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Autore: perkynurples    26/06/2015    4 recensioni
Bilbo Baggins conduceva una vita piuttosto tranquilla, grazie mille, fino a quando una vecchia conoscenza non ha deciso di stravolgerla, e ha finito per accettare un lavoro che è... diciamo che non è proprio la sua specialità, e potrebbe alla fine costargli un po' di più del suo prezioso stile di vita accogliente. Chi l'avrebbe mai pensato che fare il tutor al nipote un po' più che leggermente prepotente di un monarca leggermente minaccioso potesse rivelarsi una tale... avventura?
[Modern Royalty AU; Pairing: Bilbo/Thorin]
Genere: Angst, Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bilbo, Fili, Gandalf, Kili, Thorin Scudodiquercia
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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OH OH OH OH OH! Non vi aspettavate un capitolo così presto, vero? Come vi ho già anticipato, questo capitolo è dal punto di vista di Thorin, ergo c'è molta introspezione, molta angst ma anche molta dolcezza <3
Vi rendete conto che mancano solo 6 capitoli alla fine? In sei capitoli potrebbe succedere di tutto... MUAHAHAHAHAHAHAH!
Vi saluto, a presto e buona lettura!


CAPITOLO XIX

 

Dís ride. Thorin non può vederla, ma sa che è lì, così come Frerin, e il debole fumo turbina in strisce nell'aria, e l'erba verde fresca sotto i suoi piedi è umida, le gocce di rugiada brillano sotto il sole frizzante del mattino. Si gira e corre, e la casa è torreggiante sopra di lui, l'ombra che proietta interamente troppo fredda, ma entra comunque. Deve trovarli, trovarli prima che sia troppo tardi... troppo tardi per cosa? Vuole chiamare i loro nomi, ma qualcosa lo ferma – è da solo, e ha paura, non molto, solo un po', e 'un po' va bene, con un po' ci puoi lavorare', è quello che suo padre diceva sempre... Diceva sempre? No, suo padre è lì, certo che è lì, sta per alzarsi da un momento all'altro, o forse l'ha già fatto, seduto in cucina, il giornale spiegato completamente, la tazza di caffè fumante. Aveva chiesto loro di non fare molto rumore, questa è la loro vacanza, dopotutto...

“Thorin!”

È Frerin, e Thorin si volta per vedere, un gran sorriso stagliato sul suo viso, ma gli manca sua madre, sente solo gli echi deboli di passi e risatine che vengono dal piano di sopra. I suoi piedi lo portano lassù con facilità, rapidità, e Dís chiuderà di nuovo a chiave la porta della sua stanza, e quello è imbrogliare... Segue il rumore, oltre la camera da letto sua e di Frerin, oltre un altro paio di porte (sono state sempre lì? Non riesce a ricordarselo), e poi si rende conto che sono nella camera del padre, e quello è decisamente imbrogliare...

Esita, ricordandosi quanto possano pungere sul vivo i rimproveri del padre, ma che importa? È sicuramente al piano di sotto, rompendo il suo solito uovo della colazione con il cucchiaio adesso, sempre così preciso, e Thorin dovrà imparare come farlo... Irrompe nella camera da letto vittoriosamente, le assi del pavimento scricchiolano e una folata di vento entra con lui facendo svolazzare le lunghe tende... La stanza è vuota.

Thorin ruota nel mezzo di essa, controllando ogni angolo, ma non c'è nessuno. Nessuno. Vuole chiamare i suoi fratelli, ma è come se fosse improvvisamente senza voce. Granelli di polvere d'oro nuotano nella striscia di luce dorata che entra dalla finestra, e vede che il letto è stato rifatto perfettamente – no, di più, sembra come se non fosse mai stato usato, una trapunta pesante tirata sotto il materasso, e l'unica altra cosa nella stanza, oltre Thorin e il letto, è un libro sul cuscino bianco perfettamente liscio. Vi si avvicina con cautela, certo che non dovrebbe nemmeno pensare di prenderlo, sicuramente suo padre lo verrà a sapere...

Ma prima che possa raggiungerlo, prima che possa capire cosa dice la copertina, un colpo forte dietro di lui lo fa saltare, e – l'armadio! Certo, perché non ha controllato l'armadio? Come ha potuto dimenticarselo?

“Thorin!” viene dall'interno.

“Avete perso!” dichiara con vigore, “venite fuori!”

Vede la maniglia dell'armadio che gira, e aspetta, pronto a deridere, ma poi la porta sbatacchia un po'.

“Thorin!”

Questa volta è più disperato, e per di più, non riesce a distinguere se la voce appartiene a Dís o a Frerin.

“Cosa state facendo?” chiede, irritato, “dai, venite fuori!”

“Thorin!” i suoi fratelli continuano ad implorare, “Thorin! Apri la porta!”

E la porta sbatacchia e balza, e un'improvviso terrore sopraffa Thorin.

“Andiamo!” urla, più frenetico ora, “uscite da lì!”

“Non posso!” risponde Frerin, la sua voce molto chiara adesso, e Dís riecheggia, “non posso!”

L'armadio sta praticamente balzando su e giù adesso, e sicuramente usciranno da un momento all'altro! Thorin vuole aiutarli, sa che deve aiutarli, sa che potrebbero non uscire senza il suo aiuto... Non riesce nemmeno a prendere la maniglia, è come se tutti i suoi arti fossero congelati.

Adad!” esclama, “Adad, aiuto!”

Lo sbatacchiamento della porta è un po' inquietante ora, più simile ad un rombo cupo, e pensa di poter sentire altri rumori da dentro l'armadio, di qualcuno che graffia e mormora, come potenti brezze... Comincia a indietreggiare, i suoi fratelli che ancora gridano per il suo aiuto, Thorin, Thorin, aiutaci, facci uscire...

“Non posso!” urla, “Non posso, non posso, vado a prendere Adad, vado–”

Si gira verso la porta, il rumore quasi assordante ora, e il padre è lì, così imponente e intimidatorio che Thorin sussulta, inciampa e cade all'indietro, e il padre sembra, oh, tutt'altro che felice, con le mani sui fianchi mentre fa un passo dentro la stanza, il suo sguardo penetrante quasi carbonizza Thorin sul posto, e lo sbatacchiamento dell'armadio è più simile a un rullo di tamburi ora, e Thorin cerca con fatica di alzarsi in piedi, correre via, ma gli occhi di Adad sono così severi che è paralizzato sul posto, e poi parla, la sua voce sommessa ma incredibilmente arrabbiata, minacciosa: “Che cosa hai fatto? Che cosa hai fatto?”, e proprio in quel momento, il rumore orrendo si ferma, e Thorin si sveglia di soprassalto, lo sguardo bruciante di suo padre inciso nel suo cervello.

Che cosa hai fatto?

Rimane perfettamente immobile per qualche istante, disorientato, ma poi riconosce la copertura del soffitto, si rende conto che è nella sua camera da letto a Palazzo, miglia e miglia di distanza da...

Geme, rotolando su un lato, la sveglia gli ricorda ostinatamente che le cinque e mezza del mattino non sono il momento adatto per essere svegli, che avrebbe potuto dormire per un'altra ora almeno... La camera sta nuotando nella fioca foschia bluastra del sole che ha appena cominciato a sorgere, e Thorin sente la stanchezza che gli fa dolere ogni muscolo, le palpebre così pesanti, ma... la bocca è secca, e c'è un formicolio sgradevole lungo la spina dorsale, e quando si concentra con occhi appannati sull'armadio vicino alla finestra, sa che non può più stare qui.

Si alza, e le sue gambe sembrano apparentemente convinte che ieri abbia corso una maratona, per quanto siano riluttanti a muoversi. Si fa strada verso il soggiorno, grattandosi la nuca, ed è solo quando allunga le braccia, in alto sopra la testa, il collo letteralmente cricchia mentre inclina la testa a destra e a sinistra, che si accorge dell'aureola di capelli disordinati che spunta dal divano. Bilbo.

È rannicchiato su se stesso, occupando a malapena la metà del divano, tenendo la coperta che Thorin gli ha preso la scorsa notte avvolta intorno alle spalle quasi in modo protettivo. È incredibilmente piccolo così, e Thorin ha ancora difficoltà a credere che si trovi davvero qui. Si ricorda di essere ritornato in camera la scorsa notte e di averlo trovato sonnecchiare – alla fine, decide di non cedere al suo impulso di avvicinarsi e determinare se Bilbo sembra ancora dormire sereno e adorabile come ieri. Strascica verso la cucina invece, un bicchiere di acqua ghiacciata lo aiutarebbe un po', e si appoggia al bancone, fissandosi le mani, poi stringendo gli occhi. Questo è ridicolo. Esattamente come ha fatto a finire qui? Che cosa hai fatto? Grugnisce, stropicciandosi gli occhi, e vaga di nuovo nella zona giorno un po' impotente.

Tornare a letto servirà solo a renderlo ancora più stanco, lo sa, ma ha ancora più di un'ora prima che i suoi doveri iniziano, e non può stare proprio qui tutto quel tempo e guardare Bilbo dormire... Oppure può? È certamente allettante. È ancora un po' come un miraggio per Thorin – ancora incredibilmente reale ogni volta che è vicino, e niente di più che un sogno, quando non lo è. Thorin nutre la stessa preoccupazione che prova per il padre – che Bilbo svanirà da lui quando non sta guardando, che se ne andrà via, che quando Thorin lo vedrà di nuovo, scoprirà che è stato tutto un altro sogno...

Non si ricorda come sono arrivati qui. Beh... si ricorda i dettagli e le linee generali delle scorse settimane e mesi, ma è tutto così distorto, così... distante. Onestamente, tutto nella sua vita è ormai separato in un tempo prima della ricomparsa del padre, e dopo di essa. Vorrebbe che non fosse così. Vorrebbe poter ricordare le settimane, i mesi prima dell'attacco al Palazzo, innocue e pacifiche e così, così lontane.

***

C'è Marsiglia, che è stata... non molto tempo fa, Dio mio, le vacanze estive sono finite sole tre settimane fa, e questo è stato l'inizio di loro due insieme – e ancora sembra come se fosse successo un altro mondo. Era incredibilmente caldo ad Erebor, e la più grande preoccupazione di Thorin era convincere se stesso che era una buona cosa e perfettamente sicuro mandare via i ragazzi con solo Bilbo e un profilo di sicurezza che Dwalin aveva definito 'appena adeguato'...

Era occupato, così occupato, ma le parole di Bilbo si erano infiltrate nella testa in quel modo particolarmente insistente che solo lui sapeva fare, prendetevi un periodo di pausa, passate del tempo con loro, e dopo innumerevoli pomeriggi passati seduto nel suo ufficio a leggere le relazioni della vacanza dei nipoti all'estero che Balin gli aveva inoltrato, corredate di proposte non-così-gentili sul riorganizzare il suo programma facilmente in modo che Thorin potesse raggiungerli, alla fine cedette, stranamente. Saltò su un aereo con poca o nessuna idea di quello che avrebbe fatto nei prossimi quattro giorni, ed è stata una delle sue migliori decisioni, certamente.

