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Autore: Love_My_Spotless_Mind    23/06/2015    1 recensioni
Una storia sospesa tra presente e passato, divisa tra l'adolescenza e l'età adulta, ricca di riflessioni e sentimenti. Lasciatevi conquistare dall'amore, anche se sembra nascondersi dietro indecifrabili parole o sorrisi pieni di timori.
#KenHani #Exid #Hani #Vixx #Ken
Genere: Commedia, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ken, Ravi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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(( 너와 나, 갈수록 더 수가 없어 우리 사이  ))






14 febbraio 2008,

svegliarsi quella mattina era stato particolarmente difficile. Quando Jaehwan era riuscito a riemergere dai propri sogni aveva impiegato parecchi minuti per tornare in contatto con la propria coscienza. Appena aperti gli occhi la stanza gli appariva offuscata, gli era difficile persino sollevare la schiena per provare ad alzarsi.
Però lottando contro la sonnolenza finalmente era riuscito a tirarsi in piedi. Solamente pensare di riuscire a recuperare i suoi occhiali era un’impresa impossibile, perciò si accontentò di trascinarsi in bagno sperando di non andare ad urtare qualche mobile. Una volta in bagno si guardò allo specchio, ciò che vedeva non era proprio quello che avrebbe desiderato ma anche sotto questo punto di vista cercava di accontentarsi. Jaehwan era alto e snello ma non era quello che si potesse definire il tipico playboy che vive solamente nell’immaginario femminile. Anzi, lui non si sentiva per nulla un playboy. Guardandosi piuttosto si sarebbe paragonato ad un personaggio di Pororo.
I suoi capelli erano tanti, gonfi ed indomabili, nerissimi. Il suo viso sembrava quasi scomparire sotto quell’enorme massa di capelli, l’unico dettaglio che non scompariva mai ma proprio mai, neanche volendolo, era il suo naso. Non si trattava di quel che le persone definiscono un naso importante, piuttosto era un naso importantissimo, se fosse appartenuto ad una scala di valori sarebbe stato al primo posto, sicuramente. Con una riflessione più attenta poteva dire che nel proprio viso nulla possedesse mezze misure: persino le labbra erano carnose. Per quanto riguardava gli occhi, invece, non erano particolarmente grandi. Insomma, nulla di sé gli piaceva particolarmente.
 
Si sciacquò il viso con l’acqua fresca, dopo essersi lavato tornò in camera per scegliere i vestiti da indossare. Abbinò dei semplici jeans tutt’altro che aderenti con una felpa grigia di almeno tre taglie in più della propria. Però era calda e dell’estetica non gli importava poi tanto. Quella mattina non avrebbe indossato la divisa poiché la madre la stava ancora modificando. Ultimamente il suo corpo cambiava talmente in fretta che la divisa doveva essere ritoccata più e più volte in modo che gli calzasse a pennello. Fino a quasi tre mesi prima il suo aspetto era più simile a quello di un bambino che a quello di un ragazzo, poi all’improvviso il suo fisico si era scolpito ed era anche diventato più alto, quasi da un giorno all’altro. Anche la voce aveva subito dei profondi cambiamenti, tutto era avvenuto molto in fretta, forse fin troppo.
Divorò di fretta un toast che la madre gli aveva preparato prima di andare a lavoro, controllò di avere tutti i libri nello zaino e poi fu pronto per andare. Ogni mattina percorreva la distanza tra la casa e la scuola a piedi, nel frattempo ascoltava un po’ di musica, cercava di rilassarsi prima della lezione. Camminando di prima mattina gli veniva in mente ogni sorta di pensiero,  per gran parte erano ragionamenti che nessun altro avrebbe fatto. Si domandava cose che forse è meglio non elencare, per non dilungarci troppo, comunque il suo flusso di pensieri non era affatto al pari di quello di una persona normale. Ogni ragionamento avveniva in fretta ed altrettanto in fretta veniva sostituito dall’altro. La sua mente sembrava una pila infinita di parole, una sopra l’altra, fin quando la pila non crollava ed allora lui la ricostruiva d’accapo con nuovi argomenti, nuove considerazioni. Una successione impossibile da seguire per una persona qualunque.
 
