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Autore: bellamysguitar    23/06/2015    0 recensioni
Beatrice è una ragazza reputata da molti - persino da se stessa - strana. Vive nel suo stesso anonimato e in quello del suo paesino nel trevigiano. La sua vita è sconsideratamente monotona: oziare sul divano, odiare tutto e tutti e guardare spesso - forse fin troppo - l'intera saga di Fast & Furious caratterizza le sue giornate. Tutto ciò fin quando l'attenzione della sua mente non si focalizza su Nicola, suo vicino di casa nonché ragazzo reputato da lei simile ad un vegetale. Tra chiacchierate imbarazzanti, commenti inadatti e incomprensioni generali i due vivranno delle avventure bizzarre, dettate dalla convinzione di essere, comunque sia, come due linee parallele: irraggiungibili. Potrà sbocciare l'amore tra due persone totalmente diverse, inadatte l'uno per l'altra o sarà un completo, totale disastro?
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Attualmente, ciò che sto facendo, è fissarmi la gonna del vestito ad occhi spalancati. Gli occhiali da sole mi scivolano lentamente giù dal naso - trainati un po' dal sudore, un po' dal fatto che io sia con la testa rivolta verso il basso. Ecco, per l'appunto, la mia gonna è completamente bagnata, perché qualcuno ha deciso di versarmi un bicchiere d'acqua addosso, gelata poi. Quindi sono un paio di minuti che fisso il mio indumento sconvolta, perché io odio avere i vestiti bagnati. Si dia il caso infatti che io consideri i miei vestiti più o meno come figli. E questo dovrebbe spiegare tutto. 
- Dai, c'è caldo, se magari andiamo al sole si asciuga - bel tentativo, ma non funziona così, almeno non con me. Mi concedo di staccare gli occhi dalla mia gonna per fulminarlo con lo sguardo. Bastardo, brutto, bruttissimo bastardo che non è altro! 
- Ti prego non mi uccidere - continua, ed ora mi viene un po' da ridere, un po' per la situazione, un po' per la mia faccia, un po' perché lui è l'ultima persona con cui pensavo di poter passare un pomeriggio di fine giugno. Però non rido, ed il motivo è semplice: 1. se ridessi, smetterebbe di prendermi sul serio, 2. se ridessi, farei cadere la maschera da persona dura e inflessibile - che in realtà non sono. 
- Dai Bea, se vuoi te l'asciugo io!
- Prova ad avvicinarti e giuro che ti mollo una sberla che ti faccio rimanere stupido più di quanto tu non sia già! - e qui è lui che comincia a ridere. La sua risata, a differenza di quella di tutti gli altri, è piacevole e non dà sui nervi: non ha una risata rumorosa e fastidiosa, né una risata asmatica - tipo la mia -, ma una delicata, non troppo pronunciata, non una di quelle che attirano inevitabilmente l'attenzione. Però a me piace, soprattutto perché è la sua. Mentre lui ride, io non posso fare a meno di ridere. 
- Sono perdonato? - dice, smettendo di ridere improvvisamente. Ed io, ormai con il cervello da un'altra parte, gli sorrido e gli sussurro: - perdonatissimo. 
- Dai, andiamo da un'altra parte!
Ecco, questa è una di quelle giornate che posso definire "perfette". Per chi non l'avesse capito, la persona con cui ho battibeccato fino ad ora - dei battibecchi gentili, dai - è Nicola, ed ora mi sta camminando accanto, sventolandosi freneticamente una mano per togliersi il caldo di torno - alquanto improbabile, poiché sono le tre del pomeriggio. Non abbiamo più parlato di quelle nostre strane "effusioni" di quel giorno, al parco. Il fatto che non ne parli, tuttavia, non significa che quelle sue carezze non mi siano piaciute, anzi, solo che penso sia un argomento decisamente troppo imbarazzante, perché in quel momento, in quell'ambito, sembravamo decisamente una coppia di giovani innamorati, anche se non lo siamo. Ora lo sto guardando, ma lui non sembra accorgersi di nulla, così preso dai suoi pensieri - privi di significato, probabilmente -, e devo dire che guardarlo mi piace. Soprattutto se non se ne accorge. 
- Smettila di guardarmi, scema - sospira - piuttosto guarda dove metti i piedi!
