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Autore: CioccolataDolce97    22/06/2015    1 recensioni
Elija Madden è un giovane musicista inglese. È un sognatore dall'animo romantico, suona il violino e il flauto traverso. Sembra un ragazzo comune: capelli castani, mossi, abbastanza lunghi; occhi verde scuro e pelle chiara tempestata di lentiggini. Spesso con la testa tra le nuvole, è impacciato e piuttosto riservato. Ma il suo animo gentile e sensibile è ciò che lo caratterizza in questa storia, la prima per me in questo sito, ed è ciò che lo lega ad una nobile e timida creatura mitologica che incontrò, in un uggioso pomeriggio di novembre in uno dei principali incroci di New York, teatro a sua insaputa di una triste e drammatica vicenda...
Dal capitolo 1:
"Stava dritta in piedi, gli occhi orientati verso il basso, la fronte appena visibile, corrugata, come se stesse cercando di ricordare qualcosa. Mi fermai, ero a pochi passi di distanza da lei. Non si era ancora accorta di me. Meglio così, non volevo rovinare quel momento. Evidentemente il destino non era d’accordo con me, perché cambiò completamente le carte in regola."
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Genere: Drammatico, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Our Light
 
Capitolo 1: Incontro
 
Ero finalmente a New York. Una settimana in quella città era la come la realizzazione di un sogno: mi sembrava di galleggiare a tre metri sopra il cielo. La vitalità e l’energia della Grande Mela era incredibile, più tempo ci passavo, più mi sentivo allegro e pieno di ispirazioni. Ero talmente euforico che pensai seriamente di tirare fuori dalla valigia il mio inseparabile violino e di suonare come un vero musicista di strada, libero da tutto e da tutti, con la sola compagnia della musica. Ma la mia era una vacanza: dopo anni di conservatorio mi sembrava giusto prendere una pausa. Così decisi di andare a provare, dopo aver naturalmente visitato tutti i principali monumenti, una delle caratteristiche pasticcerie in centro. Non riuscii ad entrare, la fila era lunghissima e ci rinunciai subito. Preferivo approfittare il poco tempo che mi restava a disposizione e feci un giretto nei dintorni. Il caos era a livelli spropositati, la massa di gente quasi ti schiacciava e gli imponenti grattacieli di certo non ti aiutavano. Mi sembrava di essere una formica in un mondo di giganti sconosciuti.
Un luccichio mi distrasse dai miei pensieri. E vidi ciò che non mi sarei mai aspettato di vedere, un mistero che avrebbe caratterizzato tutta la mia vita.
La percepivo chiaramente davanti a me. Un’ombra, un pallido fantasma di ghiaccio. Ero certo, non era un’illusione. Ma allora, come mai solo io potevo avvertire la sua presenza?
Scossi dal vento, i lunghi e chiari capelli ondeggiavano come ombre sul suo volto, mentre lei danzava fra la gente, oltrepassando le ignote figure. Nessuno si rendeva conto di niente, la sua presenza era invisibile, almeno per gli occhi degli altri. Il vento soffiò un po’ più forte, e lei si fermò, le mani serrate in piccoli pugni che stringevano mazzettini di fiori colorati, probabilmente impalpabili per noi umani. Sì, ne ero certo. Non era per niente umano, ciò che osservavo curioso nascosto fra la gente, urtato per più volte, senza avvertire niente da loro. I miei pensieri erano incentrati sulla bellissima ragazza dal vestito bianco e svolazzante. Muoveva le labbra come se stesse canticchiando una canzoncina tra sé e sé.
Cercai di avvicinarmi di più, iniziando a spingere la gente che continuava a circondarmi imperterrita. Riuscii, fra lo schiamazzo, a carpire una dolcissima melodia, lieve ma intensa nelle sue semplici note. Cantava in una lingua sconosciuta, di sicuro estinta e molto antica. La ascoltai rapito, senza smettere di camminare. Un clacson e una frenata improvvisa la interruppero. I passanti si girarono a guardare, me compreso. Un camion stava per tamponare un’auto rossa, i guidatori sbirciavano incuriositi dai finestrini abbassati. Numerosi tassisti imprecavano a voce alta, mentre i loro clienti si lamentavano del ritardo. Mi voltai verso il fantasma, completamente disinteressato dell’ingorgo creato. Ma rimasi deluso. L’incanto era terminato. Piano piano la gente ricominciò a vorticare e le auto a ripartire per proseguire il loro viaggio nelle grigie corsie. Io proseguivo il mio, per raggiungere e comprendere la misteriosa figura. 
Stava dritta in piedi, gli occhi orientati verso il basso, la fronte appena visibile, corrugata, come se stesse cercando di ricordare qualcosa. Mi fermai, ero a pochi passi di distanza da lei. Non si era ancora accorta di me. Meglio così, non volevo rovinare quel momento. Evidentemente il destino non era d’accordo con me, perché cambiò completamente le carte in regola.
Lei alzò gli occhi lentamente. Il tempo si fermò in quell’istante.
Il suo sguardo incrociò il mio. Impietrita, mi guardò terrificata, gli occhi azzurri spalancati dal timore. Ebbi soltanto il tempo di pronunciare un incerto ‹‹No, aspetta!››. Lei non mi sentì, o piuttosto, mi ignorò. Si dissolse così facilmente come era venuta, in un rapido refolo d’aria. Mi lasciai cadere sulla strada lastricata. ‹‹Non andare via... ti prego...››. I passanti mi passarono accanto, la maggior parte mi ignorò e alcuni mi finirono persino addosso, distratti come erano dal movimento frenetico della Grande Mela. Io non mi spostai, non aprii bocca. Non riuscivo a fare altro che stare fermo immobile, a rimpiangere un’occasione che credevo irripetibile. Non so per quanto tempo rimasi inginocchiato al centro del marciapiede in quel uggioso pomeriggio di novembre. So solo che quando mi rialzai, una volta raccolte abbastanza energie da riuscire a tornare a casa, presi in mano il mio adorato violino e iniziai a suonarlo. Meccanicamente riprodussi la melodia che la mia triste musa mi aveva cantato. Sentivo, oltre al suono del violino, anche l’eco della voce di lei.
Scrissi sui pentagrammi del mio quaderno di composizione le note precise, ancora ben impresse nella mente, e mi accorsi che il tono della canzone, leggermente malinconico, mi rammentava una ballata celtica, ascoltata anni prima a una festa tradizionale tenutasi in Irlanda del Nord. Era interpretata da un’arpa, peccato che non mi ricordassi altro. Era un vero peccato, qualsiasi particolare avrebbe potuto aiutarmi nello sciogliere la districata matassa di quel mistero.
Incominciai così una ricerca affannosa sul genere celtico, cercando di capire qualcosa di più su quella mistica creatura.
Questa è la mia storia, da quando il paranormale è entrato nella mia quotidianità, a passo di musica. Nella speranza un giorno di rivederla. E di cercare di consolare le lacrime che non aveva avuto il coraggio di versare.
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Ciao a tutti, ecco la prima storia che pubblico su questo sito. Sono un po’ emozionata, tengo molto a questa storia e spero di riuscire ad esprimere al meglio ciò che voglio raccontare. Tutto quello che è in essa è frutto della mia fantasia. Per questi primi capitoli consiglio l’ascolto di “No light, no light” di Florence and the machine.
Se avete tempo e voglia, scrivetemi pareri, eventuali critiche e consigli nelle recensioni. ^.^
Grazie e buona lettura!

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