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Autore: lapoetastra    25/06/2015    1 recensioni
1-13 Gennaio 1945. Bastogne, Lussemburgo.
"C'era un declivio con una fila di alberi.
Lì ci fecero scavare la trincea.
I tedeschi ci videro, e ci diedero una gran brutta batosta."
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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< Subentro io! >, urlo con quanto fiato ho in gola a Dike, che mi fissa con sguardo vacuo.
Vorrei picchiarlo, prenderlo a pugni con tutta la forza che ho, perché a causa della sua paura infantile decine di giovani soldati indifesi sono stati uccisi senza pietà.
Ragazzi, poco più che bambini mandati allo sbaraglio senza le direttive e l’incitamento del loro comandante a combattere una guerra nella quale probabilmente non hanno mai creduto.
Dike se ne va traballando, scompare alla mia vista, ed io tiro un sospiro di sollievo, in quanto se fosse rimasto ancora davanti a me sicuramente non sarei riuscito a tenere a freno la mia ira.
Non c’è tempo per i biasimi ed i rimproveri, adesso.
Ora sono io il comandante di questa compagnia, e so che devo fare tutto ciò che mi è possibile per salvare la vita dei miei soldati.
Raggiungo Lipton per informarmi della situazione, e faccio una tremenda fatica a capire le sue parole a causa delle esplosioni che non cessano di tramortirmi con i loro boati assordanti.
Apprendo che il primo plotone è dall’altra parte del muro che si staglia grigio ed imponente ad una ventina di metri da noi, e, dato che non riceve alcun tipo di direttiva su come procedere, sta per battere in ritirata.
Non posso permettere che ciò accada.
Rimango in silenzio un attimo, studiando la situazione.
Prendo una decisione.
< Resta qui! >, urlo a Lipton, e percepisco la confusione nei suoi occhi chiari, ma non posso perdere tempo a spiegargli il mio piano.
Senza pensarci mi metto a correre.
Corro, come se stessi partecipando ad una maratona e non fossi nel bel mezzo di una guerra.
Corro, e non mi preoccupo del fatto che i tedeschi sono tutto intorno a me, con i fucili spianati, pronti ad uccidermi senza che possa fare nulla per difendermi.
Corro, e non penso che a momenti sicuramente percepirò il duro e freddo metallo delle pallottole che mi penetrerà nella carne, strappandomi per sempre alla vita.
Guardo solo davanti a me, e non mi fermo, consapevole di essere circondato dalla morte.
Ma non succede nulla, ed i miei piedi continuano ad avanzare battendo il terreno con ritmo costante.
Vedo il muro dietro al quale si trova il primo plotone.
Lo scavalco come un fulmine, e con il poco fiato che mi rimane do loro indicazioni precise su come e dove attaccare.
Noto gli sguardi sopresi sui loro volti mentre parlo, increduli di vedermi lì come fossi spuntato dal nulla, ed a malapena riesco a trattenere un sorriso.
Le bombe che esplodono e gli uomini in lontananza che gridano mi distolgono dai miei pensieri, e capisco che non è ancora finita.
Devo rifarlo.
Riscavalco il muro e comincio nuovamente a correre in mezzo ai crucchi che per la seconda volta mi fissano inebetiti, stupiti dal mio coraggio e dalla mia stupidità.
Corro, ed anche adesso aspetto di morire da un momento all’altro.
Corro, e penso che in fondo è proprio disonorevole essere ammazzati così, perché ci si è esposti al nemico senza alcuna seppur misera protezione.
Corro, e sono consapevole che se non avessi fatto ciò che ho fatto i soldati del primo plotone sarebbero stati completamente alo sbaraglio, senza idea di cosa fare e senza alcuna speranza di vittoria.
Corro.
Mi fermo.
Sono arrivato da Lipton, dietro un covone di fieno, al sicuro.
Sono sopravvissuto.
Ed ho salvato la vita di decine di ragazzi, innocenti, poco più che bambini.
   
 
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