Beccata. Gli faccio la linguaccia e continuo a camminare nelle strade di Ponte di Piave, vuote a quest'ora. Ponte di Piave - meglio conosciuto da tutti come "Ponte" - è un minuscolo paesino privo di ogni significato, con un'alta presenza di smog (quasi peggio di Padova), in cui si possono trovare circa quindici bar nel giro di cinquecento metri, un fiume verdastro (che sarebbe il Piave) e gente decisamente poco interessante. Il sole rende l'asfalto rovente, e solo il contatto tra la suola delle mie converse e il terreno mi fa bruciare i piedi. Non è una bella sensazione. Affatto. 
- Ci siamo concentrati sui punti filosofici del conoscere una persona, ma alla fine non so nemmeno quale sia il tuo colore preferito - ed è la verità. Non so quale sia il suo colore preferito - anche se, effettivamente, non è un'informazione vitale -, mentre il mio penso sia abbastanza intuibile. 
- Ho due colori preferiti: il bianco e il nero - ma certo, è ovvio, è juventino - ed il tuo?
- Il verde - come i tuoi occhi, sarebbe da dirgli, ma mi prenderebbe sicuramente per una maniaca, che poi non sono. O forse sì. 
- Film preferito? - procedo con l'interrogatorio, tanto ormai abbiamo cominciato. Ed in fondo, ma molto in fondo, non è per niente male scambiare due parole con lui così, scherzosamente. 
- Una notte di leoni. Tutta la trilogia - e quasi mi strozzo quando me lo dice. Mi batte una mano sulla schiena (serve a poco, caro Nicola), e tra la tosse cerco di riprendermi. Beh, la mia reazione è più che legittima. Potrei esporre per due ore i motivi per cui io e questo film non andiamo esattamente d'accordo: 1. c'è Justin Bartha (che è un gran figo), ma è come se non ci fosse 2. è un film per dementi totali (come Nicola) 3. se il mio futuro marito avesse amici del genere, lo mollerei seduta stante. 
- Dai! E' in testa alla classifica dei film più stupidi del decennio! - Nicola se la ride, perché probabilmente lui non pensa che lo sia. Insomma, se lo pensasse sarebbe un po' come darsi automaticamente dello stupido. E non sbaglierebbe totalmente. Peccato che sia uno stupido molto, molto, bello. 
- E sentiamo, miss, qual è il suo film preferito? - oh, è qui che ti volevo. Sorrido maleficamente e, dopo essere piazzata uno sguardo fiero e solenne dico: - Fast & Furious. Tutti e sette. 
- Ah cavolo, che film! Trasmette principi importanti, valori della vita... ma dai, chi vogliamo prendere in giro! - e lo fulmino con lo sguardo. Perché nessuno, nemmeno Mr. Asociale meglio conosciuto come Nicola, può criticare la mia saga di film preferita.
- Beh, la fratellanza, l'amicizia, l'amore per la famiglia sono valori da niente, no? - sto diventando acida, il mio tono di voce sta diventando acuto come quello di una bambina e so che presto, molto presto, Nicola se ne renderà conto e allora cominceremo a battibeccare. In questo periodo, in effetti, io e Nicola abbiamo battibeccato spesso, perché i nostri non possono definirsi propriamente litigi. Ecco, sono simili a quelli che ho durante l'anno con il professore di matematica, con l'unica differenza che Nicola un po' (ma solo forse) mi piace. O almeno mi piace la faccia che mostra quando è con me. Tuttavia resta uno dei pochi ragazzi con il quale io riesca a parlare senza molti problemi.
- Suvvia, questi valori li abbiamo trovati solo nel settimo, e sono sicuro che se Paul non fosse morto il film sarebbe stato completamente diverso! - ora la mano mi pulsa, più di quello che dovrebbe pulsarmi. Ciò significa solo una cosa: tra poco gli darò un sonoro schiaffo, e tutto ciò perché ha nominato l'unica persona che non doveva nominare in vano (cioè Paul). Se ne accorge che in questo preciso momento vorrei ucciderlo. Quindi accantono ogni fantasia nascosta riguardo il fatto che vorrei stare tra le sue braccia - come nel famoso sogno - e, solo dopo aver preso la carica, gli mollo una manata sul braccio talmente tanto forte da lasciargli il segno. Sul suo braccio abbastanza scuro infatti si può notare l'immagine di cinque dita colorate di rosso, molto nitide oltretutto. 