Ricorda il sollievo immenso, quando i ragazzi sembravano piuttosto contenti di vederlo, si ricorda il calore del sole, qualcosa che aveva pensato che non avrebbe mai più assaporato, e tuttavia, eccoli lì, a rilassarsi per la prima volta dopo anni, anni.

Ricorda il canto dei grilli fino a tarda notte, e Bilbo che lo seguiva con esitazione su quella terrazza con vista mare, e ricorda il vino, e l'urgenza con cui aveva bisogno di dire a Bilbo qualcosa al momento, qualcosa che gli frullava in testa da un po', ma a cui non aveva ancora dato una forma in parole adatte...

È stato allora, vero? È stato allora che ha smesso di essere cauto riguardo i propri sentimenti, che ha smesso di lasciarsi legare da cose come i protocolli, i doveri e le cose che non dovrebbe fare... Bilbo si muove nel sonno come se concordasse con lui, e Thorin sorride, anche se un po' amaramente. Sì, allora le cose sembravano così semplici. Aveva guardato Bilbo negli occhi, rammentando tutte le ragioni per cui aveva voluto sbarazzarsi di lui, per cui pensava che non sarebbe stato adatto, e all'improvviso sembravano così insignificanti, perché Thorin aveva permesso a se stesso di credere, se non altro sotto l'influenza del sole di Marsiglia e del vino delizioso, che avrebbe potuto volere qualcosa per se stesso.

Quello che si ricorda con sorprendente chiarezza, sono i momenti immediatamente prima dell'attacco, dopo aver camminato per i corridoi bui con Bilbo al suo fianco per ciò che erano sembrate delle ore, e dopo che aveva lasciato che la sua onestà avesse la meglio su di lui, raccontando all'uomo la verità su come si sentiva ad averlo intorno, cercando fisicamente di sentirlo più vicino a sé, non meno sorpreso di Bilbo quando le loro mani si toccarono, perché era un'azione così atipica per entrambi, Thorin lo sapeva, e non riusciva nemmeno a riconoscere se stesso, o le parole che uscivano dalla sua bocca...

Ma poi le luci si spensero, metaforicamente e non, e quella fu la fine di tutto quanto. Tutto l'entusiasmo, la gioia mista ad un pizzico di determinazione quasi fanciullesca, tutto questo è stato sostituito nella testa di Thorin da shock, confusione, paura quando il Palazzo divenne buio intorno a loro, e davvero, è stato tutto in discesa da lì.

Lo ricorda come un trambusto, preoccuparsi dei ragazzi, il Dottor Grey che gli parlava al telefono, Dwalin che aveva sparato la sua pistola per quello che Thorin sa è stata la prima volta dopo molto, molto tempo, l'oscurità, i lampi di luce da fuori, l'incertezza, la sua mente in subbuglio con speculazioni, il peso di Kíli tra le sue braccia quando lo sollevò dal letto, ancora addormentato...

Ricorda di aver avuto letteralmente un tuffo al suo cuore, che batteva cacofonico nel petto, quando aveva saputo che avrebbe dovuto separarsi dai ragazzi e da Bilbo, e mentre Dwalin lo portava ad attivare i dispositivi di sicurezza nel suo ufficio, borbottando sulle 'necessarie precauzioni' e 'misure di sicurezza', Thorin si ricorda di aver pensato all'ultima volta che aveva permesso che le persone a lui care lo lasciassero, e come dopo era tutto finito...

***

Il resto della notte è un turbinio sfocato, come lo sono i primi giorni che tutti loro hanno trascorso nella casa in montagna. Il terrore definito, sì, quello è la prima cosa che sente quando gli viene detto dove sono diretti. Non faceva visita al suo rifugio per le vacanze d'infanzia da anni, anni, e gli incubi cominciano da lì, dopo la prima notte trascorsa nella camera da letto di suo padre, a girarsi e rigirarsi.

Lo convincono a rimanere lì un po' di più, a stare con i suoi nipoti, e protesta, in parte perché non può immaginare di occuparsi di tutto da qui, l'inconveniente aggiunto del pendolarismo verso la capitale, eccetera eccetera, ma anche perché si sente un po' instabile sulle gambe, camminando attraverso corridoi ben noti, i suoi ricordi di innumerevoli estati trascorse lì con i suoi fratelli riaffiorano anche se fa di tutto in suo potere per reprimerli.

È stressante, e non dorme, beh... per niente, e trascorre ore e ore nel salotto spazioso, dove suo padre era solito leggere dopo il pranzo e giocare a carte con i suoi ospiti la sera, ma Thorin non può nemmeno sognare di tali convenevoli. No, è costantemente circondato dagli uomini di Dwalin, la testa traboccante dei progetti e suggerimenti di Ibindikhel. Ma andarsene è ancora più sgradevole, ed è costretto ad andarsene regolarmente, e in realtà, sembra come se stesse per giungere un temporale, come se fossero tutti in equilibrio su una linea molto pericolosa, e Thorin non sa cosa li tiene insieme, impedendo loro di precipitare. Dovrebbe essere lui quella cosa, e probabilmente lo vedono come tale, ma eccolo, insonne e teso fino al punto di spezzarsi, rompersi.

Eppure... Fíli e Kíli sono lì, proprio lì, e sembrano impassibili come sempre, e Thorin lo ritiene amaramente ironico, il modo in cui finalmente riesce a trascorrere un po' di tempo insieme a loro solo in queste circostanze di emergenza. Thorin siede nella sua stanza nei pochi momenti di beatitudine in cui il mondo non richiede la sua presenza, e medita di condividere con i ragazzi almeno alcune delle storie del suo passato qui... Ad un certo punto, trova i vecchi e polverosi album di foto, e li gira tra le mani per così tanto tempo prima di farsi coraggio ed aprirli, e quando lo fa, non prova... niente. Si aspetta che la bile gli salga in gola alla vista di Frerin e Dís, della madre e del padre, conservati ed incontaminati nei loro sorrisi felici e colori sbiaditi, ma tutte le foto gli fanno capire quanto lui sia freddo, e vuoto, e molto solo.

“Vorrei sapere cosa fare. Vorrei sapere come aiutare.”

È Bilbo, e c'è una pistola sul tavolo tra di loro, e Thorin si sente profondamente in colpa per aver trascinato quest'uomo senza pretese in tutto questo, ma le sue parole lo prendono di sorpresa.

Infatti, Bilbo non smette mai di prenderlo di sorpresa. È così... terribilmente coraggioso. Così composto. Così calmo e così normale, seduto lì di fronte a Thorin, e quando le loro dita si intrecciano, in un momento che è tutto tranne che opportuno, e tutto tranne che perfetto, Thorin pensa che se solo ne avesse il tempo... Se solo potesse passare più tempo con quest'uomo, potrebbe alla fine imparare come lasciare che almeno un po' di quel suo contegno sempre calmo lo contagi.

Le dita di Bilbo sono morbide e tenere, e la sua mano è molto più piccola di quella di Thorin, e mentre la culla, tutte le sue emozioni belligeranti si annullano a vicenda svuotandogli beatamente la testa per quel momento. Pensa di non aver bisogno di un'altra persona da proteggere e di cui preoccuparsi, che potrebbe non essere in grado di sopportarlo, ma anche, di non avere una scelta a riguardo. Quando mai ha avuto una scelta?

Ricordare il loro primo bacio ancora lo confonde, perché anche se alla fine hanno... beh, continuato da lì, è ancora...

***

Nemmeno rammenta la... linea temporale. Tutto è così vago, e il loro intero soggiorno in quella casa è solo una serie di immagini intermittenti nella sua mente, come se stesse ricordando qualcosa da un'altra vita, o qualcosa che ha letto in un libro, come se i ricordi non fossero nemmeno i suoi. Ma Bilbo è qui, è qui, e Thorin ancora ricorda la sensazione delle sue braccia intorno al collo la scorsa notte, e quello è la prova di qualcosa.

***

Non sa come sono durati. Era freddo accanto a quella finestra, e le labbra di Bilbo erano fin troppo morbide, e permettevano a Thorin di sognare quello che avrebbe potuto avere, potrebbe ancora avere, ma il senso di colpa aveva cancellato quell'esperienza quasi nella sua interezza. Non aveva alcun diritto, non... è stato allora che ha iniziato sinceramente a biasimarsi per aver trascinato il Professore in tutto questo. Non gli è stato nemmeno concesso di rifletterci bene, c'erano dichiarazioni da fare, e incontri inconcludenti con la polizia a cui presenziare, e Thorin era stato sempre bravo a farlo, a concentrarsi su quello che doveva essere fatto, piuttosto che prestare attenzione a quello che il suo cuore, la sua mente, o quant'altro, volessero, e così ha stretto i denti ed arrancato.

'Questo non sarà mai facile per te,' gli avevano detto quando era ancora un ragazzo appena oltre l'adolescenza, 'dovrai fare dei sacrifici, molti di più del solito, e mai mettere in dubbio il fatto che i tuoi doveri vengono per primi.' Gli avevano detto che la sua felicità non importava in confronto alla portata di quello che era destinato a raggiungere, destinato a diventare, e ovviamente gli aveva creduto. Era stato suo padre a dire quelle parole, comunque, e per quanto Thorin avesse voluto scalciare e urlare e protestare, non avrebbe mai sognato di sfidare il padre.

Inoltre, aveva Dís e poi Frerin, e non sono mai stati niente di meno che di sostegno – ironia della sorte, Thorin ricorda come Frerin, in mezzo a tutti i suoi discorsi rivoluzionari di fuoco, gli aveva detto, 'Quando tutto questo sarà finito, forse le cose cambieranno. Forse sarai tu a cambiarle. Forse non dovrai più fare tanti sacrifici.' Avevano sempre avuto tanta fiducia in lui, tutti e due, e una volta gli bastava per poter andare avanti. Dopo che avevano perso il padre e Frerin, quando Thorin si sentiva come se non potesse fare un passo senza crollare e non rialzarsi mai più, Dís era stata lì, e aveva sulle spalle la responsabilità di sostenerlo tutto da sola. Ma il momento del cambiamento non sarebbe mai arrivato, lo sapeva. Avrebbe sempre avuto il Paese a cui rispondere, e il Paese non si curava delle sue esigenze personali. Il Paese presumeva di essere il suo unico bisogno personale.

E sì, si è dimostrato eccellente a fare quello che doveva essere fatto, anche allora, anche quando il suo mondo stava crollando da sotto i piedi, e forse è stato allora, a quel funerale, che si è chiuso completamente in se stesso.

