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Autore: Sonmi451    21/06/2015    1 recensioni
Per te amore mio..
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Colonna sonora: TheAntlers - Kettering








Il profumo dolce e intenso di vaniglia che usciva dal diffusore perforarono le mie narici risvegliandomi piano dal profondo sonno che mi costringeva a letto.


Il lenzuolo che mi accarezzava la pelle scoperta delle braccia e delle gambe, proteggendole dal venticello freddo che entrava dalla finestra socchiusa.


Il cuscino morbido e caldo che sosteneva la mia testa pesante, un altro cuscino in mezzo alle gambe per non dimenticare il mio passato di bambina con il divaricatore.


Aprii gli occhi con fatica, lentamente. Cercai di mettere a fuoco l'ora e notai quanto presto fosse. Le sei del mattino... mi addormentai nemmeno cinque ore prima.


Sbadigliai e rotolandomi su me stessa mi accorsi di una presenza dietro la mia schiena.


-Meeeow-


Black. Il gatto si stiracchiò e aspettò con impazienza che io mi raggomitolassi su me stessa per poi farmi una coccola sul viso, quasi a volermi dare un bacio, e sistemandosi di fianco alla mia pancia.


Lo accarezzai e godetti della morbidezza del suo pelo nero per qualche minuto con la mente vuota, prima che una fitta al petto e allo stomaco mi obbligò a fermarmi e a trattenere il respiro.


La dura realtà che mi era stata nascosta per un breve periodo dal dolce risveglio mi piombò addosso come un macigno pesante.



Ero sola.



Ero sola da non so quanto tempo ormai.


Un marito che dopo otto anni se n'era andato. Un lavoro che com'era arrivato molto giovane, se ne andò altrettanto velocemente. Un figlio che era venuto a mancare per un terribile incidente deciso dalla Sfortuna. I miei genitori e miei fratelli troppo lontani per potermi venire a salvare da quel baratro.



Mi toccai il petto che aveva cominciato a muoversi velocemente per colpa dell'attacco di panico e stringendo forte gli occhi per trattenere le lacrime che prepotenti cercavano un varco per poter uscire mi misi seduta, cercando di tornare a respirare normalmente.


Aprii gli occhi e anche se intorno a me c'erano l'armadio, i quadri, lo specchio, io non riuscivo a vedere. Era tutto nero e io sentii di stare per perdere il controllo quindi mi lasciai andare.


Lasciai che le lacrime mi bagnassero le guance quasi come se mi fossi appena lavata il viso gettandomi dell'acqua addosso. Lasciai che il dolore immenso che portavo nel cuore in qualche modo trovasse un modo di uscire anche se molto lentamente.


-Perché..-


Una domanda che mi ripetevo troppo spesso in quei giorni in quanto non trovavo risposta.


Presi il cuscino e urlai più forte che potei, dando libero sfogo alla frustrazione.


Poi smise.


Il tempo si fermò, come tutte le volte che mi prendeva un attacco, e io smisi di esistere.


Mi lasciai cadere all'indietro sdraiandomi e il vuoto s'impossessò di me, della mia anima e della mia mente.


Non seppi quanto tempo passò ma il vuoto piano piano cominciò ad essere sostituito dai ricordi.



-Mamma...non sto molto bene oggi..-


-Su su, niente storie e vediamo di alzarci dal letto. Lo sai bene che a scuola bisogna andarci e dovresti aver imparato anche che non bisogna dire le bugie alla mamma-


-Ma io non sto dicendo bugie mamma..mi fa male la pancia. Mi faceva male anche ieri sera.-


Guardai mio figlio J, di sette anni, stringersi il pancino sotto le coperte e mi fermai nel preparargli i vestiti. Mi avvicinai a lui e mi sedetti sul lettino accarezzandogli i capelli.


-Facciamo così. Se tu ora ti alzi e ti vesti la mamma nel frattempo ti prepara una buona tazza di tè caldo con la medicina così che la bua passi e poi vai a scuola. In cambio stasera ti preparo il tuo piatto preferito e ti prometto che domani appena esco da lavoro andiamo a prenderci un gelato insieme. Ok amore mio?-


J mi guardò con gli occhi lucidi e annuì, provocandomi un sorriso dolce che lui ricambiò.


Ci alzammo insieme e in men che non si dica ero già davanti a scuola che guardavo mio figlio varcare le porte dell'edificio debole e un po' sfatto.

Stava poco bene, si vedeva, ma aveva già fatto tanti giorni di assenza per colpa della scarlattina e non poteva permettersene altri.


Sospirai e mi diressi verso l'ufficio di mio marito per portargli il pranzo al sacco come ogni mattina.


Chiusi la macchina e dopo un pezzo di strada a piedi finalmente lo raggiunsi.


-Ah amore, sei tu. Vieni, ti apro.-


Gli sorrisi, vedendo com'era distratto e preso da quel lavoro che ogni giorno lo faceva arrabbiare moltissimo ma allo stesso tempo amava.