- Aia! - si massaggia il punto della botta - tu sei completamente pazza! Cos'ho detto di sbagliato? 
- Hai nominato Paul, in vano! - i suoi occhi mi scrutano, non si staccano dalla mia faccia. Ecco, il suo sguardo mi trasmette suggestione, mi spaventa e comincio a sudare freddo. Inevitabilmente. Ormai sembra che sempre, in sua presenza, il mio corpo debba ribellarsi. Il cuore, i polmoni, lo stomaco, il fegato, i reni, ogni organo ed ogni muscolo del mio corpo è completamente in subbuglio, preso da una frenesia improvvisa ingiustificabile, e tutto nel corpo si smuove, come se al suo interno ci fossero insetti di ogni tipo con grandi pungiglioni fastidiosi. Soprattutto, quando lui mi guarda in questo modo, sembra che il mio cuore stia urlando, e nonostante tutto vorrei che mi guardasse così per sempre. Mi piacciono i suoi occhi, soprattutto quando illuminati dal sole - come in questo momento -, mi piace la forma che hanno, mi piace il mondo in cui li socchiude per guardare intensamente, mi piace il fatto che riescano a farmi sentire piccola piccola e a mio agio contemporaneamente. E giuro che non vorrei guardarlo così ossessivamente negli occhi - anche perché una volta ho letto che se due persone si guardano negli occhi per più di dieci secondi significa che vogliono fare sesso insieme, ed io non sono molto sicura di voler fare sesso con lui, insomma -, ma sono come una calamita, ed il fatto che io lo stia fissando così da almeno trenta secondi mi spaventa. E quindi punto lo sguardo altrove, sebbene mi dispiaccia, ed è allora che lo vedo, un piccolo insetto simile ad una zanzara che gli passeggia allegramente sul collo, mentre lui è ignaro di tutto. Allungo una mano - per quanto mi è possibile, considerando la sua altezza - e gliela appoggio delicatamente sul collo (per togliergli la zanzare eh). Lui non si muove inizialmente - e nemmeno la mia mano -, ma poi mi ritrovo a farfugliare qualcosa simile a "hai un insetto sul collo", balbettando, ovviamente. Nicola, in tutta risposta, si avvicina troppo in troppo poco tempo, facendomi sobbalzare. Giuro, vorrei togliere la mia mano dal suo collo - tanto ormai la zanzara sarà morta -, ma con lui così vicino sento di dovermi tenere, perché rischio veramente di svenire. Ecco, soffio al cuore, ribellati e trasformati in una malformazione cardiaca che mi provocherà un infarto in un'età precoce, così la finiamo qui! Ma, ovviamente, non muoio - purtroppo - e Nicola comincia a sussurrare qualcosa, con le labbra talmente tanto vicine al mio orecchio da riuscir a sentirne il calore. Non mi tocca, ma è come se le sue mani fossero ovunque. E mi auguro solo che questa vicinanza esagerata non gli permetta di sentire il mio battito cardiaco esagerato. 
- Dovremmo smetterla di guardarci in quel modo - e tu dovresti smetterla di farmi impazzire così, penso, ma sai non si può avere tutto dalla vita! Ed ecco, appena mi allontano di qualche passo da lui, provo l'inevitabile sensazione di vuoto e per un attimo, un minuscolo, quasi inesistete attimo, penso di aver bisogno di stare vicino a lui. 

