Calla
Quella
sera a Capo Tempesta si
tennero grandi festeggiamenti. Lord Orson aveva deciso di indire una
festa per
ricompensare gli stallieri per il duro lavoro di due settimane prima,
quando
c'era stata la fuga di massa dei pokemon dalle stalle. Non era stata
organizzata
prima perché Nynt, il maestro dei cavalli, aveva richiesto
alcuni giorni per
far riprendere i ragazzi.
Giorni che lord Orson era stato
felice di concedere anche per avere il tempo di invitare qualche altro
lord suo
vassallo. Del resto sarebbero serviti almeno alcuni giorni solamente
per
spedire gli inviti. Per il capo di casa Baratheon qualsiasi motivazione
era
buona per festeggiare, e del resto nessuno lo biasimava, in tempi come
quelli
bisognava stare allegri. La notizia della morte del Primo Cavaliere era
appena
arrivata tramite i corvi e lord Orson aveva addotto alla festa un altro
scopo,
quello di alzare il morale dei cortigiani. Del resto un nuovo Primo
Cavaliere
era stato eletto, e come aveva detto il signore di Capo Tempesta "non
c'è
bisogno di disperare".
A Calla le feste non erano mai
piaciute, in primis per tutto il chiasso che vi regnava. Poi un altro
motivo
era la puzza: poteva non sembrare ma certe volte i nobili ammassati
potevano
arrivare ad odorare allo stesso modo dei popolani. Alla ragazza piaceva
fare il
bagno spesso, anche d'inverno, e non sopportava gli odori forti,
specialmente i
cattivi odori.
Un'altro dei motivi per cui non
apprezzava i banchetti era per la presenza dei corteggiatori. Calla era
una
bella ragazza, su questo nessuno poteva mettere bocca, anche se non
certo la
più attraente tra le nobili delle Terre della Tempesta. Il
suo defunto padre
però, Barristan Baratheon, era stato uno degli amici
più fidati del principe
Laerion, ed era tenuto presso gran conto alla corte del re.
Ma sia suo padre che il principe
erano morti da lungo tempo, e Calla faticava a comprendere il motivo
per cui
era tanto desiderata. Aveva sentito dire una volta a Gravven Wensington
che era
la nipote preferita di lord Orson, ma Calla stessa dubitava di essere
tenuta in
gran conto per questo. Che i suoi pretendenti credessero di ottenere il
favore
di lord Baratheon per questo? Poveri illusi.
Partecipò comunque alla festa,
non per piacere ma per dovere. Era una lady ancora nubile, e alla ormai
"veneranda" età di vent'anni non era neppure promessa in
sposa.
Secondo lord Orson prima o poi si sarebbe dovuta trovare un marito. Tra
le sue
proposte più frequenti c'erano, oltre che a Gravven
Wensington e suo cugino
Rowan Baratheon, anche Norbert Connington, erede di Posatoio del
Grifone.
Quello che tra tutti le stava più antipatico.
E chi le venne incontro quando
entrò nella Sala Grande della fortezza se non lui? Era
accompagnata da due dame
di compagnia, due fanciulle frivole e talmente superflue da rendere
impossibile
anche solo tentare di avviare una conversazione, e indossava una lunga
veste
giallo intenso scollata. L'estate doveva star arrivando davvero
perché negli
ultimi giorni faceva davvero caldo, così aveva optato per
quell'abito che oltre
rinfrescarla rimarcava anche le sue origini familiari.
- Ma che splendido vestito, lady
Calla! Come mai non vi avevamo mai visto prima con esso addosso?
"Sono appena entrata"
pensò lei stizzita "E' un nuovo primato, non era mai passato
così poco
tempo tra il mio arrivo e i suoi squallidi tentativi di sedurmi.".
Norbert Connington le si avvicinò
sorridente con un paio di suoi amici nobili che lei non conosceva.
Dagli stemmi
sui farsetti poté però intuire la loro
provenienza. "Wagstaff e Morrigen.
Due bifolchi senz'altro, se sono nati da case altrettanto bifolche.".
- E' un vestito estivo - rispose
- Ecco perché non l'avevate mai visto.
- Capisco - ribatté lui con un
sorrisetto che la innervosì subito - State
meravigliosamente, lasciatevelo
dire.
- Grazie molte.
Cercò subito di allontanarsi,
mentre le due dame attaccarono bottone con i compari di Connington e
cominciarono a ridere alle loro battute oscene. La sala non era
ricolma, non
era una grande festa dopotutto, ma la donna dovette comunque farsi
strada con
le braccia tra i vari nobili per tentare di arrivare al tavolo. Non era
certo
un comportamento signorile quello che stava tenendo, ma quando si
alterava non
riusciva a rispettare tutto quello stupido galateo.
Era quasi arrivata al tavolo
quando Connington la raggiunse nuovamente.
- Aspettate! - le fece - Non
scappate così? Come mai siete fuggita? Sembra che io non vi
stia
particolarmente simpatico.
- Ma bravo - fece lei di rimando
- Avete colto nel segno.
- E posso chiederne il motivo, se
non sono impertinente?
La domanda venne posta sempre con
quel suo sorrisetto sornione, ed era questo un'altro dei motivi
perché Calla
non sopportava Connington, sembrava sempre prendere in giro la persona
all'altro capo della conversazione.
- Lo siete eccome, un
impertinente, ma bando alle ciance. Mi tediate con le vostre proposte
di
matrimonio, esattamente come tutti gli altri. La mia pazienza nei
vostri
confronti si è esaurita da tempo, e fatemi il favore di
riferirlo a tutti gli
altri miei corteggiatori. Sapete, non mi va di sprecare il fiato
stasera.
Detto questo girò i tacchi e si
avviò verso il tavolo. Questa volta Connington non la
seguì, era rimasto
impietrito sul posto. Probabilmente nessuna donna gli aveva mai
risposto a quel
modo, e quella reazione l'aveva lasciato di sasso. Calla sorrise
compiaciuta.
Aveva ottenuto una vittoria, anche se piccola, nei confronti della
moltitudine
di nemici che affrontava quotidianamente.
- Ma guardate un po' chi ho qui!
- disse, deliziato - Sembra che dopotutto voi mi amiate!
- Non dite sciocchezze - fu la
secca replica di lei - Io non vi amo, sarà stato lord
Baratheon che facendo la
disposizione dei posti ci avrà accidentalmente affiancato.
- Accidentalmente.
Non le piacque il modo in cui
rimarcò l'ultima parola, ma non ci poté fare
niente. Non sarebbe certo potuta
andare da lord Baratheon, che in quel momento stava scherzando con lord
Grandison, per lamentarsi di una quisquilia del genere, sarebbe apparsa
frivola
come la maggior parte delle dame presenti. E lei frivola non era di
sicuro.
Per sua fortuna Connington si
disinteressò presto a lei. Inizialmente le rivolse qualche
attenzione, ma poi
trovò qualcosa di meglio da fare - ad esempio trangugiare
vino come se non ci
fosse stato per lui un domani - e la lasciò stare per il
resto del banchetto.
L'uomo preferì mettersi a parlare e a ridere con i suoi due
compari, Morrigen e
Wagstaff, piuttosto che tentare di sedurla come di solito faceva.
Calla poté così dedicare un po'
di tempo alla sua mente, tempo che impiegò per riflettere.
Fece scorrere lo
sguardo per la sala gremita di gente, e notò qualche lord
che conosceva, come
ad esempio il già citato Grandison, lord Penrose e quel
fetente di lord Unwin
Fell. Fell aveva fama di uomo avaro e avido, e quel suo modo di fare
mellifluo
non le era mai piaciuto. Una volta aveva provato ad organizzare un
matrimonio
tra Calla e suo figlio Ulrich, ma la donna si era fermamente opposta a
tale
unione.
