incuriosita inclinando la testa, ovviamente la mia non è una spiegazione esaudente, ma per adesso deve farsela bastare.
 
“Dai torniamo dentro” dico prendendola nuovamente per mano, credo di non aver mai avuto così tanti contatti con Sanae come stasera e mi piace, mi piace da impazzire.
   
 
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