Entrai e dopo esserci scambiati un bacio gli posai il pranzo sopra la scrivania.


-Ti va di farmi un po' di compagnia o devi andare a lavoro?-


Mi chiese tornando a concentrarsi sulle scartoffie.


-No va bene, resto. Oggi per fortuna sono libera.-


Passarono due o tre ore e io stavo per andare via quando il cellulare, da dentro la mia borsetta, cominciò a suonare insistente.


Lo presi e lessi il display: la scuola elementare. Come mai?


-Pronto?-


-Signora S. sono la maestra Roberta. La chiamo perché suo figlio non sta bene. Ha cominciato a vomitare, trema tutto e non riesce a stare in piedi. Può venire?-


Il fiato mi mancò per qualche istante. Non me lo dovette nemmeno chiedere perché già mentre parlava salutai mio marito uscii di corsa dirigendomi velocissima da J.


Quando arrivai lo vidi tra le braccia di una bidella che veniva dondolato mentre la maestra, di fronte a loro, provava a parlargli.


Mi avvicinai a loro e la maestra, vedendomi, mi spiegò velocemente cosa successe nei minimi dettagli e, insieme, lo portammo in ospedale.


A visitarlo fu una Dottoressa di nome Gloria che, dopo aver fatto un po' di ispezioni sul corpo di mio figlio, decise di ricoverarlo per degli accertamenti. Io aspettai nella saletta d'attesa agitata e ansiosa, con la maestra che cercava di rassicurarmi accarezzandomi le spalle.


-Signora S.-


Mi voltai e mi alzai di scatto nell'udire il mio nome, vedendo poi la Dottoressa Gloria venirmi incontro con degli infermieri.


-Allora?-


-Abbiamo motivo di credere che suo figlio abbia mangiato qualcosa come un gioco e che questo gli stia provocando degli spasmi e dolori allo stomaco e all'intestino talmente forti da provocargli il vomito e l'abbassamento della pressione. Abbiamo bisogno del suo consenso per operarlo d'urgenza.-


Mi disse tutto d'un fiato porgendomi dei fogli e una penna.


-Co.....Come scusi?-


Non riuscivo a credere a cosa mi stesse dicendo quella donna.


-Ma com'è possibile? E perché d'urgenza?-


-Signora S. suo figlio rischia di morire se non togliamo il più presto possibile il corpo estraneo e non togliamo il versamento di liquido che si sta formando per infiammazione.-


-E...e quanto costa questo tipo di intervento?-


La Dottoressa sospirò, abbassando lo sguardo. Nel frattempo la maestra Roberta mi prese la mano.


-Dodici mila euro..-


Cominciai a piangere a dirotto e mi dovetti sedere.


-Io non ce li ho questi soldi..non ce li ho!!-


La Dottoressa Gloria si allontanò un momento e Roberta mi si inginocchiò davanti prendendomi le mani.


-Mi ascolti S. deve rimanere forte per suo figlio. Questa Dottoressa mi sembra troppo sicura di se stessa, io un po' di medicina l'ho studiata e non so quanto possiamo fidarci. Ha parlato tanto e non ci ha fatto vedere neanche un esame. NON CI HA FATTO VEDERE J!Vuole un consiglio? Lo porti via.-


-M..ma co..così morirà.-


-No. Lo portiamo da una mia carissima amica che fa la pediatra e lasceremo che sia lei a valutare la reale situazione. Quei soldi non li dovrà..senta diamoci del tu. Quei soldi non li dovrai tirare fuori. Fidati di me S.-


Rimasi impietrita per qualche minuto poi decisi di seguire il suo consiglio e dopo aver aspettato la dimissione lo portammo di corsa nell'altro ospedale.


Incontrammo velocemente l'amica di Roberta, la Dottoressa Barbara, che mentre faceva portare via J mi guardò negli occhi, dandomi una sensazione di sicurezza, fiducia e speranza che in quel momento mi fece capire di aver fatto la scelta migliore.


Da quel momento tutto fu molto veloce nonostante passò una settimana. Fecero molti esami e sempre più approfonditi. Non risultava esserci nessun corpo estraneo e, il penultimo giorno di ricovero, andandolo a trovare notai quanto lui fu migliorato rispetto i primi giorni. Giocava, rideva, correva, saltava..insomma, faceva le cose che fa qualsiasi bimbo di sette anni.


Io ero tranquilla e mio marito ed io andammo nell'ufficio di Barbara contenti e sereni in quanto ci disse che il giorno dopo l'avrebbero dimesso.


Arrivò il momento e quando entrai sola nel reparto di pediatria notai immediatamente un'aria strana. Mi avvicinai alla camera di mio figlio ma in quel momento vidi uscire Barbara con un'espressione triste e preoccupata sul volto.


-Che..succede?-


-Mi segua S, andiamo nel mio ufficio.-


Così feci e mi sedetti di fronte a lei che cominciò a massaggiarsi le tempie.