Calla prese così a giocherellare
con i propri lunghi capelli neri corvini, osservando passivamente quel
che
succedeva attorno a lei. Le portate arrivarono e furono portate via in
continuazione, la ragazza ne toccò a malapena due o tre. Le
feste non le
avevano mai messo appetito, così mangiò solamente
quel che la attirò
maggiormente, il che fu veramente poco.
Gli ospiti più passava il tempo e
più si facevano ubriachi e anche lord Orson, seduto su una
piattaforma rialzata
assieme ad alcuni dei suoi vassalli maggiori, si fece presto brillo. A
quel
punto la festa degenerò. L'ubriachezza collettiva
portò all'improvvisazione di
piccole battaglie a chi mangiava o beveva di più, a approcci
sessuali
indesiderati, a volgari gare di rutti e ad altre cose disdicevoli per
un
nobile.
Calla seppe quando fu il momento
di andarsene quando vide un nobile poco distante vomitare. Erano tutti
talmente
ubriachi al punto che nessuno si accorse di Calla che si alzava la
veste per
evitare di sporcarla coi resti di cibo sparsi per terra e cominciava ad
arrancare verso la porta. Nemmeno Connington, anch'egli ubriaco e
intento ad
abbordare una giovane dama, parve rendersi conto che la sua "preda
preferita" si stava dileguando.
Era anche questo che Calla
disprezzava delle feste, tendevano a degenerare col passare delle ore.
A lei il
vino piaceva, ma si era sempre saputa controllare per evitare di
ubriacarsi.
Non riusciva a spiegarsi come lord Orson potesse permettere che una
simile
confusione regnasse nella Sala Grande, ma del resto era quella la fine
che
facevano la maggior parte delle celebrazioni in tutto il Continente
Occidentale. E probabilmente anche ad Essos. Gli uomini in fondo erano
uguali
dappertutto, e mai sarebbero cambiati.
Uscì dalla Sala Grande
dall'ingresso principale praticamente non vista, le guardie erano
ubriache sia
dentro che fuori, quelle dentro per aver partecipato alla festa e
quelle fuori
per compensare di non averlo fatto. "Che comportamento
contradditorio" pensò Calla leggermente divertita "Certe
volte la
vita è proprio beffarda.".
Le era venuta voglia di fare una
passeggiata. Dentro al castello c'era un caldo soffocante, mentre fuori
nel
cortile la brezza della sera lasciava sulla pelle una sensazione
incredibilmente piacevole. "Come si sta bene" pensò la
ragazza
"Forse potrei uscire fuori e fare una passeggiata al chiaro di Luna".
C'era la Luna, quella sera, era crescente.
Sempre tenendosi alzato il
vestito - non voleva sporcarsi di terra - passò vicino alle
stalle.
Immediatamente il fetore della paglia e degli escrementi
assalì il suo naso.
Purtroppo per arrivare alla grata di ferro e quindi al pontile di legno
che
permetteva di uscire dal castello era necessario transitare di
là, così cercò
di farsi forza e di non pensare al puzzo. Non poteva direttamente
tapparsi il
naso in quanto con le mani si stava tenendo su la splendida veste, e
poi
tenersi il naso non era certo un comportamento adatto ad una dama.
Passò vicino all'ingresso delle
stalle e sentì provenire da dentro grida, schiamazzi e
risate: anche lì stavano
festeggiando. "Certo, lord Orson ha indetto la festa per loro"
pensò
"Ma non li avrebbe mai fatti entrare nella Sala Grande assieme agli
altri
nobili.". Era strano che la festa si tenesse ugualmente senza i
festeggiati, ma sembrava che essi avessero rimediato da soli. Almeno
gli era
stato fornito il cibo, e a giudicare dal tono delle voci anche del
vino.
Dovevano esserci parecchi ubriachi lì dentro.
Le giunsero le note di una
canzone. Dapprima cominciò una sola voce malferma per colpa
del vino, ma più
proseguiva e più il numero dei cantanti aumentava. Il tono,
pur scoordinato e
confuso, divenne sempre più forte, e così Calla
poté distinguere meglio le
parole. Gli stallieri stavano cantando La
moglie del dorniano.
e più caldo della primavera era il suo
bacio.
Ma la lama del dorniano era acciaio nero,
e terribile era il suo bacio.
dolce come una pesca era la sua voce.
Ma la lama del dorniano cantava
sguainandosi,
freddo come una sanguisuga era il suo morso
atroce.
e il sangue che dalla sua lingua colò,
i suoi fratelli per lui pregarono, standogli
accanto in contorno,
così lui rise e sorrise e per loro
cantò:
la lama del dorniano la mia vita s'è
presa.
Ma questo nulla importa, tutti gli uomini
hanno i giorni contati,
gustando la moglie del dorniano ho compiuto
l'impresa!".
- Che modi! - gridò lei,
lasciandosi scappare un lamento. Chiunque le fosse venuto addosso si
era
scontrato duramente con le sue parti basse, le aveva fatto male.
Sentì un tonfo, segno che chi
l'aveva urtata era caduto per terra. Calla aveva visto le stelle per
alcuni
secondi, il colpo le era arrivato dritto al pube in una zona abbastanza
delicata, ma dopo poco cercò di distinguere il maleducato
che le aveva fatto
questo. Dapprima faticò per via del buio, ma poi i suoi
occhi si abituarono
e...
Un ragazzino! Un ragazzino le era
andato a sbattere addosso! Nonostante l'oscurità fosse
abbastanza pesante
riuscì a distinguerne i lineamenti, e vide che era molto
sporco. Doveva essere
uno stalliere, magari scappato alla festicciola che aveva visto prima.
- M-mi dispiace - farfugliò lui ancora
a terra - Non vi avevo visto...
- Mi hai fatto male.
Nonostante il dolore, Calla non
ce la fece ad arrabbiarsi con lui, era poco più che un
bambino. La sua voce era
ancora abbastanza acuta, nonostante si notasse qualche inflessione
profonda,
segno che la pubertà era ancora ai suoi primi segnali.
Sicuramente non aveva
fatto apposta a scontrarsi con lei, non certo come facevano quei porci
di
Morrigen e Wagstaff. Una volta il secondo si era scontrato con lei solo
per
tentare squallidamente di sedurla.
- Vieni, ti aiuto ad alzarti - gli
disse, porgendogli la mano.
Immediatamente il ragazzino stese
una delle proprie braccia per afferrare l'aiuto che gli veniva porto, e
Calla
quasi si stupì di quanto fosse forte quella stretta se
paragonata a chi la
stava azionando.
- Cosa stavi facendo? - chiese la
donna mentre lui si rialzava.
- Volevo andare nelle stalle.
Ciò si intuiva anche dalla
direzione che stava prendendo, opposta a quella di calla. Di certo non
sarebbe
potuto andare nella Sala Grande, dove i nobili lo avrebbero
riconosciuto e cacciato
anche da ubriachi fradici.
- Hanno detto che i ragazzini non
possono festeggiare e ci hanno messo nelle cucine. Jorah ci ha fatto
mangiare
qualcosa, ma tutti si lamentavano.
Jorah era il capo delle cucine di
Capo Tempesta, Calla lo aveva intravisto qualche volta.
- Ma a me non interessa la festa.
Io devo andare... dagli animali. Per dargli da mangiare.
C'era stata una strana esitazione
nella voce del ragazzo quando aveva dovuto dire il motivo per cui stava
andando
verso la stalla. Che stesse nascondendo qualcosa? Probabile, ma
sicuramente
sarebbe stata qualche sciocca magagna da stalla, che alla donna non
sarebbe
sicuramente interessata, così non insistette.
Dopo che l'ebbe aiutato a
rialzarsi fece avvicinare il ragazzino.
- Mi raccomando - gli disse - La
prossima volta guarda dove vai.
- Lo farò, milady. Grazie.
Dopodiché lo lasciò andare, e
ognuno andò per la propria strada. Il ragazzino prese a
correre nuovamente
verso la stalla, mentre Calla si diresse verso la grata, che
già intravedeva.
