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Autore: imunfjxable    24/06/2015    1 recensioni
Dove un soldato italiano manda lettere alla sua futura sposa che non ha mai visto, mentre combatte nelle trincee.
Genere: Guerra, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Guerre mondiali
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Kaya Scodelario as: Elena.
Rami Malek as: Andrea.

 

A tutti voi caduti nelle trincee.
A tutti voi morti per il nostro bellissimo Paese.
A tutti voi italiani, fieri di esserlo.
A tutti voi, grazie.

 

Arruolati.
Erano tutti arruolati. Erano tutti destinati, inevitabilmente, a morire. Marciavano verso il fronte Nord-est, dovevano raggiungere le trincee degli altipiani. Strinse a se il suo zaino che gli era stato consegnato alla partenza da Napoli. Era del Sud, Andrea. Era anche giovane Andrea. Ventuno anni di sogni, speranze e studi; tutti mandati in frantumi per una stupida guerra. Sospirò Andrea. Lo sapeva che sarebbe morto. Lui era un intellettuale, non era fatto per gli scontri, lui era un pacifista.

Quando gliel'avevano detto, Andrea stava discutendo con suo padre riguardo ad un matrimonio combinato. L'aveva accolta con un sorriso, come un colpo di fortuna, quella lettera dove gli imponevano di arruolarsi. Non aveva mai sopportato la caparbietà del padre, che averla sfortunatamente ereditato, e mentre camminava verso quel dannato fronte, ripensava alla loro animata conversazione.

Elena. Si chiamava così, lei. Era la figlia maggiore di un amico di suo padre, che gli aveva imposto di sposarla. Andrea non l'aveva mai vista Elena, e mentre marciava credeva che forse non l'avrebbe mai vista di persona. Il padre prima della partenza gli aveva dato una sua foto, e gliel'aveva infilata nel Vangelo. Ad Andrea scappò una fragorosa risata, che risuonò troppo rumorosa nel silenzio di quella marcia verso la morte.
"Che c'hai da ridere tu?"
"Niente signore, mi scusi signore" e si rimise in riga.

Andrea fissò la distesa arida, morta, ferita dalle pale dei soldati che avevano squarciato il ventre della terra. Entrò nella piccola capanna che i soldati precedenti avevano costruito. Era disgustosa. La puzza di piscio gli faceva salire il vomito. Vide il suo letto e vi posò lo zaino sopra. Sentì uno scoppio. La guerra era iniziata anche per lui.

1 mese dopo

"La posta soldati!" urlò il tenente maggiore. Si misero tutti in fila indiana attendendo con ansia notizie dalle proprie famiglie, l'unico motivo per restare vivi. Anche Andrea si mise in fila, ma per lui non c'era nulla. Ebbe una fitta al petto, si sentì così solo e abbandonato a se stesso in quel momento. Si stese sul letto, in quei pochi minuti di calma apparente. Scostò il vangelo, che sfogliava la sera come se fosse la sua ancora di salvezza e la foto di Elena gli cadde sul petto. Sul retro c'era l'indirizzo di Elena. Girò la foto.
Era bellissima. I capelli marroni mossi le cadevano sul collo, aveva degli occhioni azzurri ed era stupenda.
"Forza tutti fuori" urlò qualcuno.
Afferrò l'elmetto che si trovava vicino ai suoi piedi e si coprì i capelli corti, ricci e mori.
Prese il fucile e lo mise in spalla, gattonando nella trincea. Avevano ricevuto ordini precisi: evitare che il nemico si impadronisse del fronte. E se potevano, dovevano avanzare. Ma lui sapeva che gli austriaci non erano stupidi, stavano architettando qualcosa. Nonostante gli accordi, la triplice alleanza e tutte quelle carte firmate, fondamentalmente inutili, non avevano nessun alleato. Era una guerra dove tutti erano contro tutti, dove non potevi provare emozioni, dovevi diventare cinico davanti alla morte, oppure eri tu a morire.
Lui e i suoi compagni presero una pala e iniziarono a scavare verso destra, avanzando, e continuando ad allargare la trincea che ormai era visibile anche dall'alto. Era un segno dell'uomo, uno schifoso segno dell'uomo, sul terreno brullo del nord.
E ad Andrea mancava casa sua, e si pentiva di non aver apprezzato di più il suo mare, le sue spiagge, il sole del sud che gli bruciava sulla pelle olivastra. L'odore della salsedine e del caffè a prima mattina che lo risvegliavano nella sua grande casa. Gli mancava studiare, gli mancava sua madre e suo padre. E gli mancava Elena. Magari sarebbe stata una brava moglie.
I soldati si fermarono e posarono le pale. Ma Andrea non entrò dentro, se non per prendere il suo mantello e riuscire fuori. Doveva fare il turno di notte, doveva controllare che il nemico non avanzasse.
Maledetta guerra.
Prese carta e inchiostro e iniziò a scrivere:

"Cara Elena, sono Andrea, il tuo futuro sposo, sempre che riesca a sopravvivere sul fronte. Lo so che quando leggerai questa lettera penserai che io sia pazzo, e in realtà lo sono. Questa guerra mi manda fuori di testa. Non ha senso. Come siamo giunti fino a qui? Che senso conquistare un territorio se tanto moriremo comunque? Ci uccidiamo come bestie, anzi peggio. Siamo peggio delle bestie, non c'è un girone dell'inferno dove saremmo degni di marcire. Non hai idea di quanto mi senta solo.
Vi prego di rispondermi, Cara Elena.
Vi scongiuro,
Andrea."

Il ragazzo alzò gli occhi verdi al cielo, nero, offuscato da nubi grigie, come il loro umore. Le sue iridi verdi si dilatarono alla vista di un fiocco di neve che si posò delicatamente sulla sua mano. Neve.
Non l'aveva mai vista al sud la neve Andrea. Faceva freddo li fuori, voleva solo che questa dannata guerra finisse.

 

"Cara Elena, mi duole sapere che non mi avete risposto. Forse non vi sarà giunta la mia prima lettera. Vi scrivo per uccidere il senso di solitudine che mi assale, vedo costantemente i miei compagni scrivere lettere, sorridere e baciare le foto della loro famiglia. Io sono solo. La mia famiglia non mi scrive e io senza un motivo preciso scrivo a voi.
Ho visto una vostra foto, siete bellissima, vi manderei una mia foto ma ora non me ho. Siete bellissima, Elena. Non mi sorprenderò se vi troverò con un altro uomo al mio ritorno, ammesso che ci sia. Ma voi, oh Elena, cosa ne pensate di questo matrimonio? Vorrei solo stringervi e sentire il calore del vostro corpo accanto al mio. Non sento il calore di un corpo umano da mesi. Fa freddo qui. Nevica. L'avete mai vista la neve voi? Io ora si. È ovunque. E fa freddo. Ed è tutto gelido. E morto. Non c'è più niente. Nè fuori, né dentro di me.
Vi prego rispondetemi Elena.
Andrea."

 

"Cara Elena, perseverate nel vostro crudele gioco dell'ignorarmi? Forse non mi leggete nemmeno, ma che importa! Devo sfogarmi, scrivere. Gli orrori della guerra vanno raccontati, urlati al mondo. Questa dannata guerra non vuol finire.
Ieri abbiamo ricevuto un nuovo ordine. Dobbiamo tentare di mettere un filo del telefono attorno ad un albero, così da intercettare i segnali austriaci. Così ci ha spiegato il comandante, in malo modo, per far comprendere a tutti. Ma io non sono stupido, io sono un uomo di cultura. Io ho studiato. Io capisco, comprendo. Perché allora non riesco a motivare la necessità di questa guerra? Dio non ci aiuta. Ci guarda dall'alto e ride. Siamo così soli Elena. Ieri quando il comandante ha dato l'ordine un uomo è andato volontario. Dopo due passi o più, un colpo gli ha perforato il cuore e il suo cadavere ha sporcato di un rosso caldo, sgorgante dal petto, la neve bianca. Fa sempre più freddo Elena. Mi abituo sempre di più all'idea di dover morire.
Andrea."