Quando entrò nell’istituto si trovò di fronte un notevole gruppo di ragazze, indossavano tutte la divisa, avevano i capelli neri ben pettinati, esattamente come il regolamento prescriveva. Incontrare delle ragazze avveniva abbastanza frequentemente poiché l’ingresso metteva in comunicazione le due sezioni, eppure tale avvenimento agli occhi di un ragazzo non ancora sedicenne sembrava sempre una grandissima novità, tutta da osservare.
Era il giorno di San Valentino, non se ne sarebbe nemmeno accorto se non avesse notato la scatola sistemata fuori dalla porta della propria classe. Prima di allora non aveva mai dato una particolare importanza a tale festività ma adesso gli fece quasi piacere scoprire che fosse proprio in quel giorno, era come sentirla nominare per la prima volta. Per la prima volta nella sua vita, infatti, provava interesse per il sesso femminile, si poneva domande sulle ragazze e le osservava in modo diverso. Quella poteva essere l’occasione perfetta per scoprire qualcosa di più sul loro conto. Magari i suoi compagni di classe avrebbero ricevuto qualche bigliettino, sarebbe stato divertente leggerli tutti insieme e prendersi in giro.
-Secondo voi le ragazze li manderanno davvero i regali? – domandò uno dei suoi compagni ammirando perplesso la scatola.
-Secondo me no, è tutta una cavolata. – sentenziò un altro.
 
Il loro professore d’inglese non aveva prestato troppa attenzione a parlare loro di quel festeggiamento, nel complesso avevano poche informazioni a riguardo e ben confuse. Sapevano soltanto che era stata la professoressa della sezione femminile a voler appendere quelle scatole in ogni classe in modo che le ragazze potessero consegnare le loro lettere.
-Sono aperte le scommesse per chi ne riceverà di più. – commentò Jaehwan e gli altri risero.
Effettivamente le scommesse durante l’intervallo si aprirono sul serio, c’era chi puntava i soldi della propria merenda sui nomi dei ragazzi che più ci sapevano fare, scommettendo che avrebbero sicuramente ricevuto qualche biglietto. Tale passatempo era un ottimo espediente per divertirsi. Nessuno, però, aveva puntato  soldi su Jaehwan poiché tutti erano convinti che non fosse proprio il tipo che potesse attirare l’attenzione delle ragazze, lui stesso era il primo a pensarlo.
 
La prima ora di lezione trascorse lentamente, sessanta minuti sembrarono durare un’eternità. Persino lui che generalmente era attento e partecipe ad ogni lezione in quella mattinata faceva fatica. La sua mente era letteralmente altrove, anche se non si stava concentrando in nulla di preciso. Provò a pensare al San Valentino, chissà perché negli anni passati non aveva mai fatto caso a questa festività. Ora gli appariva divertente, sicuramente diversa da tutte le altre.
Le ore scorsero tranquillamente, Jaehwan prese appunti, intervenne durante le lezioni, dalla filosofia alla biologia, senza sentirsi mai troppo stanco per la concentrazione che manteneva durante la lezione. Lo gratificava prendere appunti ordinatamente, scrivere quanto più gli fosse possibile e riuscire nei test nel migliore dei modi. La scuola era l’unico luogo dove era capace di riuscire perfettamente, in qualunque materia. Era intelligente e perspicace, inoltre i professori conoscevano la sua serietà e la sua dedizione. Insomma, la sua era la graduatoria più alta della classe. Il proprio ruolo all’interno di questa era anche quella di fare battute sarcastiche nel momento giusto, tutti nel complesso lo avevano in simpatia anche se un vero migliore amico non lo aveva. Tuttavia non reagiva a questo con malinconia, aveva il sorriso stampato sulle labbra e continuava a comportarsi esattamente come se nulla fosse.
Suonò la campanella della pausa pranzo, finalmente era arrivato il momento di andare a mangiare. La ricreazione l’aveva trascorsa riposandosi un po’ dopo le lezioni e non aveva nemmeno avuto il tempo di scartare la merenda, perciò adesso aveva una fame enorme. Fu uno dei primi a scendere al piano inferiore, insieme agli altri ragazzi attraversò il cortile per raggiungere la mensa. Non sembrava essere una giornata di febbraio, la temperatura era davvero piacevole, era addirittura uscito senza giubbino e stava benissimo.
Sempre più compagni di classe iniziarono a chiamarlo mentre camminavano all’aria aperta, c’era chi gli chiedeva di rispiegargli la lezione del giorno, chi di rivedere gli appunti, chi di sbirciare i compiti che si sarebbero dovuti svolgere per casa. Jaehwan non accontentava tutte quelle richieste ma semplicemente rispondeva con un sorriso, dicendo che sarebbe stato meglio parlarne in un momento più tranquillo. Prese posto insieme ad alcuni ragazzi, in un tavolo rotondo dove c’erano sedie per otto persone. Pietanza del giorno era riso al curry e pollo fritto, non era male, almeno a parole. In realtà quello che si trovarono nel piatto non fu altro che cibi non meglio identificati che probabilmente non avevano mai incontrato nella loro esistenza né il curry né il pollo. Comunque lui prese a mangiare, senza preoccuparsi troppo. Confidava nel fatto che se tale pietanza era servita in una scuola non doveva essere poi troppo pericoloso ingerirla. Magari era soltanto leggermente radioattiva.
Gli altri ragazzi invidiavano il modo in cui riuscisse a mangiare con gusto anche le ricette obbiettivamente più orride, Jaehwan con il cibo non si faceva problemi, ingurgitava tutto tenendo in viso un’espressione soddisfatta come se stesse mangiando in un ristorante di lusso.
 
