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Autore: Keep_Running    25/06/2015    6 recensioni
Helena Jessica Waston, ventidue anni, giornalista.
Sarah Gwendaline Parker, ventidue anni, antropologa.
Ashton Irwin, ventitrè anni, fotografo e regista.
Calum Hood, ventidue anni, medico.
Blekking Williams, ventun anni, musicologa.
Michael Clifford, ventitrè anni, linguista.
Luke Hemmings, ventun anni, artista.
Sette ragazzi, un viaggio in giro per l'Europa, e neanche una straccio di cosa in comune.
Riusciranno ad arrivare alla tanto lontana meta di Helsinki o rimarranno nella fredda stabilità di Londra?
Nessuno lo sa, nè tanto meno i diretti interessanti.
Forse solo il vecchio preside amante delle cravatte colorate, ci aveva capito qualcosa.
Ma solo forse.
[STORIA UFFICIALMENTE SOSPESA]
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo otto
 


‘ Qual è il più grande problema del vostro gruppo?

“La mancanza di comunicazione”
- Sarah

“Ashton”
- Luke

“Ashton, penso”
- Michael

“Ashton, senza alcun dubbio”
- Blekking

“Ashton?”
- Helena

“Ashton. Ma non ditegli che ve l’ho detto”
- Calum

“Il violoncello di Blek, ovviamente”
- Ashton
 
 

