Anime & Manga > Digimon > Digimon Adventure
Segui la storia  |       
Autore: Malanova    22/06/2015    1 recensioni
Come non detto ... QUESTA STORIA E' IN FASE DI MODIFICA!
Anno 1992. Un gruppo di otto ragazzi, provenienti da diverse parti del mondo, verranno catapultati a Digiworld per salvarlo dai Hacker e riportare la pace nel mondo digitale ... Ci riusciranno oppure il Mondo Digitale è destinato a soccombere? Detto questo; vi auguro buona lettura e scusatemi ancora ... Alla prossima!
Genere: Avventura, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

1 agosto 1999.

Midori Kusakabe stava preparando una serie di porta-pranzo. Suo padre, quel giorno, sarebbe andato in ufficio ed avrebbe fatto ritorno a tarda serata mentre lei avrebbe passato tutta la giornata con un gruppo di amici conosciuti quello stesso anno a scuola. Non era molto entusiasta di fare questa uscita anche perché Aoi, una delle ragazze del gruppo, aveva invitato all’ultimo minuto suo fratello Mamoru ed lei sapeva che non avrebbe fatto altro che starle appiccicato addosso, raccontando una sfilza di storie noiose e puntando costantemente gli occhi sulla sua fisionomia, indugiando sul seno e sul sedere. Fece un sospiro. Non era così che si immaginava una giornata all’insegna del divertimento.

Mentre stava versando nelle ceste un po’ di riso bianco; le giunse alle orecchie la voce sconcertata della meteorologa “… Nelle ultime due settimane; strani eventi climatici hanno sconvolto ogni parte del mondo: il sud-est asiatico è stato colpito dalla siccità, gli Stati Uniti hanno registrato un calo di temperatura da record per non parlare delle alluvioni che hanno fatto straripare i fiumi ed hanno inondato intere città! Che sia una conseguenza dell’inquinamento globale?”.

Midori si era interrotta per poter ascoltare meglio ma dopo un paio di minuti riprese ciò che stava facendo. Stranamente; non si sentiva molto turbata da questo genere di notizie forse perché in Giappone niente di tutto questo era capitato. Era la tipica stagione estiva … Alzò la testa e lesse l’orario dall’orologio appeso al muro della cucina. Le 8:30. Ella spalancò sia gli occhi che la bocca ed esclamò “Papà! Sono le 8:30! Non hai la prima riunione fra un’ora?!?”. Il signor Kusakabe, un uomo sulla quarantina dai capelli sale e pepe, il fisico asciutto ed il volto stanco; era seduto in soggiorno intento ad ascoltare il telegiornale ma quando sentì la figlia pronunciare quelle parole scattò in piedi come una molla ed urlò “Non me ne sono accorto! Maledizione!”. Si fiondò in bagno, si lavò in fretta, e poi corse dentro la sua stanza. Intanto Midori preparava la ventiquattro ore del genitore “I moduli che devi portare sono tutti sul comodino?” gli domandò. La voce del padre le arrivò nitida da dietro la porta bianco sporco “Si! Poi apri il primo cassetto e metti dentro anche la cartella gialla, per favore!”. Uscì dopo un quarto d’ora, vestito di tutto punto, pettinandosi i capelli con le dita ed sistemandosi la cravatta. Poi sorrise verso la figlia e la strinse in un caloroso abbraccio “Cosa farei senza la mia bambina?”. Midori arrossì vistosamente e balbettò “P- Papà … piantala! O- Ormai ho quindici anni!”. Però rimase stretta al genitore per un po’ prima di scostarsi delicatamente. Gli diede la valigetta e mormorò “Buona giornata … Cerca di non affaticarti troppo …”. Lui annuì, poi le chiese “Sei sicura che non vuoi che ti accompagni alla stazione? Con la macchina ci impiegheremo solo dieci minuti …”. La ragazza scosse a testa e ribatté “Non ci pensare neanche: sei già in ritardo e se perdi tempo anche ad accompagnarmi avrai seri problemi con il tuo capo!”. Il signor Kusakabe annuì di nuovo “Allora a stasera …”. Midori rimase sulla soglia di casa fino a che non vide il padre entrare dentro all’ascensore. Poi entrò dentro e richiuse la porta alle sue spalle.