Ama te stesso non importava più. Nulla importava più, e stavolta, se voleva andare avanti, doveva assicurarsi che quello era rimasto del suo cuore fosse devoto a – no, protetto da qualsiasi cosa che minacciasse di distoglierlo dal suo lavoro. Aveva creato un muro di pietra intorno a se stesso contro il dolore, contro il dubbio, contro l'amore, e così arrancava.

Ed è per questo che non riesce a spiegarsi cosa gli ha fatto cambiare idea. Dopo quel primo pasticciato momento tra lui e Bilbo, Dwalin aveva parlato con lui di responsabilità, e 'scegliere con attenzione', e tante altre cose, e Thorin aveva ascoltato in silenzio, e il suo cuore soffriva... Sì, forse era stato quello. Il suo cuore soffriva, il che era una sensazione completamente sconosciuta a lui... o, beh, irriconoscibile.

Giorni dopo, dopo aver imparato a stare intorno l'un l'altro, respirare la stessa aria, senza soffocare, dopo aver lasciato che Bilbo lo aiutasse con il suo dannato discorso per le Celebrazioni della Pace ( 'Odio scriverli,' gli aveva confessato Thorin, 'ma le persone che assumo per farlo non sanno mai...' 'Non sanno mai cosa vuoi dire?' il Professore aveva finito la sua frase per lui, e davvero, probabilmente quello era già un segno), Bilbo era di nuovo tra le sue braccia, ma in circostanze che nessuno di loro avrebbe previsto nei loro sogni più sfrenati. Aveva perso i sensi dopo la serata ad Ered Luin e Thorin ricorda i sussulti sorpresi di Fíli e Kíli, ricorda di aver afferrato Bilbo prima toccasse il pavimento, e soprattutto, ricorda quanto fosse spaventosamente leggero.

Era andato giù con lui, il pavimento di pietra della chiesa molto freddo considerato che erano nel bel mezzo dell'estate, e i ragazzi si erano affollati intorno a lui e Bilbo, pretendendo di sapere cosa non andasse, ed aveva accarezzato le ciocche di capelli dalla sua fronte prima che gli uomini di Dwalin arrivassero, e... è stato lì, dicendo a Fíli che no, non poteva trovare un secchio d'acqua e versarlo tutto sulla faccia di Bilbo per svegliarlo, e assicurando Kíli che sì, Bilbo si sarebbe svegliato presto, che Thorin si è reso conto di quanto il suo affetto sia cresciuto. Oltre le cose futili come l'attrazione fisica, e le stupide.. instabilità emotive. No, involontariamente, si è fatto coinvolgere in qualcosa di molto meno inaspettato, molto più complicato, e molto più sconveniente.

Da quel punto in poi, non poteva più ignorarlo. O forse non gli importava più. Forse, a quel punto, tutti i discorsi su come non poteva permettersi di essere felice si erano ridotti al fatto che non poteva essere felice senza di lui.

Proprio come tutto il resto riguardo a Bilbo, avvicinarlo e preoccuparsi della sua salute e la resilienza generale era molto atipico di Thorin, ma, beh, in qualche modo aveva funzionato, e Thorin ricorda ancora il modo in cui gli girava la testa quando finalmente, finalmente si baciarono, ricorda quanto docile, quanto reattivo fosse Bilbo tra le sue braccia, come le sue mani sulle guance di Thorin sembrassero una rete di sicurezza, come il conforto che aveva offerto avesse fatto credere a Thorin di poter avere, dopotutto, preso la decisione giusta...

Si era sentito al sicuro, e si era sentito stordito, e non riusciva a smettere di agitarsi sulla sedia come un adolescente quando era andato a vedere Dwalin dopo, e il suo Responsabile della Sicurezza e più vecchio amico in uno, aveva ripetuto gran parte della sue parole su 'considerare le conseguenze' e 'fissare delle priorità'. Non aveva bisogno di rispondergli perché Dwalin sapeva che lui era ammutolito, esterrefatto da sentimenti a lui così sconosciuti che non aveva mai nemmeno preso in considerazione la speranza di provarli.

Ricorda Dwalin che gli diceva 'sta attento', e ricorda di aver pensato 'a cosa?'. Ricorda quanto incredibile fosse il giorno successivo – pensa di essersi svegliato con un sorriso che non è andato via per tutta la durata di esso, e ricorda di aver cercato di trovare dei modi per trascorrere almeno un po' di tempo in privato con Bilbo, e ricorda i sorrisi di Bilbo quando hanno giocato a questo o quel gioco da tavolo con i ragazzi, sorrisi che non erano diretti a Thorin ma appartenevano comunque a lui. Ricorda la sensazione della pelle di Bilbo sotto le dita, il buio e il calore, il sapore delle sue labbra e la promessa che portavano...

Ricorda tutto, e qualche volta gli piace ricordarlo, meravigliandosi di quanto fugace sia stato. Di come niente di tutto ciò avrebbe potuto prepararlo per quello che è venuto dopo.

***

“È impossibile.”

La sua risposta è immediata, repentina e brusca, e lo sguardo di Dwalin guizza verso di lui nello specchietto retrovisore.

“Vedrete voi stesso quando arriverete qui–”

“Dottor Grey, sono passati più di dieci anni. Quello che mi sta dicendo non ha alcun senso,” replica Thorin severamente, tamburellando le dita sulla coscia con impazienza.

“Le autorità svizzere sembrano dissentire.”

“Le autorità svizzere perseguono i propri fini, purché collaboriamo, temo,” commenta Thorin seccamente, “Non capisco che tipo di bufala sia, o perché la sua gente l'abbia persino ritenuta plausibile, ma non posso perdere il mio tempo con questo.”

“È per questo che vi siete messo in viaggio nel bel mezzo della notte, allora?”

“Non ho la pazienza per questo, la avverto,” dice Thorin bruscamente, grattandosi il lato del collo distrattamente e stringendo gli occhi quando ricorda la sensazione delle mani di Bilbo lì.

“Ci sono precauzioni in atto, e vi assicuro che il Capo della Polizia è ben poco entusiasta riguardo questa piega degli eventi, così come il mio Responsabile della Sicurezza,” continua Thorin, e Dwalin rotea gli occhi.

“Se l'uomo è davvero vostro padre–”

Non è mio – è impossibile,” ripete Thorin, un brivido gli balla lungo la schiena prima che si riprenda e continui, “lo sa bene, Dottor Grey, era lì quando...”

Le parole gli muoiono in bocca, e le sue dita sulla gamba si piegano in un pugno. Ignora il lampo di preoccupazione negli occhi di Dwalin.

“È vero,” dice Gandalf dice tranquillamente, “ma ero anche lì quando l'abbiamo recuperato, e mi dispiace non avere ulteriori risposte per voi, ma se vogliamo mai andare a fondo di questo, ho bisogno di voi qui. Comunque vada a finire–”

“Il viaggio non dovrebbe durare più di un'ora,” Thorin lo interrompe e riattacca, tutta l'energia, tutta l'euforia che aveva sentito non molto tempo fa per ragioni che adesso sembrano così incredibilmente distanti, fuoriescono da lui come vapore da una pentola.

Fissa le ombre degli alberi che si stagliano fuori dal finestrino, offuscate e in qualche modo ostili nella luce dei fari delle auto – Dwalin sembrava fermamente convinto che se dovevano davvero andarsene nel mezzo della notte, doveva essere fatto correttamente, e così aveva istituito il consueto cordone di tre auto, e Thorin non aveva la forza di protestare. La sua mente viaggia, stranamente, ai nipoti, che dormono nella sicurezza di quella che era in origine la camera da letto sua e di Frerin, e Bilbo che ritorna a quella che era una volta la camera da letto di Dís... Chiude gli occhi, pregando che il sonno lo prenda proprio qui e ora.

Sì, è bravissimo ad arrancare. Si è concesso esattamente tre secondi di psicosi traumatica, sopraffatto dal dubbio, quando gli hanno detto che l'uomo che è miracolosamente riemerso potrebbe essere suo padre, e poi ha stretto i denti e si è rifiutato persino di intrattenere l'idea. Ma l'incertezza gli sta rodendo sui nervi ora. È tenuto a ritornare a Erebor, cosa molto necessaria, dal momento che il Capo della Polizia ha emesso un allarme rosso, ed è più di un inconveniente di ogni altra cosa, sì, certo che lo è, e Thorin farà in modo di scatenare l'inferno su chiunque abbia osato causare ancora più confusione in questo momento, quando tutti hanno abbastanza problemi da affrontare...

Ma una parte di lui pensa, e se fosse lui. La fa tacere, la spinge negli angoli più profondi e oscuri della sua mente dove ha sempre prosperato, ma continua a rimbalzare in superficie. E se davvero fosse lui si trasforma e muta in e se i miracoli esistessero, e si sente perdere terreno solido sotto i piedi. Così si rivolge ai fatti. Dwalin e lui trascorrono il viaggio verso la capitale esaminando eventi che nessuno dei due è troppo propenso a rivivere, e Dwalin fa esattamente ciò di cui ha bisogno Thorin, che è quello di essere d'accordo con lui più e più volte, quando continua ad affermare che è impossibile, inverosimile, improbabile – una parte di Thorin, quella con i e se, sa che sta solo cercando di convincere se stesso, ma...

L'ospedale è familiare – è lo stesso in cui suo nonno era stato confinato prima che decidesse di non mettere mai più piede fuori da Palazzo, e mentre Thorin cammina a grandi passi tra i corridoi scuri, è improvvisamente dieci anni più giovane, decisamente troppo giovane per affrontare tutto questo. Quando posa gli occhi sul Dottor Grey, circondato dalle sue Aquile, lo stesso gruppo che li aveva salvati da Palazzo (senza l'equipaggiamento d'assalto, ma non per questo dall'aspetto meno volutamente letale), il passo di Thorin vacilla, e all'improvviso desidera con un'immensa urgenza che Dís sia al suo fianco. Lei avrebbe saputo cosa fare. Avrebbe capito cosa diavolo sta succedendo.

Quando Grey lo nota, i suoi uomini si disperdono al suo gesto quasi impercettibile, e Dwalin ordina alla sicurezza di Thorin di rimanere indietro.

“Sono contento che ce l'avete fatta così in fretta,” dice il Dottore, niente del suo solito atteggiamento vispo è rimasto mentre consegna a Thorin un fascicolo.

“Questo è quello che gli svizzeri sanno,” spiega semplicemente, “abbiamo interrogato l'uomo che ci ha fornito le informazioni ieri, basti dire che il mistero permane. Vostro padre – l'uomo è... sbucato dal nulla.”

“Sbucato dal nulla,” ripete Thorin lentamente, sfogliando il documento e ricordandosi di aver lasciato gli occhiali alla casa, “tutto qui? Le dispiace dirmi che diavolo sta succedendo? La verità?”

“Sono perplesso quanto voi, ve lo assicuro.”