C'erano due guardie, una addormentata e l'altra ubriaca, Calla lo
capiva dal
modo in cui si reggeva in piedi. Questa era l'efficiente sorveglianza
di Capo
Tempesta.
Mentre camminava ripensò a quel
ragazzino. Vestiva di stracci, o comunque di vesti molto povere, la
donna provò
quasi pena per lui. Di certo però non gli avrebbe dato nulla
da vestire, era
tanto se l'aveva perdonato per essergli andato a sbattere contro. Gli
venne in
mente la sua faccia. Aveva delle labbra secche e degli zigomi
abbastanza
pronunciati. I capelli erano neri, al punto che a Calla
ricordò il cugino
Baelon. "Già, anche Baelon ha gli occhi...".
Viola? Quel ragazzino aveva gli
occhi viola? Calla restò per un attimo confusa e si
fermò. Un ragazzino dai
capelli neri e gli occhi viola? Dove aveva già sentito
quella descrizione? Si
voltò per cercarlo, ma si era già dileguato. Le
era appena andato a sbattere
contro il bastardo di Baelon Baratheon. "Come si chiamava? Aspetta,
iniziava con la H... Harrold... Horace... Hobber... no, aspetta...
iniziava con
Ha... Harren? No... Harys... ecco, Haerrik! Si chiama Haerrik Storm!".
Sapere che quel ragazzino era imparentato con lei, seppur alla lontana,
le fece
tornare il buon umore. Aver incontrato un parente che non le stesse
antipatico
la fece sentire felice.
Arrivò finalmente al cancello, e
si sentì rincuorata alla vista della pesante grata di ferro.
Quel buio le aveva
messo addosso un'angoscia terribile che l'incontro con Haerrik non
aveva
allentato. Si avvicinò ad una delle guardie, quella sveglia
anche se ubriaca, e
gli chiese di lasciarla uscire. Sulle prime l'uomo non rispose,
continuando a
guardare il vuoto con aria spaesata, ma alla fine rispose.
- A-aprire... la grata?
- Esatto.
- N-non si può.
La sua voce era malferma, e quasi
per farsi coraggio alzò la caraffa di vino, se la
portò alla bocca e ne
trangugiò avidamente alcuni sorsi.
- O-ordini di lord Orson, non
lasciare entrare né- hic, uscire nessuno.
Il singhiozzetto emesso durante
la frase gli conferì un'aria ancora più ridicola
di quanto già lo fosse. Aveva
un passo traballante e a stento si reggeva in piedi, la cappa giallo
caldo gli
ricadeva floscia dietro la schiena, aveva l'elmo di traverso e la
faccia di un
viola paonazzo. Doveva essere ubriaco fradicio, nemmeno semplicemente
alticcio.
- E come mai?
- Gli ordini- hic, non si
discutono.
- Se non mi volete lasciar
passare, alzerò la grata da sola.
Calla si diresse così verso la
leva posta a poca distanza in grado di alzare la pesante grata. Era un
grosso
bozzolo di legno contornato da qualche sporgenza appena definibile come
un
braccio della leva, ma tant'era, le guardie si arrangiavano.
Provò a
posizionarsi davanti ad uno di essi e a spingere, aveva visto parecchie
volte
uomini anche minuti aprire da soli la grata. Ce la poteva fare, ne era
più che
sicura.
Solo che qualcun altro la afferrò
prima. Calla venne spinta all'indietro, si girò e si
ritrovò faccia a faccia
con la guardia alticcia.
- L-lord Orson ha detto di non
lasciar passare- hic, nessuno.
Il suo alito puzzolente investì
la faccia della donna, che distolse lo sguardo nauseata.
- Gli ordini del lord- hic, si
rispettano.
- Lasciami!
Calla si divincolò facilmente
dalla sua presa, anche se aveva per un attimo temuto che non la
lasciasse più
andare. E aveva anche temuto che il vino gli avesse fatto venire strane
idee,
ma a quanto pare si era sbagliata. Corse via. e l'armigero
restò a guardarla
imbambolato come se avesse appena visto un miraggio lontano. "Meno male
che il vino non ha lo stesso effetto su tutti" pensò Calla
"Altrimenti
chissà cosa mi avrebbe fatto...".
Ma non si sarebbe rassegnata,
assolutamente no. Aveva deciso che sarebbe uscita dal castello per una
passeggiata e l'avrebbe fatto, qualsiasi ostacolo le si fosse parato
davanti. Calla
Baratheon era nota per la sua testardaggine, dote ereditata da suo
padre
Barristan. O questo almeno aveva sempre sentito dire, aveva solamente
un vago
ricordo del padre. Lui era morto durante la Primavera di Sangue, quando
Calla
di anni ne aveva cinque. Aveva guidato lo schieramento dei Baratheon
alla battaglia
del Bosco delle Piogge assieme ad Aidan Storm, fresco di investitura
nella
Guardia Reale, e dicevano avesse combattuto con valore. Era poi stato
trafitto
da una lancia e Storm era morto poco dopo proteggendo il re Jaehaerys
all'epoca
ancora principe, almeno questo le era stato detto fin da quando poteva
ricordarsi.
Distolse la mente dal padre, e
ripensò al metodo per uscire da Capo Tempesta senza farsi
vedere. Sorrise:
Calla conosceva almeno un passaggio segreto che sicuramente non era
noto alle
guardie. C'era quello del Vecchio Parco degli Dei, che però
era pericolante, e
quello del canale sotterraneo. Optò per il secondo, il primo
le aveva sempre
fatto paura e raramente si era avventurata per più di
qualche piede al suo
interno.
Percorse a ritroso il tragitto
che dalla Sala Grande l'aveva portata sino alla grata.
Arrivò fin davanti ai
grandi portoni di legno della sala principale di Capo Tempesta, ma a
quel punto
si fermò. D'un tratto realizzò di non volere
nuovamente passare di là. Sentiva
al di là della spessa porta ancora i rumori della festa: le
giungevano attutite
ma nitide le voci degli ubriachi, le risate, il rumore metallico delle
postate
e il cozzare dei boccali di vino e birra, si sentiva anche il latrato
di
qualche cane. Decisamente non le andava di entrare. "Poco male"
pensò
"Ci sono altre vie per arrivare al passaggio. E io le conosco".
Quando era piccola lei amava
scorrazzare per il castello ed esplorare ogni suo pollice, abitudine
disapprovata da molti dei nobili che vi risiedevano ma che l'aveva resa
simpatica a tutti i cortigiani di rango più basso. Poi era
tornata "sulla
buona strada", come aveva detto la septa che l'aveva in custodia,
imparando le buone maniere e tutta la prassi di corte, ma non aveva
dimenticato
i giorni in cui era stata libera di circolare per Capo Tempesta.
Si poteva arrivare al canale
sotterraneo tramite varie strade, ma molte di esse passavano
direttamente
all'interno del castello. E purtroppo per entrarvi Calla avrebbe dovuto
per
forza passare per la Sala Grande. Ma ricordava esserci un ingresso in
profondità nelle stalle che le avrebbe permesso di aggirare
la confusione della
festa, portandola dritta nei sotterranei.
Si diresse così verso la rimessa
degli animali, la quale era ancora animata dalle risate e dai suoni
degli
stallieri ebbri di vino. Sicuramente Calla non avrebbe voluto passargli
vicino,
e per fortuna le stalle avevano più di un ingresso. Quello
principale e quello
sulla sinistra erano occupati dai festanti, ma l'apertura a destra
appariva
silenziosa, così la donna si diresse spedita da quella parte.
L'ala destra delle scuderie era
immersa nel silenzio e nel buio, contrastando alla grande con l'aria
allegra e
illuminata dello spazio che c'era a pochi piedi di distanza.
