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Autore: Zelda_Shooter    22/06/2015    2 recensioni
“Due punti nell’universo. Due diverse realtà alle quali non è permesso toccarsi, ma che, coesistendo, creano e mantengono l’equilibrio dell’animo umano.”
Daniel, brillante e aitante studente liceale, è un tipo razionale e con la testa sulle spalle. Al contrario, Chou, un suo compagno e amico di infanzia, è da sempre appassionato di materie sovrannaturali e misteri scientifici. Nella sua monotona cittadina, Daniel è abituato a vivere in una quotidianità grigia e fin troppo ripetitiva. Una ventata d’aria fresca, però, arriva quando giunge la una nuova arrivata nel loro sperduto e anonimo istituto, della quale non si ha nessun tipo di informazione: nessun nome, cognome, città di residenza o provenienza. Nessuno sembra domandarsi il perché.
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«Però sembra così piccola e fragile…» osservò Chou, ripensando al momento in cui, quella mattina, si era presentata in classe senza aprir bocca.
«Già, con quell’espressione da angioletto» continuò a commentare Dan, con un accenno di disappunto.
«Hm…un angelo, eh?»
Genere: Fantasy, Guerra, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Capitolo I

Sangue bianco

«Sei ancora in forze, nonostante tutto» osservò il rosso, torreggiando potente dinnanzi al Bianco. «Credevo che me la sarei sbrigata molto più rapidamente.»
Il Bianco non fiatava: il suo unico obiettivo era distruggere il suo avversario senza lasciarsi trasportare da teatrali monologhi e parole provocatorie.
Lì, in quel posto e in quel momento, stava avendo luogo uno scontro tra due facce della stessa medaglia.
Il Bianco: freddo, candido, sicuro.
Il Rosso: bollente, passionale, travolgente.
«Se hai vuoi tirarla per le lunghe, sappi che io non ho le medesime intenzioni» continuò imperterrito il Rosso con le sue provocazioni.
Il Bianco aspettava. Sapeva che era questione di tempo prima che quell’esibizionista avesse abbassato la guardia, e avrebbe pazientato fino a quell’istante per colpire.
Il Rosso aveva una personalità scenica, e non si faceva scrupoli nell’ammaliare avversari e spettatori con movimenti maestosi e sfuriate di colpi ardenti, peccando però di cura e precisione. Il suo unico scopo era seppellire il suo sfidante sotto una tempesta di rabbia infuocata.
Ma ben presto le forze vennero a mancare, e il Rosso capì di dover diminuire il ritmo.
Il Bianco non ne era uscito totalmente illeso da quella raffica, ma si era ben protetto. Ora più che mai i suoi occhi erano spalancati e analizzava ogni impulso nervoso che viaggiava nel corpo del Rosso. Aveva atteso tanto, non poteva fallire.
«Non credere di essere in vantaggio ora. Ormai lo spettacolo è alla sua conclusione, non c’è tempo per una rimonta» tuonò il Rosso, rialzandosi e abbandonandosi in grida di battaglia.
Persino una mente calma e analitica come quella del Bianco stava per spazientirsi dinnanzi a quell’inutile tripudio di infantilità ed egocentrismo.
Il Rosso notò quell’improvviso cambio d’espressione, un astio che raramente si vedeva dipinto su quel pallido volto.
«Ah, quindi è così, eh? Ti sto annoiando? Beh, mantieni la calma, perché sta per calare…» annunciò, fermandosi di colpo «…il sipario!»
Si alzò in volo con una furia quasi demoniaca e scagliò sul Bianco tutta l’energia rimasta nel suo corpo.
Il Bianco capì di non poter più aspettare senza incassare altri colpi, quindi si sollevò altrettanto da terra, tentando di farsi strada tra quei fulmini e fiamme, arrivò dinnanzi al Rosso ed entrambi sparirono in una nube dal colore indefinito.
