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Autore: HilarisLuna    12/01/2009    1 recensioni
Una vita spezzata, altre che cambiano. Come si fa a vivere con un simile ricordo? Perchè è successo...? Due bambine, due cuori. Leggete ^^
Genere: Triste, Malinconico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E’ la mia prima fanfiction :D Spero vi piaccia… Buona lettura!!
Baci ^^


Perdonami


La stanza era buia e silenziosa, la notte era calata velocemente e pian piano i pochi raggi lunari erano riusciti a farsi spazio tra le tende tirate. Tutto in ordine, tutto perfetto, ogni cosa immobile e finta; vicino a lei un letto a baldacchino, intorno bei mobili antichi tirati a lucido, qualche fiore secco qua e là e un allegro fuoco crepitante all’interno di un caminetto in mattoni.
Si avvicinò e guardò la fiamma tremare, levarsi e ondeggiare…
I pensieri l’avvolsero, come le tenebre oscurano la vista e si ritrovò a pensare a quell’orribile giorno, quel giorno che era riuscito a cambiare la vita di molte persone, compresa la sua.
Erano passati cinquant’anni, ma i ricordi erano ancora lì, pronti a sopraffarla come succedeva ogni volta che tornava a pensarci.
“Una giornata come tutte, sveglia presto, colazione veloce e via all’aria aperta, a correre spensierata nei campi. Con un po’ di fiatone arrivò alla piccola casa sul colle. Attraversò il vialetto ben curato e ispirando l’aria fredda del mattino, bussò alla porta che dopo pochi istanti si aprì e ad attenderla c’era Margherita, come sempre con il suo tenero sorriso e i suoi modi delicati; si scostò e la lasciò passare all’interno della casa, elegante ma modesta.
Lei aveva la sua stessa età, undici anni, e ogni giorno lo passavano a giocare insieme.
Finirono come facevano ogni giorno, andavano nei campi ad esplorare, alla ricerca di qualche misteriosa casa disabitata.
Arrivarono sotto un grosso ciliegio, era mattina inoltrata e faceva caldo. Quella era la loro pianta preferita, perché era grossa, riparava dai raggi solari e nella buona stagione offriva loro una buona “merenda”.
<< Papà mi ha detto che c’è una casa qui vicino… E lì ci abita un uomo, mi ha detto che lo ritengono pazzo, ma in realtà non so neanch’io il perché, a mio parere è solo un solitario. Che dici Angy, andiamo a dare un occhiata?>> Margherita era tanto curiosa, lo era sempre stata.. Mi aveva proposto di andare in un luogo sconosciuto e io avrei potuto cambiare tutto, con un semplice << No >>, ma non lo feci.
Non era lontano, nel giro di un quarto d’ora arrivammo.
Era un edificio apparentemente abbandonato, di pietra. Intorno si estendevano fitti alberi e vicino alla porta d’ingresso c’era solo una vecchia panchina.
<< Dici che è in casa?>> chiesi.
<< Non credo… E’ un cacciatore, quindi penso sia in giro>>
Così, esplorammo il luogo. Andammo dietro la casa, dove c’era un piccolo edificio, in cui il cacciatore conservava la legna, ma c’era tanto disordine, cassette in giro, erba alta e non curata, mozziconi di sigarette artigianali e bottiglie di vetro rotte.
Poi Margherita mi tirò per un braccio e seguendo il suo sguardo vidi la porta aperta.
<< Entriamo??>> propose.
<> le dissi, sforzandomi di essere convincente; non volevo entrare. Il silenzio era strano, non mi sembrava reale e avevo troppa paura che ci sorprendesse.
<< Sì, ma nessuno lo verrà a sapere! Sicuramente non è in casa. Entriamo, vediamo com’è l’interno e poi ce ne andiamo>> mi disse. Così, come se fosse una passeggiata.
E ancora una volta, l’ascoltai.
Appena entrate, notai un piccolo cucinino e, come fuori, anche l’interno era sporco e poco curato. Sulla destra c’era una porta semiaperta; Margherita era davanti a me e fu la prima ad entrare. Io la seguì: era una camera circolare, diversa dalla prima. Buia, con una piccola finestra con le sbarre di ferro e su una parete c’erano tanti attrezzi da lavoro.
Subito dopo, sentimmo un cane abbaiare in lontananza: era arrivato il cacciatore.
<< Usciamo! >> urlò Margherita.
Corremmo il più velocemente possibile, lo vedemmo in lontananza ma continuammo a correre, girando l’angolo della casa e andando verso la direzione da cui eravamo venute. Non so cosa dicesse, ma sentivo il cacciatore urlare, il cane abbaiare, i nostri piedi sulla terra e i respiri veloci.
Ero davanti questa volta. Rispetto a Margherita ero sempre stata più veloce a correre. Quando entrai in mezzo agli alberi, mi nascosi e poi mi voltai, dicendo:
<< Ehi, Maggy ci è…>>
Non c’era.
Tutto si fermò. Le mie parole morirono, il respiro mi si fermò in gola, mi voltai e, come al rallentatore vidi una scena orribile: Margherita era stata bloccata dal cane che, veloce, abituato a prendere le sue prede, l’aveva buttata a terra e ora… Il padrone non lo richiamò. Il cane fece scempio del suo corpo riverso sull‘erba… Rideva, lui.. Rideva. Una risata, forte, acuta, lo stridio del metallo, un vaso che si rompe.
Tutto era morto… Non sentivo più niente.
E restai ferma, immobile, incapace di respirare, incapace di pensare, incapace di fuggire o di muovermi.
Fu così che la mia vita e la vita di chi l’amava cambiarono. Ma la sua, la sua vita era finita, non c’era più.
Non ero più riuscita a perdonare me stessa, con poche parole avrei potuto cambiare tutto… Per tutta la vita mi ero portata dentro questo segreto, non ero riuscita a confessare ciò che avevo udito, visto. Non ne parlai con nessuno, non lo dissi ai suoi genitori e finsi di non essere mai andata da lei quella mattina; codarda.


Mi ripresi. Davanti ai miei occhi ritornò il caminetto e del fuoco ne erano soltanto rimaste le braci.
Ora era tutto più luminoso. Era l’alba… Com’era possibile? Tutta la notte a pensare…
Girai le ruote della mia carrozzina che prima o poi mi sarei decisa a cambiare, poiché avevo le mani piene di calli e quasi non riuscivo più a muoverla.
Andai verso la finestra, i raggi del sole erano caldi. Mi sollevai un po’ e scostai le tende, poi aprii le ante. La mia piccola piantina stava crescendo a vista d’occhio. Ma questa volta c’era un piccolo fiore, appena sbocciato, con piccole gocce di rugiada. Lo sfiorai e un alito di vento m’inondò il viso.
Il giorno era passato giusto così, come passano i giorni.
Perdonami.
  
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