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Autore: Sommerfugl    23/06/2015    1 recensioni
La mia mente viaggia nel tempo e arriva a quel giorno. Il giorno in cui è cominciato il nostro inferno. Il giorno in cui abbiamo scoperto che per un fottutissimo scherzo del destino, Astrid sarebbe dovuta crescere senza la sua mamma.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Pronto?”

“Ciao Maci sono Tom”

“Ehi Tom! Tutto bene? La piccola sta bene?”

“Sì sì grazie io e Astrid stiamo benone. A tal proposito volevo dirti che probabilmente non avremo più bisogno di una babysitter, mi dispiace doverti dare questa notizia. Ti ringrazio molto per quello che hai fatto per noi. Quando è morta Iris la mia vita era distrutta e non sarei mai e poi mai stato in grado di occuparmi da solo di mia figlia quindi beh grazie. Ma ora voglio cavarmela da solo”

“Lo sospettavo. Avevo già capito qualcosa appena ho sentito il tuo tono, beh che posso dirti buona fortuna e salutami tanto la piccola”

 

Già ormai Maci mi conosceva bene. Alla fine aveva lavorato per me più di un anno come babysitter e forse il doppio come assistente di David e sapevo che mi voleva bene e aveva probabilmente un debole per me. Io non avevo tempo per una relazione e soprattutto non volevo averne una. La mia vita era già abbastanza incasinata e poi io ero ancora innamorato della mia Iris e lo sarei stato per sempre.

Ora dovevo fare le valige vestire e preparare Astrid per partire per il tour.

Cosa dovrei portare per una bambina di un anno per un viaggio di 6 mesi per il mondo?

Ero disperato e feci l'unica cosa che avrei potuto fare. Urgeva una donna e la prima che mi venne in mente fu Angelique, la moglie di George.

“George, passami Angelique”

“Che vuoi da mia moglie Tom?”

“Tu passamela”

“Pronto?”

“Angelique. Sono Tom ho bisogno di un consiglio. Potete raggiungermi? Ho problemi con la valigia della piccola.” Ammisi vergognoso e disperato.

“Arriviamo subito tu prepara Astrid che finite le valige andiamo in aeroporto”

Non me lo feci ripetere. Andai nella cameretta di Astrid. La bimba era ancora nel mondo dei sogni. Sdraiata nel suo lettino con le copertine rosa, dormiva tranquilla. Con estrema delicatezza le accarezzai la testolina e la chiamai. “Astrid, piccola mia” la mia stellina aprì gli occhi e mi sorrise. La presi in braccio e mi diressi verso la cucina per prepararle il suo solito biberon di latte con dentro sciolti alcuni biscotti. Mentre mettevo la piccola a sedere nel suo seggiolino e mettevo a scaldare il latte, il campanello mi informò dell'arrivo di qualcuno.

“La mia salvezza” dissi aprendo la porta. “Sì ciao anche a te George”

“Ah buongiorno Kaulitz 2 siamo di buon umore”

“No pessimo pessimo umore. E per la cronaca io sono il più grande e il più intelligente dei due quindi sarei Kaulitz 1”

“Basta blaterare voi due e cmq sta tranquillo Tom faccio io. Sono qui per questo no? Vado in camera della piccola e le faccio la valigia voi state qui tranquilli e badate che la bambina non si strozzi con tutto quel latte”

“Angelique di nome e di fatto. Chissà come avrà fatto a sposare un uomo come te.” Angelique era stata fondamentale dopo la morte di Iris. Mi aveva aiutato con la bambina era nata per fare la mamma e infatti qualche mese dopo ci confessò di aspettare un bambino da George. O meglio una bambina che avrebbero chiamato Iris in nome della loro amica scomparsa così giovane.

“Già perchè Iris? Ancora mi chiedo come abbia potuto sposare te” dopo quella battuta George comprese di aver detto una stupidaggine. Anche se era ormai passato più di un anno da che Iris se n'era andata nessuno ancora se ne rendeva conto. Balbettando qualcosa di incomprensibile, George cominciò a cercare di chiedermi scusa per la battutaccia non proprio azzeccata. Di risposta, inaspettatamente cominciai a ridere e constatai che poco dopo anche Astrid prese a ridere con me.

“Sì nemmeno io lo so. Lei era così perfetta e io lo scemo del gruppo ci compensavamo.” a quel punto mi rabbuiai “Mi manca così tanto”

“Lo so lo so, amico mio” quella conversazione dai toni così tristi venne improvvisamente spenta fortunatamente dall'arrivo di Angelique che aveva in mano il piccolo trolley rosa con all'interno tutto l'occorrente per la mia piccola. Tempismo perfetto pensai.

