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Autore: shane_lilith_riddle    21/06/2015    11 recensioni
" -Come chiameresti ciò che abbiamo tra noi?- le sussurra, passandole le labbra bollenti sull'orecchio.
- Scherzo del destino- sibila Eris, allontanandosi veloce da lui, ma Ares la riagguanta con facilità, è un gatto che gioca col topo.
-No, no, no, sorellina, così la fai sembrare una cosa brutta-
-E non la è?-
-Oh, al contrario.- la contraddice, facendosi più vicino. Incatenandola al suo sguardo mentre si lecca le labbra.
-E' il mio gioco preferito.-"
Ares ed Eris, fratellastri, uniti da qualcosa di più grande del destino: un legame di sangue, incancellabile.
Segnati da due nomi che, nel mito, sono stati davvero quelli di due fratellastri portatori di sciagure, il dio della guerra e la dèa del caos e della discordia.
L'uno impossibile senza l'altro, e dei loro personaggi hanno ereditato i tratti. Impulsivi, impossibili, sprezzanti.
Inizieranno un gioco pericoloso, un gioco al massacro.
Genere: Dark, Sentimentale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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pan style="color:#FF0000">Ed eccoci, alla fine, giunti all’ultimo capitolo, finalmente sapremo che cosa succede!
 La versione era pronta prima, quindi ho pensato di non attendere oltre, e pubblicare!!!!
Naturalmente, non vi dirò se si tratta della “buona”, o “cattiva”, questo dovrete scoprirlo da voi.
E, comunque vada, spero sarà una buona lettura.
La canzone finale è With me, dei Sum 41, che vi lascio con traduzione.
https://www.youtube.com/watch?v=atnQPEqL1jQ
 
 
 
 
 
 
 
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LET ME IN.
 
 



2012.


 
 