 

"Ieri un altro uomo è stato scelto per mettere quel maledetto filo.
Ha annuito e ha detto :- le bestie lo sanno quando devono andare al macello, e prima di andarci, pisciano- e così ha pisciato sulle scarpe del tenente. Poi ha continuato:- ma io sono un uomo e preferisco non morire da bestia- e ha impugnato il suo fucile con la mano sinistra. Antonio, così si chiamava, era mancino. Se l'è puntato in bocca e senza esitare ha premuto il grilletto. Sussultai. Ho visto le sue cervella spappolarsi sul muro, già sudicio di suo, il suo corpo inerme, privo di vita rivoltarsi su sé stesso.
Comunque ritornando al fatto della pisciata, so che pensate sia disgustoso, ma le condizioni igieniche qui non sono delle migliori. C'è puzza di piscio, ci sono escrementi, ratti morti, cadaveri putrefatti, e le zecche. Le zecche, che odio. Che la mattina non si ha il tempo di toglierle e la sera non si ha la forza.
Mi manca la mia casa, la mia città. Elena vi scongiuro potreste rispondermi?
Andrea."

 

"Qui fa sempre più freddo, Elena. Ma è tutto così bello. In quest'apparente silenzio sembra quasi tutto così magico. Eppure tutto ci parla di morte. Dalla nostra trincea si vede un salice. Amo quell'albero. Mentre tutti gli altri perdono le foglie o restano verdi, il salice cambia colore e diventa dorato. Sembra risplendere sotto la pallida luce della luna. Non possiamo ammirare la bellezza della natura e smettere di deturparla scavando nel suo ventre? Bombardandola con palle di metallo, uccidendoci, massacrandoci. Siamo umani, dove ha fallito l'evoluzione con noi? Sento spari fuori Elena.
Andrea."

 

"I bordi irregolari della nostra trincea non bastano a proteggerci. Gli elmetti non sono abbastanza forti, così come noi. Sono passati tre mesi, e questa trincea non cambia. L'unica cosa che fa la differenza è la pila di cadaveri al lato sinistro, che cresce sempre di piu. Ieri sera hanno sparato al mio compagno Giacomo. Era simpatico, anche perché si chiamava Giacomo. Leopardi era sempre stato uno dei miei poeti preferiti. Quale è il vostro Elena? Gli spari continuavano. Il proiettile ha perforato il cranio di Giacomo, proprio al centro della sua fronte. Uno zampillo di sangue caldo mi ha sporcato l'uniforme già lurida, il suo corpo si è accasciato al suolo, morendo lentamente. Il proiettile non aveva oltrepassato il cranio, ma si era fermato nel mezzo, non era troppo profondo per ucciderlo sul colpo; ma nemmeno troppo superficiale per curarlo. La sue urla disumane, doloranti, i suoi arti che si contorcevano dal dolore, gli occhi fuori dalle orbite, il sangue che gli sgorgava anche dalla bocca rosea. Vorrei cancellare quest'orrida immagine. Vorrei ma non ci riesco. Continuo a vedere il suo volto che implorava aiuto e io non potevo fare nulla. Forse avrei dovuto spararlo, avrebbe sofferto di meno morendo più in fretta. Ti rendi conto di cosa penso? La guerra ti distrugge. Gli spari continuavano Elena. Sono stato colpito, sulla gamba e sulla spalla. Poi ho preso il corpo di Giacomo e mi sono protetto con quello. Ciò che ho fatto mi tormenterà a vita, sto piangendo. Questa guerra ti cambia dentro, stiamo lentamente diventando tutti mostri. Porterò le ferite psicologiche per il resto dei miei giorni. Ricorderò il volto morente di Giacomo fino a quando esalerò il mio ultimo respiro. Voglio morire anche io. Voglio che finisca tutto.
Andrea."