L'immobilità
veniva interrotta ogni tanto dagli scossoni che riceveva la parete e
dalle voci
troppo alte degli stallieri dall'altra parte della stalla. Quella parte
era
adibita soprattutto a residenza dei pokemon, e Calla ne poté
vedere qualcuno
agitarsi nervosamente nel proprio spazio, evidentemente disturbato dal
chiasso
prodotto da chi probabilmente lo curava. La maggior parte
però dormiva e non
sembrava curarsene.
Con qualche difficoltà e dopo
essere inciampata varie volte, Calla arrivò in vista delle
scale. In cima ad
esse vi era una porticina di legno che portava ad un corridoio, il
quale ad un
certo punto si biforcava, proseguendo da una parte per le cucine e
dall'altra
per le cantine. La sua meta erano le cantine.
Stava quasi per salire il primo
gradino, quando una voce familiare la fece sobbalzare.
- Ti ho già chiesto scusa, vero?
La donna restò impietrita sul
posto. Poi si rilassò, riconoscendo la voce acuta del
ragazzino che l'aveva
urtata prima. Sorrise al pensiero che ancora lui credesse di essere nel
torto.
Allora Calla si girò con l'intenzione di rincuorarlo.
- Sì, me l'hai...
Ma si interruppe, perché dietro
di lei non c'era nessuno. Aveva pensato che Haerrik fosse esattamente
alle sue
spalle, ma a quanto pare si sbagliava.
- Mi devi perdonare, ma era quel
che dovevo fare.
Calla girò immediatamente la
testa verso dove era venuto il suono della voce. Proveniva da uno degli
spazi
alla sua sinistra, a qualche piede di distanza dalla porta. Spinta
dalla
curiosità decise di avvicinarsi per sbirciare. Con chi stava
parlando il giovane
bastardo? Con un pokémon? O con qualcuno?
- Se non l'avessi fatto saresti
scappato, e a lord Baratheon non avrebbe fatto piacere.
Quando arrivò in prossimità della
cella dove presumibilmente si trovava il ragazzo Calla si
abbassò, riparandosi
dietro al divisorio di legno. C'era qualcosa che la spingeva a
nascondersi, non
sapeva nemmeno esattamente cosa. Forse era il dubbio di star
interrompendo
qualcosa di importante, oppure la paura di intromettersi in qualcosa
che non la
riguardava. Ma ormai era tardi per le recriminazioni, così
alzò piano la testa,
attenta a non produrre il minimo rumore.
Ci mise alcuni attimi, il tempo
che gli occhi si abituassero al buio - lo erano già, ma
quella parte delle
stalle era ancora più oscura -, è
individuò Haerrik Storm. Il ragazzo era
seduto con la schiena contro il muro, ma non guardava dalla sua parte,
bensì
sembrava squadrare il soffitto con occhi sognanti. A quanto pare non
l'aveva
sentita parlare poco prima, altrimenti avrebbe scrutato verso di lei.
Accanto a
lui, assicurato a terra da delle catene, vi era un pokemon. Calla
faticò a
rammentare di che specie si trattasse, ma alla fine, dall'orientamento
delle
penne sulla testa, dedusse che era uno Spearow.
- Ci stai male qui dentro, non è
vero?
Come a conferma dell'ipotesi di
Calla il pokemon emise un verso caratteristico.
- Già, effettivamente non sei
nelle condizioni migliori in cui potresti essere. Magari potrei parlare
con
Nynt e farti portare qualcosa in più. Sai, Nysen e io...
La donna ritirò la testa, aveva
sentito abbastanza. Quella conversazione - o meglio monologo - non era
affar
suo, ed era anche abbastanza noiosa. Attenta a non produrre il minimo
suono si
scostò dal divisorio e si diresse nuovamente verso la porta.
Salì piano le
scale e aprì l'anta di legno. Non seppe nemmeno
perché lo fece, forse perché
non voleva essere disturbata da nessuno nella sua passeggiata.
Quando fu però nel corridoio la
porta le sfuggì di mano, forse per l'emozione o forse
perché aveva le mani
sudate. Si richiuse vibrando, producendo un rumore secco che alle sue
orecchie
fu come il suono di un'esplosione. Pensando che il ragazzo si fosse
finalmente
reso conto di non essere solo Calla si mise a correre. Sarebbe uscita
prima che
chiunque potesse solamente udire il suono dei suoi passi.
Non ci ritornava da anni, eppure
era tutto uguale a come lo ricordava. Gigantesche botti di vino erano
accatastate in ogni dove, e l'odore del liquore permeava l'aria. Calla
inspirò
la fragranza dell'alcolico e l'assaporò per un secondo, poi
si ricordò che
aveva poco tempo prima che tornasse un altro servitore e decise di
darsi una
mossa.
Si diresse a passo spedito verso
una grossa botte contro una parete umida. Conteneva un vino forte e
speziato,
Calla l'aveva assaggiato una volta ma non le era piaciuto, esso a
fermentare lì
fin dai giorni di re Rhaegar. Il lord Baratheon di allora era un gran
bevitore
e aveva riempito le cantine. Si diceva che le sapesse svuotare
altrettanto
velocemente, ma quel barile era in qualche modo sopravvissuto. Era vino
forte e
per questo adatto a pochi palati, così era stato assaporato
da poche persone in
nove decadi. Ricordava di averlo visto prendere una volta a Willem
Baratheon,
suo nonno. Era morto cinque anni prima, quando lei aveva quindici anni.
Facendo attenzione a non aprire
il rubinetto che permetteva di far uscire il vino, Calla tolse i freni
e fece
rotolare la botte di alcuni pollici in avanti. Il muro dietro il barile
rivelò
una grata, larga una quindicina di pollici e alta tre piedi e mezzo o
poco più.
La donna rimise i freni al barile e strinse con le mani il ferro, poi
fece
forza. La grata era vecchia, così venne via subito con una
nuvola di polvere.
Non veniva aperta da molto tempo, da quando Calla aveva smesso di
frequentare
quegli ambienti.
L'apertura conduceva ad uno
stretto passaggio, usato occasionalmente come canale di scolo in caso
di alta
marea. Non sembrava ma le cantine erano posizionate parecchio in basso
rispetto
al resto del castello, ed era successo più di una volta che
si fossero allagate
per il mare grosso. In quel caso le botti venivano prese e trasferite
faticosamente
nelle cucine.
Calla appoggiò la grata per terra
e si inginocchiò. "Per i Sette" pensò contrariata
"Mi sporcherò
tutto il vestito". Ma era ben determinata ad uscire da quell'ambiente
soffocante che era diventato Capo Tempesta quella notte,
così prese ad avanzare
carponi. Decise di non richiudersi la grata alle spalle per avere via
libera al
suo ritorno. L'aveva appoggiata esattamente dietro la botte, se avesse
avuto
fortuna nessuno si sarebbe accorto che il canale era aperto.
Calla entrava a malapena nel
condotto, se lo ricordava più grande. "Forse
perché allora ero una
bambina" rammentò tristemente. L'alta marea non si
verificava ormai da un
po' di anni, così per la gioia della donna il canale era
abbastanza asciutto.
Alcuni tratti però erano umidi, così Calla
dovette faticare per mantenere la
presa e non scivolare. Ad un certo punto il pavimento
cominciò ad avere una
certa pendenza, così Calla fu costretta a reggersi con
maggiore forza per non
scivolare.
Continuò a strisciare per un po',
finché avvertì con un sospiro di sollievo lo
sciabordio dell'acqua non molto
lontano da lei. Stava arrivando nel canale vero e proprio. A conferma
della sua
tesi si ritrovò infine davanti ad un'altra grata, la quale
si dimostrò più
difficile da spostare. La manutenzione non veniva fatta da anni e il
ferro si
era deformato nella pietra, ma alla fine Calla riuscì a
toglierla ed uscì dal
passaggio. Appoggiò la grata alla parete e si
guardò attorno.
Era emersa in una piccola scala,
la quale si inerpicava nella roccia fino alle sale di Capo Tempesta.