Ashton
 



Erano scappati, letteralmente. Appena abbandonata la casa della vecchia, che per altro non gliela raccontava per niente giusta, avevano preso il primo treno per Lille.
La seconda tappa per il magnifico gruppo, fu recuperare la cara e vecchia Mistery Machine: Luke stava per mettersi a piangere dalla commozione.
Come terza cosa, per finire in bellezza quella strana giornata, Ashton aveva aiutato Helena ad attaccare le regole in giro per il camper – come promesso.
Dopo quelle sconvenienti vicende, avevano spostato il camper in una zona legale e protetta, con tanto di bagno funzionante proprio affianco alla loro postazione – una soddisfazione per tutti loro.
Da quell’insana fuga era passata una settimana.
Erano stati dei giorni strani, quelli: ognuno aveva fatto il suo lavoro. E lui, Ashton, si era annoiato a morte.
Il primo giorno aveva seguito Helena nel suo tour di Lille, ma aveva passato la maggior parte del tempo a fissarla mentre scriveva sul suo pc, le dita che scorrevano veloci e gli occhi di Ashton che le seguivano con difficoltà. La bionda non l’aveva calcolato per niente: ogni suo tentativo di interazione era malamente sospeso dalla ragazza con una scrollata di spalle.
Il secondo giorno, aveva seguito Mikey, ma non fu una grandiosa avventura. Dopo aver passato tutta la mattinata a letto – Michael diceva che la sua mente necessitava di riposo per poter fare scintille – erano andati a fare una passeggiata per la città. Ma era andata pure peggio del previsto: Michael si limitava ad origliare le conversazioni delle persone e rideva alle loro battute, senza mai tradurgliele – ‘Aspetta un attimo’, continuava a dirgli.
Il terzo giorno aveva seguito Luke, ed era stato… strano. Il ragazzo era andato alla ricerca di un luogo particolarmente poetico, trasportando tutti i suoi aggeggi da artista, per poi piazzarsi di fronte al Grand Place – o almeno, questo era quello che aveva capito lui. Con l’occhio sempre attento, aveva cominciato a ricopiare su tela ogni particolare del grande monumento, lasciando di stucco Ashton. E non solo lui: un gruppo di ragazze francesi aveva addirittura cominciato ad accarezzargli le spalle – e nessuna di loro aveva cagato il riccio! Peccato che il biondo non le guardò neanche: che Hemmings fosse asessuato?
Dopo l’estenuante esperienza artistica, aveva saggiamente deciso di seguire la rossa. Eppure, neanche con l’esplosività di Sarah aveva raggiunto l’emozione che aveva provato all’inizio del viaggio. Sarah aveva partecipato ad ogni stupida attività offerta dalla città; o almeno, tutte le cose che comprendessero tradizioni e usanze del luogo. Quella sera l’aveva pure costretto a comprare un costume del 1800 davvero terrificante per andare a ballare con lei – ‘Sarà incredibile!’, gli aveva detto. E lo era stato: incredibilmente noioso.
Il giorno dopo, era stato con Calum. Dopo i primi dieci minuti di euforia pura in cui aveva sperato che il moro svenisse un’altra volta – così, tanto per stuzzicargli l’adrenalina – Ashton realizzò che neanche con il moro avrebbe ottenuto i risultati agognati. Calum aveva infatti passato l’intera giornata nel parco principale della città sotto un albero, a leggere un libro di anatomia. Ergo, rimpianse lo scomodo abito preistorico di Sarah.
Alla fine, non gli rimase che Blekking. O meglio, non Blekking: il suo violoncello.
E a quel punto, l’ha odiata con tutto il cuore. Perché la ragazza aveva passato tutti quei giorni chiusa nel camper, impegnata a fare stupidi esercizi col suo stupido violoncello. Prima aveva fatto circa settecento scale con relativi arpeggi, poi era partita con ‘l’esercizio delle corde vuote’ per ‘Gestire meglio l’arco! E’ ovvio Ashy’. Aveva passato almeno venti minuti a suonare sempre la stessa nota, Ashton ne era certo.
E beh, poteva ammettere senza vergogna né paura che odiasse quel dannato violoncello.
Eppure, quelle terribili esperienze erano servite a qualcosa.
‘Perché con ognuno di loro mi sono annoiato a morte mentre nei primi giorni mi sono dato alla pazza gioia?’
Ed era arrivato ad una conclusione, lui.
Sì, proprio lui, lo stesso che ignorava i problemi fino a fargli pagare l’affitto nella sua testa – a quelli più vecchi faceva lo ‘sconto amici’.
Ed aveva capito una cosa: da soli, facevano davvero cagare. Ma insieme… insieme, cazzo, avrebbero potuto conquistare il mondo.
Più probabilmente, però, l’avrebbero distrutto.
Così, quella mattina, Ashton si svegliò con un nuovo desiderio: un desiderio di casino. Ma la sua mente malata non sarebbe bastata, affatto: tutto ciò che doveva fare lui, era riunire il gruppo, anche solo due ore tutti insieme sarebbero bastate per un disastro epocale.
Ma come fare se tutti continuavano imperterriti a farsi i cazzi propri?
La risposta era una sola: ci voleva un Piashton.
Aveva ideato il Piashton per la prima volta a cinque anni, quando doveva convincere sua madre che no, non era stato assolutamente lui a rompere il vaso della nonna!
Così, aveva pensato ad un piano geniale ideato da lui, Ashton. Mettendo insieme le due parole veniva fuori una strategia d’attacco infallibile, come diceva il ragazzo.
Certo, a cinque anni aveva ancora una tecnica poco levigata, e l’aveva finita col lanciare il gatto Murphy su un altro gatto: aveva dimostrato che la colpa era tutta del gatto, e aveva distratto la madre dalla rottura del vaso più importante.
Ma con gli anni le cose erano cambiate, e in meglio.
Con un Piashton il suo gruppo sarebbe tornato come prima in men che non si dica.
Poi, il Piashton di quella volta, era davvero infallibile. L’aveva chiamato Piashton della vita, tanto per enfatizzarne l’importanza rispetto agli altri Piashton – Piashton Pizza, Piashton Vaso, Piashton armadio…
Tutto ciò che doveva fare, era seguire tre semplici fasi:
- Fase 1 = aspettare che tutti lasciassero il camper per rimanere solo all’interno della vettura.
- Fase 2 = frugare senza inibizioni in ognuna delle postazioni dei suoi compagni, alla ricerca di un qualcosa di estremamente imbarazzante con cui attuare il ricatto.
- Fase 3 = lasciare un bigliettino anonimo in cui si informava la vittima di essere a conoscenza e in possesso dell’oggetto incriminato
- Fase 4 = stabilire un orario e un luogo di incontro in cui lo avrebbero sicuramente picchiato a sangue, ma ne valeva la pena, cazzo.      
Così, quella mattina, con una nuova luce negli occhi, Ashton si svegliò con una voglia di fare più presente del solito.
“Mi passi la nutella o devo darti un altro calcio?”
“Vuoi stare zitta? Sto cercando di scrivere”
“Ragazzi cos’è quella cosa verde che si muove sotto il tavolo?”
“DOVE?!”
“E’ la mia gambe, idiota”
“Se becco il cretino che ha finito il latte lo uccido”
“Smettila di lamentarti e pulisci il casino che hai fatto con i cereali”
“Zitta, donna”
You’re just too good to be true, can’t take my eyes off you…
“Non ti basta cantare sotto la doccia? Devi rompere pure qui?”
Ashton venne accolto così in cucina – o meglio, il metro quadro che dedicavano al cibo.
‘Ah, la cara e vecchia mattina!’
Gli era sempre piaciuta, la mattina. Forse perché era l’inizio, era il momento in cui tutti si chiedevano ‘Ehi, cosa facciamo?’, quando ancora era tutto da scrivere.
E lui adorava quella instabilità e libertà.
Da quando aveva iniziato a viaggiare, poi, la mattina era diventata persino più bella: era infatti l’unico momento in cui stavano tutti insieme, l’unico momento in cui la vera natura psicopatica del loro gruppo si faceva sentire davvero.
E lui amava tutto ciò.
“La finisci di sorridere come un idiota?”
Helena, con un paio di occhiali da lettura che ‘da dove diavolo se li è tirata fuori?’, gli rivolse quelle parole.
Anche quella mattina la bionda si era fatta un thè nella sua tazza rosa con la scritta ‘You can do it!’ a caratteri cubitali. E anche quella mattina non preparò il thè anche per lui, nonostante sapesse perfettamente che lui ne avrebbe voluto.
Ma Ashton rise, ‘Tanto si innamorerà di me, me lo sento’, si diceva sempre.
Si mise ad osservare la colazione di ognuno di loro: erano tutte così… diverse.
Una volta suo nonno gli disse che secondo una vecchia leggenda giapponese, si poteva giudicare una persona in base a quello che mangiava a colazione; in realtà il povero vecchio se lo era inventato solo per zittire un giovane Ashton che proprio non voleva saperne di stare zitto durante il matrimonio della zia – benedetto sia Federick James Irwin.
Comunque, quella teoria era allo stesso modo piuttosto interessante.
Helena, con il suo solito thè alla vaniglia reso più dolce da un cucchiaino di zucchero, era una persona tradizionale, tranquilla e sì, diciamocelo, noiosa. Una definizione piuttosto cattiva e sfalsata della bionda, ma alla fine con un fondo di verità ben presente.
‘Mi dispiace, Hel’ pensò, come se lei avesse potuto sentire il suo pensiero. Di tutta risposta la bionda gli lanciò un’occhiataccia, perché proprio non sopportava quando qualcuno la fissava – Ashton ne era certo.
Sarah invece, cambiava il cibo in base all’umore: quando era felice mangiava cioccolato, quando era triste una tazza di latte, quando era arrabbiata i cereali al miele, quando era pensierosa una semplice mela. Tutto ciò la rendeva una persona dannatamente emotiva, ma lo si poteva notare con una semplice occhiata, quello, quindi non valeva tanto il giudizio colazionistico.
‘Oddio, spero sia una parola vera perché è proprio geniale!’