“Si aspetta sul serio che le creda?” controbatte Thorin, con tono stanco, “mi sta dicendo che gli svizzeri hanno contattato lei per primo su un uomo che si presume sia mio padre? Non so cosa sta succedendo qui, ma questo non è accettabile, Dottore. Si spieghi.”

Gandalf aggrotta brevemente la fronte, ma prima che possa replicare, una serie di passi annuncia un nuovo arrivato – il Capo della Polizia.

“Vostra Maestà,” l'uomo austero gli fa un cenno con la testa, risparmiando solo uno sguardo torvo verso Grey.

“Surkaz, finalmente. Le dispiace spiegare un allarme rosso nel bel mezzo della settimana?”

“Il presente Dottor Grey pensava fosse meglio mantenere un blocco prima di poterne sapere di più,” spiega il Capo seccamente, e il suo viso dice, Mi dispiace per questo casino.

“Un blocco,” brontola Thorin, pizzicandosi il ponte del naso.

“Potrei aver ordinato al presente Capo della Polizia di farlo, in base alla mia superiorità,” interviene Grey, ed eccola qui, quella vena sempre allegra che Thorin trova occasionalmente odiosa.

“Dottor Grey, sono così vicino a dichiarare un blocco su di lei,” grugnisce, “la sua gente si è accampata negli uffici dei nostri servizi segreti un po' di tempo fa, e le ho concesso questo lusso semplicemente perché non mi era d'intralcio. Tutto quello che le ho chiesto era di essere sincero con me, quindi per favore mi spieghi cosa sta succedendo, ora.”

Sente la rabbia che ribolle sotto la pelle, e sa che è spossatezza e confusione in parti uguali, e può quasi percepire Dís al suo fianco; la sua piccola mano morbida sulla spalla è sempre stata sufficiente a calmarlo...

“Seguitemi,” dice il Dottor Grey semplicemente, e dato che Thorin è a corto di idee e pazienza, lo fa.

***

Sente il debole bip dei macchinari di sostentamento vitale da lontano, e all'improvviso – molto acutamente – non vuole entrare, ma Grey lo aspetta alla porta, e presto diviene ovvio che deve entrare da solo, il che è... sì, sensato, ma anche terrificante.

È tutto soffuso. Una piccola e brutta lampada da parete fallisce nell'illuminare l'interezza della stanza, offrendo solo un debole bagliore arancione, eppure, il candore del letto d'ospedale è quasi troppo da sopportare. Thorin si dimentica di respirare per un secondo, ed inala bruscamente e tremante come risultato. La prima cosa a cui si permette di prestare attenzione sono le braccia dell'uomo, scheletriche, tubi traslucidi che partono da ogni mano fino alle flebo. Poi... il suo volto è come un globo pallido contro il cuscino, quasi dello stesso colore malaticcio in effetti, e Thorin quasi si aspetta che qualcosa di significativo accada quando finalmente si fa coraggio e guarda l'uomo. Che una sorta di riconoscimento si manifesti, colpendolo nello stomaco e rubandogli il respiro. La pelle d'oca, almeno. Ma tutto ciò che vede sono degli zigomi incredibilmente scarni, un naso affilato che potrebbe essere il marchio Durin, ma potrebbe anche essere un centinaio di migliaia di altre cose, e capelli bianchi, e ancora più tubi, ed è... deludente.

“Si è svegliato da un coma due giorni fa, o così mi dicono,” Grey parla a bassa voce, e Thorin inclina la testa verso di lui, ma non riesce a staccare gli occhi dall'uomo fragile davanti a lui.

“Adesso sta solo dormendo, ma, beh, se i rapporti sono accurati, ha passato gli ultimi dieci anni in un coma molto profondo...”

Thorin sente un debole sussulto e gli ci vuole un momento per rendersi conto che era il suo.

“Impossibile,” ripete per quella che sembra essere la centesima volta nelle ultime due ore – poi, riguadagnando un po' di risolutezza, “Dottor Grey, sia io che lei sappiamo che mio padre è stato colpito al petto da un proiettile durante la rivoluzione di Azanulbizar. Semplicemente non è possibile che questa... questa persona possa essere lui.”

“Sia voi che io sappiamo anche che il corpo non è mai stato trovato,” dice Gandalf, mettendosi all'improvviso al fianco di Thorin, aggiungendo a bassa voce, “non lo riconoscete?”

Thorin fissa il viso pallido, la pelle quasi traslucida, reticolata di rughe, tesa e fin troppo sottile sugli zigomi taglienti, e prega tra sé che l'uomo si svegli, apra gli occhi, perché forse allora potrebbe...

“No,” afferma con risolutezza, “mi dispiace dire che non lo riconosco.”

“Hmm,” nota Grey, e non è chiaro se sia insoddisfatto o semplicemente rassegnato, “provvederete un campione DNA da comparare con il suo?”

Alla fine, Thorin sposta lo sguardo dal letto a Gandalf, socchiudendo gli occhi – è mortalmente certo che ci sono molte cose che l'uomo non gli sta dicendo, ma è anche quasi mezzanotte, e il ronzio incessante della lampada da parete accoppiato con il bip dei macchinari accanto al letto stanno lentamente riuscendo a peggiorare ferocemente il suo mal di testa.

“Lo farò,” dice, e Grey annuisce, ancora un altro dei suoi minimalisti gesti incomprensibili rivolto a qualcuno fuori dalla porta.

“Ci vorrà solo un minuto,” gli dice Gandalf, e Thorin emette un suono di disapprovazione, grato quando è lasciato solo nella stanza, ancora una volta.

Osserva il Dottor Grey che si unisce al Commissario Surkaz fuori, ed incrocia lo sguardo di Dwalin, scrollando un poco le spalle quando il suo Responsabile della Sicurezza alza un sopracciglio. A Dwalin basta un solo sguardo eloquente per venire al suo fianco, anche se con una certa riluttanza. Thorin non può biasimarlo. Guardare il viso del suo amico si dimostra molto più facile che guardare quello dell'uomo del mistero, e riflesso in esso c'è lo stesso dubbio mescolato con la confusione che Thorin sente, anche se Dwalin è molto più bravo a nasconderlo, pensa, nient'altro che la sua mascella affilata serrata che tradisce i suoi pensieri.

“Allora?” borbotta Thorin e Dwalin aggrotta le sopracciglia

“Semmai, avrei pensato che sarebbe stato più simile al vecchio ormai,” dice, ed è una constatazione tanto semplice, asciutta, il tipo che solo Dwalin può fornire, e Thorin sorride poco, involontariamente.

Sì, certo – se suo padre fosse vivo, sicuramente sarebbe assomigliato a Thrór, il 'vecchio' come Dwalin si è sempre permesso di fare riferimento a lui. Vuole dire un po' di più, ma Gandalf poi ritorna, accompagnato da una sorta di medico e un'infermiera.

“Signori,” il medico annuisce a Thorin e Dwalin, “solo un semplice tampone della bocca, uno per il paziente e per voi, Vostra Maestà, se volete.”

“Pensavo fosse solo appropriato che un nuovo campione venisse preso da lui mentre siete qui, per evitare... confusione,” commenta Gandalf, e Thorin può percepire Dwalin che lo guarda con gli occhi socchiusi, non cercando nemmeno di nascondere il proprio sospetto.

“Mi sembra giusto,” dice Thorin, “ma voglio che questo venga supervisionato anche dopo che non ci sono. Dwalin, trova qualcuno che accompagni il dottore a supervisionare la procedura, per favore.”

“Oh, vi assicuro, Vostra Maestà, non sarà necessario, serve molto tempo per–” dice il dottore in fretta, ma Dwalin si sta già allontanando, e Thorin offre un secco 'È necessario per me', e poi prende uno dei tamponi dal vassoio che l'infermiera (considerevolmente più nervosa del dottore) porta. Il dottore si scambia uno sguardo fugace con Grey, che non dice nulla e si limita ad annuire.

“Se mi permettete, Vostra Maestà,” mugola il dottore, ma prima che possa prendere il tampone dalle sue mani, Thorin esegue la semplice procedura da solo, consegnando il bastoncino all'uomo, occhi già incollati sull'infermiera che va a fare lo stesso al paziente pallido.

“I campioni dovrebbero essere pronti... dottore?” nota Grey, e, momentaneamente distratto, l'uomo sbatte le palpebre prima di rispondere in fretta: “Oh... presto. Molto presto. Per la mattina, certamente.”

“Eccellente,” Gandalf sorride, guardando Thorin, che semplicemente aggrotta la fronte in risposta, e, senza risparmiare un altro sguardo in direzione del letto, esce dalla stanza a grandi passi.

“Vi terrò aggiornato–” Grey marcia dietro di lui, ma Thorin lo interrompe: “Oh, ci può scommettere. Surkaz,” si rivolge al Commissario, “voglio occhi puntati sul Dottor Grey in ogni momento. Sono sicuro che si adatterà ai suoi sottoposti di conseguenza, giusto?”

“Se è necessario,” replica Gandalf, “ma se posso–”

“Non può. Ha fino al mattino per rivedere la sua storia. Adesso ritornerò a Palazzo, e non ne voglio più sentire parlare,” un gesto della sua mano abbraccia la totalità del casino attuale, “finché l'analisi dei campioni di DNA non verrà portata a termine. Devo parlare con la mia gente in privato adesso.”

Gandalf apre la bocca come se volesse dissentire, ma Thorin sostiene il suo sguardo severamente finché non sospira, annuendo ed allontanandosi.

“Questo puzza da ogni parte,” nota il Commissario Surkaz nella sua maniera esplicita e disinvolta una volta che Grey è fuori portata d'orecchio.

“Lo so,” brontola Thorin, “scopra quel che può da quei file, mi trova più informazioni. Non so chi è quell'uomo, ma c'è qualcosa che non va qui. Qualcuno che non possiamo vedere sta traendo vantaggio da questo, e voglio sapere cosa sta succedendo. Voglio risposte, e voglio che la situazione sia contenuta, ha capito?”

“Sì, Vostra Maestà. L'incontro di domani–”

“Ci sarò. Onestamente non so chi ha pensato che sarebbe stata una buona idea tirare fuori questo quando abbiamo a malapena risolto l'attacco... Sa una cosa, cerchi delle connessioni lì. Questo non può essere una coincidenza.”

“Consideratelo già fatto, signore. Bundushar–”

“Mahal, non voglio sentire parlare di lui in questo momento,” Thorin sospira irritato, “mi prepari un rapporto per domani, per favore.”

“... Come desiderate,” dice il Commissario Surkaz, e Thorin fa finta di non notare lo sguardo un po' preoccupato che si scambia con Dwalin prima di pescare fuori il cellulare ed allontanarsi a grandi passi.