Scendendo
nella direzione opposta invece si sarebbe potuti arrivare ad un piccolo
canale
che comunicava col mare. Calla era già stata lì,
e sapeva che oltre il canale
c'era la spiaggia. Già si immagino a passeggiare sulla
sabbia al chiaro di
luna.
Prese a scendere gli scalini.
Erano stretti, ripidi e viscidi per l'umidità, e la donna si
dovette appoggiare
al muro per non perdere l'equilibrio. "Ma guarda te se devo fare questo
sforzo per arrivare fuori dalla fortezza". Oramai doveva essere passata
almeno un'ora da quando se n'era andata dalla festa, si erano
già accorti della
sua assenza? Probabilmente no, erano tutti troppo ubriachi.
Quando ebbe sceso alcune decine
di scalini finalmente vide un'apertura, da cui filtrava una leggera
brezza
fresca. Calla la attraversò, e non ebbe paura di cadere in
acqua, visto che
aveva viaggiato fin lì prevalentemente al buio e di
conseguenza aveva gli occhi
abituati all'oscurità.
Sbucò infine sul canale. L'acqua
sotto di lei sbatteva continuamente contro la roccia, producendo un
rumore
uniforme e persistente. Il canale era costeggiato da due stretti
camminamenti
scolpiti nella roccia, i quali conducevano all'esterno. Calla si
diresse verso
sinistra, e dopo poco scorse uno spicchio di cielo notturno fare
capolino tra
la roccia. Le stelle le illuminarono leggermente il cammino.
Ricordava che più o meno in quel
punto ci sarebbe dovuta essere una grande grata di ferro, la quale
però era
crollata in mare ai tempi di lord Ormund Baratheon, il padre di lord
Orson.
Lord Ormund aveva tentato di recuperarla mandando alcuni pescatori, ma
aveva
fallito tre volte, una per l'alta marea, una volta per il mare mosso e
un'altra
per una burrasca. Tutte e tre le volte era morto almeno un pescatore
nel
tentativo di recuperare la grata, e si dicesse che i loro fantasmi
vagassero
ancora per quei passaggi. Calla non era impressionabile da certe
storie, così
proseguì ugualmente.
Ma si spaventò lo stesso e
sobbalzò, rischiando di cadere in acqua, al sentire due voci
provenire da poco
più avanti da dove si trovava.
- Ti ripeto, è un'occasione
unica, non devi lasciarla scappare. Non si ripeterà
più.
- Te l'ho già detto, non mi
interessa.
Calla si era aggrappata alla
parete per evitare di precipitare in acqua. Venne oppressa da una
terribile
sensazione, la consapevolezza che si trovava nel posto sbagliato al
momento
sbagliato. Le sembrò di rivivere la stessa situazione di
poco prima, si stava
nuovamente intromettendo in affari che non la riguardavano. Ebbe la
tentazione
di girarsi e tornare da dove era venuta.
Ma la curiosità fu troppo forte. Camminò
in avanti, appoggiando piano i piedi sulla roccia, attenta a non
produrre il
minimo rumore. Quando arrivò ad una sporgenza della roccia
si appiattì contro
la parete e sporse poi la testa quanto bastava per vedere cosa c'era al
di là.
Due uomini stavano sul
camminamento, uno di spalle rispetto a Calla e l'altro di fronte a lui.
La
donna riconobbe senza fatica ser Rowan Baratheon, suo cugino e in
passato anche
suo corteggiatore. Aveva corti capelli neri, occhi verdi e una
sgradevole
faccia da maiale a cui si aggiungeva un costante rossore sulle guancie
rubiconde. L'aspetto lo faceva sembrare costantemente ubriaco. Calla
l'aveva
visto duellare con altri cavalieri nel cortile di Capo Tempesta qualche
volta,
ed era sempre riuscito a disarmarli, ma non aveva idea se si fosse
trattato di
fortuna o di bravura da parte sua.
L'altro uomo non lo riconobbe
subito. Aveva le caratteristiche dei Baratheon: capelli neri e spalle
larghe,
ma nulla più che lo potesse identificare subito. C'erano
troppi altri
Baratheon, tra legittimi e illegittimi. Nel secondo caso era merito di
suo
nonno Willem, i cui appetiti sessuali erano stati ereditati dal nonno,
Robert.
- Non dovresti rifiutare così
alla leggera - disse suo cugino.
- Non sto rifiutando alla
leggera, ci ho pensato.
- Davvero?
- Sono settimane che mi tedi con
queste proposte, e ho già detto di no.
- Pensaci ancora.
Rowan Baratheon afferrò le spalle
all'interlocutore.
- Il re è malato, non gli resta
molto da vivere. Il principe ereditario è lontano, alla
Roccia del Drago, e
molti nutrono dubbi sul fatto che sappia governare un regno. Suo figlio
è un
infante e suo fratello è un beone. Gli zii sono l'uno peggio
dell'altro:
Jaehaemion è un idiota, mentre Rhaegon è un
ritardato. L'unica alternativa
valida...
L'uomo scostò malamente le mani
di Rowan.
- Ne abbiamo già parlato, non...
- ma suo cugino non lo lasciò finire.
- Aspetta, se ci appoggi
diventeresti signore di Capo Tempesta. Tu sei rispettato molto
più degli altri
Baratheon, e sicuramente tutti i lord di queste terre ti seguirebbero.
Abbiamo
dalla nostra parte già molte casate, e se anche tu...
- Appoggiarvi? - nel tono
dell'uomo c'era ilarità mista a disprezzo - E
perché mai dovrei? Non ne vedo il
motivo. Almeno non dopo tutto il casino che avete combinato giorni fa.
Non ti è
sembrato un po' esagerato liberare metà degli animali delle
stalle del castello
solamente per potermi approcciare? E a cosa è servito? A
nulla, visto che poi
sono dovuto andare a dirigere i lavori di ricattura. Sai come si chiama
la cosa
che state facendo tu e i tuoi amici? Tradimento. Io otterrei comunque
Capo
Tempesta, mentre se vi denunciassi voi sareste gettati in cella per
essere
decapitati o mandati alla Barriera, dipende come si sente il re in quel
momento. Effettivamente ci sono troppi Baratheon, sbarazzandosi di
qualcuno si
starebbe solo meglio.
La faccia di Rowan venne
progressivamente distorta dalla rabbia. Probabilmente non era mai stati
insultato da nessuno a quel modo.
- Questa è l'unica risposta che
avrai da me. E se non vuoi che ti denunci a mio padre fareste meglio ad
andartene da Capo Tempesta stanotte stessa, tu e tutti i tuoi amici.
L'uomo puntò un dito contro
Rowan.
- Se domattina ti vedo ancora qui
ti farò incarcerare con l'accusa di tradimento. Mi hai
proprio stancato. E
adesso, se vuoi scusarmi, mi attendono alla festa.
L'uomo si girò, e finalmente
Calla lo poté vedere in faccia. Oltre ai capelli corti e
alle spalle larghe
possedeva una faccia dai lineamenti squadrati ma in un certo modo
graziosi. E i
suoi occhi viola non facevano altro che mettere in risalto gli zigomi
pronunciati. Era ser Baelon Baratheon, l'erede di Capo Tempesta. "Ecco
perché diceva che l'avrebbe ottenuta comunque".
Ser Baelon mosse un passo nella sua
direzione, e Calla si rese improvvisamente conto di essere
pericolosamente
esposta. Sarebbe dovuta già andarsene, e se fosse restata
lì anche solo un
istante di più l'avrebbero scoperta. Si staccò
dalla roccia, ma non poté fare
altro.
La faccia di Rowan venne
attraversata da un ghigno di malvagità pura.
Infilò la mano destra sotto il
mantello e ne estrasse qualcosa che rilucette alla luce della luna.
Calla ne fu
per un attimo abbagliata e non seppe distinguere cos'era. Ser Baelon
mosse un
altro passo, ma la mano sinistra di Rowan gli afferrò la
spalla destra.
- Cugino, se permetti... -
cominciò.