Sorrise soddisfatto, e passò alla preda successiva: Calum Hood. Lui, la colazione, la preparava in due ore circa. Prima metteva a sterilizzare il latte, per assicurarsi che nessun germe penetrasse il luogo sacro che era il suo corpo. Poi apriva una confezione sigillata di cereali alla frutta – ebbene sì, ne apriva una al giorno – e tra quelli ne sceglieva cinquanta. I criteri di scelta erano semplici: dimensione e pulizia. La pulizia, chiaramente, doveva essere ottimale ma nei limiti concessi (erano pur sempre cereali, suvvia); le dimensioni, invece, dovevano essere medie. Così, una volta scaldato il latte (che anch’esso aveva una temperatura precisa, ma Ashton era troppo spaventato per chiedere quale fosse), metteva solo dieci cereali. Dopo averli mangiati uno alla volta, ne metteva altri dieci, e così via. ‘E’ per non farli rammollire!’, diceva sempre Calum.
‘L’unico rammollito sei tu, Cal’, ridacchiò Ashton.
Blekking, invece, mangiava o un toast o uova e pancetta. Non c’era un vero e proprio criterio con cui sceglieva le cose, semplicemente si svegliava e preparava. Una cosa piuttosto inquietante, era che lasciava la parte più buona alla fine. Certo, cosa piuttosto comune, ma non pensava che potesse rimanere persino dodici minuti d’orologio a fissare il suo toast, cercando di capire quale parte mangiare per prima. Quel particolare l’aveva piuttosto destabilizzato, ma alla fine aveva riso come sempre. Tutto ciò la rendeva… strana. Ma neanche strana, la rendeva semplicemente Blekking.
Luke invece, non preparava mai niente: lui rubava dal piatto di tutti quanti quando si giravano, e non si faceva mai beccare. Stronzo secondo alcuni, geniale secondo altri, una lurida piattola scansafatiche sanguisuga della società secondo Blekking, che lo beccava ogni volta. E Luke… Luke era semplicemente un eterno bambinone, e Ashton lo adorava per quello.
Poi c’era Michael, che con la sua mente brillante aveva bisogno di più ore per dormire – era infatti ancora a letto. Lui sarebbe arrivato verso le dieci e mezza, se ne avesse avuto voglia, e poi avrebbe mangiato quello che rimaneva delle colazioni altrui. Ciò lo rendeva… ‘Oh, non ci voglio neanche pensare’.
Erano tutti così diversi, erano tutti così strani e neanche lo sapevamo
I love you baby, and if it’s quite alright, I need you baby, to warm a lonely night…
“Vuoi stare zitto? E’ mattina, cazzo”
“Io ti dedico una canzone d’amore e tu mi tratti così?”
“Dedicala al cesso qui fuori, vai vai”
“Lo farò dopo: devo ancora decidere se sei più bella tu o il water”
“Non farti sfuggire questa occasione: dove lo trovi un altro che riesca a gestire gli stronzi come te?” 
‘Questi due sono una forza’, pensò, mentre si lasciava andare ad una grassa risata. Luke Hemmings e Blekking Williams erano in assoluto la coppia più bella di tutti i tempi.
‘Se questi due non si mettono insieme entro la fine del viaggio, mi metto a piangere’, troppo da fangirl, dite?
Ashton li osservò con un sorrisetto sognante, mentre i due continuavano a darsi schiaffetti indispettiti, nonostante continuassero a ridacchiare.
‘Fortuna che sto riprendendo tutto, questi video me li riguardo di notte quando sono depresso’, cosa che non succedeva mai, ma li avrebbe riguardati sicuramente.
Ed ecco un piccolo particolare di cui pochissimi si erano accorti – solo l’occhio di lince del biondo: Ashton aveva messo quattro telecamere in giro per il camper: una alla fine del corridoio, una nella portina d’ingresso, una al posto guida e una in cucina. Ed aveva ripreso cose molto divertenti.
“Mi spieghi perché diavolo stai sorridendo da mezz’ora?”, gli chiese ancora una volta Helena.
Era piuttosto sospettosa, la ragazza, ma Ashton lo sapeva: non avrebbe mai neanche potuto immaginare quello che aveva in mente.
‘Puoi fare la giornalista impicciona quanto vuoi, non azzeccherai mai’, ghignò.
“Mi piace sorridere. È bello sorridere”, rispose allora, perfettamente consapevole che con quella risposta l’avrebbe solamente fatta arrabbiare di più. Ma se c’era una cosa che Ashton amava più della mattina, era sicuramente stuzzicare  la bionda.
La quale, per l’appunto, gli lanciò uno sguardo di fuoco: “Vai a morire”, gli disse.
Ashton rise, facendole l’occhiolino, ed Helena distolse lo sguardo: evidentemente si era arresa.
‘Nessuno può battere il grande Ashton’
“Hai ragione, è bello sorridere”, gli diede man forte la piccola Sarah. Ad osservarla, con i suoi capelli rossi vivaci e il suo sguardo dolce, non sembrava neanche una persona vera.
Poteva una ragazza essere così… adorabile?
‘Sarà che ormai siamo abituati all’indifferenza di Helena e al sarcasmo di Blek…’, sì, forse era proprio così.
“Smettila di fare quella faccia da ebete. Sembri fatta” la rimproverò Calum, cercando di allontanarsi leggermente dalla ragazza con la sedia.
Gli faceva un po’ strano ammetterlo, ma Calum era forse il suo personaggio preferito. Dove l’avrebbe mai potuto trovare uno come lui in giro?
Gli voleva bene, ma proprio tanto.
‘Datti una calmata, Ashton’, si prese per il culo da solo.
“Comunque – riprese Hel, con ormai una tazza vuota in mano – ricordatevi che domani dobbiamo cambiare città”
‘Ah, era ora cazzo!’
Per palesare la sua felicità, poi, si lasciò andare ad un urletto di gioia, con tanto d pugno alzato verso il cielo – o meglio, verso il soffitto.
Manco avesse vinto i mondiali di calcio.
“Fanculo, Ashton!”, si sentì dal culo del camper, ma lui pensò solo ‘Ah, che carino, ha riconosciuto la mia voce!’
“Ok, ora basta. Perché sei così euforico oggi?”
Ashton lo vedeva, lo vedeva dai suoi occhi: aveva una voglia incredibile di prenderlo a schiaffi come se non ci fosse un domani.
‘Forza Hel, schiaffeggiami: torniamo i casinisti dell’inizio, scateniamo un pandemonio, forza’
La mano della bionda pizzicava, fremeva di trovare un contatto con la guancia da idiota di Ashton: forte, veloce, potente; ecco come doveva avvenire l’impatto.
Eppure: “E’ Ashton, Helena, è sempre euforico e strano”, le disse con fare saccente Blekking.
‘E’ un complimento o cosa?’
Più osservava la ragazza che cercava in tutti i modi di proteggere il suo cibo da Luke, più si rendeva conto che Blekking non aveva capito proprio un cazzo. Era furba, certo, ma la sua attenzione ai dettagli era pari a quella di Michael mentre dormiva.
E poi c’era la sua anima gemella, Luke Hemmings, che invece aveva capito proprio tutto, e continuava a lanciargli occhiate divertite.
Che lo volesse salvare?
‘Andiamo Hemmings, in nome del codice maschile che tutti citano ma che nessuno conosce, aiuta il tuo fratello ad uscire vivo da questo bordello’
“E dai, tesoro, dammi un pezzettino del tuo toast, piccolo piccolo”
Il biondo riuscì brillantemente a cambiare argomento: che scapolo, ragazzi.
“Senti, tesoro – Blekking marcò apposta quella parola, facendo sorridere Luke – la colazione te la prepari da solo, razza di parassita della società”
Luke rise, portandole un braccio intorno alle spalle, e non tentò più di rubarle il cibo.
‘Ah, l’amore!”, ridacchiò Ashton.
“Dove dobbiamo andare?”, chiese Sarah, con un enorme sorriso ad occuparle il viso.
“Se questi due stessero zitti – Helena sbuffò, indicando la coppia dell’anno 2015 – ma prendetevi una stanza e basta”, disse scocciata.
Che fosse gelosa?
Non di Luke, per carità, aveva la sensazione che Helena lo odiasse proprio, il biondo.
Ma sospettava fosse gelosa di quello che avevano i due.
Che la cattivona Helena non avesse semplicemente bisogno di un corpo da abbracciare e da baciare?
‘Eh, ti ho beccata Watson!’
Ashton era sempre più soddisfatto dei suoi risultati.
“E’ quello che sto cercando di dirle dall’inizio del viaggio!”, sorrise Luke, cercando di trattenere le risate, mentre Blekking sospirava ormai senza speranza.
‘Lo sappiamo tutti che ti piace terribilmente, italiana’
Che Ashton fosse troppo pettegolo?
No, non lo era.
‘Sì, sono pettegolo e fiero di esserlo’
Ok, lo era esageratamente.
‘Forza ragazzi, voglio una discussione di quelle davvero apocalittiche, andiamo, vi voglio cattivi!’
Ashton incitava alla violenza un po’ troppo spesso.
“Ritirati, Hemmings”
“Quindi dove andiamo?”, Sarah li ignorò tutti.
“Andiamo a Grenoble”, disse semplicemente Helena. Poi si allontanò dal gruppo senza aggiungere altro, aggiungendo il bagno.
‘Greno-che? Dove diavolo stiamo andando?’
“Solo io sono piuttosto confuso?”, disse Calum, abbandonando la sua colazione all’ira funesta di Luke.
Il suo sguardo diceva esattamente cosa provava: era un misto di ‘Voglio andarmene da qui’ e ‘Non so niente della geografia francese’. Non se la cavava proprio bene il povero Calum…
“Grenoble è una città nel sud della Francia”, spiegò loro Sarah, senza mai abbandonare il suo sorriso.
‘Ah, grande. Ancora Francia’
Ashton aveva tentato talmente tante volte a parlare francese, che ormai si era quasi arreso all’evidenza di essere senza speranze. Perché il francese doveva aere tutti quei versi strani? Perché lui non riesce a fare quei versi strani nonostante, cazzo, lui fosse davvero un mago con i versi strani?
“Che palle. Luke spostati che me ne devo andare”
“Vengo con te biscottino!”
“Quanto sono adorabili?”
“A me fanno solo paura”
E così, Ashton si ritrovò da solo.
Mica tanto solo, in realtà, dati i milioni di pensieri che gli affollavano la mente.
Alla fine, il suo obbiettivo era uno solo: dimostrare al gruppo che l’unica vera cosa da fare era divertirsi.
Perché Ashton forse non aveva capito un cazzo di un sacco di cose; ma il significato della vita, lui, l’aveva colto eccome: ridere.
E perché perdere altro tempo?
‘Che il Piashton abbia inizio, puttanelle’
Sorrise.
 