“Se dovesse mancare qualcosa beh lo compreremo in viaggio. Tutte le città hanno negozi per bambini no?”

Mi avvicinai ad Angelique e le posai un amichevole bacio sulla fronte “Come farei senza di te e soprattutto come cavolo hai fatto a sposarti quell'hobbit?” George mi riservò un' occhiataccia ma non ci feci più di tanto caso. Ero concentrato a guardare Astrid che succhiava con voracità gli ultimi sorsi di latte dal biberon. Era così bella la mia piccina. Ogni giorno che passava assomigliava sempre più a mia moglie e la cosa mi piaceva. Se Astrid fosse cresciuta somigliando così tanto alla sua mamma avrei potuto avere sempre una parte di lei qui con me. Astrid sarebbe stata il mio gioiello, il collegamento tra il cielo dove stava Iris e la terra dove io ero rimasto tanto faticosamente.

 

Arrivammo in aeroporto e là, già pronti per partire ci aspettavano Gustav con consorte e pargolo al seguito, David e tutta la troupe. Guarda caso ovviamente mancava mio fratello. Così decisi di chiamarlo.

“Dove diavolo sei? Sei in ritardo stiamo aspettando tutti te qui al gate”

“Si si arrivo sono già per strada. Cazzo dannato allarme” disse tradendo quello che mi aveva appena detto.

“Ah sì in viaggio eh? Muoviti cretino” e attaccai senza dargli alcuna possibilità di risposta.

“Ragazzi ho il piacere di annunciarvi che il signorino è ancora a casa”

“Io lo strangolo, lo uccido” disse David agitato.

Astrid era seduta tranquilla nel suo passeggino ad un tratto cominciò a fare uno dei suoi discorsi incomprensibili e tutti scoppiammo a ridere dimenticando per un attimo la tensione. Aveva il potere di calmare tutti la mia piccola, beh penso avesse preso da Iris anche lei era in grado di sdrammatizzare qualsiasi situazione compresa la sua morte.

Bill arrivò dopo qualche minuto e dopo gli insulti generali che si beccò, salimmo sull'aereo diretti a Parigi.

Erano 11 ore di viaggio e passarono davvero molto molto lentamente. Astrid si era agitata parecchie volte al contrario del bimbo di Gustav che dormiva pacificamente in braccio alla madre. Anche Angelique pareva agitata e sicuramente i fatto che fosse incinta non aiutava affatto. Astrid si agitò di nuovo e scoppiò in un pianto inconsolabile. La presi in braccio e cominciai a coccolarla e a mostrarle il cielo fuori dall'oblò.

“Tesoro guarda che belle quelle nuvole. Sono fatte di panna. E sai chi ci vive li sopra? La mamma. La mamma adesso vive qui insieme agli angeli sai? É diventata un angelo anche lei. Sono sicuro che ci sta guardando. Ecco guarda quella è la sua casetta.” Le dissi indicando una nuvola che aveva la forma di una piccola casa.

“Guarda che bel giardino. La notte quando dormirai potrai venire qui a giocare con lei. Saluta la mamma Astrid” la bambina allora sventolò la manina in aria come gesto di saluto copiando ciò che avevo appena fatto io.

Avevo le lacrime agli occhi ma non potevo farlo vedere a nessuno. Dovevo essere forte e cercai quindi con tutto me stesso di ricacciare quelle lacrime là da dove erano venute. Astrid si riaddormentò sul mio petto e il viaggio prosegui serenamente con Bill che faceva il cretino e George che tentava di tranquillizzare Angelique.

 

Finalmente dopo 11 ore filate, arrivammo all'aeroporto Charles de Gaulle di Parigi. Attendemmo i bagagli e uscimmo dall'uscita posteriore dove ci aspettava un furgoncino nero affittato per portarci in albergo. Alloggiavamo al R de Paris. Come sempre un hotel di lusso, che ci metteva a disposizione tutti i confort del caso. La mia preoccupazione per ora era però dove avrebbe dormito mia figlia. Non l'avevamo mai tenuta nel letto con noi benché Iris insistesse. Era piccola e io avevo paura di schiacciarla e di farle male. Grazie al cielo David aveva già pensato a tutto e trovai nella mia stanza un piccolo lettino dove avrei potuto adagiare Astrid, che nel frattempo dormiva pacifica tra le mie braccia. Misi Astrid nel lettino e decisi di farmi una doccia. Quel viaggio mi aveva decisamente distrutto.

Quando uscii dalla doccia trovai in camera mia, mio fratello seduto sul mio letto imbambolato a guardare la piccola, ancora nel mondo dei sogni.

“Bella eh” dissi, provocando in lui un sussulto di sorpresa.