         
  ***


Era l’alba di un nuovo giorno. O forse sarebbe stato più corretto dire: “dell’ennesimo giorno”.
Negli ultimi tempi, le giornate di Daniel avevano perso quel colore che le distingueva le une dalle altre. Vivendo in un paesino molto poco esteso, c’era carestia di novità e l’asfissiante routine si ripeteva assiduamente ogni singolo giorno. Eppure lui credeva che non bisognasse vivere così. In fondo al suo cuore, oltrepassando tutti gli obblighi e i doveri morali ai quali ogni sedicenne liceale deve attenersi, c’era il desiderio di svegliarsi la mattina senza saper a cosa sarebbe andato incontro, o cosa gli sarebbe successo. Di scappare per un po’ dalla sua vita. Ma quella speranza si stava via via estinguendo: ogni esperienza che viveva sapeva di un qualcosa di già visto. I momenti della giornata si ripetevano con tale precisione che non era nemmeno più necessario guardare l’orologio. Era un ritmo molto preciso e costante.
E ovviamente, neanche quella mattina fu diversa.
Si svegliò al solito orario, fece colazione coi soliti cereali, si vestì con la solita uniforme e riempì la cartella coi soliti libri.
«Buongiorno Dan!» lo salutò affettuosamente la sua sorellina, tossendo, ancora un po’ debole dopo una brutta influenza.
«Ciao Jasmine. Rimarrai a casa anche oggi?» le chiese con tono premuroso.
«Sì, la mamma ha chiamato la zia e lei ha detto che mi porterà i biscotti!» esultò entusiasta la bambina.
«Okay, quindi baderà lei a te» riepilogò Daniel,  mettendosi lo zaino in spalla. «Io tornerò al solito orario, fa’ la brava con zia Rebecca»
Sfilò le chiavi dalla tasca, aprì la porta e uscì.
Appena fuori, lanciò un’occhiata alle nuvole, che a prima vista sembravano promettere un po’ di pioggia.
«Ah dannazione!» imprecò fra sé. Era il tipo di persona il cui umore ingrigiva assieme al cielo.
Durante il tragitto verso il suo istituto, il liceo privato Johnson, amava passare per un parchetto non molto grande. Nonostante ciò allungasse un po’ il percorso, adorava la natura e gli faceva bene, di prima mattina, respirare un po’ di ossigeno puro.
Solitamente, al ritorno, se non aveva fretta, tirava fuori dallo zaino qualche tascabile e si fermava proprio lì per leggerlo; purtroppo sempre più spesso i problemi familiari lo volevano a casa molto presto.
Camminò per circa un’altra decina di minuti, oltrepassò i cancelli d’entrata e si diresse all’interno.
«Buongiorno raggio di sole!» lo salutò sarcastico il suo migliore amico, come ogni mattina.
«’Giorno mister simpatia» ricambiò il saluto Danel con minore enfasi, mentre apriva il suo armadietto per prendere il materiale lasciato lì il giorno prima.
«Oh come on! Sto solo cercando di fare il tipo divertente» tentò di spronarlo l’amico.
«Siamo già amici, Chou, non devi tentare anche di rimorchiarmi» ironizzò a sua volta Daniel.
Lui e Chou erano stati vicini di casa a lungo sin da bambini. La famiglia di Chou si era trasferita dall’Asia ormai da molto tempo, ma amava mantenere nomi e tradizioni del paese d’origine.
Successivamente, Daniel aveva cambiato quartiere, ma i due erano riusciti a mantenere saldi i loro rapporti e si erano ritrovati nella stessa classe una volta iniziate le superiori.
«Noto con piacere che qualche volta persino a te scappa una battuta!» ridacchiò l’asiatico, felice di vedere ancora ogni tanto Daniel scherzare.
Lui gli rispose con un sorriso, finì di prendere quel che doveva prendere e richiuse l’armadietto.
Chou era a conoscenza di ciò che era accaduto anni addietro a Daniel; cercava di evitare l’argomento, ma tentava sempre di mostrarsi allegro per non dargli ulteriori pensieri.