Diego De Blanche, trent'anni portati con stile, non era mai stato un tipo convenzionale.
Con i capelli sparati sulla testa nella tipica cresta da Moicano, la faccia bucherellata e il corpo interamente tatuato, l'unico ambiente adatto a lui, che lo faceva sentire a casa per davvero, era proprio il salone di tatuaggi, che sebbene avesse aperto da poco, vantava già un buon numero di clienti.
 Invece, quel giorno il pomeriggio era stato piuttosto piatto, da sbadiglio.
Solo due appuntamenti, i classici ritocchini del colore, nulla di troppo impegnativo.
 Aveva persino mandato a casa Marie, altrimenti inseparabile assistente, e stava giusto valutando l'idea di chiudere un po in anticipo, quando alla porta si era presentato quello strano ragazzo.
Alto, capelli nerissimi, fisico atletico, decisamente ben vestito.
"Avrà sbagliato posto", si era detto Diego, convinto.
 Una persona come quello, con la classica faccia da bello e impossibile, non si sarebbe mischiato mai a certa plebaglia.. O almeno, così aveva supposto.
 Invece no, il ragazzo si era subito diretto al bancone, con passo deciso, e senza andare per il sottile.
 -Voglio fare un tatuaggio.- aveva biascicato, con voce sicura e profonda, ma chiaramente arrochita.
La classica voce da ubriaco.
-Ah sì?- Diego non si era preso la briga di nascondere il sorriso divertito.
Il ragazzo aveva tirato fuori un foglietto stropicciato, con una firma, e con due dita l'aveva inchiodato sicuro sul bancone, sotto ai suoi occhi.
 -Questo nome qui.-
Quando Diego si era degnato di abbassare lo sguardo, la calligrafia arrotondata e armoniosa, in un bel corsivo, gli aveva rivelato: "Eris".
-Te lo sei scritto per non dimenticarlo?- aveva riso apertamente, quella volta.
 -No. Lo ha scritto lei. Voglio esattamente la sua firma. Deve essere identica.-
Lì per lì, doveva ammetterlo, quella risposta era riuscita a lasciarlo spiazzato.
Ma dopotutto, il tipo non era il primo ubriaco con cui aveva avuto a che fare, e si sa come vanno le cose, la mattina dopo.
-Torna quando sarai più sobrio, ragazzo.- lo aveva liquidato.
E di nuovo, il tipo non si era dato per vinto.
Aveva tirato fuori il portafoglio, estraendone un centone, per poi sbatterglielo davanti agli occhi increduli.
-Che dici, ti sembra sufficiente?-
Era bastato tanto poco per farlo capitolare.
"In fondo, oggi c'è calma piatta, qualche soldo in più in tasca fa sempre bene." si era detto, ma in realtà, Diego non andava mai a soldi.
 Lui seguiva l'istinto.
La prima impressione.
E in quel caso, la prima impressione l'aveva colto in fallo.
 Quando invece, stupito, aveva alzato lo sguardo, due occhi spaiati e determinati lo avevano trapassato con ferocia.
Occhi che incutevano paura.
Di certo, il tipo aveva bevuto, ma quello sguardo presente era tutto tranne che di un ubriaco.
Il ragazzo, piuttosto, sapeva bene che cosa desiderava, e a Diego quel genere di cose piaceva, così come i bei centoni.
-Ne sei assolutamente certo?- aveva chiesto, più per conferma che per altro.
 -Se non ne fossi certo, ora non sarei qui.-
"E bravo Diego, così impari a giudicare dalle apparenze ".
 L'aveva fatto accomodare, e il ragazzo non si era fatto pregare per togliersi la maglietta e distendersi sul lettino, a pancia in giù.
 -Vicino all'osso sacro, leggermente più su, nella curva tra i fianchi.- aveva decretato, per poi sibilare:
 -Deve essere identico.-
Diego non s'era fatto aspettare per fare il calco, un bel lavoro pulito, e poco impegnativo.
-Sei certo di quello che stai facendo?- gli aveva chiesto, nuovamente, prima di tatuare.
-Conosco un sacco di ragazzini come te che vengono a farsi il nome della ragazza, e dopo si lasciano e gli resta addosso. Ci hai riflettuto bene?-
Non sapeva neppure perché glielo avesse chiesto, in fondo, se il tipo voleva tatuarsi anche tutta la faccia della fidanzatina, non erano affari suoi.
 -Credimi, non conosci nessuno come me.- aveva sibilato l'altro, la voce attutita dal lettino.
-E lei non è la mia ragazza.-
 -Vecchia fiamma? Speranza per il futuro??-
 A quel punto, gli era parso di sentire una risatina attutita.
-Forse.-
 -E se poi andasse male?-
 -Non importa se va bene o male, o se ti sembro pazzo, o che so io.
Lei resterà sempre una parte di me.
Ci sono cose che, indipendente dal loro corso, ti lasciano dentro una traccia indelebile.
Io voglio sentirla sempre addosso a me.
Comunque vada, mi ha cambiato la vita.
E ora, indipendente dai tuoi fottuti preconcetti, tatua!-
Diego aveva riso forte, essere molesto e mettere gli altri in imbarazzo era sempre stato nella sua natura, specie quando non approvava le idee dei clienti.
 Invece, ciò che aveva detto il ragazzo gli era parso perfettamente sensato, pure troppo.
 Di dubbi non ne restavano più, solo una domanda.
-Se è così importante per te, allora perché proprio dietro la schiena, in un punto dove non puoi vederla?-
 -Anche se non posso vederla, voglio avere la certezza che lei sia sempre dietro a me.
Qualsiasi cosa accada.-
Detto questo, non c'erano più esitazioni.
-Come ti chiami, ragazzo?- aveva chiesto, scosso nel profondo.
 -Ares.-
 -D'accordo, Ares. D'ora in poi, la tua Eris sarà sempre con te.-
 Dopo, solo il rumore degli aghi che coloravano la pelle.
 

 
 