“Stai...” prova a dire Dwalin quando sono finalmente soli nel corridoio, ma Thorin sospira semplicemente, marciando verso gli uomini della sicurezza che li aspettavano davanti, e dice seccamente: “Balin è stato informato? Eccellente. Fagli organizzare il ritorno dei Principi a Palazzo per domani. Voglio che tu sia lì per accompagnarli, capito? Non guardarmi in quel modo, ce la farai per quando avrò finito con quell'incontro. Non so chi diavolo stia cercando di provocarmi un aneurisma, ma stanno facendo un lavoro eccezionale finora. Oh, e fa che qualcuno mi metta in contatto con Ibindikhel, ora.”

“Il blocco,” gli ricorda Dwalin.

“È soprattutto Grey che si assicura che nessuno gli sbirci da sopra la spalla. Voglio Ibindikhel informato e nel mio ufficio alla prima occasione possibile, il che significa stanotte, anche se devi trascinarlo fuori dal letto. Andremo a fondo di questa faccenda, in un modo o nell'altro...”

Sì, arranca. È così bravo a farlo. Soprattutto perché è preoccupato che, se dovesse fermarsi, potrebbe non radunare mai la forza per muoversi, mai più.

***

Non dormire, è bravo anche a quello. Deve essere notte fonda dopo che finisce con Bard, il giornalista energetico ed entusiasta come sempre quando apprende la notizia, e Thorin lo ammira per questo, per riuscire a vedere una via d'uscita da tutto, a mettere insieme un centinaio di soluzioni e piani d'azione al minuto. Thorin non è un fan della totale trasparenza, e valuta lo spazio personale della famiglia più di qualsiasi altra cosa, ma sa che ha bisogno di qualcuno con il... pepe di Ibindikhel, comunque vada a finire.

Perché, per quanto lo riguarda, sta tutto cominciando a colpirlo un po' troppo da vicino. Si siede sul divano nel suo appartamento per quelle che potrebbero essere ore, cullando un bicchiere di whisky e fissando il bagliore della città all'orizzonte, che colora il cielo notturno di un arancione innaturale, e si chiede se qualcuno là fuori stia facendo del suo meglio per farlo a pezzi. No, non crede nei miracoli – non ha mai avuto ragione per farlo. Al contrario, infatti, il destino suo e della sua famiglia è stato il più lontano possibile dai miracoli. Quindi, per quanto lo riguarda, questo deve essere uno stratagemma un po' elaborato per succhiare tutta l'energia che gli è rimasta prima delle elezioni. Ha permesso a se stesso di credere che potessero tutti godere di un momento di pace, quando il partito di Karkâl ha praticamente iniziato a danneggiare se stesso – c'è stato un tempo, pensa, in cui era davvero impaziente di partecipare alle sessioni di corte con l'uomo e i suoi colleghi, perché voleva dire le cose stavano progredendo, significava che poteva respirare liberamente per la prima volta dopo quello che sembrava un millennio...

Quando la foschia all'orizzonte si trasforma da artificiale a genuina, il bagliore rosato della venuta dell'alba, si ricorda qualcosa che il nonno diceva – non 'intravedi' una nuova speranza. Sei accecato dai suoi fari e non riesci a notare la collisione verso cui stai accelerando. Certo, l'uomo stava soccombendo alla sua malattia da qualche tempo allora, ma, beh, la sua destrezza con le parole sopravvisse. Thorin cerca di pensare pensieri a miglia di distanza da come lo stress immenso era probabilmente stato il colpevole dell'insorgenza della follia di Thrór. Era iniziata come paranoia.

La linea tra il sonnecchiare e una sorta di andare alla deriva tra la coscienza e il sonno è molto vaga per lui da qualche tempo, e quindi non riesce a discernere per quanto tempo sia riuscito a riposare quando un colpo alla porta alla fine lo scuote. Balin, propositivo come sempre, gli fa fare la doccia senza dire nulla, semplicemente offrendo uno sguardo molto discreto di cui solo lui è capace, e Thorin opta per l'acqua fredda, sperando che gli farà pompare sangue. Il che dura una ventina di minuti.

La telefonata arriva quando è seduto in macchina in viaggio verso gli uffici dei servizi segreti. Thorin sente le parole 'corrispondenza parziale' e 'inconcludente', e lascia che Balin si preoccupi di trovare uno stralcio di tempo per fargli fornire un campione sanguigno – sa che non deve chiedergli di spingerlo il più avanti possibile nel suo programma. Resiste più di due ore con il Capo della Polizia e Bard Ibindikhel che si ringhiano a vicenda, riesce persino ad ingoiare una tazza di caffè da qualche parte lungo la strada, ed è immensamente felice di rifiutare quando Balin si offre di cancellare alcuni dei suoi soliti doveri quotidiani – una semplice seccatura diplomatica o due, qualche importante firma qua e là, fornire un preventivo sullo stato attuale delle cose in Europa, tutto questo potrebbe distrarlo da... il resto, spera.

Tutto intorno a lui, la città è viva con la conclusione delle Celebrazioni della Pace, e c'è un discorso da fare la domenica, e Ibindikhel sta già 'operando sotto il presupposto' che potrebbero aver bisogno di accennare al padre di Thorin in esso, e Thorin pensa, per favore lasciatelo risposare in pace. Per favore lasciate che sia veramente morto in quella rivolta dieci anni fa, perché questo è qualcosa che né io né lui meritiamo.

Solo lasciare che un'infermiera gli prenda il suo sangue al ritorno in ospedale gli fa capire che sta andando avanti ad aria, e così ha un momento del tutto surreale lì, ordinando a Balin, a chiunque, di prendergli qualcosa di correttamente unto dal negozio di alimentari più vicino, e mangiare su una di quelle panchine orrendamente scomode in un corridoio blando dell'ospedale, guardando con occhi appannati come Dwalin ha i suoi uomini a 'proteggere il perimetro'. Gli fa ricordare dolorosamente l'ultima volta che era seduto in un ospedale come questo – stava aspettando che Dís desse alla luce il suo secondo figlio, e per qualche ragione, era terrorizzato, convinto che se dovesse andarsene anche per un secondo, qualcosa di terribile sarebbe sicuramente accaduto. Anche se il marito era lì con lei. Ricorda il ronzio delle plafoniere come se fosse ieri, ricorda di aver camminato avanti e indietro sul pavimento cigolante, ricorda che nulla era più importante che vedere sua sorella superare il parto (anche se, in effetti, non era stato lì a vedere di per sé).

Si ricorda il suo viso pallidissimo, le ciocche umide dei capelli che le spuntavano sulla fronte, e la soddisfazione, il sorriso esausto mentre gli mostrava il piccolo fagotto con il nome di Kíli, profondamente addormentato e così fragile che Thorin rimase senza fiato quando lo accarezzò sul dorso della mano, il pollice che la copriva del tutto.

La voglia di vedere i suoi nipoti è improvvisa e travolgente, e sente, sente davvero, l'esaurimento totale per la prima volta quel giorno, quando si rende conto che probabilmente non tornerà al Palazzo in tempo per augurare loro buona notte.

Mettersi alla ricerca di Bilbo quando finalmente fa ritorno sembra la cosa più naturale che abbia mai fatto, e l'assurdità di ciò lo coglie quando sta sollevando la mano per bussare alla porta del suo appartamento – gira i tacchi e corre via come un adolescente spaventato, ma Bilbo lo raggiunge, e Thorin fatica persino a tenersi in piedi quando gli prende mano. Il sollievo quando Bilbo lo porta dentro è così immenso che sente tutti i residui di energia che letteralmente gli gocciolano via tra le dita, e non ci pensa nemmeno due volte prima di chiedere il permesso di crollare sulla poltrona di Bilbo.

E non dovrebbe essere così facile, dirgli tutto, ma il suo braccio riposa sulle spalle di Thorin, come un giubbotto di salvataggio, caldo e rassicurante, e non pensava fosse possibile che qualcuno si preoccupasse per lui così tanto, non si è mai fermato a prendere in considerazione il fatto che potrebbe essere meno un fastidio e più un conforto. Ma eccolo, a resistere alla tentazione di seppellire la testa nell'abbraccio di Bilbo e addormentarsi così, e sicuramente questo deve avere un costo? Ma non dorme da due giorni, e non riesce a vederlo. Per ora.

Si baciano quella notte, e la notte dopo che Thorin si siede accanto a lui mentre legge una storia della buonanotte ai ragazzi, ed è così accogliente nella loro camera, così pacifico che le parole di Bilbo quasi lo fanno addormentare dolcemente. È semplice, parlare con lui, toccarlo, e nulla è mai stato semplice nella vita di Thorin prima d'ora. Nulla gli è sembrato così giusto da molto tempo. Con Kíli rannicchiato in grembo mezzo addormentato, e una mano sulla schiena di Bilbo, Thorin pensa che, anche se il resto del suo mondo dovesse crollare intorno a lui, farà del suo meglio per conservare questo.

***

“Coincidono, signore.”

Le parole suonano nelle sue orecchie mentre marcia attraverso i vasti corridoi del Gabil Dum, e ha paura, molto sinceramente vacillante sulle gambe, e questo non gli accade spesso. Ha dimenticato quanto sia debilitante. Bard si affretta al suo fianco, parlando dei benefici dell'esplosione mediatica che verrà, ma Thorin si rifiuta di ascoltare tutto ciò fino a quando...

“Per di qui, Vostra Maestà,”qualcuno lo punta nella direzione di una porta socchiusa, e si rende conto che non sa nemmeno come sia arrivato qui, come i suoi piedi abbiano salito le numerose rampe di scale.

Cerca un volto familiare ed incontra quello di Dwalin e di Balin, i fratelli fianco a fianco, adocchiandolo con cautela, e, se non si sbaglia, con tutti i sentori di una preoccupazione ansiosa. Fa quello che sa fare meglio, facendo loro un cenno con fermezza, e passa oltre la calca delle guardie di sicurezza e medici professionisti nella stanza. Sono nella sezione privata del vasto edificio, da qualche parte negli alloggi dove Thorin talvolta trascorre la notte, cosa che succederà anche oggi – le camere sono tutte bellissime e spaziose, alte finestre e soffitti imponenti, e...

Le sue gambe si rifiutano semplicemente di sostenerlo ulteriormente quando incrocia lo sguardo di due occhi blu luminosi, impressionanti in confronto all'aspetto piuttosto stremato dell'uomo nel letto. Ci sono meno macchinari e più colore sulle sue guance, è seduto appoggiato a numerosi cuscini, e sembra vicino alla rottura, come se un soffio vagante di vento potesse portarlo via, eppure...

Potrebbero stare a fissarsi a vicenda da ore o pochi secondi, è difficile da dire. Il cuore di Thorin gli martella contro la cassa toracica, le mani gli sudano.

“Chi sei?”

Miracolosamente, le parole sono sue.

L'uomo sbatte le palpebre, inclinando la testa, come se non fosse abbastanza sicuro che quello che sta vedendo è reale. Beh, sono in due a pensarlo.

“Non ne sono così tanto sicuro,” dice in modo incredibilmente lento, e la linea di Durin ha un record di vecchia data di cuori forti e resistenti, ma quello di Thorin sembra comunque voler cedere e scoppiare.