***
 

Quando andava in giro per i corridoi, Ashton si accorgeva delle occhiatacce. Certo, faceva caso anche ai sorrisi e agli sguardi ammirati, ma più che altro si facevano notare le occhiatacce.
Quelle, erano davvero tante: da persone che non conosceva, da persone con cui non aveva mai parlato, e persino da persone che non aveva mai visto!
Ma non avevano mai pesato niente, alla fine. Sapeva com’erano quelle persone: troppo gelose della felicità altrui, troppo occupati a pensare ai drammi della vita per viverla davvero.
Tutti l’avevano sempre ammirato o odiato per la sua spensieratezza.
‘Ma sono scemo io che prendo la vita sempre come un gioco, o lo sono gli altri, che la vedono come una condanna ai lavori forzati?’, si chiedeva spesso.
E una volta Brienne gli aveva pure risposto, ‘Forse lo siete tutti quanti!’, aveva detto.
Ma c’erano ben due cose che facevano perdere la ragione ad Ashton.
La prima, risultata tale da una scoperta davvero recente, erano le cattiverie di Helena. Certo, solo quando esagerava, ma gli dava davvero fastidio che una ragazza bella e intelligente come lei si abbassasse a tali livelli di meschinità…
‘Stai divagando, Ashton’
La seconda cosa, invece, era molto più semplice. Usciva fuori di testa quando per qualche ragione la riuscita di uno dei suoi Piashton veniva messo a repentaglio.
E quel problema aveva un nome, una faccia, e un fottuto violoncello.
Blekking lo stava fissando, con un sorrisetto che non prometteva nulla di buono e con i capelli legati in una crocchia davvero penosa – ma se li pettinava ogni tanto i capelli?
Ashton ricambiava l’occhiata, senza mai far trasparire un’emozione dai suoi occhi.
Non poteva permettere che persino una ragazza fuori dal mondo come Blek potesse sospettare un suo attacco.
Eppure lei, nonostante il camper fosse stato lasciato da tutti gli altri, continuava a mettere la pece al suo archetto. Movimenti veloci e precisi, prima sulla punta, poi sul tallone, ancora e ancora.
Il tutto senza mai distogliere lo sguardo.
‘Questa qui ha capito’
Il campanello d’allarme nella testa di Ashton cominciò a suonare, più forte che mai.
Che con l’età le sue capacità da spia professionista stessero facendo cilecca?
“Allora, Ashton”, cominciò la ragazza, allargando il sorriso.
‘Maledetta Blekking, pagherai per aver sfidato il grande Ashton’
Come poteva combattere una come Blekking?
Spaventandola? No, non ci sarebbe mai riuscito.
Insultandola? No, l’avrebbe solo fatta ridere: non lo prendeva mai sul serio.
“Come stai?”, chiese lei.
“Benissimo”
Picchiandola? Oh no, poi se la sarebbe dovuta vedere con Luke. E poi lui era un gentiluomo.
Sensi di colpa?
‘Ma certo! Sensi di colpa!’
Ashton, finalmente, ricambiò il sorriso, facendo leggermente vacillare l’espressione sicura della ragazza.
‘Ora vedrai chi è il vero boss’
“Perché non esci, Blekking?”, le chiese.
Era seduto su una sedia presa dalla cucina, proprio davanti a lei, in mezzo al corridoio.
Erano faccia a faccia: un vero scontro fra Titani.
“Perché dovrei, Ashton?”
“Perché non hai fatto niente da quando abbiamo cominciato il viaggio, Blekking”
“Disse il ragazzo che passa le giornate a cercare di fare amicizia”
‘Uh, questa vuole fare sul serio’
Ashton si scosse i capelli, schiarendosi la gola.
Voleva giocare? Avrebbero giocato.
“Luke ha già venduto due quadri, per un totale di 200 euro. Tu invece? Passi il tempo chiusa nel camper a fare stupidi esercizi con il violoncello. Davvero da ammirare”
‘Vai così, Ashton’, si complimentò da solo.
La ragazza spalancò gli occhi, oltraggiata “Come osi brutta carogna! – esclamò – 37 secondi per arcata, ripeto, con tanto di suono perfetto. Dove la trovi una violoncellista talentuosa la metà della sottoscritta?”, si vantò, con tanto di mani in alto che simulavano una danza della vittoria.
‘O è la danza della pioggia?’
Blekking faceva schifo quasi quanto lui a ballare.
“Non capisco niente di quello che stai dicendo, Blek”
“Questo perché sei una capra ignorante, Ashton”
‘Oh, questa faceva male, ok’
“Sei crudele”
“Pensi che puntando sui sensi di colpa otterrai qualcosa?”, chiese, ridendo.
‘Sì?’
“Io ci provo”, sussurrò il ragazzo, sconsolato.
“Illuso!”, gli urlò, puntandogli contro l’archetto con fare minaccioso.
‘No’, pensò Ashton.
‘Mai e poi mai’
Non sarebbe stata la fine del suo Piashton. Il Pishaton avrebbe visto la sua gloriosa riuscita, nonostante tutto, nonostante la ragazzina che adorava e odiava allo stesso tempo.
Blekking Williams non si era mai scontrata contro un Ashton privato di un Piashton, e non era una bella visione.
“Vattene e basta!”, Ashton scelse un approccio più diretto per ottenere risultati.
‘Maledettissima Blekking’
“Che cosa mi dai in cambio?”
Ancora quel sorrisetto bastardo.
Ma Ashton, a quel punto, capì. A Blekking non fregava niente di quello che doveva fare nel camper da solo, a lei interessava semplicemente infastidirlo e ottenere qualcosa in cambio.
‘Wow’
Sospirò. Cosa poteva offrire a Blekking di così incredibilmente interessante da smetterla di infastidirlo?
Il cibo sembrava un’ottima risposta.
“Due vasetti di nutella e quattro confezioni di caramelle”
‘Quanto sei disperato, Ash’
Ma ne valeva la pena, cazzo. Era in gioco un Piashton coi cazzi e stracazzi.
“Caramelle a mia scelta?”
“Certo”
Sperava davvero di ottenere qualcosa col suo fare accomodante? Era solo un illuso.
“Non basta”, gli disse, schioccando la lingua sul palato.
“Tre barattoli di nutella  e cinque pacchi di caramelle”, ritentò.
La ragazza scossa la testa e “Tanto dolce, va bene, ma il salato?”
‘Stupido salato…’
“Quattro pacchi di patatine, due barattoli di nutella…?”
“Non erano tre, i barattoli di nutella?”, lo interruppe, facendo finta di limarsi le unghie.
Il ragazzo sbuffò ‘Non si accorge delle nuove tinte di Michael, e si accorge di un stupido numeretto…’
E mentre loro discutevano, l’orologio andava avanti e avanti, tic toc, tic toc.
Ashton non poteva più aspettare: avrebbe tirato nuovamente fuori il suo lato bastardo.
“Più semplicemente potrei dire ti ho sbadatamente mentre strappavi i fogli delle regole con fare ribelle…”
“Non troppo cattivo, Ashton”
“E continuare dicendo che hai addirittura fatto un falò con quella stessa carta strappata”
“Attento, rischio l’infarto dallo shock”
“Per concludere in bellezza, poi, potrei dire di aver cercato in tutti modi di fermarti, davvero, ma ormai le lenzuola linde e pulite di Helena erano diventate cenere al vento…
“Non oseresti…”, sussurrò quella volta, nel mezzo tra il divertito e lo spaventato.
‘Oh, non mi prenderà mai davvero sul serio. Come io non farò mai con lei, d’altronde’
“Mettimi alla prova, italiana”
Si fissarono con intensità per due minuti buoni.
“Helena non ti crederebbe mai”, parlò poi lei.
“La tua parola contro la mia”
A quel punto la ragazza rise e “Sul serio, Ash? Siamo due pezzi di merda, penserebbe che abbiamo mentito entrambi e alla fine ci darebbe fuoco lei stessa”
Anche lui la seguì nella risata, immaginandosi un ipotetico scenario.
Sarebbe stata una battaglia davvero combattuta, in effetti: la ragazza che odiava contro il ragazzo che li aveva fatti finire in carcere.
Chi avrebbe vinto?
Perse tutta la rabbia iniziale: “Oddio, lo facciamo sul serio e vediamo a chi crede? Sarebbe, tipo, troppo divertente!”
“Assolutamente sì! Poi potrem-“
Ashton tornò in sé. “VATTENE BLEKKING!”, le urlò contro, accompagnando le sue parole ad un gesto davvero troppo teatrale, come a voler scacciare via una mosca fastidiosa.
‘Effettivamente è una metafora che calza a pennello’
“Ashton, amico mio, perché urli all’alba?”
Tutte le sue speranze svanirono nell’esatto momento in cui sentì una seconda voce. E tralasciando il fatto che fossero le undici del mattino, e che l’alba era passata da un bel po’ di tempo, non aveva neanche voglia di insultare Michael.
Poteva sperare di liberarsi di una piaga, ma di due?
‘Uccidetemi, vi prego’
Aveva detto che amava il loro gruppo e tutte le tragedie che ne conseguivano?
Beh, si rimangiava tutto. Li odiava, tutti quanti.
Michael Clifford, con il suo magnifico pigiamino azzurro con una fantasia di hamburger, fece la sua trionfale entrata nel neo-campo di battaglia.
Lanciò prima un’occhiata a Blekking, poi a lui; fece un cenno di saluto ad entrambi, sorriso compreso.
‘Altro che sorriso, ora ti picchio omino colorato’
Ma Michael aveva già raggiunto la cucina.
“Non ci posso credere”
Ashton, per la prima volta in tutta la sua vita, stava per perdere le speranze. Aveva sempre trovato un motivo per andare avanti, per combattere, per non fermarsi mai.
Ma se anche un Piashton epico come quello faceva acqua da tutte le parti, tutte le sue certezze andavano in frantumi.
“Oh dai, piccolo Ash, non piangere”
Avrebbe riso, se non avesse avuto il repellente bisogno di schiaffeggiarla.
“Ashton sta piangendo? Fagli una foto!” sentì urlare da Michael.
‘Siamo tipo a due metri di distanza, perché urla così’