 
__________________________________
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Averla addosso, sempre addosso, qualsiasi cosa accada.
"Non importa come andranno le cose", aveva detto al tatuatore quel giorno che gli pare ormai appartenga a mille anni prima.
Eppure, si scopre a pensarla diversamente.
 Ora che c'è dentro, ora che è a pochi metri dal traguardo, importa tantissimo come andranno le cose.
E se è vero che Ares è il nome di un dio guerriero, lui intende combattere fino alla fine della guerra.
 Gli è parso così semplice, un gioco da bambini, quasi, indovinare dove Eris sia andata a rifugiarsi.
All' inizio, il primo pensiero è stato il lago, dove tante estati prima hanno nuotato da ragazzini, quando tutto era diverso.
Poi, però, l'ovvia rivelazione.
Eris non è aggrappata al passato.
Se distrutta, non andrebbe mai in un luogo che le porti altra malinconia.
Eris si rialza sempre.
E allora, l'idea di trovarla nel luogo più improbabile, e allo stesso tempo così ovvio da fare in modo che nessun altro la possa trovare, tranne lui, gli è saltata in mente: Casa.
Semplicemente, le prigioni di Eris.
Un luogo dove mai, senza uno scopo preciso, andrebbe a rifugiarsi.
 Ma probabilmente, Eris uno scopo preciso ce l'ha:
 Farsi cercare per tutta la cittadina, mentre con calma prepara le valigie nella sua stanza, per darsi alla fuga. Ares riesce a capirlo, a percepire quasi chiaramente la sagoma di sua sorella mentre, dilaniata dai sensi di colpa e di solitudine, prepara le valigie, infilando le foto della madre e il suo pacchetto di sigarette di fiducia con cura assieme agli abiti estivi, destinazione fermata del treno.
Lo sa, lo sente, perché Eris non ha più nulla per cui restare, e ha al contempo una paura fottuta di abbandonarsi a lui, di ritrovarsi di nuovo lasciata sola, se decide di seguirlo.
La conosce come le sue tasche, non esistono lati di lei che gli sfuggano, Eris è connessa a lui tramite un filo invisibile, ma soprattutto, indivisibile.
E se è vero che quella sua testolina nera progetta la fuga, allora ad Ares rimane poco tempo.
Se davvero riuscisse a fuggire, allora Ares non se lo perdonerebbe mai.
"Se solo mi fossi comportato diversamente in passato, se non fossi fuggito, ora lei non starebbe fuggendo dalle sue paure, avrebbe completa fiducia in me."
 Ma Ares non è più quel ragazzino spaurito. Forse, dopotutto non lo è mai stato davvero.
Deve solo trovare Eris, prima che sparisca, e farle capire che non esiste più nessun ostacolo, nessuna limitazione alla loro felicità.
 Deve rivelarle un segreto.
E gli resta poco tempo.
Sfreccia, Ares, tra le stradine e scorciatoie anguste, nel tentativo di raggiungere la casa più in fretta.
 É lì. Deve essere lì.
E deve raggiungerla in tempo, e il fallimento non è contemplato.
Anche se l'orologio scorre.
E corre Ares, con le gambe intorpidite, corre, col fiato corto. Corre ancora più veloce, quando vede la casa in lontananza, fino a far bruciare i polmoni, fino a far tremare i muscoli.
 Non importa.
Non importa più nulla.
Né il dolore, né lo spazio, né il tempo.
Non conta nient'altro.
Deve solo raggiungere..
 -Lei..?-
"Che?"
-Che?-
Quando Ares si blocca, ormai sul cancello di casa, per voltarsi a guardare a chi appartenga la voce che lo ha riscosso dai suoi pensieri, si ritrova davanti una ragazza alta, dai capelli rossi e scarmigliati, una infinità di lentiggini sul volto preoccupato e accesi occhi verdi.
É un viso che ha già visto, ma non ricorda dove.
Neppure gli importa, al momento.
-Chiedevo, dov'è lei..?-
Ares le rivolge uno sguardo vacuo, gli occhi spiritati, il viso arrossato, i capelli appiccicati alle tempie e il respiro pesante.
-Tu sei Ares, giusto? É già tornata dalla Centrale? –
E allora il volto gli torna alla mente! Ma certo!
 -..Chiara?- tenta, incerto. Disorientato.
Che ci fa quella, lì?
-Sì sono io!! Volevo sapere come sta.. stavo giusto per suonare..è.. in casa..?-
Ares rivolge una rapida occhiata alla casa dal tetto arancione, che lo ha sempre urtato, e ancor più precisamente alla finestra del piano superiore, quella dalla tenda rosa pallido, quella della camera di lei.
Gli pare quasi di vedere un ombra fugace muoversi, attraverso alle tende.
Dopo, i suoi occhi tornano su Chiara.
 -No. Mi spiace. Al momento non è in casa.- decide di risponderle.
 Ma la ragazza pare leggergli dentro, con quei suoi occhi indagatori. Lo fissa un lungo istante e sembra capire, senza bisogno di parole.
 -La porterai via, non è così?- gli domanda, diretta.
Ed Ares rimane spiazzato, interdetto. A corto di parole.
 -Non la rivedrò mai più, vero? Immagino non mi dirai dove andrete..-
Non può risponderle. Non può dire nulla a nessuno.
 Eppure, quelle premure nei confronti di Eris riescono a smuoverlo.
-Prenditi cura di lei, ok?- lo prega la ragazza, la voce appena spezzata.
-Lo farò tutta la vita.- risponde Ares, e gli occhi di colpo prendono a pizzicare.
 Lei annuisce, serena, con gli occhi lucidi.
 E se ne va.
 "Che la vita ti ricompensi della buona persona che sei." pensa Ares, fissando la piccola sagoma dalla testa rossa che lentamente diventa più piccola, fino a scomparire.
Avrebbe potuto fare la spia, avrebbe potuto tradirli.
Invece, semplicemente, tacitamente ha avuto cura di Eris.
E di questo, lui non riuscirà a ringraziarla mai abbastanza.