Non crede ai miracoli, ma forse, forse crede nel riconoscere la voce del padre perduto da tempo, roca e calma come lo era. Fa un passo cauto in avanti, e poi un altro, e poi si trova accanto al letto, e qualcuno ha molto intelligentemente fatto in modo che ci sia una sedia in attesa lì per lui. L'uomo lo osserva mentre si siede, entrambi non si staccano gli occhi di dosso, e tutto il mondo ha rallentato – nulla al di là di questa stanza contiene molta importanza, non fino a quando Thorin non re-imparerà a respirare correttamente.

“Mi dicono che siamo... al Gabil Dum?” Il vecchio parla, e Thorin lo guarda imbambolato per un bel po' prima di annuire brevemente.

“Hmm. Me lo ricordo più piccolo.”

“Cos'altro ti...” inizia, ma è obbligato a schiarisi la gola nel bel mezzo della frase, la sua voce che si rifiuta di cooperare, “cos'altro ti ricordi?”

Lo sguardo dell'uomo cade sulle proprie mani, le vene blu sporgenti sotto la pelle pallida, poi fuori dalla finestra, poi di nuovo su Thorin.

“Mele,” dice alla fine, e di tutte le cose che Thorin si aspettava di sentire ...

“Mele,” ripete debolmente.

“Il loro profumo,” l'uomo sospira, “falò e mele, è tutto quello che sono riuscito a... ricordare tutto il giorno. Continuano a chiedermi della rivoluzione. Continuano a chiedermi...”

La sua voce si affievolisce, e Thorin non risponde. Chiude gli occhi, vede il vecchio melo dove Frerin si arrampicava senza alcuna difficoltà, vede Dís aiutare il padre ad accendere il fuoco, ricorda di aver bruciato mela dopo mela, ma oh, ne valeva la pena per il leggero sapore amaro quando lo faceva bene. No, non lasciarla vicino al fuoco, usa solo il fumo, vedi, tienila in alto così, Thorin... Thorin...

“Thorin.”

Oh, così il padre che lo chiama per nome non era un sogno.

Aprire gli occhi è tra le cose più difficile che ha dovuto fare ultimamente, ed è certamente qualcosa. L'uomo è ancora lì, ancora respira, ancora è spaventosamente a portata di mano.

“Thorin,” ripete, calmo e stridulo, “mi ricordo di te.”

Thorin apre la bocca per rispondere, ma fallisce, certo che fallisce.

“Sei davvero Re?” mormora l'uomo, e Thorin può solo annuire.

“Hai salvato il paese? Mi dicono che sono passati... dieci anni, e tu...”

Parlare è difficile per lui, ma non è niente in confronto all'incapacità di Thorin di produrre un singolo suono, la sua gola troppo secca.

“Non posso,” tenta, “non devo crederci, tu... tu non puoi essere lui.”

“Dieci anni,” ripete l'uomo lentamente, e con immensa sorpresa di Thorin, sorride, “non penso di essere lui. Sai, pensavano che fossi un... sì, un rischio per la sicurezza. Guardami. Posso a malapena muovermi. Posso a malapena...”

Il suo monologo di breve durata si dissolve in colpi di tosse secchi, e Thorin gli dà un bicchiere d'acqua dal comodino senza pensarci. Le dita dell'uomo sono fragili, così fragili, e incredibilmente morbide quando si chiudono intorno a quelle di Thorin, e Thorin lo guarda bere, guarda le rughe incrociarsi sulla sua fronte, ciglia che sbattono, e pensa, non puoi essere lui. Non devi essere lui. Non mi merito che tu sia lui.

“Frerin,” dice il vecchio quando può parlare di nuovo, e Thorin ha un tuffo al cuore.

“Non è...”

“Sì, lo so.”

I suoi occhi blu ghiaccio fissano di nuovo Thorin, e l'uomo sembra essersi ristretto nei larghi cuscini, le dita ancora stringono il bicchiere mezzo vuoto come un'ancora.

“Mi ricordo quello che ho fatto,” bisbiglia, “Mi ricordo che cosa tuo... nonno ha fatto. Tua madre diceva sempre, com'era... i brutti sogni non dovrebbero... non...”

“I brutti sogni non ti prenderanno se smetti di nasconderti e combatti.”

I brutti sogni non ti prenderanno se smetti di nasconderti e combatti, e un bicchiere di latte prima di andare a letto, e ninna nanne sul coraggio piuttosto che sul nascondersi. Tua madre avrebbe voluto che tu fossi coraggioso. Gli viene detto da quando ha dieci anni, tutti si aspettavano che si facesse forza, drizzasse le spalle e, sì, arrancasse. Ad un certo punto, ha smesso di nascondersi dai brutti sogni, e semplicemente, ha iniziato a passarci accanto, convincendo se stesso che non esistevano...

Adad,” esala, un suono quieto e spezzato, ed è lui a sentirsi più piccolo nella sua sedia adesso, sente decenni di volontà ferrea che si scrostano, lasciandolo vulnerabile e sofferente.

Posa la fronte contro le fredde lenzuola bianche, e in poco tempo, sente una mano sulla nuca.

“Thorin.”

Il padre ora ha dieci anni di brutti sogni da recuperare, e Thorin ha dieci anni di brutti sogni da scaricare, e certamente non è giusto, certamente è sconveniente, certamente è così, così improbabile aiutare uno di loro...

“Mi dispiace,” geme, rialzandosi e trascinandosi le mani sul volto, “Mi dispiace così tanto.”

Thráin (la prima volta che concede a se stesso di pensare a lui con quel nome, ed è un sollievo tanto quanto è terrificante) sta sorridendo, seppure in un modo incredibilmente esausto, e una mano debole e scarna è tesa verso Thorin. La culla tra le sue con estrema cura, incapace di distogliere lo sguardo da essa – potrebbe ancora scomparire da un momento all'altro.

“Ragazzo mio,” Thráin sospira, “Mi dispiace. Mi dispiace averti lasciato.”

“Non l'hai fatto... Tu non c'eri, tu eri...”

“Non lo so,” Thráin risponde a una domanda che Thorin non ha chiesto, “ma credo di... averne l'aspetto adeguato.”

Thorin sbuffa una risata, così rotta che è quasi un singhiozzo, e molto lentamente, Thráin lo chiama più vicino a sé, toccandogli la guancia, con forza a malapena sufficiente nel tocco per notarlo, tuttavia sembra allo stesso tempo come se stesse ridando a Thorin la vita che non sapeva di avere dentro di sé, e togliendo ogni traccia dell'amara risolutezza avvolgente. La sua corazza esterna è stata come diamante duro per tutti questi anni, impenetrabile e appesantendolo ad ogni passo, ma ora si sta incrinando, e non è lo stesso come quando aveva lasciato che un certo uomo inglese desse una sbirciata al di là di essa. Questo è, e sarà, tutto tranne che semplice, un lungo cammino verso il piacevole e il non terrificante, ma Thorin è... è pronto.

“Sei davvero tu,” dice, la sua voce così fievole che nemmeno sembra la sua.

“Credo di sì,” mormora Thráin, “dimmi... tutto, per favore? Ricordo così poco di questo... di questo paese, di tutto quanto.”

“Certo,” Thorin riesce a fare un sorriso lacrimoso, “da dove vuoi cominciare?”

Thráin aggrotta la fronte, come se si stesse concentrando molto duramente per ricordare qualcosa, ma poi i suoi occhi si illuminano, e chiede, positivamente euforico: “Dov'è Dís? Portala, perché non è già qui?”

E sì, la corazza che ha aiutato Thorin a superare tutto fino ad ora è sicuramente andata per sempre, perché le lacrime hanno la meglio su di lui prima ancora di poter mugolare qualcosa.

***

Tutto è leggermente diverso da quel momento in poi, come se un minuscolo ingranaggio invisibile nel macchinario della sua vita fosse stato ripristinato con la piccolissima differenza nella frequenza con la quale scatta. Respira in modo diverso. Dopo tutto il controllo obbligatorio dei danni con la stampa e la polizia, passa il resto della giornata con il padre, la mente sta ancora cercando di capacitarsi all'uso del termine solo con estrema cautela. Ci sono lacrime negli occhi di Thráin quando Thorin gli descrive la tragedia di Gundabad, ed ecco un uomo che non ha pianto da dieci anni, o forse anche di più di quello, e ferma Thorin immediatamente quando inizia a scusarsi, dicendogli che non è colpa sua. Così semplice.

Prima (come Thorin decide di riferirsi ad esso, la parola pietosamente piccola per descrivere i dieci anni e l'enorme vuoto tra allora e adesso), Thráin era un padre severo – amorevole, ma severo. I doveri erano della massima importanza, ed è per questo che Thorin è perfettamente pronto ad accettare la colpa di aver fallito nel proteggere la sua famiglia. Vede il dolore di perdere un altro figlio che si stabilisce pesantemente nei lineamenti del padre, ma poi Thorin menziona Fíli e Kíli, ed è come un colpo di bacchetta magica. Thráin pretende di sapere tutto di loro, e chiede di sapere tante altre cose, e ci vogliono secoli, perché non rimane a lungo sveglio, ma Thorin è disposto a dare secoli.

Gli racconta della vita dei ragazzi, gli racconta di Bilbo, naturalmente (anche se omettendo i... dettagli più indiscreti, lasciando quelli per molto dopo, e, chissà, forse mai), promette che sarà lui ad organizzare presto un incontro tra di loro. Parlano di politica, Thorin descrive le prossime elezioni, e, ancora una volta, decide di scremare le parti meno piacevoli pertinenti a Bundushar e il resto, e non importa di che cosa parla, i suoi occhi sono incollati al padre.

Thráin è sottile come carta e fragile, e a volte confonde un paio di parole, a volte si appisola nel bel mezzo di una frase, e la sua memoria è ancora tutt'altro che stellare, ma si lamenta vigorosamente quando un'infermiera arriva con una ciotola di sano (e perciò dall'aspetto piuttosto sgradevole) brodo di qualche tipo, e più pillole di quanto un uomo dovrebbe prendere tutte assieme, e Thorin lo riconosce davvero allora. Il fuoco è ancora dentro di lui da qualche parte, nient'altro che braci ardenti, e non c'è dubbio nella mente di Thorin che prima o poi verrà riacceso.

Fa del suo meglio per far sì che accada, parlando di quello che percepisce potrebbe eccitare il padre, dai lavori di ristrutturazione che sono stati fatti sia al Hurmulkezer che nella città stessa, e l'opera che ha sempre amato così tanto, e, naturalmente, i Principi – ci sono sempre più storie da condividere sui Principi. E a volte cattura un fantasma di una sorta di tristezza che balena sul viso di Thráin, di aver sprecato così tanto tempo e di non essere stato lì ad essere testimone di tutto quello che gli viene raccontato in prima persona, ma il momento per parlarne arriverà più tardi, ne è sicuro.

