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Autore: Tomoe_chan    25/06/2015    2 recensioni
Salve a tutti, questa è la prima storia che scrivo in assoluto e quindi per favore siate clementi. Comunque spero davvero che vi piaccia.
Dal testo:
“Xavier si svegliò di soprassalto: uno spaventoso e macabro suono lo aveva destato dal mondo dei sogni. "Sarà stato un qualche verso di un'animale", pensò, e si rimise a terra.”
Non poteva immaginare che quel suono avrebbe segnato per sempre la sua vita...
Genere: Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era una notte senza stelle né luna. Xavier girava per le strade del desolato, disperso e deserto paese dove era nato e cresciuto.
Aveva perso tutto: amici, casa, denaro e familiari. Tutto per colpa del gioco d’azzardo. “Maledetto gioco”, pensò fra sé e sé.
Ormai era indebitato fino al collo ed era tornato al suo paesino a piedi (non aveva più neanche la macchina…) munito solo di una valigia di fortuna e dei propri vestiti.
Si stava dirigendo lentamente verso una stalla abbandonata ai margini del villaggio: ci giocava sempre da bambino in quel posto che, nella sua fanciullezza, reputava quasi magico.
Con passo pesante e strascicato entrò e si buttò sulla terra battuta ormai ricoperta di erbacce e si addormentò per la troppa stanchezza.
* * *

Xavier si svegliò di soprassalto: uno spaventoso e macabro suono lo aveva destato dal mondo dei sogni. “Sarà stato un qualche verso di un animale”, pensò, e si rimise a terra.
Il raggelante verso si ripresentò, ma sta volta più forte e distinto; esso si diffuse nell’aria di quella notte oscura, quasi come un urlo straziante di un uomo in agonia: Xavier riconobbe che era un ululato di lupo, anche se in qualche modo diverso.
Si alzò tremante per la paura per vedere di che si trattava e si diresse verso l’uscita della stalla con passo infermo.
Aprì la porta, si guardò intorno. Non c’era nessuno.
<< Per fortuna è ancora lontano >>, disse fra sé e sé.
Ormai rassicurato stava per girarsi quando sentì un soffio caldo e umidiccio sul collo; si girò lentamente ormai nel panico totale e pregò intensamente affinché non fosse quello che temeva.
Purtroppo trovò di peggio: un gigantesco licantropo nero si era piazzato fra lui e la stalla. Era alto più o meno due metri con il pelo ispido e crespo color nero corvino, quattro zanne mostruosamente grandi digrignate in una sottospecie di ghigno malefico, degli artigli spaventosi sporchi di sangue coagulato e occhi verde-oro accesi come due fari nell’oscurità del resto della bizzarra creatura.
Aveva le sembianze di un uomo con la testa di lupo, ma più grandi del normale e con un’aura alquanto poco socievole.
Xavier era ormai paralizzato dal terrore puro che pervadeva ogni membra del suo corpo e nonostante si imponesse di muoversi, non ci riusciva.
Non appena il licantropo si mosse verso di lui per provare ad azzannargli la gola, una scossa potentissima riuscì a farlo muovere in tempo ed iniziò a correre a perdifiato il più lontano possibile dal pericolo, da quel famelico mostro.
Si diresse verso il bosco lì vicino, pensando che potesse nascondersi meglio alla sua vista. Ma si sbagliava: il licantropo ormai gli era alle costole e stava per raggiungerlo quando all’improvviso piombò dal cielo un’ombra nera, che all’inizio non si capiva bene cosa fosse, e si avventò sul licantropo con ferocia. Xavier ringraziò il cielo per avergli mandato un salvatore, ma presto si pentì di averlo pensato. La massa informe caduta dal cielo si rivelò essere una chimera: aveva gli occhi grandi e neri come la pece, la testa di leone con folta criniera, le zampe anteriori da rapace e quelle posteriori da capra; al posto della coda aveva un serpente che guizzava continuamente a destra e a sinistra, come innervosito. La terribile bestia stava divorando il lupo mannaro con ingordigia e famelicità come se avesse una fame morbosa e insaziabile da placare.
Il raccapricciante spettacolo che si poneva davanti a Xavier, purtroppo per lui, non durò molto: infatti la chimera d’un tratto si bloccò, si girò con sguardo crudele e minaccioso e lo vide.
“Ormai sono spacciato” pensò con tono di rimpianto per non aver speso meglio la sua vita. Mentre pensava ciò indietreggiando ad ogni passo della chimera, altre si aggiunsero ad essa come un branco a caccia ed una più raccapricciante e orrenda dell’altra fino a circondarlo totalmente e spingerlo in trappola, con spalle al muro su un povero alberello.
La sua fine era ormai giunta e non c’era via di scampo. Le chimere erano in agguato, pronte per balzargli addosso.
Xavier chiuse gli occhi e si rannicchiò su sé stesso nell’inutile tentativo di proteggersi.
Il branco di mostri partì all’attacco pronto ad affondare gli artigli sulla sua morbida carne umana e con un balzo furono su di lui.
* * *

Xavier si svegliò di soprassalto dal suo giaciglio provvisorio, dentro la stalla abbandonata. Si guardò intorno madido di sudore, con il fiatone; si toccò le guance per assicurarsi di essere ancora in vita e, con sollievo, constatò di esserlo.
Dopo essersi rassicurato riprese a respirare regolarmente, si asciugò il sudore con la camicia che usava come cuscino e si ridistese a terra. Chiuse nuovamente gli occhi e si riaddormentò pensando che fosse stato soltanto un orribile sogno.

O forse no…
  
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