In una cosa però, non era proprio capace. «Ehi amico, mi piace la tua calligrafia. Soprattutto quando scrivi i numeri. Fammela rivedere.»
«Non hai fatto i compiti di matematica…di nuovo?» capì subito Daniel.
«Così mi offendi! Non ti stavo mica chiedendo di farmi copiare!» mentì spudoratamente.
«Quaderno blu» concluse Daniel in fretta, tirandogli il suo zaino e avviandosi verso la classe.
Chou sorrise soddisfatto prendendo ciò che doveva dalla cartella dell’amico, lo raggiunse e lo ringraziò con un: «Sei un grande»
«È incredibile come un genio della matematica come te non faccia i compiti» osservò Daniel con un tono di leggero rimproverò, ma Chou si limitò a stringersi nelle spalle e a precederlo all’entrata dell’aula per dirigersi al suo banco e copiare quanto più in fretta possibile.
Era vero: Chou era un vero prodigio nelle materie scientifiche. Anche Daniel era capace, a dire la verità era bravo in quasi tutto, ma come riuscivano la matematica e la scienza a Chou non riuscivano a nessuno. Era come se le avesse già preinstallate nel suo cervello, come se gli venissero naturali. E Daniel trovava un peccato che l’amico sprecasse questo suo talento in cose futili, come lo studio del sovrannaturale o del fantascientifico. Se avesse saputo osservare, calcolare e capire alla sua stessa maniera, di sicuro si sarebbe prodigato in cose che lui riteneva ben più serie, come la medicina o l’ingegneria.
Mentre fissava l’amico mancino ricopiare esercizi su esercizi con un’incredibile velocità, fu improvvisamente riportato coi piedi per terra dal saluto di un suo compagno.
«Ciao stangone!» lo prese in giro per la sua altezza. «Sai, anche a me servirebbe quella roba che ha ora tra le mani occhi-a-mandorla.»
Daniel alzò lo sguardo e, anche se lo aveva già capito dal vocione arrogante, riconobbe quell’enorme sagoma di Ralph, un tipo grosso e grasso, tutto muscoli e niente cervello.
«Fattelo dare quando ha finito» lo liquidò in fretta, tanto sapeva che, quando copiava dal suo quaderno, i prof se ne accorgevano sempre che quella non poteva essere farina del suo sacco.
Ralph gli rivolse un pollice all’insù e volteggiò soddisfatto verso il banco di Chou.
Chou sembrò opporre un po’ di resistenza, ma Ralph specificò: «Tranquillo occhi-a-mandorla, lo stangone ha detto che è OK»
«Che caprone» pensò Daniel guardando il bellimbusto.  
«Siamo giù di morale sin dal mattino, Davidson» udì poi una voce femminile.
«Oh sei tu, Sylvia. Il quaderno di matematica è due banchi più a destra» la anticipò il ragazzo.
«Non sei divertente» commentò la ragazza, per poi sedersi sul banco di Daniel.
«Non mi schiacciare niente, per favore» le disse un po’ divertito.
Sylvia fece un cenno, poi continuò: «Se fossimo in un cartone, ora sulla tua testa ci sarebbero nuvole e tuoni. Emani energia negativa»
«E da quando in qua te ne intendi di aure spirituali, tu?»
«Diciamo più o meno da ora. Allora, vuoi dirmi che ti succede?» lo spronò.
«Sono semplicemente annoiato» si limitò a rispondere, il che era vero.
«Come si fa a non esserlo in questa città?» si domandò lei con tono amaro.
Daniel aveva sempre trovato Sylvia un tipo molto affascinante. Era intelligente e gli faceva piacere chiacchierare con lei. E non poteva nemmeno negare che fosse molto bella, con la lunga chioma rossa e la pelle chiara. Nonostante tutto, era un tipo un po’ altezzoso: si stufava di amiche e ragazzi con la stessa facilità con cui lo faceva Jasmine con i suoi giocattoli, e lui non riusciva mai a capire quando fosse sincera e quando no.