Riesamina il discorso finale riveduto e corretto, interrotto da nient'altro che il respiro tranquillo del padre che dorme vicino, e davvero non vuole essere usare la parola 'miracolo' quando si rivolgerà all'intera nazione il giorno dopo, ma poi del resto, forse non c'è modo di evitarlo.

Perché ciò di cui è testimone il giorno dopo non può davvero essere descritto in qualsiasi altro modo. Se c'è qualche dubbio rimasto dentro di lui, è indovinare come i ragazzi affronteranno la notizia, e la... prendono quasi con filosofia. Così senza sforzo.

“Perché non è tornato a casa prima?” vuole sapere Kíli, e il cuore di Thorin salta diversi battiti, ma Bilbo è lì al suo fianco a spiegare la situazione nel modo più semplice possibile.

I pochi momenti prima in cui i ragazzi si fanno coraggio a parlare con Thráin sono dolorosamente mozzafiato, ma poi Kíli rompe il ghiaccio come fa sempre, e Fíli lo segue, con cautela ma sicuro, e Thráin parla lentamente, ancora pesando ogni parola come se avesse bisogno di abituarsi a parlare da capo, ma la scintilla, il luccichio nei suoi occhi è più brillante da quando si è svegliato. Un debole sussulto tremante viene da Bilbo e Thorin si rende conto che lui stesso è un po' stravolto, con gli occhi pieni di lacrime, ma eccola di nuovo, quella strana sorta di familiarità quando contempla il suo uomo inglese – come se non avesse nulla da nascondere, come se non ci fosse alcun bisogno di fingere che questo momento non sia nient'altro che del tutto emotivamente destabilizzante. Le loro mani si intrecciano, e da allora in poi, Thorin non dubita più niente. Apparentemente qualche istante dopo, lui e i ragazzi si trovano sul balcone dal quale sono stati fatti tutti i grandi discorsi del passato, Kíli che stringe la mano di Thorin con entrambe le sue, mentre Fíli tiene saldamente lo sguardo in avanti, tutti e due molto calmi, tranquilli, e sotto di loro, la nazione viene a sapere dell'esistenza dei miracoli.

***

Ed eccolo qui, solo pochi giorni dopo, e sembra come se fosse passato un altro decennio. Bilbo si muove di nuovo sul divano, girandosi e rigirandosi, producendo una sorta di lamento terribilmente attraente, forse pertinente al fatto che si è piegato in una posizione che non permette molta comodità. Ma ancora non si sveglia e Thorin stringe il bicchiere d'acqua, contemplando brevemente l'idea di accarezzargli i capelli, toccargli il braccio, stare più vicino a lui in ogni modo possibile.

Di tutte le cose che non aveva mai previsto che ne sarebbe stato degno un giorno, è stata la vicinanza quasi spaventosamente naturale che è venuta a sbocciare tra lui e Bilbo. Hanno appena avuto il tempo l'uno per l'altro a parte un paio di momenti rubati da quando Thráin è stato trasferito al Palazzo, e vedendolo così, beatamente ignaro e a dormire come se non avesse avuto il tempo di farlo da giorni, Thorin si chiede se la situazione, tutto quanto, stia diventando gravosa per lui. Se sia egoista da parte sua, cercare conforto in Bilbo. Potrebbe andarsene da un momento all'altro, svanire davanti a lui, e non ci sarebbe nulla che Thorin potrebbe fare. Ha ben poche speranze, tuttavia ne riceve molte.

Ieri sera, Bilbo gli aveva chiesto se potesse parlare con il padre, solo parlare, ed era una richiesta talmente semplice, eppure sembrava così nervoso al riguardo – Thorin non pensa di essere del tutto riuscito a trasmettere quanto lo avesse toccato, quanto significasse per lui. Il fatto che a Bilbo importi così tanto. Lui stesso era nervoso il giorno prima, quando il padre era diventato difficile da gestire per la prima volta, rifiutandosi di rimanere nei suoi alloggi o dovunque in prossimità di uno dei suoi custodi, e Thorin non aveva nessuno che si prendesse cura di lui. Si era pentito di aver pensato a Bilbo non appena aveva detto Balin di andare a prenderlo, ma Bilbo era sembrato così imperturbabile, aveva continuato a tenere compagnia a Thráin per ore, e per di più, il padre era sembrato estremamente soddisfatto dopo, e Thorin ne era così confuso, perché vivere in questo nuovo mondo coraggioso dove tutti andavano d'accordo e i problemi sembravano quasi inesistenti, veniva senza un manuale e tutti gli altri sembravano molto più bravi a navigarlo.

Inoltre, non ha avuto nessuno a cui confidare le proprie paure da quando... beh, da Dís ed eccolo lì, a parlare a Bilbo di quanto tutto fosse troppo bello per essere vero, di quanto fosse preoccupato che sarebbe tutto svanito e si sarebbe dimostrato essere nient'altro che un sogno, mentre non stava guardando. Non sapeva se Bilbo capisse che lui stesso era parte integrante delle preoccupazioni che hanno occupato la mente di Thorin, e Thorin non sapeva se dovesse dirglielo. Poi ieri sera, Bilbo l'ha baciato come nessun altro l'aveva mai baciato prima, come se fosse in missione per convincerlo che non voleva niente di più di questo, e Thorin era incline a crederlo, anche se solo per un po'. Proprio quando Dwalin ha bussato alla porta, utilizzando una delle sue abilità segrete ed interrompendo al momento meno opportuno, una fame aveva iniziato a salire in Thorin, qualcosa che non provava da anni, qualcosa che aveva deciso molto tempo fa sarebbe stato meglio dimenticare...

Suo padre si era svegliato e aveva richiesto la presenza di Thorin per rispondere ad alcune domande indubbiamente brucianti su un evento che era accaduto circa quindici anni fa, ma si addormentò di nuovo poco dopo, mentre Thorin tranquillamente glielo descriveva, e dopo essere uscito dalla sua stanza con attenzione, Thorin non desiderava altro che tornare nei suoi alloggi e saperne di più sul modo in cui i baci di Bilbo potevano svuotargli la mente in quel modo così perfetto, ma è stato accolto dallo sguardo di Dwalin invece.

Dwalin era molto preoccupato nel suo modo particolare e Thorin ne aveva avuto abbastanza pazienza per tutta la sua vita, ma quella notte, si sentiva come se avesse sentito un sermone di troppo dal suo più vecchio amico.

'Per quanto tempo pensi di poter continuare così?' gli chiese Dwalin, insubordinato in quel modo unico che solo a lui e Balin era mai stato permesso di essere, e Thorin resistette alla tentazione di roteare gli occhi. Gli fece dire la sua, sui doveri e dedicare le sue energie su ciò che veramente contava, e la devozione in generale, con le mani giunte dietro la schiena e guardando fuori dalla finestra il parco quattro piani sotto di loro, le lampade come pozze d'arancione nel velluto nero della vegetazione, e gli sorrise quando ebbe finito.

“Per quanto pensi tu di continuare così?” commentò, e Dwalin aggrottò la fronte, sollevando un sopracciglio.

“Che vuoi dire?”

“Se non mi sbaglio, non ha parlato con mio padre nemmeno una volta da quando è... apparso,” disse Thorin a bassa voce, “abbiamo parlato di Frerin e Dís esaurientemente, sai, e ha chiesto di te.”

Sentì Dwalin irrigidirsi, anche se lo nascose in modo molto professionale – Thorin non avrebbe previsto di meno.

“Ah sì?” grugnì Dwalin.

“Sì. La metà del tempo, non è molto coerente, vedi, ma ha una particolare mentalità quando si tratta di... beh, della colpa. L'ha definita una 'prospettiva da uomo morto' una volta, credo. Dice che non c'è alcuna utilità nel biasimare noi stessi per quello che è ormai passato.”

Dwalin non disse nulla per molto tempo, e quando lo fece, la sua voce non aveva alcuna forza – era la prima volta da anni che aveva abbassato la guardia in quel modo. Tra loro, non avevano mai avuto bisogno di molte parole.

Qualcuno deve prendersi la colpa.”

“Sì,” Thorin sorrise.

“Non tu.”

“Neanche tu.”

“Thorin, è stata colpa mia. Non avrei dovuto perdere Frerin di vista, e la Principessa – oi!”

“Ti picchiava sulla testa quanto ti rifiutavi di chiamarla per nome, vero?” Thorin ridacchiò, e si sentiva stranamente stordito mentre Dwalin lo guardava a bocca aperta in uno stato di shock totale, non essendo riuscito a schivare il colpo fiacco nonostante tutti i suoi riflessi levigati.

“Frerin è stato avventato,” disse poi, con calma, e gli occhi di Dwalin si spalancarono, “avremmo dovuto prevederlo, tutti noi? Forse. Avremmo potuto impedirlo? In cento modi diversi, immagino. Ma è successo, e non possiamo cambiare la situazione, non ora, non qui.”

“Avrei dovuto essere lì,” protestò Dwalin, “ Io sono stato avventato e ho lasciato che Frerin scappasse, e se ci fossi stato io a Gundabad–”

“Allora tu non saresti qui adesso,” disse Thorin con fermezza, e le labbra di Dwalin si separarono in un fantasma di un rifiuto, ma non riuscì mai a proferirlo.

“Mio padre non ti biasima per quello che è successo,” continuò Thorin, “e nemmeno io. Estendi la cortesia anche a te stesso.”

Lasciare Dwalin esterrefatto non era un'impresa facilmente realizzabile, ma Thorin lo lasciò e se ne andò verso le sue stanze, solo per trovare Bilbo addormentato sul divano, ancora un'altra cosa fragile di cui preoccuparsi – o forse no. Forse, se sarà abbastanza attento, Thorin potrebbe imparare a seguire il suo stesso consiglio per quanto riguarda Bilbo. Valeva la pena di tentare.

***

Alla fine, Bilbo si sveglia, e Thorin si sente in colpa per un momento, prima di rendersi conto di non aver fatto un suono – a meno che l'averlo fissato in modo spudorato produca onde sonore. Un sorriso torce le labbra di Thorin mentre guarda Bilbo riguadagnare un po' di percezione su ciò che lo circonda, e il suo cuore salta un colpo quando gli occhi blu scuro lo scrutano. Bilbo si raddrizza di colpo con un sussulto, chiaramente sotto l'impressione di avere un aspetto assolutamente orrendo, o che Thorin sarà arrabbiato che abbia effettivamente passato la notte qui, in un certo senso – una nozione che Thorin deve scacciare il più presto possibile.

“Buongiorno,” ridacchia.

“B-buongiorno,” balbetta Bilbo, passandosi una mano tra i capelli, guardandosi intorno freneticamente, sospirando con sollievo quando nota i suoi occhiali sul tavolino da salotto vicino.