L'ultima volta che ho provato qualcosa di così simile sconvolgente ed emozionante allo stesso tempo è stato al concerto dei Muse, nel luglio del duemila tredici. Ma ricordiamo che i Muse sono i Muse, e che le loro canzoni sono da pelle d'oca. Invece Nicola, al contrario del trio inglese, è un normale essere umano che apparentemente non ha nulla di speciale, anzi, sembra avere qualcosa in meno. Eppure, contando la sua immensa stupidità ed il suo essere così naturalmente scemo, mi fa comunque girare la testa. Letteralmente. Se infatti penso a lui - come in questo momento -, la testa comincia a farsi pesante e tutto intorno comincia a girare. Inizialmente, da brava fissata che sono con le malattie, ho pensato di avere qualcosa di simile ad un tumore al cervello, poi mi sono resa conto che a pesare erano soltanto i miei pensieri. E probabilmente, se ora fossi a scuola, starei con la testa appoggiata sul banco, la faccia schiacciata, gli occhiali spostati e la mente altrove. Tutto durante l'ora di scienze, ovviamente. Ma, purtroppo, sono seduta in una sedia decisamente scomoda ad addentare un hamburger grande quanto tutto il mio stomaco in un locale americano in pieno stile anni cinquanta. Tutto ciò a qualche decina di chilometri da casa (e da Nicola), ed in compagnia dei miei (oh che gioia) e della loro fidata compagnia di amici. Tutto sommato, l'hamburger è veramente buono, sembra sciogliersi in bocca. Anche il locale, alla fine, non è poi così male. Ci sono bandiere americane ovunque, le pareti sono in legno, tappezzate di foto che ritraggono pin-up, Elvis Presley e Beatles, anche le cameriere sono molto graziose, vestite di camicie in jeans e bandane rosse. Ed è strano che mi piaccia un posto così tanto alla prima visita, se consideriamo il fatto che sono dovuta andare a Roma sedici volte prima di farmela piacere sul serio. E penso che sarebbe una cosa carina scrivere un messaggio a Nicola, dirgli che mi farebbe piacere se anche lui vedesse questo posto così confortevole, ma poi mi ricordo che purtroppo - o per fortuna - non abbiamo quel tipo di rapporto. 
- Bea, allora, come sono andati gli esiti finali? - mi chiede Susy, l'amica di mia mamma, mentre mangia qualcosa di sconosciuto ma che appare certamente appetitoso. 
- Mi hanno rimandato - e quasi si strozza. Questa sono sicura che non se l'aspettasse. Ebbene sì, la sottoscritta è stata rimandata in greco, perché di greco quest'anno non ho veramente capito niente. Però, poteva evitare di mandarmi a settembre con un piccolissimo cinque e mezzo, considerando i bei voti nelle altre materie. La mia faccia quando ho visto gli esiti appesi in una parete della mia scuola è stata certamente strana: inizialmente pietrificata, poi sorpresa, poi tremendamente divertita. Insomma, quel "sospeso" accanto al nome "Pavan Beatrice" mi è sembrato un po' uno scherzo. Ma quando mi sono resa conto che non lo era, ho cominciato a ridere. 
- In cosa? - in diritto, vorrei dirle, giusto per vedere se ci crede. 
- Greco - rispondo masticando l'enorme hamburger. Ancora. 
- Mi dispiace - sembra essere veramente dispiaciuta per questa mia "caduta di stile", ma purtroppo non sono un genio e, probabilmente, mai lo sarò.
- Anche a me - e chiudo la conversazione, perché non mi è mai piaciuto svelare i miei voti agli altri, mi innervosisce (tanto per cambiare). E così torno a pensare a Nicola, tanto ormai faccio solo quello - no, non mi preoccupo per greco. Penso che a volte, la maggior parte delle volte, riesca a farmi saltare i nervi peggio di Lewis Hamilton che vince un Gran Premio - si provi ad immaginare la mia gioia perciò dopo ogni Gran Premio -, insomma, con quelle sue affermazioni da perfetto imbecille, con quel suo tono da sotuttoio ed il suo atteggiarsi da bambino che ha perso la mamma, eppure, strano ma vero, non lo cambierei di una virgola. E non ho mai sopportato le persone troppo diverse da me, ma ora, con l'odore delle patatine fritte sotto al naso, mi lascio trasportare - per una volta - da ciò che mi dice quella vocina stridula dentro di me, e comincio a fissare il muro come una demente, solo perché pensare a Nicola è bello perché, nonostante ora fuori stia piovendo, dentro di me splende il sole.

ANGOLO AUTRICE 
Ciao, a chiunque si diletti a leggere questa sottospecie di storia! Come al solito, ringrazio chi si prende la premura di leggere questo mio particolare esperimento, ma in secondo luogo ci terrei veramente tanto a sentire qualche opinione in più. Potete anche dirmi: "ehi, è una cagata assurda!", è pur sempre un'opinione. Sì, insomma, cosa ne pensate dei personaggi, della storia in sé o quello che volete. Al prossimo capitolo!

  
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