“Una meraviglia” aveva un'espressione triste. Io lo conoscevo meglio di me stesso, sapevo già a che stava pensando.

“Lo sai vero che non sei solo e ci sono io? Ci sarei stato anche se Iris fosse ancora qui”

“Sai, vedere voi che vi siete sistemati e avete tutti trovato una persona d'amare è davvero bello e ne sono felice non fraintendermi, però vedi... a volte penso che vorrei avere anche io un amore come quello che avevate tu e lei.”

“Anche io vorrei che tu lo avessi, Bill. E io invece temo che non lo avrò mai più.”

“Non devi. Il vostro amore deve essere unico. E se mai dovessi innamorarti di un'altra donna beh... vedrai che sarà diverso da quello che hai avuto con lei.”

“Non mi innamorerò più di nessun altra. Non ne sento il bisogno. Ho te, ho i ragazzi e ho Astrid, non potrei chiedere di più se non avere Iris qui accanto a me.”

“Sai che se ci fosse ti avrebbe già sgridato per come hai lasciato il bagno dopo la doccia? ”

“Tom non siamo in un aquafan e non siamo degli anfibi quindi vedi di non allagare la camera che la bambina si ammala con tutta questa umidità” dissi imitandola.

“A proposito va ad asciugarti che se no ti ammali tu, e non voglio un chitarrista malato. Domani sera sarà un successo vedrai”

“Lo spero. É così tanto che non facciamo un concerto che mi sembra di non esserne più in grado”

“Vedrai ti verrà naturale, Tommi. Ora scappo vado a fare una bella doccia e mi infilo nel letto. Sono davvero distrutto. Buona notte Tom, buona notte bambolina dello zio” disse avvicinandosi alla culla.

“Notte, Bill”

Rimasto solo, mi asciugai e mi infilai sotto le coperte e appena toccai il cuscino caddi tra le braccia di Morfeo.

 

La mattina mi alzai relativamente presto aiutato ovviamente dagli strilli della piccola che reclamava la sua colazione. Mi vestii presi il latte che avevo scaldato grazie al microonde che era installato in ogni camera dell'albergo, e lo versai nel biberon soddisfacendo così il bisogno di Astrid che si calmò all'istante succhiando la sua pappa dal biberon.

Vestita anche la bambina, scesi nella sala in cui servivano la colazione e trovai già seduti al tavolo più della metà della troupe, Angelique, George e Andrea, la moglie di Gustav, con il piccolo Daniel.

“Buongiorno ragazzi”

“Ehi Tom. Tutto bene? Mi sembri agitato” mi rispose George.

“Sì sto bene anche se ho una fottuttissima ansia per questa sera.”

“Stai tranquillo Tom. É il vostro lavoro siete perfettamente in grado di farlo non preoccuparti.”ringraziai silenziosamente Andrea per quella risposta. Lei sapeva sempre cosa dire in ogni occasione. Era molto bella esteriormente, ma ancora di più era una bella persona. Era per quel motivo che Gustav se l'era sposata così in fretta.

Astrid mostrava non poco interesse per il piccolo Daniel. Lo guardava, lo salutava con la manina e gli parlava anche, ovviamente nel suo linguaggio un po' incomprensibile. Per ora, la piccola sapeva dire mamma, papà e zio, benché la zeta non venisse minimamente pronunciata. Iniziava anche a camminare. Si attaccava dappertutto, si sollevava, faceva qualche piccolo passo e cadeva a terra. Non piangeva mai anzi quando cadeva a terra, si guardava un po' intorno e cominciava a ridere come una matta per poi riprovarci un altro centinaio di volte. Queste piccole operazioni la stancavano parecchio dato che aveva cominciato a dormire tutta la notte senza interruzioni.

Ovviamente la piccola provò a fare lo stesso anche lì al ristorante e sotto gli occhi di tutti riuscì a raggiungere l'altro tavolo che distava qualche metro dal nostro. Corsi da lei, la presi in braccio e cominciai a complimentarmi felice.

“Sei stata bravissima piccola mia” dissi baciandole la testolina. La rimisi a terra, proprio nel punto in cui lei stessa era arrivata e tornai a sedermi.

“Ora vieni da papà, piccola”

Tutti erano concentratissimi su Astrid e i suoi primi passi. La bambina, con alcuni passetti un po' barcollanti, riuscì a raggiungermi e ne fui così felice.

“Dobbiamo festeggiare, Tom. Ora che ha imparato a camminare chi la ferma più quella bestiolina.” disse Angelique.