“Non ci è ancora arrivato, ma è molto vicino. Lo controlli tu mentre io vado a prendere la Canon?”, lo imitò Blekking.
In circostanze diverse avrebbe sicuramente retto il gioco, mettendo pure ancora più carne sul fuoco.
Ma in quel momento…
“La volete finire?”, sussurrò, disperato.
“Sta per cedere! Corri a vedere, Mike!”, rise la ragazza, continuando a fissarlo in modo maniacale.
Davvero erano così crudeli?
‘Ash, ti ricordo che volevi frugare in mezzo alle cose dei tuoi compagni per trovare qualcosa di abbastanza imbarazzante da essere usato contro di loro…’, si disse da solo.
E un nuovo fuoco ardente prese il possesso di lui, ricordandogli il vero motivo per tutto quel casino era incominciato: riunire il gruppo.
E se per ottenere la felicità avrebbe dovuto sacrificarsi, beh, sarebbe stato fiero di essere un martire.
Quando Michael li raggiunse correndo con il fiatone – una gran bella maratone di due pazzi e mezzo, gente – tirò fuori il vero animale che c’era in lui.
Ashton all’attacco, cazzo.
“Non volete muovervi con le buone? Bene, passiamo alle cattive”
“Ehi amico, ma cosa stai dic-“
Non lo fece neanche finire, che subito si avventò su di lui. L’ra funesta di Ashton Irwin era paragonabile a quella del famoso Achille, era quasi sicuro che l’Orlando furioso sarebbe stato davvero fiero di lui.
Come prima cosa, così come gli era stato insegnato da suo padre, bloccò le braccia di Michael. Purtroppo Clifford cominciò a dibattersi come un’anatra arrabbiata, facendolo sbilanciare pericolosamente. Cominciarono così una sorta di lotta, senza mai darsi pugni né calci.
Effettivamente, stavano più che altro rotolando per il camper guardandosi male a vicenda.
‘E questo è il motivo per cui evito le risse in discoteca’
Che Ashton non fosse in grado di fare a pugni con qualcuno, era ormai un dato di fatto. Ma l’evidenza che Michael fosse incapace quasi quanto lui, era stato un vero colpo di fortuna.
Blekking, intanto, per evitarli era salita in piedi sulla sua stupida sedia, continuando a muovere l’archetto a destra e manca sperando di colpire qualcuno.
Ecco, Blekking Williams era persino peggio di loro.
“Mi vuoi mollare Ashton?!”
“No, mollami tu!”
Mai
‘Come osa…’
Per rendere la sua lotta al potere più seria, Ashton si azzardò pure a mettergli una mano in faccia, cercando di coprirla il più possibile. Michael, per difendersi, gliela leccò.
Ebbene sì: una grande passata di lingua, una quantità di saliva industriale, e nessun rimorso.
Ashton ebbe come un deja-vù: quando aveva già vissuto quella situazione?
Forse quando aveva sei anni, era molto probabile.
Peccato che allora sembrasse molto più maturo; come vola il tempo, eh?
‘Dio, che schifo’, pensò, osservando la mano con uno sguardo a dir poco disgustato.
Appena sentì l’umida presenta di Michael sulla sua mano, con uno scatto da campione olimpico si era alzato; peccato non avesse calcolato bene le distanze.
Per quello stesso motivo, si ritrovo a meno di cinque centimetri dal volto agguerrito dalla ragazza – o meglio, a meno di cinque centimetri dalle sue tette, dato che era ancora in piedi sulla sedia.
Ella impugnò con più vigore la sua arma contundente, lanciandogli uno sguardo pieno di sfida.
‘Finirà mai tutto questo?’
Prima la pseudo-rissa con Michael.
Poi un qualcosa di potenzialmente pericoloso con Blekking.
Quel Piashton, temeva, non aveva un grande futuro davanti a sé.
“Fermo! – gli urlò Blekking – Ho un archetto! E non ho paura di usarlo”
‘Effettivamente ha una punta non indifferente’
Poteva un oggetto così elegantemente usato comunemente diventare un’arma pericolosissima nelle mani di una psicopatica come Blekking?
La risposta era sì.
“Uh, attento che te le suona Ashton!”
‘Ma porca puttana’
“Questa era pessima, Hemmings”, ma Michael rise comunque.
Sia la ragazza che Ashton si girarono di scatto verso l’entrata del camper, osservando un divertito Luke Hemmings che li guardava con superiorità.
Bene, ed erano arrivati a ben tre testimoni indesiderati.
Poteva andare peggio di così.
“Michael ha ragione, faceva proprio schifo”
Il biondo liquidò le lamentele della mora con un gesto disinteressato della mano, per poi osservare con attenzione il volto di Ashton.
Cosa poteva leggere? Era più palese la sua rabbia o la sua disperazione? Probabilmente la frustrazione.
O forse tutte quante, chissà.
Luke gli sorrise furbo, mentre si avvicinava al piccolo gruppo.
“Da quando sei qui?”, chiese il ragazzo dai capelli ormai rossi, ripresosi dalle montagne russe col riccio.
Si sistemò meglio la maglia del pigiama, per poi tornare a sorridere come se non fosse successo niente.
Michael Clifford era una continua sorpresa, nonostante fosse potenzialmente quello più normale del gruppo.
‘Quando servono non ci sono mai, e adesso…’
Però doveva ammetterlo: anche solo in quattro il casino era bello grosso.
Che si potesse accontentare?
‘No, Ashton Irwin prende tutto’
“Da quanto sei qui, Luke?”
“E’ davvero importante?”
‘Se hai visto le mie abilità combattive sì, perché non sarò mai più credibile con le minacce’
“Luke, perché sei qui?”, gli chiese Ashton, portandosi le mani ai capelli.
Poteva sembrare mascolino anche piangendo? Lo sperava tanto.
“Calmati, furia – lo derise il ragazzo, ridacchiando – mi ero solo dimenticato i pennelli”
‘Il bastardo si è solo dimenticato i pennelli. Chiaro”
“E non te ne puoi proprio andare adesso?”, continuò.
Il biondo scosse la testa, proprio come farebbe un bambinetto dispettoso.
“Che accoglienza calorosa. Potrei abituarmici, sai?”
‘Hemmings, amico mio, vaffanculo’
“Ashton ha avuto un attacco di schizofrenia”, spiegò Michael.
‘Io? Io schizofrenico? Brutto –‘
“Scusami Clifford, ma l’ultima volta che ho controllato era Calum il dottore”
‘Ok, ora sembro una ragazzina mestruata’
“Ma dato che il sopracitato ragazzo passa la metà del suo tempo svenuto e l’altra metà a nascondersi da noi, ho pensato ci volesse qualcuno che lo sostituisse”
“E hai dedotto che con la tua laurea in lingue potessi risultare un ottimo rimpiazzo?”
“Beh, sempre meglio di una ragazza che esulta per 37 secondi una arcata ragazzi!, e di uno che passa la vita a colorare”
“Mi ferisci, amico”, ridacchiò Hemmings.
“Perché nessuno prende sul serio i miei risultati?”, si lamentò invece l’unica ragazza.
E sentirli così… beh… ‘Musica per le mie orecchie, ah…’
Ma non era ancora abbastanza per lui.
“Siete adorabili. Ora ve ne potete andare per favore?”
“Perché vuoi stare nel camper da solo, Ashton?”, sorrise birichino Luke.
Ecco, il fatto che Luke Hemmings capisse sempre tutto, se in alcuni momenti risultava pure divertente, in quel momento era maledettamente fastidioso.
‘Parlo o non parlo?’, questo era i dilemma nella testa di Ashton.
Se avesse parlato, beh, molto probabilmente l’avrebbero mandato a fanculo e avrebbero detto tutto agli altri; a quel punto Ashton sarebbe diventato la feccia del gruppo, e non era pronto per quella delusione.
Se invece non avesse parlato… il Piashton della vita sarebbe andato in fumo.
‘Perché la vita mi deve mettere davanti a queste scelte?’
Sospirò sconsolato, ma decise.
“Ok, parlerò, ma – li guardò tutti, soffermandosi sulla ragazza – puoi scendere dalla sedia?”
“Assolutamente no”, rispose secca.
La sua serietà lo lasciò per un attimo spaesato.
“Oh, la piccola Blekking vuole stare, almeno in senso fisico, più in alto degli altri”
La ragazza diede uno scappellotto al biondo, neanche trattenendosi più di tanto.
‘Vai così, ragazza!’
L’aveva già detto che era un’amante sfegatato dei drammi?
“E’ che siete tutti così alti…”, si spiegò.
E per un attimo, uno solo, sembrò pure una piccola ragazzina dolce e indifesa.
Ma quegli occhi… potevano appartenere solo ad una ragazzina fastidiosa e furba come Blekking.
“Scendi comunque”, disse frettoloso.
Blekking lo guardò male, ma alla fine ubbidì comunque. Si vedeva che era davvero troppo curiosa.
‘Bene Ashton, parla. Ricorda, è per il bene comune’
Ce la poteva fare.
“Ok, beh… volevo frugare tra le vostre cose per trovare qualcosa di imbarazzante e ricattarvi”
‘Oh, cazzo, quanto sono stupido’
Certo, evviva la sincerità e tante belle cose, ma anche se il succo era effettivamente quello, forse poteva alleggerire la pillola con diverse scelte lessicali e con qualche omissione.
Era decisamente stupido.
Tutti quanti lo stavano guardando sorpresi e confusi, in un silenzio così assordante da spaventarlo più di mille insulti e minacce.
Che fossero entrati in catalessi?
“Vi prego, dite qualcosa” sussurrò talmente piano che, forse, neanche lo sentirono.
Però sembrarono captare qualcosa, data la successiva reazione.
“Io torno a dormire”, decise di ignorarlo, Michael, tornando nella sicurezza della sua brandina.
“Io mi metto a frugare con te!”
‘Benedetta sia la pazzia di questa ragazza’
Ne mancava solo uno.
“Io vi guarderò faticare mentre mangio i cereali di Calum”
Oh beh, era andata meglio del previsto.
‘Mai dubitare di Ashton Irwin e dei suoi Piashton. Mai’
 