Quando ebbe concluso il proprio pranzo si alzò in piedi, sistemò le stoviglie nell’apposita bacinella, si disfò dei pochi avanzi del pranzo e lasciò il vassoio sul carrello. Fra due ore finalmente sarebbero potuti tornare a casa, il pranzo lo aveva fatto sentire nuovamente pieno di energia, ora era pronto per tornare a lezione.
I suoi compagni di classe, però, implorarono il professore di poter prima vedere il contenuto della scatola di San Valentino. Si radunarono tutti in cerchio, tutti tranne Jaehwan che stava invece pensando a riordinare lo zaino.
-C’è una lettera per me! – annunciavano spavaldi mentre la osservavano, uno di loro aveva persino trovato una scatola di cioccolatini dentro lo zaino. Ridendo la passò a tutti i suoi compagni, scherzando sul fatto che potessero essere avvelenati. I ragazzi divorarono i cioccolatini ridendo, non prestando troppa attenzione alla cura che la ragazza che li aveva consegnati potesse avuto avere nel prepararli. Persino a Jaehwan arrivò uno dei cioccolatini, era buono, doveva ammetterlo, lo mangiò con gusto. Non riusciva mai a rifiutare la cioccolata se gli veniva offerta. Uno dei suoi compagni, un ragazzo tra quelli più popolari tra il sesso femminile, trovò un biglietto posato direttamente sul suo banco, il che voleva dire che qualche ragazza era stata così coraggiosa da entrare persino in classe.
Alcuni ragazzi si disperavano per aver perso la loro scommessa, c’era chi, invece, era riuscito ad accumulare un bel gruzzoletto puntando sulle giuste persone. Jaehwan rideva ascoltando i loro discorsi, i suoi compagni di classe erano sempre molto divertenti in certe situazioni.
-Jaehwan! Jaehwan! C’è una lettera anche per te. – annunciò inaspettatamente uno di loro sollevando il bigliettino in modo che potesse vederlo. Lui si voltò pensando che i suoi amici stessero scherzando. – Stiamo dicendo davvero, avvicinati, vieni a vedere. –
A quel punto, allora, si alzò in piedi e prese tra le mani il biglietto, effettivamente sul retro era scritto proprio il suo nome. Iniziò a pensare che si trattasse di un errore, non conosceva nessuna ragazza, non capiva chi avrebbe potuto avere l’idea di indirizzare un tale pensiero proprio a lui. Si trattava di un cartoncino rosso, sul fronte erano sistemati tre cuori di diversa grandezza, erano di colore viola dai bordi dorati, probabilmente colorati con un pennarello. Era un biglietto molto carino, era migliore di come avesse mai potuto immaginarlo. Comunque adesso era curioso di vedere che cosa vi fosse scritto all’interno. Chissà, magari esisteva davvero una ragazza che si era innamorata di lui, magari gli chiedeva di incontrarsi per potersi dichiarare. In quel caso non avrebbe proprio saputo come vestirsi! Aveva assolutamente bisogno di un paio di jeans nuovi per occasioni come quella.
 La sua mente aveva iniziato ad immaginare meravigliose storie d’amore, forse un po’ assurde ma, insomma, l’immaginazione non ha limiti. Era così ansioso ed allo stesso tempo pieno di curiosità che non riusciva a trovare il coraggio di scoprire quali parole si celassero all’interno del biglietto. Alla fine si decise, non poteva più resistere, doveva leggerlo. Quando lo aprì , però, si trovò di fronte a quella che sembrava una poesia in inglese.
 