 

E adesso, la sola cosa che gli rimane da fare, per sé stesso, per Eris, per Chiara, per Morello, persino per quel Mattia, è aprire la porta, entrare in quella maledetta casa dei ricordi e prendersi lei.
E il portone è socchiuso, simbolo che Eris va troppo di fretta per preoccuparsi di certe piccolezze.
Oppure, che spera nel suo arrivo.
-Eris?- ma la casa regna nel più assoluto silenzio.
Non un sospiro, nessun rumore.
Il silenzio assoluto.
-Eris?- ritenta, e l'eco va a vuoto, mentre un presentimento raggelante si fa spazio dentro di lui con sempre più chiarezza.
E se avesse deciso di...?
"Dio, ti prego, fa che non sia.."
Sale le scale Ares, con il cuore che pulsa e trema, scuote la cassa toracica quasi volesse uscirne, preme sullo sterno provocandogli un senso sempre maggiore di inquietudine, di ansia, mentre la mano tremante corre al pomello della stanza di Lei.
Che non si apre.
Ci prova una, due, tre volte.
Ma non si apre.
La maledetta stanza non si apre.
 -Eris!- grida, in preda alla disperazione
-Eris ti prego dimmi che stai bene! Dimmi che non hai fatto cazzate!-
Ma dall'altro lato, nudo silenzio.
 -Eris ti prego rispondi!-
 Il nulla, l'unica cosa che gli riesce di sentire è il suo stesso respiro accelerato .
Non un lamento, non un sospiro.
-Apri questa cazzo di porta Eris!-
 Le mani tremanti si fanno decise, é la porta adesso a tremare, sotto le spallate, i calci, i pugni disperati.
-Butto giù questa cazzo di porta Eris! RISPONDIMI!!-
 E ancora il silenzio.
Spezzato solo dai suoi singhiozzi.
Si accascia con i pugni sul legno freddo, le mani che pulsano, scorticate.
-Ti prego..- sussurra, singhiozzando, mentre l'angoscia lo divora.
Lo spoglia Fragile, umano. Innamorato.
Non può pensare che l'abbia fatta finita..
 -Eris.. Ti prego.. Eris.. Eris.. Eris...-
Si ritrova a rantolare, pateticamente fragile.
 