I patti erano chiari: lui non avrebbe frugato nelle loro cose, ma in compenso avrebbero dovuto seguirlo nel luogo per il grande incontro che aveva progettato.
dopo aver stabilito questa semplice regola, avevano deciso di cominciare con i più innocenti del gruppo: Calum e Sarah – Helena, di comune accordo, era stata lasciata come gran finale.
In realtà, non era stata una scelta casuale: per qualche strana ragione, Ashton si sentiva a disagio nel frugare tra le cose della bionda. Era per caso senso di colpa quello che provava?
Non lo sapeva. Sapeva solo che gli sembrava… scorretto.
E poi, se lo avesse scoperto, l’avrebbe picchiato a sangue – e lui non voleva neanche pensare di rischiare.
Michael, dal fondo della Mistery, ascoltava con piacere l’ultimo album dei Sum 41, facendo qualche commento sul gruppo ogni tanto.
“Ancora non capisco perché Stevo abbia lasciato la band. Dove la ritrovano una batteria così?”, appunto.
E Blekking gli rispondeva pure: “Pensavo la stessa cosa anche quando aveva mollato Dave, ma se la cavano bene com- oddio! Un’altra medicina!”
La ragazza, seguendo il suo cuore, aveva tanto insistito per poter frugare nelle cose di Calum.
Quando Ashton le aveva chiesto il perché, lei aveva semplicemente detto “Perché voglio vedere cosa si porta dietro un disagiato come lui!”
La odiò, in quel momento, perché lui voleva fare la stessa identica cosa.
“E siamo a quota sette! Perciò è allergico ai pollini, alle polveri, al pomodoro, ha l’asma, soffre di attacchi di panico, è diabetico e ora che altro?”, chiese Luke, sempre più divertito.
Li stava osservando da ormai mezz’ora, sempre nella sua comoda sedia a mangiare cereali.
Non faceva altro che prenderli in giro, commentando ogni loro mossa.
Che poi, non che stessero facendo le grandi spie: avevano passato metà del tempo a fare battutine stupide e l’altra metà a ridere di quelle stesse battutine.
Ok, lui con le suo imitazioni doc non aveva fatto altro che mettere carne sul fuoco, ma ehi, dovevano lavorare.
“Non riesco bene a capire – avvicinò il barattolo delle pillole al suo viso, per vedere meglio – ah, è solo mal d’auto”, commentò, quasi delusa.
“Ragazzi, dobbiamo lavorare”, li interruppe quella volta, perché sapeva che avrebbero potuto continuare a parlare di cazzate per ore.
Come faceva a saperlo?
Beh, lui avrebbe partecipato alla conversazione.
“Stai prendendo troppo sul serio questa storia, Ashy
E con quelle parole, gli sembrò di tornare indietro nel tempo.
Niente di emozionante e speciale, affatto: anno 2004, mese Ottobre, e il migliore amico al fianco di un piccolo Ashton Irwin.
Era la magica notte di Halloween, forse la festa preferita del simpatico bambino – subito dopo il natale, chiaramente. Aveva ossessionato la madre talmente tanto, che alla fine aveva ottenuto esattamente ciò che voleva: la riproduzione più originale in assoluto del costume di Spiderman, il suo supereroe.
E quando era andato a sfoggiarlo in giro per la città, in compagnia di Ted, ecco che tutti gli facevano i complimenti.
“Quanto stai bene, Ashton”, “Questo costume è fantastico, Ashton”
E ad ogni commento, lui si chiedeva sempre la stessa cosa: ‘Come fanno a non capire’
Quella sera, non sorrise neanche una volta. E Ted, sempre preoccupato per il suo grande amicone, osò addirittura chiedere il perché.
“Io sono Spiderman, non Ashton. Non vedi? Spiaderman!”, e a quel punto era scappato dall’amichetto, imitando con la bocca i rumori delle ragnatele, proprio come un vero supereroe.
“Prendi questa storia troppo sul serio, Ton”, gli aveva urlato Ted.
E a distanza di dieci anni, le cose non erano affatto cambiate.
“Io sono Spiderman”, si ritrovò a sussurrare, preso dai ricordi.
“Cosa?”, fece Blekking, disinteressata.
A quanto pareva, era arrivata a selezionare i vestiti: teneva in mano una maglietta bianca a pois, ma niente di particolarmente imbarazzante.
Tutte quelle azioni, temeva, erano solo un buco nell’acqua.
“’A dark road out of hell’, poi… Cavolo che capolavoro. Mi ricorda tantissimo ‘Jesus of Suburbia’, dei Green Day”
‘Ancora, Michael?’
“Beh, effettivamente agli inizi del loro percorso, con il loro stile più punk malinconico, hanno preso un po’ dei Green Day. Ed effettivamente la modalità con cui sono state strutturate è la medesima, solo che i Green Day hanno messo cinque canzoni mentre i Sum solo tre. Io preferisco comunque la versione dei Sum”
‘Perché non stai zitta, Blek?’
“Non ce ne frega niente!” esclamò, accompagnando quella sottospecie di insulto con un balletto davvero imbarazzante, tanto per sciogliere un po’ la tensione che aveva in corpo.
Certo, non era uno dei modi migliori ma…
Oh, chi se ne frega.
“Balli in modo osceno, Irwin”, gli rise in faccia il biondo.
“E non hai visto Bl-“
“Irwin, fatti i cazzi tuoi!”
Rise al rimprovero della ragazza, per poi tornare alla ricerca di… beh, qualcosa.
Decise di adottare una nuova tattica, quella volta. Perché continuare a cercare nella sua borsetta o tra i suoi vestiti? Aveva solo trovato un paio di mutande con dei cupcake, ma non valevano niente.
Nel suo letto, invece, c’era un pupazzo della Disney – era un cane, ma non si ricordava proprio il nome.
Tuttavia, era più che certo che, se solo l’avesse menzionato, lei l’avrebbe presentato con allegria a tutto il gruppo. E altro che imbarazzo, tutto quello che la ragazza avrebbe provato sarebbe stato orgoglio.
Ormai l’aveva capita, Sarah. Era strana, certo, esagerata delle volte, ma era essenzialmente semplice.
E dove nasconderebbe qualcosa una ragazza semplice?
Probabilmente nello stesso posto in cui la nasconderebbe un ragazzo semplice.
“Ehi Michael – lo chiamò, rumoroso – Dove nasconderesti tu qualcosa?”
Era stupido, certo, ma tentar non nuoce, no?
“Ma la senti la batteria in Screaming Bloody Murder? Cazzo, è una roba irripetibile, io non c-“
“Mike, cagami”, lo interruppe.
Il ragazzo sbuffò, e “Sotto il letto, probabilmente”, rispose.
‘Ma certo, sotto il letto’
“Non troppo originale, Clifford”
“Oh, non sono abbastanza per il magnifico Hemmings?”
“Stai parlando come una ragazzina depressa, Mike”
“Anche tu, ora? Scusate se parlo come mangio e non cerco significati strani in ogni cazzata che vedo, grandi artisti dei miei stivali”
“Oh andiamo, sappiamo entrambi che Blekking non ne capisce niente di queste cose”
Ehi!”
A quel punto, smise di ascoltarli. Non tanto per il fatto che suonassero maledettamente patetici e infantili – anzi, quando facevano così li piacevano pure di più!
