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Autore: Melliola    13/01/2009    4 recensioni
Remus Lupin sa di dover morire, perché sente che è la cosa giusta da fare… ora tutto gli appare più chiaro, ma si sente oppresso dal sentimento che, anche in punto di morte, è stato così vigliacco da non rivelare al Mondo che la donna che ha amato da sempre non è stata Ninphadora Tonks. La donna che le aveva donato un figlio e che stava morendo al suo fianco.
Genere: Triste, Malinconico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Remus Lupin sa di dover morire, perché sente che è la cosa giusta da fare… ora tutto gli appare più chiaro, ma si sente oppres

TI VEDO

 Buonasera! Eccomi tornata con una storia Potteriana! Un po’ particolare e sempre malinconica: gli ultimi istanti di vita di un Remus Lupin che dialoga con se stesso, alla scoperta, solo in punto di morte, di quanto sia rimasto troppo attaccato al suo passato.

Di quanto i suoi occhi verdi preferiti siano ancora così vividi nella sua mente, mentre tutto il resto è opaco.

 

Buona lettura =)

Ti sento Nin, so che sei al mio fianco. La tua mano calda, la sento che mi tocca la schiena, distratta, nell’attimo che hai avuto tra un colpo di bacchetta e l’altro.

Il mio avversario è K.O. per un secondo, perciò mi giro intorno e vedo il tuo piccolo naso proprio dietro di me. Il tuo naso, tra tutte le cose che potevano colpirmi, ho visto solo il tuo naso.

Forse perché somiglia così tanto a quello del piccolo Teddy, forse è per questo che mi ha colpito. Chissà quale sogno starà vivendo, adesso, nella sua calda e comoda culla, dondolato dalla calma voce di tua madre. 

Chissà se mai si ricorderà di me, quando dopo questa notte non farò più ritorno a casa nostra.

I tuoi capelli sono rosa e questo, dici tu, è merito mio. Perché io ti ho reso felice, perché io ti ho dato un figlio e un amore famigliare, ti ho dato la gioia di vivere.

Ma la semplice verità è che io sono un Lupo Mannaro, e quelli come me sono solo un pericolo. Bisogna stare lontani da loro, perché non si sa mai, potrebbero anche ferire.

Non posso Nin, non posso starvi vicino. Non posso amarti come vorrei, non posso proteggere mio figlio così piccolo e indifeso, non posso e devo andare.

Porterò con me tutto il bene che ti ho voluto, tutto il dolore che mi comprime le viscere se solo penso che il mio piccolo nasino, quello che ora dorme beato, non lo rivedrò più. E scorderò tutto, e scorderai tutto, perché meriti di meglio, non smetterò mai di ripetertelo.

Solo quegli occhi, quelli di Harry Potter. Così verdi, così giovani, li ricordo ancora su quella bocca arricciata in un sorriso e tra i lunghi capelli rossi di Lily Evans. Non li scorderò mai, e come fare! Al sol pensiero, un leggero brivido mi fa irrigidire; al sol pensiero che presto la raggiungerò; al sol pensiero Bellatrix mi ha quasi colpito.

Lily, sai, non pensavo che morire sarebbe stato così. È difficile da esprimere, forse “eccitante” non è esattamente il termine giusto, ma so che io potrò vedervi di nuovo, amici miei. Potrò vedere te, Lily, e toccarti, e vergognarmi perché ho dei pensieri strani su di te che sei la ragazza del mio migliore amico.

Non l’ho mai confessato, perché ero un Lupo Mannaro; non potevo amarti come avrei voluto, non avrei potuto proteggerti come avrei dovuto. Ma i tuoi occhi, così verdi… ce li ho davanti, e mi sorridono, come nessun altro paio di occhi sa sorridere.

So che mai nessuno l’ha notato, come arrossivo se per sbaglio mi sfioravi; come chiudevo i pugni quando scherzavi felice con James, quando lo guardavi con quello sguardo che solo a lui riservavi. Sono stato bravo, Lily. 

Un tonfo tremendo, e Ninphadora cade ai miei piedi. Cosa mi chiedo, ma non faccio in tempo a pensare che sei già in piedi e mi fai un occhiolino. Sei così solare anche in momenti del genere perché, e questo lo dici tu, io sono al tuo fianco. Sono stato pessimo Nin.

Quanti anni sono passati, sento la nostalgia come un enorme peso che mi schiaccia al suolo, e mi fa sentire piccolo, impotente, insignificante. Lacrime invisibili scendono giù dai miei occhi, perché non ne ho più di lacrime da versare.

Ma… cos’è questa strana forza che mi spinge all’indietro?

Cerco di rimanere in piedi, ma troppo forte da sconfiggere, troppo pesante da sorreggere.

Cado a terra. Ho capito. Capisco tutto, e non ho paura.

Ma… perché cadi a terra con me?

Vedo che il tuo corpo, piccola Nin, mi preme sullo stomaco, e un caldo liquido bagna le mie labbra. Sono le tue lacrime, Nin, stai piangendo. Perché anche tu stai morendo con me? Non devi, non tocca a te, hai ancora un figlio da crescere, e un nuovo amore da scoprire. Una lunga vita davanti, fatta di gioie e sorrisi, non puoi venire con me!

Alzati ti prego!

“Re-mus” hai la forza di dire.

L’immagine di te sfoca lentamente. So che non doveva andar così, Nin. So che non è giusto, che l’ultima cosa che vedo prima di lasciare questo mondo sono quegli occhi verdi. So che non posso abbracciarti adesso, perché mi sentirei un’animale.

Con gli ultimi sforzi allunghi la mano verso di me ma non la trovi, è troppo lontana dalla tua.

Non so amarti Nin, sono uno stupido. Quel che amo è una vita che non tornerà mai più, è una vita che vive solo nella mia testa, fra ricordi sbiaditi di un’adolescenza piena di guai. Non so apprezzarti Nin, e di questo mi vergogno. 

Perché non ho saputo dimenticare quegli occhi? Perché non ho fatto altro che vivere all’ombra del mio passato?

Forse è per questo che sorrido, mentre le palpebre si fanno così pesanti che non riesco a tenerle aperte. Si socchiudono piano, e avverto uno strano profumo, dolce.

Ti vedo.

   
 
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