-Stanotte suo figlio ha avuto una ricaduta.-


-I..in che senso?-


Mi tremarono le mani. Un brivido mi percorse la schiena e il sudore gelido cominciò a scendere dalla fronte. Deglutii a fatica.


-Stanotte ha avuto un attacco. Mentre lo stavamo cercando di stabilizzare il mio collega, chirurgo da ormai cinquant'anni, ha avuto un brutto presentimento. Così l'abbiamo sedato e gli abbiamo fatto una quarta ecografia seguita da esame con telecamera interna e...signora S abbiamo scoperto che suo figlio ha la vescica bucata. Il liquido che tutti credevano essere provocato da un'infezione in verità è urina mischiata a sangue e sostanze liquide del corpo. Questo complica molto la situazione e dobbiamo operarlo d'urgenza per ricucire la ferita e poter capire la situazione degli altri organi interni dovuta alla contaminazione delle sostanze di rifiuto che ha versato.-


Fu tutto molto veloce. Mi ritrovai presto in corridoio seduta su una sedia con il viso tra le mani che piangevo disperata mentre pregavo i mille dei e l'universo affinché risparmiassero J e mi lasciassero tornare a casa a vivere la mia vita di sempre.

Barbara mi spiegò che l'intervento sarebbe stato complicato in quanto essendo molto debole non sapevano se avesse resistito ancora e che era un cinquanta e cinquanta.

Mentre ripetevo a bassa voce e il nome di J sentii un rumore forte provenire dalla sala chirurgica e poi un NO detto ad alta voce.

Il mondo smise di girare. Il tempo di fermò. Il respiro si bloccò. Il cuore si bloccò.


Era..vero.......quello che sentii?



Attesi l'uscita di Barbara. Si appoggiò al muro e non disse nulla. Mi fece solo no con la testa mentre piangeva silenziosamente.


Io mi accasciai a terra e urlai forte, cercando di farmi esplodere il petto per il dolore. Piansi. E quella sera morii insieme a lui.




Le lacrime continuavano a scendere nonostante non ci fossero più i singhiozzi e il respiro divenne sempre più debole. Il soffitto bianco si tinse di rosso, e un altro ricordo arrivò prepotente portandomi di nuovo indietro nel tempo, mentre con la mano inconsciamente avevo cominciato a massaggiarmi all'altezza del cuore.



-Co..cosa...?-


Erano passati due mesi dalla morte di J e per me e mio marito fu molto difficile superare quel momento. Lui per fortuna riuscì a reagire meglio di me che invece, disperata, non accettavo l'idea che la morte di mio figlio, la sua vescica perforata, era dovuta ad un possibile litigio con dei compagni di classe che gli avevano tirato dei pugni e poi fatto cadere.

Ci allontanammo molto ma..quel giorno..arrivò a casa da lavoro prima del solito e mi si sedette davanti sul tavolino mentre io ero quasi sdraiata sul divano.


-Me ne vado S.-


-Perché...-


-Credevo di non saperlo..ma la verità è che non ti amo più..è inutile mentire a me stesso, è inutile mentire a te. La morte di J-


-ZITTO!-


Mi aveva appena detto che era innamorato di un'altra donna che ormai da tempo era entrata nella sua vita. Che la morte di J l'aveva reso sicuro su ciò che voleva davvero, e cioè andare via per sempre da quella città con l'amante. Lo capii senza fargli finire la frase.


Io non provai a fermarlo. Ascoltai mentre si faceva le valige, mentre si cambiava e si faceva la doccia.


Mi si avvicinò, tentando di toccarmi, ma io mi scostai in malo modo con gli occhi colmi di lacrime e guardai lontano.


-Non osare...vattene e basta.-


Lui non rispose. Sentii solo la porta chiudersi e da quel momento il silenzio più totale. Nemmeno Black miagolò più per qualche giorno. Rimasi per un tempo indefinito su quel divano a pensare come fossi arrivata a tanto, perdendo prima il figlio, poi il lavoro e infine mio marito.


Da quel momento passarono circa due settimane. Due settimane di letto. Due settimane di notti insonni. Due settimane di dolori al petto, allo stomaco e alla testa. Due settimane di sofferenza...



Chiusi gli occhi e cercai di rilassarmi, addormentandomi poi per l'immensa stanchezza della quale era colmo il mio fisico.



Il mio ultimo pensiero, prima di prendere sonno, era diverso però.


Da che prima mi auguravo la morte e la voglia di sparire, quel giorno mi augurai la vita. Per lui..per me..



Sorrisi. Smisi di piangere.


Black mi si accoccolò di fianco e in un certo senso capii che forse, a modo suo, voleva starmi vicino. Che aveva capito.


Non volevo morire. Non volevo arrendermi. Dovevo lottare.




Per te amore mio.






Dedicato a J.



Sonmi451.

  
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