-Smetti di chiamarmi con quel nome.-
Risponde poi una voce flebile, appena attenuata dalla porta serrata, dall'altro capo della stanza.
E il sollievo è talmente grande che sospirare è quasi doloroso.
-Mi hai fatto morire d'infarto.- la rimprovera, sorridendo tra le lacrime.
 -Vattene via, e non chiamarmi mai più così. Non lo voglio più sentire.-
Se quelle parole possono far desistere un altro, non è così per Ares.
La conosce troppo bene.
Quel suo tono fragile, sommesso. Eris ha pianto.
Sta piangendo sta soffrendo quanto lui, se non peggio.
-Perché? Perché ti sei sempre fatta chiamare col tuo secondo nome ? Non me lo hai mai rivelato..-
"Perché, amore mio?"
 É il momento di far cadere tutti i veli, non esiste più spazio per i segreti, oramai.
La porta gli restituisce solo insostenibile silenzio, per un pò.
Dopo, la vocina di Eris si decide a rispondere.
 -..Non volevo più che lo pronunciasse nessuno, dopo che sei andato via. Mai più.-
 Esitante, fragile.
-Perché?- un sorriso dolce affiora sulle labbra di Ares.
 -Perché Eris porta solo guai.- la voce si spezza, interrotta da un singhiozzo.
Non è mai stata più fragile di così.
 -Eris è la dea del caos.-
-E il caos hai portato nel mio cuore..- le sussurra, dolce, contro la serratura.
 Vuole che la voce le arrivi limpida, vorrebbe abbracciarla.
 Invece Eris è a pezzi , nascosta dietro una porta .
Dietro le sue prigioni.
-La brama di nostro padre... La sua fissazione per gli dei.. Tutto quello che ha commesso.
Ci hanno maledetti.- sussurra Eris, e pare che anche solo respirare le costi uno sforzo immane.
 -Ci chiamiamo.. Come due fratelli che portano sciagura.-
 -Non mi importa di portare sciagura. Né di essere maledetto. Se porto il nome del dio della guerra, allora io combatterò per te.-
-É troppo tardi Ares.- sussurra la sua voce, in un soffio.
 -Non è mai tardi, mi rifiuto di credere che è tardi.-
-Abbiamo rovinato ogni cosa: la nostra casa, la nostra vita, la nostra famiglia..-
I discorsi di Eris, ormai, sembrano aver preso una piega tutta loro.
Un filo conduttore che la allontana da lui.
Che, ancora una volta, la rende irraggiungibile.
 -Sono stati loro a rovinare sé stessi!! Sono stati i loro errori a rovinare noi! Dimenticati di loro, Eris! Dimenticali tutti. Vieni con me.-
-Vattene via..- sussurra la voce.
 E gli pare quasi di sentire i suoi stessi dubbi, le sue stesse paure, che parlano.
 Invece no.
Invece è solo Eris, o per meglio dire, sono le paure di Eris.
 Perché lui sa che non è davvero Eris a parlare così.
La vera Eris deve essersi persa nel limbo oscuro del dolore, di quella vita, di quella casa oscura.
Ed Ares intende farle ritrovare la via.
 Ares, che non si arrende, che non abbassa la voce, che con la voce la guida verso casa.
-Io non vado da nessuna parte, senza di te. Mai. Nemmeno se mi dici che non mi vuoi più.- afferma, risoluto.
Lei deve capire, deve sapere.
-Perché?-
-Perché me ne sono andato, una volta, e ho commesso un errore gigantesco.
 Perché tutto sta crollando, ma tu rimani in ogni centimetro di me.
Perché mi rifiuto di accettare in silenzio che la storia finisce così.
 Voglio prendere in mano la mia vita.
Perché ti amo.
 Ed è facile dirlo quando tutto è perfetto, invece no. Io te lo dico mentre tutto cade a pezzi, perché noi siamo così!-
Le grida, carico di sentimento, riversando nelle sue parole tutto ciò che non può dirle a gesti. Ares ci fa l'amore, con la sua anima.
Persino se lei è lontana.
-Siamo nati nella cenere, e cresciuti nella polvere, siamo quelli che si feriscono a sangue con gesti e parole, e dopo ci curiamo l'un l'altro.
Siamo tu che scappi, ed io che ti rincorro, io che me ne vado e tu che aspetti il mio ritorno.
Ma io lo so..- ringhia,
 -Lo so, che dietro i tuoi timori, dietro i tuoi maledetti muri, tu non vuoi che io vada via.
Tu vuoi solo che sfondi questa maledetta porta a calci e venga a salvarti da te stessa.
Ma anche a me servono certezze.