Baelon fu costretto a girarsi,
Calla poté vedere l'espressione annoiata sul suo volto
mentre lo girava.
Probabilmente era maleducazione per un nobile ignorare qualcuno, e
anche se di
malavoglia Baelon si voltò per ascoltare il cugino.
Fu allora che Rowan alzò il
pugnale e lo affondò nella parte sinistra del petto di
Baelon. Cinse poi
l'intero braccio sinistro attorno al collo del Baratheon e lo
tirò verso di sé,
permettendo alla lama di affondare ancora più in
profondità. Baelon emise un
rantolo strozzato, quasi come gli mancasse il fiato. Rowan fece girare
più
volte il polso, e Calla sentì l'orribile rumore di qualcosa
che veniva
strappato. Aveva colpito dove c'era il cuore.
- Avevi ragione, ci sono troppi
Baratheon - gli sussurrò all'orecchio, ma a Calla
sembrò che l'avesse urlato -
Meglio sbarazzarsi di qualcuno.
Baelon ebbe qualche sussulto, ma
smise presto di muoversi. Rowan tirò indietro la mano che
stringeva il pugnale,
e Calla poté vedere che le dita superiori erano
completamente sporche di
sangue. Il pugnale fece uno strano rumore quando venne tirato fuori
dalla carne
del Baratheon. Rowan tenne in equilibrio Baelon per un attimo, poi lo
spinse
all'indietro. Il corpo scivolò oltre il canale alla sua
sinistra, e quando
impattò con l'acqua produsse come il rumore di un sasso
quando cade in uno
stagno.
La donna restò immobile per un
attimo. Aveva appena visto morire un suo parente, ucciso per di
più da un consanguineo.
L'omicidio di consanguinei era peccato mortale per i Sette Dei, come le
avevano
sempre insegnato da piccola, anche se Rowan e Baelon Baratheon erano
ben
lontani dall'essere parenti stretti. Si sentì lo stesso
sconvolta e
disorientata. Quella sensazione terribile di essere nel posto sbagliato
al
momento sbagliato la colse di nuovo in tutta la sua potenza.
Si lasciò inavvertitamente
scappare un gridolino di spavento, e subito si coprì la
bocca con una mano.
Troppo tardi, Rowan voltò la testa e la vide. Quel suo
ghigno malefico si
amplificò ancora di più e cominciò ad
avanzare verso di lei, la mano che
stringeva il coltello che oscillava al suo fianco, come quasi
aspettasse il
momento giusto per colpire.
Calla indietreggiò in preda al
panico, e per poco non rischiò di cadere di sotto.
Riacquistò in qualche modo
l'equilibrio e si mise ad arrancare sulla roccia. Sentiva i passi di
Rowan
risuonare dietro di lei, così cercò di correre.
Fallì, e l'unico risultato che
ottenne fu quello di inciampare sul suo stesso vestito e cadere in
avanti.
Batté malamente la guancia, e
sentì un dolore bruciante sulla faccia. Quando
aprì gli occhi vide che nella
parete accanto a lei c'era una piccola rientranza, forse abbastanza
grande da
contenerla. Si rialzò velocemente e si guardò
dietro: Rowan non era ancora
arrivato. Si fece forza, e nonostante gli occhi avessero iniziato a
lacrimarle
copiosamente riuscì ad infilarsi nel vano. Cercò
di far entrare tutta la veste,
ma qualche lembo rimase fuori, terribilmente esposto. A quel punto
cominciò a
piangere per davvero.
Pochi istanti dopo comparvero gli
stivali di Rowan. Calla li sentì battere contro la pietra, e
li vide fermarsi
di fronte alla rientranza dove si era nascosta. Poi Rowan si
inginocchiò,
un'espressione trionfante sulla sua orribile faccia. Calla aveva
fallito nel
nascondersi a quanto pare.
- Cuginetta cara - disse,
trattenendosi dal ridere - Facevi una passeggiata notturna?
- I-io... - provò a farfugliare
la donna.
- Devi aver visto il mio...
incontro con Baelon. Decisamente il momento sbagliato per una
passeggiata.
Rowan si avvicinò all'apertura,
portando il pugnale all'altezza del proprio volto. Calla lo vide
inarcare il
braccio per prepararsi a colpire, ma le lacrime agli occhi la fecero
per un
attimo diventare cieca. Rowan si trasformò in una macchia di
colore indistinto,
e Calla si rese conto di stare per fare la stessa fine di Baelon. Dopo
averla
uccisa Rowan l'avrebbe buttata in mare e poi sarebbe stata ripescata
giorni
dopo, divorata dai pesci. La sua mente si figurò quella
scena, non lasciando
posto ad altri pensieri se non alla consapevolezza di star vivendo gli
ultimi
istanti di vita.
Improvvisamente però la macchia
che rappresentava Rowan scomparve dalla sua vista. Calla fu
disorientata per
alcuni istanti, e le orecchie presero a ronzargli. L'udito
però non era stato
compromesso come gli occhi, e poté udire un confuso rumore
proveniente da non
molto lontano. In un primo momento esitò, ma come sempre
alla fine la curiosità
ebbe la meglio su di lei e si sporse.
Dapprima vide solamente due
specie di nebulose scure orbitarsi intorno, ma poi quando si
strofinò gli occhi
con una mano riuscì finalmente a distinguere cosa stava
davvero succedendo.
Riconobbe subito Rowan, il quale si stava azzuffando con qualcosa di
piccolo e
veloce. Calla non lo vide bene, così dovette socchiudere gli
occhi. Era Haerrik
Storm.
"Quel ragazzino!" pensò
"Deve avermi seguita. Dannazione a me quando non sto attenta a sbattere
le
porte". Haerrik stava combattendo con una furia cieca, menando calci,
pugni e anche morsi a più non posso. Rowan provava a
contrastare i colpi con il
pugnale ma era troppo lento, non era decisamente un tipo da corpo a
copro. Per
un attimo Calla riuscì a vedere in faccia il ragazzo e si
accorse che stava
piangendo. Non stava però singhiozzando, stava versando
lacrime come avrebbe
fatto un adulto. Doveva aver assistito anche lui all'uccisione di
Baelon. Suo
padre.
Quando Haerrik morse la mano in
cui Rowan teneva il pugnale l'uomo lanciò un urlo e lo
lasciò cadere. La lama
produsse un rumore metallico rimbalzando sulla roccia, e
finì sul ciglio del
canale. Il ragazzo diede poi una ginocchiata nello stomaco all'uomo, il
quale
fu costretto ad arretrare sui gomiti. Haerrik poi gli si
gettò addosso,
prendendogli a pugni la pancia. Calla lo guardò combattere;
doveva aver già
fatto risse del genere, ma qui era diverso: stava combattendo per
vendetta, e
per la vita... di Calla?! Possibile che la stesse difendendo?
Ma la situazione si capovolse
d'improvviso. Rowan riuscì in qualche modo ad allungare la
mano e a recuperare
il pugnale, ma sfortunatamente per lui dalla posizione in cui si
trovava era
molto difficile menare un fendente. Ci provò ugualmente, e
la lama quasi
raggiunse il petto semi-esposto dalle vesti lacere di Haerrik. Calla
urlò, ma
il ragazzo riuscì a bloccarlo con entrambe le mani.
Per alcuni attimi ci fu una sorta
di tira e molla tra Haerrik e Rowan, ma l'uomo era troppo forte per
lui, e la
lama cominciò lentamente a scivolare in avanti. Aveva
però una curvatura verso
il basso, e quando Haerrik cedette fu talmente rapido a scansarsi che
il
pugnale non lo colpì, andandosi invece a conficcare nella
gamba di Rowan, il
quale lanciò un altro urlo di dolore.
Il ragazzo si mise poi a
prenderlo a calci, ma l'uomo riuscì ad afferrarlo per un
piede e a farlo
cadere. Gli rotolò sopra e gli si mise sullo stomaco,
impedendogli di muoversi.