 

"Elena sono sempre più convinto che non tornerò a casa. Li sento. Li sento. Sono ovunque. Voglio essere forte, non voglio piangere, ma è inutile. Sento questo fastidioso ronzio, come una zanzara, un meccanico trivellare sotto di noi. Gli austriaci sono sotto di noi. Hanno esteso la loro trincea e so che la loro si trova sotto di noi. Ci saranno meno di 100 metri di terra a separarci. Ora prepareranno gli esplosivi e salteremo in aria a breve. Il nostro cecchino, Luca, è stato sparato ieri ad un occhio, quello buono. Ormai ho buttato il vangelo, l'unica mia speranza siete voi, oh Elena. Perché dannazione non rispondete? Non sto già soffrendo abbastanza?
Forse non volete questo matrimonio. Non lo volevo nemmeno io. Mi dispiace. Vi prometto che sarò un bravo marito. Vi prometto che non vi sfiorerò mai a meno che non siate voi a permettermelo. Vi prometto che vi amerò come dovete essere amata. Voglio solo tornare a casa, rispondetemi Elena vi scongiuro.
Qui fa sempre più freddo, e sotto la neve giacciono già molti corpi, e ce ne saranno altri che li raggiungeranno a breve. Magari ci sarò anche io. Volevo fare il filosofo io. Che stupido che sono. Ho sempre sognato di studiare filosofia, e di farmi una famiglia in seguito. Ora cosa mi resta? Una futura moglie che mi ignora, e la vita appesa ad un filo in una stanza piena di forbici. Se esco dalla trincea mi spareranno. Ma se resto qui so che a breve salteremo in aria.
Fa freddo Elena. La neve ricopre tutto. In cosa posso sperare? Piango. Mi dispero. Mi accascio al suolo sudicio.
Rispondetemi Elena, mi ferite più voi che questa guerra, che la vita in questa trincea.
Andrea."

 

"Non ho più forze Elena. Stanno morendo tutti uno ad uno sotto i miei occhi. Sento la terra sotto i miei piedi perdere spessore ogni secondo. Moriremo tutti. La terra ci inghiottirà nel suo ventre deturpato da questa trincea maledetta, culla del male, come è giusto che sia. E nutriremo la sua erba, con i nostri cadaveri putrefatti, divorati dai vermi, e chi sa forse dal mio nascerà un salice dorato. Come quello di cui ti parlai. È caduto. È bastata una palla di cannone tirata male dagli austriaci ed è crollato anche lui. Moriamo tutti inevitabilmente prima o poi. Tra qualche giorno dovrebbero giungere altri soldati, con i carrarmati e nuove armi. Dobbiamo solo resistere. Ma non ho più speranza, e la neve copre ancora tutto.
Andrea."

 

"Caro Andrea. Non vi ho risposto perché inizialmente non volevo. Ma la vostra caparbietà nello scrivermi, le vostre parole mi hanno fatto innamorare di voi. Sono andata a trovare la vostra famiglia, e vi ho visto in una foto. Andrea sei bellissimo. Ti prego, torna. Ti sto aspettando. Ce l'hai il motivo per cui continuare a lottare, sono io. Appena arriverai ci sposeremo. Non voglio aspettare, ti prego Andrea.
Il mio poeta preferito è Foscolo.
Io volevo studiare lettere.
Non l'ho mai vista la neve.
Non disperare Andrea, perché a breve ritorneranno i prati.
Elena."

 

 

Lesse l'ultimo rigo ad alta voce ripetendolo più volte per rincuorarsi. Andrea era su un furgone italiano e stava tornando a casa. Era scappato dalla trincea assieme al tenente e ai pochi rimasti. La trincea era saltata in aria. Lo sapeva lui che gli austriaci stavano scavando sotto di loro. I rinforzi che sarebbero dovuti arrivare, non lo fecero. La missione sul fronte fu ritirata e l'Italia sconfitta dall'Austria nel 1917.
Ma era quasi primavera e Elena aveva ragione.
I cadaveri verranno risucchiati dalla terra e ritorneranno i prati.

   
 
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