 Io voglio che sia tu ad aprire questa maledetta porta, voglio che tu scelga me.-
E nel dire quelle parole, nel far cadere anche l'ultimo velo, il cuore gli fa quasi male.
-La meta del mio nuovo viaggio come fotografo.. quella che mi è stata proposta.. era il Kenya, Eris. Il Kenya.- Imprime forza in quelle parole, le pronuncia lentamente, la voce roca di sentimento e desiderio.
-Il Kenya...?- e riesce distintamente a sentirla più vicina, più accostata alla porta, ne sente il respiro attraverso la serratura, quasi fosse davanti a lui.
E il desiderio di lei si fa insostenibile.
 -Sì, amore mio. Il Kenya.
Voglio amarti tutta la mia vita ogni merdoso giorno, e portarti a vedere il mondo ad ogni mio nuovo incarico in un paese straniero, e no, non sarà mai facile, questa vita è una lotta continua per tutti noi, e spetta solo a noi scegliere con chi lottare.
Io scelgo te.
So che in questi anni hai sofferto, so quanto sia difficile lasciar cadere la tua corazza, so che ti ho ferita e ti giuro, ti prometto, non ti lascerò sola mai più.
 E se me ne dai occasione, te lo posso dimostrare ogni giorno.
So che sei incazzata, perché a suo tempo io non ho lottato e sono stato talmente idiota..
Ma ti ho vista lottare per me, nonostante tutto, so che hai combattuto di fronte alla scuola intera, di fronte a quel poliziotto che pareva di più un SS tedesco..-
In quella, gli pare di sentirla ridere, piano, da dietro la porta.
 -..Mentre avresti potuto fregartene, lasciarmi a marcire da solo, ricambiare ciò che ho fatto io a te.
 Invece, nel momento del bisogno hai lottato.
E grazie a questo, ho una conferma in più di quello che provi per me.-
Ora, Eris non ride, non parla.
Gli pare quasi di vederla, attaccata alla porta, con i palmi aperti sul legno, nel tentativo di sentire meglio.
 E allora li sfiora quei palmi, quasi la porta fosse una superficie inesistente.
Li sfiora piano con la punta delle dita, e la sente sussultare.
Questo è il legame tra loro.
Nonostante qualsiasi barriera.
-So che non vuoi aprire la porta, perché hai paura che possa farti del male.
E ci insulteremo, ci odieremo, ci saranno giorni insostenibili dove forse penseremo di mollare.
 Ma te lo giuro, nonostante tutto, io resterò sempre, sempre accanto a te.-
Eris non risponde non fiata.
 Ma lui sa che quel cervellino sta pensando, ragionando in maniera spasmodica, convulsa.
 Riesce a vederla, con una mano poggiata sulla chiave, indecisa se aprire la serratura o no, o forse decisa fin troppo da averne paura lei stessa.
 E sorride.
- Quando abbiamo fatto l'amore.. - sussurra.
-Te ne pentì?-
 -...no...- ne è certo, è arrossita.
-Ti ho lasciato una scelta, ricordi?- Stavolta, Eris non parla.
Sta cercando il significato delle sue parole, ne è convinto.
 -Anche questa volta, io lascio a te la scelta. Posso entrare a calci e pugni, farmi largo, rapirti.. Sai che posso..-
Gli sfugge, nonostante la tensione. Non intende rinunciare mai a punzecchiarla. Per tutta la vita.
 -Ma sei tu che devi aprire questa porta, Eris. Sei tu che devi lasciarmi entrare.
Io voglio che tu ne sia del tutto convinta.
Possiamo ancora essere felici. Possiamo farcela.
 Ti prego, credi in me. Credi in noi.
 Lasciami entrare, Eris.-
E poggia la fronte proprio lì, sul legno liscio e cerato, dove è certo sia quella di lei, dal lato opposto della stanza.
-Lasciami entrare..-
 Le sussurra, la prega, tenendo gli occhi chiusi, strizzati, come quando si esprime un desiderio.
Ed effettivamente, è davvero così.
Ares sta esprimendo un desiderio sognato da una vita.
Un desiderio che ha il potere di distruggerlo, ma anche di regalargli nuova vita.
E attende, come un bambino la sera di natale, con gli occhi chiusi, con l'espressione concentrata, con le labbra serrate nell'attesa, cercando di trasmetterle tutto attraverso quella maledetta porta socchiusa , perché non sa che cosa fare, se lei dice di no.
Per un tempo insostenibile, insormontabile, ma non osa muoversi.
 Non osa spezzare l'incantesimo.

