Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: shewantedstorm    22/06/2015    0 recensioni
"Questa è una delle idee più stupide che tu abbia mai avuto!" si lamentò Abigail, aggiustandosi in testa quella fastidiosissima mantellina rossa. "Come ha fatto a venirti in mente una cosa del genere? E soprattutto, come ho potuto darti ascolto?!"
Fred Connor diede sfoggia del suo più adorabile sorrisino da spaccone. "Te l'ho detto, non sono in me. È l'acqua, c'è qualcosa nell'acqua."
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 1
 

Anthony stava di nuovo male. Nonostante fosse ormai quasi metà giugno, la notte prima  le temperature erano calate di colpo; la pioggia aveva cominciato a scendere fortissimo e poco dopo si era trasformata in grandine. Forse aveva dormito ancora con la finestra aperta, oppure era uscito di nascosto in giardino a giocare con i suoi orribili cani, come al solito. Abigail non lo sapeva. Suo fratello era tanto cagionevole quanto cocciuto e irresponsabile. Ma, del resto, quanto senso della responsabilità ci si poteva aspettare da un bambino di cinque anni?
Abigail giocherellò con le uova sode che aveva nel piatto. Quando il piccolo si ammalava (e ciò avveniva almeno due volte al mese), consumava i suoi pasti a letto, con Sushuanna che lo imboccava e gli raccontava le fiabe del suo paese: quindi Abigail era costretta a stare a tavola da sola con suo padre, il quale non rappresentava di certo una compagnia allegra e piacevole. Parlava solo se interpellato, masticava con lo sguardo fisso nel vuoto e muoveva nervosamente la gamba destra (faceva sempre così quando Anthony aveva la febbre).
<< Non ho fame >> disse Abigail piano, dopo aver rimuginato per dieci minuti buoni su cosa avrebbe potuto dire per mettere fine a quel silenzio teso. Anche quando c'erano la tata e suo fratello seduti con loro, le cose non andavano meglio. Aaron Redwood sembrava sempre avere altri pensieri per la testa. Non aveva tempo da sprecare in chiacchiere, non poteva mettersi a costruire barchette di legno per la gara sul fiume o a cucinare i pancakes della domenica come facevano tutti i papà delle sue compagne di scuola. 
L'uomo si strofinò gli occhi con una mano, corrugando le sopracciglia chiare e rade, poi si ravviò all'indietro i capelli neri che gli sfioravano quasi le spalle. Aveva un'aria stanca.
<< Non ho fame >> ripeté Abigail, cercando di mantenere la calma e di non sembrare irritata. Lo odiava quando lui la ignorava. << Lasciami salire di sopra con Sue e Tony. >>
<< Finisci le tue uova e vai a scuola. Sei troppo grande per le fiabe >> fu la risposta di suo padre.
Scuola. Il tredici giugno.
La scuola era chiusa e da più di una settimana erano iniziate le vacanze estive, ma forse questi erano dettagli insignificanti per l'impegnatissimo Aaron Redwood, il più famoso e ricco avvocato di Saint Louis.
Abigail si tappò la bocca con le mani emettendo un suono buffo simile ad uno starnuto, nell'invano tentativo di trattenere una risatina amara. Aaron se ne accorse e finalmente distolse lo sguardo dalla caraffa di spremuta d'arancia, spostando le iridi azzurro pallido in quelle di lei.
Padre e figlia avevano gli stessi occhi color ghiaccio, eppure in quelle dell'uomo c'era un qualcosa di severo, di gelido e desolato; Abigail non resse il confronto, abbassò la testa e mormorò qualche parola di scusa.
<< Finisci la tua colazione ed esci o perderai il taxi. Sai che non ho tempo per giustificare i tuoi ritardi a scuola  >> le disse suo padre, tagliando il suo toast in tanti pezzettini uguali e collocandoli ordinatamente in fila per tre nel piatto. Era un'abitudine che aveva preso da quando era morta sua moglie, la mamma di Abigail e Tony. Non aveva mai sopportato il caos in ogni sua forma, ma dal 15 luglio 1965 (ovvero quattro anni prima) il suo amore per l'ordine ed il decoro era pian piano diventato  un'ossessione. Anthony, che lo imitava in tutto e per tutto, da più di un anno aveva cominciato a sistemare la sua collezione di statuine di animali per razza e grandezza, ed anche Abigail senza rendersene conto aveva i vestiti nell'armadio divisi per colore e i libri sugli scaffali in ordine alfabetico. 
<< Ti ho detto che non ho fame >> sbottò la ragazza, dopo qualche attimo di esitazione. L'uomo inspirò profondamente, ma non disse nulla. Era tornato nel buio della sua mente. Abigail si alzò, evitando di accostare la sedia al tavolo come suo padre voleva che fosse fatto,  apposta per farlo innervosire. Ma Aaron se ne accorse appena.
<< Oggi è il tredici giugno. La scuola è finita. Sono anche stata promossa con il massimo dei voti, nel caso ti interessi. >> Cercò di assumere un tono quanto più pacato e tranquillo possibile, anche se dentro stava esplodendo. Si fermò sulla soglia della sala da pranzo. << Vado a vedere se Sue ha bisogno di me >> aggiunse, poi sgattaiolò su per le scale veloce come una lepre, in modo da poter immaginare che suo padre le avesse urlato dietro qualcosa che lei, presa dalla fretta e dalla rabbia, non aveva potuto sentire. Ma in realtà Abigail sapeva fin troppo bene che suo padre non urlava mai.
 