Semplicemente, quando si inchinò col culo all’aria in una posa dannatamente sexy per controllare sotto il letto, trovò una coperta raggomitolata.
Era morbida, pelosa, e di un azzurro quasi terapeutico.
Quella coperta, lui, non l’aveva mai vista – e lui notava sempre le cose pelose e morbide (nessun fraintendimento, per favore).
E poi, perché una coperta del genere era stata nascosta? Fosse stata di sua proprietà, si sarebbe guadagnata un posto d’onore nel suo letto, come minimo.
‘Deve nasconderci qualcosa in mezzo, ne sono certo’
Aveva fatto bingo.
“Ehi ragazzi, venite un po’ qui”, li richiamò, interrompendo il loro battibecco.
Sentì qualche sbuffo scocciato accompagnato da flebili lamentele, ma nel giro di pochi secondi si trovò tutti i suoi amici al suo fianco.
Con un po’ di difficolta data dalla posizione poco ortodossa, tirò fuori la coperta fatta a palla.
“Guardate un po’”, disse loro, appoggiandola sul letto di Sarah.
Gli altri, intanto, non sapevano che dire.
“Una coperta azzurra, incredibile”, fece sarcastica Blekking, facendo solo alzare gli occhi al cielo ad Ashton.
“Perché dovrebbe metterla sotto il letto”
“Perché, non so, è tipo estate?”, rispose frenetica la ragazza, come se Ashton, con la sua cazzata, avesse interrotto chissà quale interessante attività.
‘Non fai un cazzo dalla mattina alla sera…’
“Ma perché raggomitolarla?”, chiese quella volta Luke.
“Perché non aveva voglia di piegarla?”
Tutti guardarono straniti Michael, che sentendosi attaccato alzò le mani, come per difendersi.
“Ehi, non fate cosi”, disse infatti.
“Stai ragionando come un Michael, non come una Sarah”, fece saccente il biondo.
“Forse perché io sono Mich- Oh basta ragazzi, la situazione sta degenerando!”, si lamentò Mike.
Era evidente che non fosse abituato a tutta quella pressione: era talmente solito a fregarsi di tutti i problemi che alla più minima pressione psicologica usciva fuori di testa.
E ad Ashton piaceva un sacco il Michael fuori di testa.
‘Eserciterò una tale pressione psicologica su di teda farti arrivare in Cina, amichetto mio’
“Non puoi sistemarla e basta, così vedi se ci ha nascosto qualcosa dentro?”, si lamentò ancora la mora.
‘Oh, giusto’
“Ok, va bene”
Detto ciò, prese un respiro profondo, stirando la coperta per bene.
Basto un semplice gesto per riuscire ad intravedere un qualcosa che di morbido e peloso non aveva proprio niente.
Era una piccola busta no-frost, che Ashton da piccolo usava per portarsi dietro la merenda dato che la madre non voleva mai comprargli una valigetta apposita.
Peccato che dallo sfondo trasparente non si vedesse un sandwich al formaggio, affatto…
La busta era piena zeppa di pastiglie.
Erano essenzialmente semplici: piccole, rotonde, bianche. L’emblema della sanità, no?
Eppure, avevano un’aria spaventosa, quasi minacciosa.
Che cosa erano davvero?
“Ok, questo è strano” disse perplesso Hemmings, scrutando con attenzione il sacchetto.
“Anche lei soffre il mal d’auto?”
‘Oh no, Michael, non credo proprio siano per il mal d’auto’
“Quanto sei stupido, Mike”, la ragazza diede un piccolo pugno al ragazzo, ricevendo ulteriori lamentele da lui.
Ehi ma qui… “C’è scritto per Noah, e poi un indirizzo”, espose i suoi pensieri.
Come avevano potuto non notarlo subito? Era una scritta grande, fatta probabilmente con un pezzarello indelebile, proprio sul fondo del sacchetto.
‘E ora chi cazzo è questo Noah? Non bastiamo noi a fare casino?’
“Che sia un souvenir per il padre”, ci scherzò la mora, senza però ottenere nessuna risposta.
‘Basta, devo capire’
Così, senza indugiare ulteriormente, Ashton sciolse il nodo della bustina.
Mai l’avesse fatto.
Non che avessero chissà quale odore insopportabile ed asfissiante, anzi.
Certo, l’odore che emanavano era particolare, ma talmente tenue da risultare quasi impercettibile.
Quello che fece preoccupare Ashton era ben altro: lo sguardo terrorizzato di Luke.
“Ragazzi… quella è droga
Il biondo la sussurrò quasi, quell’orribile parola, ma tutti la sentirono comunque.
Non seppe bene cosa provò, Ashton.
Era un miscuglio tra stupore, terrore, confusione, incredulità… non se la stava passando proprio bene.
Blekking, invece, aveva riso.
E aveva riso davvero tanto.
Per poco non la seguiva anche lui, con la risata, ma era davvero troppo stranito.
Cosa aveva combinato, con quel dannato Piashton?
“Quindi tu odori le cose e sai se è droga o meno?”, Blekking derise il ragazzo.
“Ehi! Sono stato addestrato dalla polizia, ho fatto un corso, sono bravo in queste cose”
La ragazza rise ancora più forte e “Con chi ti hanno addestrato? Con Lessie?”, continuò.
“Era Rex, non Lessie”
“Sì ma volevo fare una battuta sulla tua incapacità dicendoti ‘Torna a casa Lessie’ ma come sempre hai rovinato tutto”
“Beh, non avrebbe fatto ridere”
“Io avrei riso”, si intromise Michael per un istante.
“Beh non me ne frega n- Cazzo ragazzi, stiamo divagando”
‘Oh che carino, se ne è accorto’
Poi d’un tratto Ashton si ricordò di avere in mano della fottuta droga, e immediatamente mollò il pacco incriminato, facendolo cadere sul letto.
C’era una cosa che la signora Irwin gli aveva insegnato, e in nome della testa di sua madre, Ashton non avrebbe mai toccato della droga.
Anche se non si fidava delle capacità olfattive di Luke Hemmings.
“Ragazzi, quella è LSD, ne sono certo”, ribadì.
E cosa fare allora? Quella era davvero droga?
‘Perché?’, continuava a chiedersi Ashton.
“Merda” disse invece Michael, sedendosi per terra.
In quel momento avrebbe tanto voluto fare come lui: andare a letto, ignorare il mondo e i suoi stupidi problemi, e poi farsi i maledetti cazzi suoi senza rimpianti.
Ma avrebbe davvero potuto ignorare una cosa del genere?
‘E’ droga, cazzo’
“Quindi che si fa?”, sospirò la mora.
Ashton si guardò in giro, consapevole che la soluzione potesse essere una sola.
“C’è solo una persona in grado di indagare su questa faccenda, e noi sappiamo chi è”, disse in tono solenne.
“Oh no”
“Oh sì”
“Dobbiamo per forza  coinvolgerla? Non posso essere la sola ragazza nel gruppo, quella affascinante, che tutti vogliono per sé?”
“Ma che stai dicendo, zucchero?”, si intromise Luke.
“La aspetteremo, sarà qui a momenti per il pranzo”, dichiarò Ashton.
Nessuno osò replicare, quella volta.
‘Perché?’, si chiese una volta.
E per la prima volta, desiderò di eliminare dalla faccia della storia un suo Piashton.
Perché?
 