Thorin si accontenta di guardare semplicemente, le sopracciglia che si inarcano quando Bilbo balza in piedi, facendo un debole tentativo di lisciarsi la camicia.

“Mi hai lasciato... dormire sul divano,” osserva nervosamente.

“Già. Ammetto di aver intrattenuto l'idea di portarti... altrove, ma...”

Bilbo arrossisce copiosamente, e Thorin non pensa che ci sia mai stata una migliore vista di prima mattina.

“Avresti dovuto svegliarmi, non vorrei impormi...”

“Importi su cosa? Il divano?” Thorin sorride, e Bilbo aggrotta la fronte, come se non riuscisse a credere che Thorin oserebbe scherzare in una situazione come questa.

“Voglio dire che non avrei dovuto...”

“Addormentarti?” prosegue Thorin con il tono facile finché dura, “sono stato io ad assentarmi troppo a lungo. Potrei interessarti con una tazza di caffè?”

“Io...” geme Bilbo, apparentemente per protestare ancora un po', ma poi si sgonfia, offrendo un sorriso tutto suo, “sì, va bene. Me ne piacerebbe un po'. Che... che ore sono?”

“Appena le sei,” risponde Thorin mentre si spostano verso la cucina.

“Cosa ci stiamo facendo alzati a 'appena le sei'?” borbotta Bilbo, con un'espressione insopportabilmente adorabile, strofinandosi gli occhi e lucidandosi gli occhiali con un lembo della camicia, “aspetta, di solito ti svegli a quest'ora?”

Che cosa hai fatto?

“No, di solito no,” replica Thorin, scrollandosi di dosso ogni residuo di disagio che l'incubo aveva portato.

“Oh. Non ho russato, vero?” Bilbo offre una smorfia di scusa.

“Non che io sappia,” Thorin sorride, “e anche se l'hai fatto, sarei stato estremamente colpito se fossi effettivamente riuscito a svegliarmi dall'altra stanza.”

“Beh, ehm,” Bilbo si schiarisce la voce, la sua mente forse vaga nella stessa direzione di quella di Thorin (vale a dire, domandandosi se avranno mai hanno la possibilità di scoprire come le loro abitudini di sonno potrebbero coesistere), “Russare come ghiri è una cosa di famiglia, sai. Sii contento che non hai mai incontrato mio zio Fillibald.”

“Era quello con tutti i cavalli?” Thorin ricorda un pezzo delle curiosità sulla famiglia di Bilbo che Bilbo deve aver condiviso con lui mesi fa.

“Oh, no no, quello era lo zio Ruggitoro – beh, è così che lo chiamavano,” spiega Bilbo frettolosamente quando Thorin inclina la testa in confusione, “il suo vero nome era Robert. In ogni caso, era lui quello con i cavalli. Fillibald era quello che scriveva a tutti i compagni di viaggio. Oh, lascia perdere.”

“No, ti prego,” Thorin sorride, preparando le loro due tazze, la combinazione preferita di Bilbo impressa nella sua mente da... oh, da quando riesce a ricordare, “dimmi di più sui tuoi zii. Voglio dire, solo i nomi...”

E questo è tutto. È così semplice. Così, così semplice. L'occupazione di Thorin ha sempre richiesto che fosse in grado di tenere una conversazione su qualsiasi argomento immaginabile, ma questo è diverso. Senza sforzo e veloce. Divertente. Molte cose su Bilbo sono ancora un enigma per lui, ma non ne ha mai abbastanza della sua presenza. 'Mantieni una distanza di sicurezza', gli aveva detto Dwalin ad un certo punto, e con tutta la buona volontà Thorin non riesce a capire perché vorrebbe farlo. Sa che alla fine, dovranno iniziare a parlare di... beh, del futuro di questa intesa che hanno in corso, ma per ora, è così facile, e cosa diavolo c'è di sbagliato in questo? Thorin non ha mai avuto niente di facile in tutta la sua vita. Crede che gli sia concesso di ingannare se stesso nel pensare che questa cosa sarà sempre così facile, almeno per un po'.

Pranzano insieme, Bilbo, i ragazzi, suo padre e lui, ed è... Dio, dovrebbe essere la cosa più strana al mondo, non dovrebbe essere così naturale, così confortevole. Kíli chiacchiera del progetto scolastico teatrale, fiducioso di poter ottenere il ruolo principale nella loro interpretazione di Campi Rosso Sangue, una delle favole ereboriane più cupe. Fíli aggiunge un paio di dettagli sui suoi studi, e Thráin li ascolta con attenzione, dopo aver rifiutato di rimanere sulla sedia a rotelle con cui lo avevano portato dentro e seduto con orgoglio al tavolo con tutti gli altri, e Thorin alterna l'ammirare il panorama che sono i nipoti, felici ed ovviamente eccitati, e il cercare di trasmettere la sua gratitudine nelle brevi occhiate che manda a Bilbo.

La settimana che ha davanti a sé è già impegnativa così com'è, ma in qualche modo Thorin trova tutto quasi spaventosamente facile da gestire. Sopporta fino in fondo numerose udienze con i membri più o meno loschi del partito di Karkâl, incontra persino l'uomo stesso in un ambiente piuttosto informale, e riesce a non strangolarlo lì dove si trova, il che lo considera un grande risultato. Bundushar fa un gran discorso per questo o quel giornalista straniero, in cui annuncia che potrebbe essere 'necessario almeno prendere in considerazione la possibilità' di rinviare le elezioni 'nelle circostanze attuali', il che causa ovviamente un putiferio, e Thorin dovrebbe rispondere immediatamente, cosa che fa, in modo rapido ed implacabile.

“Signor Bundushar dimentica che le sventure del partito che ha scelto di sostenere, benché sfortunatamente sconvenienti, non sono una causa sufficiente per bloccare ciò che è necessario,” dice in tono arguto, “e mi offende l'accusa che l'integrità della Corona ha subito in qualche modo a causa agli eventi recenti. Le elezioni procederanno come previsto – credo sia assolutamente indispensabile mantenere almeno una sorta di ordine in questi tempi, impegnativi come possono essere per alcuni.”

Molte persone fanno di tutto per screditarlo, fanno di lui una sorta di martire o un uomo sull'orlo di una crisi, ma la verità è che non si è mai sentito meglio dopo tanto, tanto tempo. I brutti sogni lo affliggono ancora, a volte più vividi di quello che vorrebbe, a volte niente di più che un disagio persistente quando si sveglia, ma almeno è capace di dormire. Ibidikhel lavora tutto il giorno, i media completamente in suo pugno, e così anche i servizi segreti, ma Thorin non si sente come se avesse appena abbastanza terreno solido su cui stare. C'è ancora una pressione immensa, sì, che aumenta di minuto in minuto, mentre le elezioni si avvicinano, ma c'è anche suo padre, che ora si aggira nell'ufficio di Thorin il più delle volte, sfogliando i documenti che sono vecchi di due, cinque, otto anni con i quali aggiornarsi. Ci sono Fíli e Kíli, che Thorin considera importante vedere ogni giorno, a volte per aiutare Fíli con un problema di matematica particolarmente difficile per poi finire in ostaggio nella stanza dei Principi per più di un'ora, a volte solo per fermarsi ad augurare loro la buonanotte. E c'è Bilbo, che a sua volta considera importante dirgli tutto ciò che succede ogni giorno. Bilbo che si assicura che i ragazzi e Thráin si incontrino almeno per un breve periodo quasi tutti i giorni. Bilbo che ha davvero lunghe conversazioni con il padre di Thorin, 'soprattutto sul tempo', scherza. Bilbo che, ad un certo punto, comincia a trascorrere la maggior parte del suo tempo libero negli alloggi di Thorin.

Non ne parlano, o affrontano spesso il discorso – succede e basta. In qualche modo concordano che è un posto migliore dove incontrarsi del minuscolo appartamento di Bilbo, e la prima volta Bilbo viene a bussare di sua spontanea volontà, Thorin sente una strana sorta di emozione – hanno appena avuto il tempo di stare insieme sul serio, 'alla luce del giorno' come osserva Bilbo, e per di più, Thorin non pensa che ci sia stato un singolo momento in cui avrebbero potuto astenersi dal cercare la vicinanza l'uno dell'altro in alcun modo immaginabile. Ancora non hanno abbastanza tempo, non potrebbero mai avere abbastanza tempo infatti (Thorin si chiede se sarà mai in grado di rubare un paio di ore lontano dai suoi doveri e portare Bilbo fuori a cena come aveva promesso tanto tempo fa), ma l'illusione della pace è perfetta quando si siedono fianco a fianco sul divano, a guardare le notizie a tarda notte, o quando Thorin scrive qualche relazione che Bilbo legge, silenzioso come un topo...

Hanno bisogno di questo, tutti e due, pensa Thorin – questa normalità. Non chiede Bilbo di restare per la notte, anche se sembra proprio che lo voglia – entrambi di solito devono alzarsi piuttosto presto, e per di più, Thorin si sente... è difficile da descrivere. Un po' preoccupato, un po' timido tutto ad un tratto – ma da parte sua, Bilbo è perfetto ad offrire tanto spazio quanto Thorin ne ha bisogno in un dato momento. E così bevono il tè, piuttosto che il caffè insieme ('È mezzanotte passata, per l'amor del cielo – non credo che il paese beneficerebbe di te che sviluppi una condizione cardiaca precoce!'), e sincronizzano i loro programmi, e, talvolta, Thorin scopre Bilbo già nella stanza, a guardare la TV con Thráin ed essere allo stesso livello quando si tratta di lamentarsi vigorosamente, e talvolta passano trenta minuti insieme, a volte un'ora, a volte tre.

Thorin vorrebbe trovare le parole per dire a Bilbo che questo è esattamente ciò di cui ha bisogno in questo momento, e quanto è grato, e che non riesce più ad immaginare di andare avanti senza di lui... Ma per la maggior parte, è soddisfatto di poter rubare baci casti in cucina (Bilbo è irremovibile sugli spuntini a tarda notte, a cui Thorin non poteva opporsi, neanche se ci provasse), e sulla pelle cigolante del divano, e accanto a grandi finestre, chiedendosi se qualcuno possa vederli, ma senza preoccuparsene sul serio. Sia Balin che Dwalin gli dicono più e più volte di stare attento, di riflettere a fondo, di aspettare qualsiasi grande rivelazione o decisione dopo le elezioni, e lui accetta ed annuisce e li assicura di avere tutto sotto controllo, e pensa alla sensazione delle mani di Bilbo sulle guance. È... si è innamorato nel momento più sconveniente di tutti, ma gli dà la forza di alzarsi dal letto ogni mattina ed affrontare il mondo che gli ha gettato addosso alcune cose veramente orrende fino a non molto tempo fa, e c'è un piccolo miracolo in questo. Thorin sta cominciando a credere che se adatta le proprie aspettative, i piccoli miracoli sono, in effetti, dappertutto.

   
 
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