« Shall I compare thee to a summer's day?
Thou art more lovely and more temperate.
Rough winds do shake the darling buds of May,
And summer's lease hath all too short a date.
Sometime too hot the eye of heaven shines,
And often is his gold complexion dimmed,
And every fair from fair sometime declines,
By chance or nature's changing course untrimmed;
But thy eternal summer shall not fade,
Nor lose possession of that fair thou owest;
Nor shall Death brag thou wand'rest in his shade,
When in eternal lines to time thou grow'st:
So long as men can breathe or eyes can see,
So long lives this and this gives life to thee. »
 
 
In inglese non era mai andato particolarmente bene, riusciva a raggiungere la sufficienza imparando le regole grammaticali a memoria ma in quel momento era totalmente confuso. Non capiva un accidenti di quel che ci fosse scritto! Quale ragazza avrebbe mai potuto rivolgergli uno scherzo tanto crudele? Fare una dedica nella loro lingua sarebbe stato molto più semplice. E se la ragazza che si era perdutamente innamorata di lui fosse stata una straniera? Allora avrebbe compreso il motivo della poesia in inglese. Ma come avrebbero mai fatto a capirsi? Stava iniziando a sentire il panico espanderglisi nelle vene solamente pensandoci. Le identità segrete non gli erano mai piaciute, lo facevano sentire estremamente nervoso. Sapeva che sarebbe sicuramente stato uno di quei tipi che non sanno distinguere Clark Kent da Superman o Miley Cyrus da Hanna Montana.
 
Durante il percorso verso casa continuò a tenere tra le mani il biglietto, osservò il proprio nome scritto ordinatamente sul retro. Più lo osservava più era convinto che quella sorta di regalo non appartenesse realmente a lui. Chi mai poteva provare dell’interesse nei suoi confronti? Magari quella non era nient’altro che una sciocca presa in giro, nei giorni seguenti avrebbe fatto di tutto per scoprirlo.
 
15 febbraio 2008,
 
 la sera precedente il ragazzo aveva persino fatto fatica ad addormentarsi, dopo essersi infilato il pigiama non aveva fatto altro che osservare il biglietto provando a dedurre qualcosa di più. La calligrafia era ordinata, le parole si susseguivano con eleganza, scritte in corsivo. Provò a leggere quella poesia ad alta voce, di alcune parole non conosceva la pronuncia ma provò ad ipotizzare. Restò seduto alla scrivania, con il dizionario di inglese di fianco, provando a tradurre quante più parole gli fossero possibili.
Si era addormentato ancora seduto di fronte alla scrivania, con la guancia contro gli appunti e la schiena piegata. Per tale motivazione si era svegliato completamente dolorante. Aveva persino sognato una ragazza occidentale, dai capelli biondi ed il seno prosperoso che gli dedicava canzoni delle più famose band americane. Era stata una visione così celestiale che persino al risveglio continuò a pensarci, soprattutto perché nella realtà non l’aveva mai vista una ragazza con il seno così grande, forse non esistevano o forse era semplicemente nato nel paese sbagliato.  
Una volta aperti gli occhi si rinfilò gli occhiali, ora il mondo gli appariva un po’ più chiaramente. La montatura sottile dava al suo sguardo un aspetto intellettuale, i capelli cadevano disordinatamente sulla fronte.
Sapeva che al suo professore non avrebbe potuto chiedere alcun aiuto, non era il tipo che avrebbe tradotto qualcosa per un suo alunno e perciò non voleva provare assolutamente a chiedergli un favore simile. Piuttosto avrebbe potuto provare a parlare con la professoressa della sezione femminile. Dicevano che fosse molto disponibile, quindi probabilmente gli avrebbe dato un piccolo aiuto.
 
Fece una doccia veloce, in seguito si infilò la divisa. Era composta da una camicia bianca, con una giacca e dei pantaloni blu ed una cravatta a quadri con fondo blu. Sul petto aveva  lo stemma dell’istituto. Nel complesso la divisa gli donava davvero molto, metteva in risalto il suo bel fisico e lo faceva apparire più elegante. Peccato che per tutto il resto non potesse fare un bel niente per migliorarlo.
 