Visibilmente scosso, Rowan si tirò fuori il pugnale dalla
gamba. Era ancora più
rosso del solito, e sembrava fradicio di sudore. Era pronto a calare il
colpo.
- Maledetto bastardo - gli gridò
- Sei ancora più fetente di tuo padre!
- Da che pulpito! - disse una
voce alle sue spalle.
Calla nel frattempo non se n'era
stata a guardare. Si era alzata e, sentendosi in dovere di fare
qualcosa, aveva
afferrato un grosso sasso e si era faticosamente portata alle spalle di
Rowan.
L'uomo non l'aveva notata perché era troppo occupato a
combattere Haerrik, ma
girò appena la testa alle sue parole. La pietra
calò sull'attaccatura del collo
e Rowan rotolò di lato, stordito ma non fuorigioco.
Calla corse subito da Haerrik e
lo aiutò a rialzarsi, ma il ragazzo aveva lo sguardo fisso
su Rowan. Digrignava
i denti dalla rabbia, e calde lacrime gli rigavano il viso.
- Maledetti! - gridò l'uomo
dietro di loro - Ve la farò pagare.
Calla si voltò, appena in tempo
per vedere Rowan, il quale zoppicava tenendosi la gamba fradicia di
sangue,
salire la stretta scala per capo tempesta. Il pugnale era sparito
chissà dove,
forse gli era caduto in mare. La donna lo vide sparire nella roccia, e
piano
piano il rumore da lui prodotto si affievolì.
Sobbalzò quando Haerrik la prese
per mano e la strattonò dalla parte opposta.
- Vieni, dobbiamo andare - disse
con voce stranamente ferma.
- Ma... - Calla era perplessa.
- Non possiamo andare di là,
rischiamo di incontrarlo di nuovo. Dirà che siamo stati noi
ad uccidere ser Baelon
e che poi l'abbiamo aggredito. A chi pensi che crederanno? Ad un
bastardo e a
una nobile di basso rango oppure al figlio del castellano di Capo
Tempesta?
Calla si rese conto che aveva
ragione. Arstan Baratheon, fratello minore di Barristan e padre di
Rowan, era
il castellano dell'imponente fortezza, e Orson si fidava di lui come un
fratello. Aveva più volte insistito perché Calla
e Rowan - certe volte Derrick,
suo fratello minore - fossero promessi sposi, ma il primo si era
sposato a sua
volta e aveva avuto un figlio mentre al secondo era nato un bastardo
due anni
prima, così le proposte alla fine erano cadute. La donna
sapeva di non stargli
simpatica, e se anche lui fosse stato invischiato in quella specie di
complotto
avrebbe senza dubbio spalleggiato suo figlio.
Mentre camminavano lungo il
canale la donna fece caso ad un particolare all'apparenza
insignificante: poco
prima il ragazzo, mentre spiegava le motivazioni della loro fuga, aveva
apostrofato Baelon come "ser" e non come "mio padre". Aveva
avvertito una certa disperazione nella sua voce, ma era normale, in
fondo era
il suo genitore, anche se questi non l'aveva mai riconosciuto. Si
sporse
leggermente, e si accorse che Haerrik stava ancora piangendo ma che
cercava di
nasconderlo, così la donna fece finta di niente.
- Grazie - gli disse invece.
Il ragazzo rimase in silenzio.
- Potremmo scappare a piedi -
disse debolmente mentre si massaggiava i suddetti, ma già
mentre lo diceva
sapeva che non sarebbe stato fattibile.
- Sarebbe un suicidio - Haerrik
decise di obbiettare ugualmente - A cavallo e con i cani ci
prenderebbero in
poche ore.
- Allora cosa facciamo?
- Mi viene in mente una sola
possibilità.
Mentre si riposava un po' a causa
di tutte le emozioni di quella sera, Calla ascoltò sempre
più incredula il
"piano" elaborato dal bastardo. Era una cosa assolutamente folle, e
la probabilità di essere scoperti era altissima. Lei non
temeva ripercussioni
dirette, avrebbe potuto denunciare a lord Orson Rowan per l'omicidio di
Baelon,
ma Haerrik probabilmente sarebbe stato ucciso prima. Aveva paura per
l'incolumità di quel ragazzo, e inizialmente diede il
proprio dissenso per quel
piano.
- Non se ne parla, è troppo
pericoloso.
Haerrik non le rispose subito, ma
quando lo fece ci mise tutto sé stesso.
- E' la nostra unica speranza di
fuggire, non abbiamo altre alternative. Funzionerà, ne sono
sicuro, non si
aspetteranno che ritorni dentro le mura.
In quel momento uno scalpiccio di
zoccoli richiamò l'attenzione di entrambi, e Haerrik fece
appiattire ancora di
più Calla nell'erba. A poca distanza si stava avvicinando un
soldato della
guarnigione di Capo Tempesta, riconoscibile dalla cappa giallo oro. Si
fermò e
scese da cavallo, mettendosi a perlustrare la zona circostante.
- Allora, ti fidi di me? - le
sussurrò Haerrik sbrigativo.
Calla ci pensò su un attimo. Era
stato astuto, le aveva riservato la scelta proprio nel momento
peggiore, ma la
donna ci rifletté comunque su un attimo. Poi
accettò, temendo che l'uomo li
potesse scoprire da un momento all'altro.
L'armato si era messo a
perlustrare un piccolo gruppo di arbusti a poca distanza,
così i due si misero
a strisciare silenziosamente dentro l'erba alta. Calla sentì
il proprio
splendido vestito impigliarsi e strapparsi più volte, ma
cercò di non pensarci.
Gliel'aveva regalato Boremund, il fratello minore di Baelon, un paio
d'anni
prima per il suo compleanno, e lei ci teneva molto. Involontariamente
si
ritrovò a pensare che adesso era lui l'erede di Capo
Tempesta. In quel momento
era in viaggio nelle Terre dell'Ovest, si diceva per fare la corte a
qualche
lady.
La guardia, una volta finito di
ispezionare gli arbusti, passò all'erba dove si
nascondevano, ma ormai se
l'erano lasciata alle spalle. Erano arrivati in un piccolo avvallamento
roccioso, e lì dovettero stare attenti a non smuovere nulla
per non provocare
rumore. Continuarono così per un bel po', e videro almeno
altre due guardie che
perlustravano le zone, riuscendo sempre ad aggirarle in qualche modo.
La caccia
era aperta.
Alla fine arrivarono ad un cumulo
di detriti. O almeno ciò che sembrava tale. Haerrik si mise
a scostare il più
piano possibile un intrico di rovi, piante ed erbacce cresciuto sulla
superficie della catasta che Calla mai avrebbe osato toccare. Non si
sarebbe
mai sognata di farlo, chissà quali malattie le riservavano
quei vegetali.
Con sua estrema sorpresa da sotto
le erbacce spuntò una porticina. Era abbastanza squallida,
non più di due ante
di legno costruite alla bell'è meglio, ma perlomeno era
stata mascherata
abbastanza bene. Haerrik scostò piano le ante, rivelando al
di là della porta
un piccolo tunnel che si snodava nella terra. Poi il ragazzo le fece un
gesto,
invitandola ad entrare.
Avanzare dentro quel bugigattolo
non fu come farlo nel canale. Se prima si era appoggiata sulla pietra
leggermente umida adesso lo faceva sulla nuda terra. Il fango le
entrò presto
sotto le unghie, e persino alcuni insetti le caddero in testa dal
soffitto.
Dovette ricorrere a tutta la propria forza di volontà per
non lanciare un
gridolino d'orrore. Haerrik si infilò nel buco -
perché di questo alla fine si
trattava il tunnel - e si richiuse la porta alle spalle. Poi
toccò lievemente
Calla, dicendole non verbalmente di avanzare.