 
Quando fece irruzione nella cameretta di suo fratello, Anthony dormiva abbracciato a un leone di peluche e appariva minuscolo e fragile in quel letto enorme e pieno di cuscini. La stanza era in penombra, le tapparelle abbassate per tenere fuori il sole del mattino. C'era un libro aperto sul bordo del letto, un libro dalla copertina rigida blu scuro, vecchio e usurato, dalle pagine ingiallite che odoravano di polvere. Abigail conosceva bene quel libro. Era il libro delle fiabe africane di  Sushuanna. La tata sedeva su di una poltroncina a dondolo e si intrecciava i lunghi capelli color della notte. Erano davvero belli, per una donna di quasi sessant'anni. Appena la tata si accorse di lei, sfoggiò il suo sorriso bianchissimo e dolce e per un momento Abigail dimenticò tutta la collera che dimorava nel suo corpicino, che sembrava ancora quello di una bambina nonostante la ragazza avesse ormai sedici anni.
<< Che succede al mio bocciolo di loto? >> le chiese Sue. In realtà era una domanda fatta così per fare: la vecchia donna sapeva benissimo qual era il problema. Abigail non rispose, ma si avvicinò alla tata e cominciò ad intrecciarle i capelli, come faceva da piccola.
<< Non dovresti stare qui dentro troppo a lungo, stellina >> le disse Sushuanna. << Tony ha la febbre molto alta, non vorrai prendertela anche tu? >>
<< Io sono forte >> rispose Abigail. << Che fiaba gli hai letto, oggi? >>
<<  La giraffa vanitosa >> rispose Sue sorridendo << ma si è addormentato subito. >>
<< Dovevi inventargliene una sui leoni, o sui serpenti. Allora si che sarebbe rimasto sveglio! Sei brava ad inventare. >> 
<< Tu di più. Parli della mia Terra come se la conoscessi da sempre. >>
Sushuanna non diceva mai "Sudafrica". Parlava del posto in cui era cresciuta chiamandolo "la mia Terra", con la lettera maiuscola.
<< Mi hai raccontato talmente tante storie che a volte mi sembra di essere nata lì, nella savana, in mezzo ai leoni e alle gazzelle e agli elefanti. >> Abigail guardò il suo fratellino. Le gote erano rosse per la febbre alta, il respiro era affannoso. Ogni volta che guardava Tony gli sembrava di vedere sua madre. Avevano lo stesso viso tondo e bianco come la luna, gli stessi occhi dolci color nocciola e le stesse ciglia scure e lunghe, talmente lunghe che facevano ombra sulla guancia quando abbassava le palpebre.
<< Sta davvero tanto male? >>. Quell'attimo di pace che aveva attraversato il suo cuore se ne andò così come era arrivato. La morte di sua madre, la malattia di Anthony, l'indifferenza di suo padre, tutto le piombò di nuovo addosso, e lei riaccolse il fardello con altrettanta indifferenza, abituata al peso immane che si trascinava sulle spalle da quattro anni a quella parte.
Sushuanna si inumidì le labbra prima di rispondere. << Diciamo che è una prova un po' più difficile delle altre... >> esitò, interrompendo la frase a metà. Tony si svegliò di soprassalto in preda ad un forte attacco di tosse.
<< Non riesco a respirare >> si lamentò debolmente, con voce nasale, tossicchiando. Sue gli passò un fazzoletto. << Povero piccolo! >> disse, asciugandogli il sudore dalla  fronte. << L'unguento che ti ha prescritto il dottore è finito, lo comprerò stasera. >>
<< Vado io >> disse Abigail. Si fece scrivere su di un pezzo di carta il nome dell'unguento, poi infilò il giubbetto di jeans, prese i soldi e uscì di casa. I dobermann in giardino la fissarono torvi. Non avevano un nome. Suo padre li chiamava "i cani", ed Anthony cambiava loro appellativo ogni settimana. Abigail era rimasta a "Leo e Orso", ma non sapeva se Tony li avesse ribattezzati diversamente in quei giorni oppure no. Lei li detestava. Erano aggressivi e quando abbaiavano le mettevano paura.
Aprì il cancello della villetta in cui viveva ed uscì in strada. Erano le nove del mattino e per strada non c'era quasi nessuno. Con quel bel sole, probabilmente erano tutti al fiume. Casa Redwood era piuttosto lontana dalla riva del Mississippi, e di questo Abigail era piuttosto triste. La ragazza sperò che l'erboristeria del vecchio Nathaniel, dove Sue le aveva detto di andare, fosse aperta. 
Vi arrivò quasi un quarto d'ora dopo. A vederlo da fuori sembrava l'antro di una strega piuttosto che un'erboristeria: i vetri erano opachi, per cui non c'era modo di spiare dentro. E se si fosse sbagliata? Ma no, l'insegna diceva chiaramente "dal 1950, antica erboristeria di mastro Nathaniel". Sotto, attaccata con dei chiodi, c'era un'altra piccola insegna di ferro, più recente, su cui era stato scritto "e figlio". A giudicare dalle  condizioni generali del negozio, questi Nathaniel e Figlio non dovevano passarsela proprio bene a livello economico. La guerra era finita da qualche tempo, ormai, ma c'era ancora chi ne risentiva. 
Abigail spinse la pesante porta di legno scuro e il suono di una campanella accompagnò il suo ingresso nella buia e profumata erboristeria.
 
 
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: shewantedstorm