Anche questa volta arrivò a scuola abbastanza presto, ed anche in questo giorno a seguito di una lunghissima camminata che aveva tenuto particolarmente impegnati i suoi pensieri. Seguì le lezioni, anche se la sua mente era sempre altrove, focalizzata sulle parole indecifrabili del biglietto e sul viso dell’americana incontrata nei sogni che sembrava svanire sempre più. Anche se il viso sarebbe ben presto scomparso qualcosa sarebbe per sempre rimasto ben impresso nella sua mente, ne era sicuro.
 Durante l’intervallo non perse tempo e  si recò in biblioteca dove sperò di incontrare la professoressa che stava cercando. Anche la professoressa d’inglese era straniera, madrelingua, originaria di Cambridge. Nel complesso era una donna giovane che si sapeva far benvolere dagli studenti, rispetto agli altri professori era sicuramente più interessante e disponibile. Anche se a Jaehwan era capitato di incontrarla soltanto casualmente per i corridoi la conosceva di fama, su di lei giravano parecchie voci, soprattutto positive.
-Buongiorno professoressa. – esordì vedendola seduta di fronte al tavolo della biblioteca, sembrava stesse leggendo qualcosa, aveva quasi timore di disturbarla. Perciò si avvicinò lentamente, riflettendo diverse volte sulla possibilità di fuggire.
Lei si voltò e gli sorrise. – Buongiorno, come posso esserti utile? – Rispose. Ormai si era accorta della sua presenza, non poteva più darsela a gambe.
Jaehwan si decise,  scostò la sedia al fianco della professoressa per potersi sedere, poi estrasse dalla tasca il biglietto e glielo mostrò, in una situazione normale la vergogna sarebbe stata troppa ma in questo caso era talmente curioso da poter resistere all’imbarazzo.
-Ho saputo che è stata lei ad organizzare l’evento di San Valentino. Io… ho ricevuto questo biglietto ma… mi scusi se glielo dico, ma non riesco a capirlo. Nemmeno una parola. –
La donna sorrise ancora, poi diede un’occhiata all’interno del bigliettino. Mentre lo leggeva Jaehwan si chiedeva perché le professoresse coreane fossero così acide, iniziò a pensare che quella donna non potesse realmente essere una professoressa, era troppo tranquilla e gentile.
-Ah deve avertelo spedito una ragazza molto sensibile. – commentò la donna – Si tratta del diciottesimo sonetto di Shakespeare, è molto famoso. –
-Ah. – commentò semplicemente lui, vergognandosi di non conoscerlo.
-Vorresti sapere di che cosa parla? –
Il ragazzo annuì. -Si, a grandi linee. –
La professoressa piegò l’angolo in alto della pagina del libro che stava leggendo per poterlo posare sul tavolo. Jaehwan iniziò a sentirsi in colpa, magari l’aveva davvero disturbata.
-È un sonetto che parla d’amore ma quello non è l’unico argomento. L’autore vuole dire che la bellezza della persona amata non potrà mai svanire, paragona la primavera alla sua giovinezza, vuole salvare la sua persona dalla morte grazie alla poesia. Leggerlo è come immergersi nei pensieri dell’autore, disordinati, sconnessi ma che allo stesso tempo sono uniti da un sottile filo conduttore. Questa ragazza probabilmente vorrebbe dirti che il tuo aspetto non potrebbe mai svanire dalla sua memoria, quando si ama qualcuno quella persona riesce a sfuggire persino alle leggi del tempo poiché viene custodita nel cuore di un’altra. – a quel punto la professoressa si interruppe, osservò il ragazzo sperando di essere stata abbastanza chiara, quando parlava di poesia si lasciava condurre dalle suggestioni e non riusciva a parlare come avrebbe fatto nella sua classe, in maniera didattica.
-Grazie, professoressa. –
 
Mentre pensava a quelle parole l’immagine della ragazza americana continuava a materializzarsi nella sua mente. Ora che aveva capito il messaggio del biglietto era ancora più curioso di conoscere la ragazza che lo aveva scritto. Qualcuno lo aveva notato e gli aveva addirittura dedicato una poesia. Gli aveva persino detto poeticamente che fosse bello. E se si fosse trattata di una ragazza non vedente? O magari aveva solamente la vista un po’ bassa.
Comunque, nonostante i possibili difetti di vista della ragazza, si sentiva così allegro che aveva solamente voglia di divorare una vaschetta di gelato enorme, appena tornato a casa lo avrebbe sicuramente fatto.
  
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