Quella che seguì fu la camminata
- o meglio la strisciata - più lunga della vita di Calla. Se
davvero del
proprio vestito era sopravvissuto qualche bel particolare, sarebbe
stato presto
cancellato. Sentiva la fredda e ruvida terra graffiargli i palmi delle
mani, e
sentiva le ginocchia impattare sul duro terreno mentre la preziosa seta
si
imbrattava di poltiglia marrone.
Più procedevano e più Calla ebbe
la sensazione che il tunnel si stesse allargando in altezza. Il suo
sentore
ebbe conferma quando andò bruscamente a sbattere contro una
parete. Nel tunnel
era completamente buio ed Haerrik le aveva assicurato che era tutto
dritto fino
al castello, ed era per questo che non si era aspettata nessun ostacolo
davanti
a sé. Quando sbatté malamente il naso contro la
terra si lasciò sfuggire un
gemito.
Da dietro Haerrik la toccò, come
a volerle dire di proseguire. Si massaggiò un attimo il naso
dolorante, poi si
aggrappò con le mani alla parete di terra e si
tirò faticosamente su. Batté
duramente la testa contro il soffitto duro, ed emise un altro gemito di
dolore.
Decisamente quello non era il suo momento fortunato. Il rumore giunse
però
stranamente attutito, come se qualcosa di morbido vi fosse sopra.
- Apri - le disse Haerrik.
Lei non capì subito, e il ragazzo
le dovette ripetere l'ordine. Poi realizzò che la cosa
contro cui era andata a
sbattere e che credeva il soffitto del tunnel era in realtà
una botola. Scoprì
che era fatta di legno, e ciò spiegava lo strano rumore che
aveva sentito
prima, ma quando l'aprì si ritrovò sommersa da un
mare di paglia. Una puzza
terribile le invase il naso, e quasi le venne da vomitare. Haerrik le
spintonò
i piedi, ansioso di alzarsi, e la costrinse ad uscire. Calla
sbucò nelle
stalle.
Una volta che anche lui fu uscito
dal passaggio segreto si richiuse piano l'apertura alle spalle, e fece
segno a
Calla si stare bassa. Erano sbucati in una delle cellette per gli
animali
situate nelle stalle, che in quel momento era vuota. Si sentivano
però molti
rumori all'esterno, probabilmente gli stallieri erano stati informati
di cosa
Haerrik non aveva commesso ed avevano cominciato a cercarlo anche loro.
Sicuramente lord Orson aveva predisposto una ricompensa per chiunque
l'avesse
trovato e riportato da lui. O meglio da Rowan.
Restarono in silenzio finché tutti
i rumori all'esterno non furono svaniti. Probabilmente in quella cella
avevano
già guardato, così nessuno sospettava che vi
fossero all'interno proprio in
quel momento. Haerrik sbirciò dai divisori e socchiuse la
porticina che
permetteva l'accesso ai cavalli, poi quando fu sicuro che non ci fosse
nessuno
fece cenno a Calla di uscire.
Assieme strisciarono nell'ombra,
evitando qualsiasi punto in luce o troppo esposto, e Haerrik la
guidò fino alla
parte della stalla adibita ai pokemon. Si diresse verso una celletta e
l'aprì,
entrandovi. Calla lo seguì, e stupì nel
riconoscere lo Spearow con cui il
ragazzo aveva "conversato" qualche ora prima. Haerrik
cominciò a
liberarlo dalle catene che lo trattenevano al suolo.
- E adesso? - chiese lei
disorientata.
- Adesso ti trovi un pokemon tuo.
Mica avrai pensato che un solo Spearow potesse portarci a tutt'e due?
- Ma io... io non sono mai stata
a cavallo di un pokemon.
- Dannazione - mormorò il
ragazzo.
Haerrik sembrò meditare un
attimo, poi le consegnò l'unica catena che ancora vincolava
lo Spearow ad una
zampa, la quale probabilmente serviva per farlo camminare nella
direzione
voluta.
- Aspetta qui - le disse, e uscì.
Calla rimase come imbambolata, la
catena nella destra che penzolava e produceva un leggero tintinnare. Si
sentì
schiacciata da tutto quello che le era successo quel giorno: solamente
per
farsi una passeggiata al chiaro di luna aveva assistito ad un omicidio
e adesso
era probabilmente ricercata per ciò. Era talmente presa che
si accorse troppo
tardi che qualcuno si era infilato nella cella.
- Ah! - gridò lei quando si sentì
toccare - Lasciami!
- Zitta!
Riconobbe la voce di Haerrik, e
poi anche la sua persona. Aveva urlato per niente.
- Ci farai scoprire!
Troppo tardi. Si udirono quasi
subito schiamazzi e richiami, e tutti gli animali che fino a poco prima
stavano
beatamente dormendo si risvegliarono all'unisono, cominciando a
produrre un
gran baccano che avrebbe richiamato l'attenzione anche di un sordo.
Haerrik non perse tempo. Consegnò
nella sua mano un'altra catena e riprese la propria.
- Corri! - le urlò.
Calla eseguì alla lettera, anche
se oramai non capiva più nulla, e lo seguì fuori
dalla celletta. Haerrik le
aveva procurato un Pidgeotto, un giovane esemplare dalle lunghe piume
rosse e
dal petto prominente. Quando Calla strattonò la sua catena
il pokemon la seguì,
anche se visibilmente di malavoglia.
Haerrik aprì le porte della
stalla, e d'improvviso si ritrovarono nella fredda aria notturna del
cortile di
Capo Tempesta. C'erano molte guardie che correvano qua e là
con delle torce, e
subito una mandria di stallieri si mise a correre verso di loro.
- Svelta, monta su!
Haerrik diede una forte pacca
allo Spearow, il quale con un forte sbatter d'ali si sollevò
da terra in un
attimo e cominciò ad alzarsi in volo. Il ragazzo si
aggrappò ad una delle due
zampe con una mano, evidentemente era troppo grande per salire in
groppa al
piccolo pokemon.
- Io non so come fare! - urlò la
donna disperata.
- Monta su e dai di speroni! - le
urlò di rimando Haerrik, una mano alla bocca per amplificare
la propria voce -
Partirà da solo! Poi tieniti forte!
- Prendetela!
Un gran numero di uomini si stava
avvicinando, così Calla, spaventata a morte,
seguì le parole di Haerrik. Montò
in groppa al pokemon e fece come aveva visto fare decine di volte ai
cavalieri
di rientro, ovvero calciò rientrando con le gambe in quelli
che dovevano essere
i fianchi del pokemon. Quello ebbe uno scossone e immediatamente
scattò in
avanti, travolgendo cinque o sei stallieri che gli si erano parati
incontro.
Fece due giri concentrici dentro
il piazzare della fortezza, sfiorando con la punta delle ali i
camminamenti sui
quali le sentinelle sgomente provarono ad allungare le braccia per
afferrarla.
Poi, quando fu abbastanza in alto, il pokemon virò fino a
raggiungere Haerrik e
lo Spearow, che si stava dimostrando parecchio forte per sostenere un
peso
morto come lo era il ragazzo.
Calla provò a muovere la mano, e
la sentì ancora. Miracolosamente era ancora viva. Spaventata
a morte, ma viva.
Con la stessa mano tremante si asciugò la fronte madida di
sudore, e si rese
conto di star volando praticamente di fianco ad Haerrik. Senza sapere
perché si
abbandonò ad una risata liberatoria, assieme alla quale
sgorgarono lacrime
calde dai suoi occhi. Erano in salvo. Per il momento.
Note dell'autore
Ottavo capitolo, qui ci ho messo veramente tutto me stesso. Ho un po'
riadattato la canzone La
moglie del dorniano perché non mi piaceva la
versione tradotta a cazzo di cane. Una canzone senza rime è
una bestemmia per me, come un arbitro senza fischietto: senza senso di
esistere.
Questo sarà l'ultimo pezzo che pubblicherò prima
di andarmene in vacanza, per cui ci rivediamo ad agosto!
Chissà, forse mi ci scappa anche una os questa settimana...