Uscì di casa dopo un’ora e mezza, indossando una canottiera gialla con bordi verdi, una graziosa minigonna bianca e dei sandali intonati. Portava con sé anche una pesante borsa sportiva verde chiaro con qualche motivo a foglie della tonalità più scura. Però non era l’unica ad uscire. Anche il suo vicino, Koshiro Izumi, un bambino di dieci anni dai capelli rosso fuoco, stava uscendo dopo aver salutato la madre, anche lui con una borsa sportiva ed il suo inseparabile portatile. Midori sorrise leggermente. Quel ragazzino, caratterialmente, le ricordava molto sé stessa alla sua età. Anche lui si accorse della sua presenza e le rivolse un timido cenno di saluto alzando la mano. Entrarono entrambi nel ascensore condominiale. “Anche tu stai andando fuori città?” gli domandò lei, allegra, pigiando il bottone del piano terra e facendo un cenno con la testa verso la borsa del bambino. Koshiro annuì e rispose, quasi infastidito dall’argomento “Oggi andrò insieme ad alcuni alunni della mia scuola ad una specie di campeggio estivo appena fuori dalla città …” e le disse il nome del posto. La ragazza sgranò gli occhi ed esclamò “Incredibile! E’ dove sto andando io!”. Il bambino arrossì appena e le chiese, abbassando gli occhi sulle sue scarpe da ginnastica “Ah! Ehm … ci andrai da sola?”. La ragazza scosse la testa e rispose “No, vado con alcuni amici …” “Ah …”. Rimasero in silenzio fino a quando non uscirono fuori dal condominio.

Parcheggiato sulla strada di fronte c’era un pulmino della scuola elementare di Odaiba, quella che frequentava Koshiro, pieno di ragazzini dai sette ai dodici anni che si mettevano a chiacchierare tra loro a gran voce oppure litigavano, controllati da due insegnanti. Un ragazzino di undici anni, dai capelli castani spettinati e dei occhialoni da pilota ben calcati sulla testa; si porse dal finestrino ed urlò verso il decenne “E dai Koshiro! Stiamo aspettando solo te, datti una mossa!”. Vide Midori accanto al rosso e gridò, con un ghigno malizioso “Ehi! Carina la tua fidanzatina! Ma non è un po’ troppo grande per te?”. Alcuni dei compagni si affacciarono ai finestrini e si misero a ridacchiare. Midori era davvero carina: alta, slanciata, aveva setosi capelli neri che le arrivavano lisci alla vita, tenuti all’indietro con una fascia bianca. Gli occhi grigi erano brillanti come due monete ed esprimevano appieno la sua acutezza mentale ed la sua tempra di fuoco. Koshiro si sentì in imbarazzo ed arrossì vistosamente, tormentando il laccio della borsa. “Sei sempre il solito cretino Tai …” disse Sora dandogli uno scappellotto sulla nuca, suscitando altre risate da parte dei ragazzi. Le porte del pulmino si aprirono e il decenne ci si fiondò dentro, ancora rosso in faccia, senza salutare Midori. Il mezzo richiuse le porte e partì subito dopo. Koshiro andò a sedersi nell’unico posto libero accanto a Jo, uno dei dodicenni che venivano alla gita, si mise il computer sulle gambe e lo accese. Percepiva fin troppo bene le occhiate dei altri ragazzini ma lui era deciso a ignorarli. Una letterina bianca lampeggiò sul display. Perplesso; la andò a cliccare. Era un e-mail da parte di Midori e c’era scritto su “Il tuo amico Tai è invidioso?” seguito da uno smile animato che faceva l’occhiolino. Il ragazzino sorrise e rispose “Forse”.

Midori arrivò alla stazione ferroviaria con il fiatone e leggermente sudata. Come aveva fatto ad non accorgersene prima? Il borsone era così pesante che aveva tutta la spalla indolenzita. Cercò disperatamente il gruppo tra l’andirivieni dei viaggiatori finché non riconobbe tra essi la massa di riccioli castani di Yoko. La quindicenne era già al binario in compagnia di Sasuke, il fidanzato e Aoi ed stavano parlando animatamente, poi ella voltò lo sguardo e vide Midori. Alzò una mano, facendo tintinnare i mille braccialetti che aveva al polso “Midori San! Siamo qui!”. La ragazza si avvicinò faticosamente al trio e sbuffò “La prossima volta ve li fate da soli il pranzo al sacco … Ho fatto una faticaccia ad arrivare fin qui …” “Oh … Non farla tanto lunga …” ribatté Aoi “In fondo; hai fatto solo la tua parte di buona partecipante di gruppo …”. Midori assottigliò gli occhi e la guardò storto. Spesso si dimenticava del perché era diventata sua amica. La biondina dai vestiti da bambola non aveva quasi nulla in comune con lei ed era velenosa quanto un aspide. Quando furono arrivati anche gli altri; Fuyuki, un quindicenne dai capelli neri molto carino, si propose galantemente di portarle la borsa mentre l’altro, Mamoru, una copia sputata della sorella sia nell’aspetto che nel carattere, aveva già iniziato a puntarle gli occhi sul seno ed a rivolgerle un sorrisetto ebete e lascivo. “Spero che il mio posto sia vicino ad un finestrino abbastanza grande per potermi buttar fuori!” pensò Midori mentre saliva gli scalini di metallo.