***
 


I primi dieci minuti passarono lentamente, tanto da sembrare interminabili.
Ognuno scaricava la tensione a modo suo, ma sempre in religioso silenzio.
Luke aveva fatto il giro del camper una settantina di volte, senza mai alzare lo sguardo da terra.
Michael aveva semplicemente preso la coperta e si era sdraiato per terra, coprendosi con il telo completamente, dalla testa ai piedi – ma respirava, almeno?
Comunque, da allora non si era ancora mosso.
Blekking invece aveva mantenuto un’espressione corrucciata tutto il tempo, pur mangiando dei cereali.
Ashton invece… beh, era troppo occupato ad aspettare con ansia l’arrivo della bionda.
Le cose cambiarono quando passarono alti venti minuti.
Era bastato uno sguardo, uno solo, fra Blekking e Luke. Poi entrambi si erano messi a ridacchiare senza un apparente motivo, ma contagiando pure Ashton.
Michael non si era fato sentire.
Da quel momento avevano incominciato una serie di conversazioni assurde sulla droga e simili, che davvero Ashton non riusciva a commentare se non con un ‘Ma che cazzo sta succedendo?’
“Mi spiego-“ disse per l’ennesima volta Blekking, lanciando un cereale verso la bocca di Luke.
Lo prese per miracolo; peccato.
“Ti sei già spiegata” borbottò, con ancora la bocca piena.
“No, non mi sono spiegata”
“Abbiamo capito” sbuffò quella volta Ashton, senza però riuscire a nascondere un sorriso divertito.
“No che non avete capito!” insistette, quasi scocciata.
Interpretò il silenzio dei ragazzi come una spinta a continuare il discorso.
Beh, comunque non lo era affatto.
“Dico solo che se Sarah si drogasse si spiegherebbero tante cose”, ripetette.
Quella volta mise un intero pugno di cereali nella sua bocca, tanto da risultare davvero disgustosa.
‘Meno male che è lei la ragazza affascinante…’
“E perché, sentiamo”, già cominciò a ridere, Hemmings.
“Perché è sempre felice, no? Cioè, tipo, io non mi sorprenderei se a questo punto scoprissi che anche Ashton si droga”
‘Ma che cazz-‘
“Ehi!”, si lamentò, sinceramente ferito.
“Cuore mio, ti posso assicurare che gli effetti dell’LSD non comprendono la risata facile”, disse dolcemente Luke.
Incominciò pure ad accarezzarle i capelli, data la loro vicinanza.
Quanto erano diabetici.
“Senti Rex, Lessie, Beethoven, Spirit o come diavolo vuoi essere chiamato,”
“Spirit era un cavallo”, lo ignorò.
“Non contraddirmi. E comunque, dicevo – ‘Qualcuno la fermi, vi prego’ – con le sue manie da ambientalista maniaca… insomma, io lo sospettavo pure. Poi anche Asht-“
“Ma la vuoi finire di nominarmi?”, esclamò disperato quella volta, facendo solo aumentare le risate del biondo.
“Mai”
Fu così che li trovò, Helena, quando finalmente arrivò nel camper per il pranzo.
Un Ashton con quasi le lacrime agli occhi, l’allegra coppietta che faceva cose da allegra coppietta, e un cadavere a forma di Michael Clifford.
La fame le passò immediatamente.
“Oh no, questo no. Me ne vado, ciao”, cercò di liquidarli il più in fretta possibile. Tuttavia, a fermarla non furono solo urla frustrate e incredibilmente fastidiose, ma qualcuno osò addirittura afferrarle un braccio.
E quel qualcuno aveva dei capelli ricci più spettinati del solito, e uno sguardo assatanato quasi quanto quello di una Sarah davanti ad un negozio di cuccioli.
‘Oh no, non mi scappi’
La portò all’interno della Mistery Machine, chiuse la porta, e cercò di prepararsi un discorso decente per alleggerire la bomba.
“Abbiamo trovato LSD nel letto di Sarah”
‘Cazzo Irwin, sei un asso nei discorsi seri’
“Proprio prima che io e Justin Bieber cominciassimo la nostra serie di coca, che fortuna! Possiamo organizzare un rave-par… Ehi ma è vivo Michael?”
Helena guardò confusa il ragazzo per terra, che non muoveva un muscolo da almeno quaranta minuti.
Che si drogasse pure lui?
“Lascia perdere Michael, sono serio!”
“Non dovremmo tipo dargli un bicchiere d’acqua?”, continuò invece lei, quasi preoccupata.
Quasi, eh. Perché, come sempre, la sensazione più palese era quella di disgusto.
“Ti ho detto di lasciare perdere!” urlò quella volta, con la voce di un’ottava superiore al normale.
Per un attimo si chiese dove fossero finiti i suoi coglioni.
‘Wow Irwin, sei peggio di una scolaretta. Vai così!’
“Rilassati, amico”, lo prese in giro, per l’ennesima volta, Luke.
Quella coppia era nociva per il mondo, lo sapeva.
“Helena. Helena, dicci come facciamo ad uscirne. Cosa dobbiamo fare?” ignorò tutti e tutto.
Prese le mani della ragazza e le unì alle sue, in un gesti tanto dolce quanto disperato.
I suoi occhi, lucidi dal nervosismo e dal panico, erano fissi su quelli di lei, di un azzurro limpido sempre più confuso e smarrito.
Non si fidava di lui, era palese.
Ma poteva almeno provarci?
“Se vi credessi, e io non vi credo – ‘Bla bla bla…’ – E pensassi seriamente che Sarah tiene dell’LSD qui – ‘Gne gne gne’ – Poiché, a causa dei numerosi controlli a cui ci sottopongono, con della droga ha messo in pericolo tutti noi, deciderei di parlarne con lei.”
Disse infine.
E ‘Che merda di sentenza’, già.
In realtà si aspettava qualcosa di più, dalla crudele Helena.
Che so, tipo la creazione di un girone dell’inferno a posta per lei, o una tortura medioevale particolarmente cruenta…
Di sicuro non voleva limitarsi a parlarci, con Sarah.
Insomma, era roba grossa!
Ashton sbuffò, quella volta annoiato.
Un Piashton sprecato per una chiacchierata cattiva? Assolutamente no.
E poi, la grande idea.
Ma cosa grande, la davvero grandissima idea.
“Seguiamola!”, urlò, euforico.
‘Se la dogana non ci ha beccati, ha preso la droga qui. E se l’ha presa qui, ha contatti con spacciatori qui!’
“Ma mi ascolti quando parlo? – lo rimproverò la bionda – Ti ho appena detto che è molto meglio se ne parlassimo direttamente con lei e…”
“Saremo delle vere spie!”, continuò davvero troppo felicemente Ashton.
Cercò sostegno ed eccitazione anche negli sguardi degli altri, ma tutto ciò che ottenne fu un poco sentito “Evviva” di una Blekking annoiata.
Ma ad Ashton, poco importava: sarebbe aspettata una grandiosa avventura al gruppo, il giorno dopo.
“La partenza per Grenolo è posticipata, gente!”. Festeggiò, sempre più trepidante.
“E’ Grenoble”, sbuffò Helena.
Ma lui neanche la ascoltò, troppo impegnato a cantare qualche motivetto inventato sul momento.
Niente avrebbe distrutto la sua armonia.
Niente avrebbe distrutto la sua felicità.
Niente avrebbe distrutto assolutamente niente di lui.
Perché quello era stato il Piashton più epico di tutti i tempi.
‘Volevi il dramma? Beh, buon viaggio Ashton Irwin’, si disse da solo, senza smettere di ridere.
E sì, se lo doveva proprio dire: era davvero un gran figo.



Angolo autrice

Allora, come potete notare sto usando il grigio perchè sono in lutto di idee e sono in riardo e faccio schifo e tante altre brutte cose, insomma. Mi dispiace per l'immenso ritardo, m ami sto preparando per gli esami al Conservatorio e sto aiutando mia sorella con la tesina - che mi fa piuttosto schifo ma ehi, tanto sarà lei ad esporla.
Allora, incominciare a scrivere questo capitolo è stato davvero difficile. Partendo dal fatto che mi mancavano le idee, ma proprio completamente, e l'ispirazione era andata a quel paese, vorrei informarvi del fatto che l'idea iniziale era quella di farli cambiare città e BASTA.
Ho un problema con questa storia, ragazze, non va mai come dovrebbe andare. Tutto questo capitolo si è scritto da solo, quindi se vi fa schifo è colpa del capitolo, ok? Ok.
Detto questo, perdonatemi vi prego. 
Buone vacanze, spero ve la stiate passando bene.
Ciao :)


 
  
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