 

Poi, lentamente, la serratura scatta.
Con un cigolio rassegnato che gli va dritto nelle vene, che non scorderà mai.
 E con lentezza esasperante , la porta si apre sull'altro lato.
 
 
Su una Eris con gli occhi arrossati, le efelidi chiare che sembrano nuotare nelle guance bagnate, le labbra tumefatte dall'essere state mangiucchiate per l'ansia, il kajal colato.
 Eppure, Ares la trova bellissima.
Bellissimo lo sguardo deciso che le si dipinge sugli occhi spaiati, mentre con un palmo di mano si asciuga le lacrime, spandendo altro trucco.
 Bella la valigia stracarica che si trascina dietro, senza staccare gli occhi dai suoi, fino allo stipite della porta. Bello il sorriso che affiora sulle sue labbra, chiaro, spontaneo, genuino, felice.
 Mentre domanda, ironica, con la solita aria strafottente che gli ha fatto perdere la testa:
- Io e te contro il mondo, no?-
É un angelo caduto che rimette insieme pezzi d'ala, che nonostante ogni picchiata è disposto di nuovo a sfidare la corrente.
Con coraggio, con fiducia, con una valigia, con lui.
Ares si sporge appena dentro la stanza ormai impersonale, svuotata dei vestiti e delle lenzuola, per raccogliere il piccolo mappamondo sopra la scrivania, reduce e simbolo di mille trascorsi.
Poi, lentamente, come si tocca un qualcosa di fragile, di inestimabile valore, le prende la mano.
 Così si allontana, stringendo  in una mano la ragazza che si rialza mille volte, la ragazza con la valigia dietro e i sogni in tasca.
La ragazza che ama.
Nell'altra mano, il mondo intero.
 
 
E in faccia sempre un sorriso strafottente, per affrontarlo sempre, insieme a lei.
 
 
 
 
 
 
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Eh no, non potevo lasciare Ares ed Eris così.
 Si meritavano un finale migliore, e anche voi tutti che mi avete seguita e supportata.
 Questa storia, oltre ad essere stata una meravigliosa avventura, è stata anche per me il tramite per dire qualcosa.
Nonostante tutto, credo ancora che possano esserci persone che, a dispetto di qualsiasi ostacolo, scelgono con chi combattere in questo campo di battaglia che è la vita.
 L'incest, appunto, è stato la mia metafora personale per raccontare quanto dipenda in realtà da noi, affrontare tutto ciò che ci passa davanti, al meglio.
Per quanto la situazione possa apparire disperata.
Spero, anche solo un minimo, di aver trasmesso questa sensazione anche a voi.
 
Ora, alcune piccole curiosità:
 Per creare questa storia, mi ha molto aiutata leggere Proibito, un libro di Suzuma Tabitha.
Delicatissimo, di una dolcezza straordinaria, che mi ha aperto un mondo e anche la testa, e ve lo consiglio. Infine, devo dire che in parte questi fatti sono autobiografici.
(Non per quanto riguarda l'incest, si intende xD ),
Il personaggio di Ares che dopo anni torna in città deciso a riprendersi la ragazza, è tratto da una persona reale, con cui andavo a scuola ai tempi delle medie, e che per tornare ci ha messo non 3 anni, bensì 7!
Insomma, per il genere, le cose alla fine vanno come devono andare..
Questo ragazzo testardo, ora è il mio compagno di vita.
Perciò fanciulle, non disperate, Ares esiste davvero! XD
 
 Per finire, vi ringrazio tantissimo, perché siete stati i miei compagni di avventura, i miei sostenitori, i miei minacciatori pucciosi(?)
 Ringrazio chi ha lasciato sempre un commento, chi mi ha spronata e sostenuta e fatta ridere con la sua simpatia, con messaggi privati e parole dolci, non ce l'avrei mai fatta senza di voi.
 Ringrazio anche chi ha recensito per un pò e poi se n'è scordato, chi ha sempre voluto farlo e non ha mai avuto il tempo, chi si è semplicemente limitato a leggere, chi ha aggiunto la storia a una delle liste.
 Vi ringrazio tutti, perché avete speso dei minuti a leggere questa storia disastrata, e io ne sono infinitamente grata. ^^
Purtroppo, questa avventura è giunta alla fine, e quanto mi mancheranno Ares ed Eris!

 
Nonostante ciò, io non mi fermo, infatti, dopo i mesi estivi, a settembre ricomincerò con un nuovo racconto, sempre sul genere amori disturbati, noir, misteri e pazzie, e anche quello verrà aggiornato regolarmente (perché le cose normali proprio non ci piacciono xD)
Per chi, per qualche (inspiegabile) ragione, fosse interessato a seguire le prossime storie, vi invito ad aggiungermi alla lista degli autori preferiti, così da poter controllare quando aggiornerò, ed occhi aperti verso Settembre!
Forse chissà, magari ci incontreremo di nuovo, intanto, ad ognuno di voi un grande abbraccio, e spero, a presto!^^

 
 
 
 
  
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