Il gruppo attraversò altri due vagoni fino a che non ne trovarono uno abbastanza vuoto da poter sedersi uno vicino all’altro. Mamoru si sedette accanto a Midori e tese il braccio sulla testiera facendo si che le dita le sfiorassero una spalla mentre parlava con gli altri ragazzi del gruppo. La ragazza sbuffò. Sapeva che non sarebbe servito a niente lamentarsi del biondo perché gli altri, soprattutto le altre, lo recepivano come una sfilza di parole in codice che li avrebbe portati a fraintendere: se lei avrebbe detto “Perché non vai a sederti da un’altra parte?” loro lo avrebbero tradotto in “Mi piaci troppo e per questo non voglio che tu mi stia vicino” ed sarebbero iniziate le battutine e le canzonette idiote. Così decise di starsene zitta e di puntare gli occhi al finestrino. Fu allora che … lo vide.

Lì, dietro a una sfilza di palazzine bianche, c’era un gigantesco dinosauro di metallo. Si drizzò con la schiena mentre il treno iniziava a muoversi. Superava i cinque piani di altezza ed aveva due grossi fili elettrici che erano collegati dalla bocca aguzza ai due enormi cannoni che aveva sul dorso della schiena. Ruggiva contro il cielo, come se fosse in preda al dolore. I suoi occhi si riempirono di lacrime mentre l’enorme dinosauro diventava più sfocato, come se fosse un’immagine statica. Prima che esso sparisse del tutto; Midori sussurrò, mettendo le mani sul finestrino “Machinedramon …”. “Midori …” la chiamò Yoko “Che ti prende? Stai bene?”. La ragazza sussultò. Dallo sguardo perplesso dei suoi coetanei capì che il suo viso non aveva una bella cera. Si mise una mano sulla guancia e scoprì che l’aveva umida. Aoi guardò fuori dal finestrino ma non vide niente di insolito o che potesse mettere paura. “Che cosa ti è successo?” domandò alla fine. Tutti la stavano fissando, in attesa di risposte, ma lei era con la mente da un’altra parte, in un altro tempo. Dopo sette anni passati a seppellirli; i ricordi stavano riaffiorando come un fiume in piena, trascinandola in un altro mondo.

Dopo mezz’ora arrivarono al campo estivo. Midori si allontanò dai altri con l’assurdo pretesto di voler andare in bagno a sciacquarsi la faccia. Non ce la faceva più a stare con loro, che continuavano a farle domande a cui non poteva rispondere, perché non l’avrebbero mai creduta. Andò a rifugiarsi nel tempio ai piedi di una montagna poco distante e lì si sedette a terra. Le lacrime le rigarono ancora il viso e non smise finché non intravide tra le grate i primi fiocchi di neve. Li guardò stupita. Com’era possibile?!?. Il tempo ci mise in fretta a peggiorare, trasformandosi presto in bufera. Sentì una serie di voci provenire da fuori dal tempio incitandosi a fare in fretta. Le riconobbe quasi subito. Si affacciò fuori ed aiutò Koshiro ed altri sei ragazzini ad entrare nel tempio. Tai non riconobbe subito la bella giovane che gli tendeva le braccia ma poi intervenne Sora, che domandò “Tu sei l’amica di Koshiro … Midori, giusto?”. Lei annuì. Mimi unì le mani e squittì “Adoro la tua gonna! E guarda quella canotta!” “Ehm, grazie …” balbettò la quindicenne. Takeru, un bambino di sette anni dai capelli biondi e gli occhi azzurri, si avvicinò di più e le chiese “Come mai sei qui da sola?” “S- sentivo che sarebbe a- arrivata una tempesta e così …” “Prima che iniziasse a nevicare?” intervenne un altro ragazzo. Egli era alto quanto Tai e, come il bimbo, aveva folti capelli biondi e penetranti occhi azzurri della stessa tonalità del mare estivo. Midori, quando lo vide, sbatté le palpebre stupita. “James?” pensò in un primo momento; poi lo guardò meglio “No … Non può essere lui …”. Koshiro si mise tra lei e il biondo e borbottò “Yamato … Non c’è bisogno che tu sia così brusco …”. Si voltò verso la ragazza e le domandò “Stai bene? Mi sembra che tu abbia pianto …”. Cadde il silenzio, rotto soltanto dal forte vento che filtrava tra le travi del tempio.

Finalmente, dopo una mezz’ora, il tempo migliorò improvvisamente ed i ragazzi poterono uscire di nuovo, tirando un sospiro di sollievo. Uscirono tutti tranne Midori. Lei sentiva che c’era qualcosa che la tratteneva dal inseguirli e rimase ferma lì dov’era. Infatti, poco dopo, dei oggettini metallici caddero dal cielo ed i sette ragazzini furono inghiottiti da un’onda fatta da una sostanza che sembrava acqua. Midori si mise le mani sulla bocca e scosse la testa. Non era possibile, era accaduto di nuovo …

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Digimon > Digimon Adventure / Vai alla pagina dell'autore: Malanova