“Che? Camminare? Ma perchè diavolo non mi avete chiamato? Cioè mia nipote inizia a camminare e voi non mi chiamate? Mi ritengo offeso”

Per evitare che i piagnistei di mio fratello ci rovinassero la giornata, presi la bambina, la rimisi a terra e le dissi “Và da zio Bill, piccola.”

La bambina sorridendo camminò più velocemente di prima verso Bill, che scoppiò in lacrime per l'emozione.

 

La colazione terminò poco dopo e tutti noi eravamo eccitati e preoccupati per il concerto della sera. Sarebbe stato il primo dopo 5 anni e la cosa ci spaventava e non poco.

Il pomeriggio fu dedicato completamente al sound check. Astrid ovviamente venne con me. La misi nel passeggino e la portai con me sul palco. Già da così piccola, aveva dei gusti musicali e adorava che io le suonassi la chitarra, perciò la portai tranquillamente sul palco con me per le prove mentre per il concerto vero e proprio sarebbe stata con Andrea e il bimbo si Gustav.

 

La prima data del tour era arrivata in fretta. Forse troppo. Non credevo di essere pronto.

Il concerto era stato fantastico e alle nostre fans era piaciuto tantissimo il nostro nuovo modo di suonare.

 

“E dopo quest'ultima canzone lasciamo il palco a mio fratello Tom. Buona notte grazie Parigi”

 

Il pubblico era lì tutti guardavano me e aspettavano che dicessi qualcosa per giustificare quello strano gesto di mio fratello che nessuno di loro aveva mai visto in nessuno dei nostri concerti.

 

“Buona sera a tutti. Come tutti sapete poco tempo fa ho perso la mia compagna, l'amore della mia vita. Lei era francese ed era nata proprio qui a Parigi dove ci troviamo questa sera. Beh voglio dedicare questa canzone a lei sperando che lei ovunque sia riesca a sentirla.”

 

Finii di parlare, mi sedetti sullo sgabello posizionato dietro l'asta del mio microfono al centro del palco e iniziai a suonare. Le corde vibravano sotto le mie dita forti e tremanti. Le note uscivano dal mio strumento e disegnavano volteggi nell'aria la stessa aria in cui era dispersa la mia farfalla. Quelle parole le avevo scritte per lei. Una breve introduzione e sotto lo stupore di tutti cominciai a cantare.

 

Would you know my name if I saw you in heaven?

Would it be the same if I saw you in heaven?

I must be strong and carry on

'Cause I know I don't belong here in heaven

 

Would you hold my hand if I saw you in heaven?

Would you help me stand if I saw you in heaven?

I'll find my way through night and day

'Cause I know I just can't stay here in heaven

 

Eseguivo quella canzone con tranquillità e il pubblico cominciò a sventolare accendini e cose luminose seguendo il ritmo della mia canzone. Ero emozionato le lacrime spingevano per uscire dai miei occhi ma nonostante questo continuai la mia dedica.

 

Time can bring you down; time can bend your knees

Time can break your heart, have you begging please, begging please

 

Beyond the door there's peace I'm sure

And I know there'll be no more tears in heaven

 

Would you know my name if I saw you in heaven?

Would it be the same if I saw you in heaven?

I must be strong and carry on

'Cause I know I don't belong here in heaven

'Cause I know I don't belong here in heaven

 

Il pubblico esplose in un boato.

Mi parve di vedere Iris sorridere nel cielo di quella notte stellata. Non la stavo dimenticando e questo lei lo sapeva. L'avevo lasciata andare. Ora era liberà di riposare in pace e di vedere da lassù la sua famiglia continuare senza di lei, ma per lei.

Sì amore mio ho capito. Tu credi in me e io andrò avanti per te. Ti amo.

Questo era il miglior modo per lasciarla andare. Mandarla via con le parole di una canzone d'amore.

 

 

Ciao a tutte ragazze questo è l'ultimo capitolo e quindi siamo arrivati alla fine (finalmente) di questa storia sto pensando ad un seguito magari in un futuro non troppo lontano, ma sicuramente non adesso. Ci ho messo molto a finire questa storia perchè confesso di aver avuto un blocco, perciò ho deciso di lasciarla un pochino da parte per dedicarmi ad un altra storia.

La canzone che ho scritto alla fine, ovviamente, non è mia ma è di Eric Clapton e si intitola “Tears in Heaven” canzone scritta per la perdita di suo figlio di pochi anni per un incidente domestico.

Un bacione grande grande a tutti coloro che recensiranno anche quest'ultimo capitolo e ovviamente a coloro che leggeranno in silenzio. Spero di avervi fatto passare delle ore piacevoli con la mia storia e di avervi emozionato e perché no, fatto piangere o riflettere. Vi ringrazio ancora tantissimo e vi mando un bacione alla prossima storia. 

   
 
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