Ad ogni modo, da un po’ di tempo i due avevano stretto un po’ di più il loro legame, qualche volta avevano parlato anche per SMS, e Sylvia non gli era mai parsa falsa o egoista. Ma la reputazione che la rossa aveva, lo portava sempre a diffidare di ogni parola. Magari lui era solo il suo giocattolo del momento, magari avrebbe fatto la fine di tutti gli altri. Anche Chou aveva questa idea di lei, e quando la vedeva assieme al suo migliore amico, cercava sempre di scacciarla.
E quella volta non fu da meno.
«Ragazzi!» arrivò poco dopo al banco di Daniel. «Avete visto il notiziario di ieri?»
Chou, piccolo di corporatura, riuscì a salire sul banco e a infilarsi tra Sylvia e Daniel.
La ragazza aveva notato di non andargli a genio, ma cercava di non essere scortese per non sfigurare davanti a Daniel.
«Sì, c’è stato un incidente nel quartiere dove vivono i miei nonni» disse Sylvia, un po’ malinconica
«Oh cielo, stanno bene vero?» si allarmò Dan.
«L’incidente è accaduto in strada, non in una casa» la corresse Chou. «I tuoi parenti non c’entrano»
Sylvia alzò le mani in segno di resa e se ne andò.
Chou si beccò un’occhiataccia dall’amico, alla quale rispose con un: «Che c’è? Stava facendo la finta vittima»
«Ha soltanto specificato dove era avvenuto l’incidente» prese le sue difese Daniel.
«Cooomunque» canticchiò Chou scendendo dal banco. «Io parlavo dei fulmini di ieri»
«Fulmini?» ripeté Daniel
«Fulmini!» confermò. «Una violenta scarica di fulmini avvenuta ieri notte! Per fortuna nessuno c’è rimasto secco, ma ci sono anche stati dei danni! Letteralmente dei fulmini a ciel sereno, è impossibile!»
«Non dovresti dirlo con un tono così contento!» si preoccupò Daniel.
Quando Chou parlava di fenomeni misteriosi gli si accendevano gli occhi.
«Non capisci, vero? È rarissimo! Quando mai hai assistito a uno spettacolo di fulmini con neanche una nuvola in cielo?» tentava Chou di convincere l’amico dell’incredibilità della cosa.
L’entusiasmo di Chou, fu subito spento dalla porta che si apriva. Stava per entrare il professore.
«Finalmente» pensò fra sé Daniel «Tra un po’ anche la preside mi avrebbe chiesto di farle copiare i compiti»
La classe si ordinò e si zittì immediatamente, preparandosi ad alzarsi per il saluto. Ma presto tutti notarono che il prof non era solo.
Dietro di lui, una piccola sagoma se ne stava nascosta.
Il professore si scostò quel tanto che bastava per far sì che la classe potesse vederla in faccia.
Si mostrò una donnina piccola, dalla pelle candida e gli occhi nocciola; ma la cosa che davvero colpiva era una cascata di capelli lunghi lisci e quasi bianchi.
Alcuni rimasero attoniti, ad altri scapparono commenti come: «Com’è piccina! Sarà la figlia del prof?»; «Occhi nocciola e capelli bianchi? Saranno tinti!»; «A me inquieta»; «Quanto è pallida! Si sente bene?»
Daniel era fra quelli che erano troppo sorpresi per parlare. La fissava talmente intensamente che ad un certo punto ebbe paura di consumarla.
Gli occhi della fanciulla incontrarono per un attimo i suoi. Daniel si sentì raggelare il sangue, tanto da dover distogliere lo sguardo.
«Va’ pure a sederti dove vuoi» si limitò a pronunciare il prof.
«Prof, ma chi è? È davvero una studentessa?!» domandò incredulo Chou
Ma il professore non fiatò.
 
  
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