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Autore: SNK    14/01/2009    6 recensioni
La storia è ambientata nel momento dopo l'estrazione di Shukaku da Gaara. il kazekage non sa più se sarà in grado di adempiere ai suoi doveri perchè non riesce a usare la sabbia come prima. ha paura di essere ora solo un peso per il suo villaggio, dubbi lo avvolgono sulla sua esistenza, sul padre e sulla madre.nemmeno l'amore che lentamente gli si farà avanti sembra potergli lenire le sofferenze interiori.
Genere: Romantico, Malinconico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kankuro, Sabaku no Gaara , Temari, Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un sibilante colpo di tosse uccise il silenzio velato di umidità dell’alba mentre una mano scarna e nodosa saliva ad asciugare svogliatamente le innumerevoli gocce di sudore che imperlavano la fronte ampia e macchiata dalla vecchiaia.

Lo sguardo si rivolse ancora una volta all’orizzonte indaco e sonnolento sospirando mestamente di fronte alla distesa infinita di sabbia che sembrava non voler cedere posto ad altri che lei, quindi, deluso, amareggiato,rassegnato, tornava a guardare i sandali logori cercando il coraggio da infondere a questi per compiere ancora qualche passo.

Dietro ad essi solo una lunga strada fatta di impronte che si trascinavano stanche una dopo l’altra.

Il vecchio si poggiò più saldamente al bastone che gli permetteva di sorreggersi meglio sulla gamba malferma e deformata dall’artrite e con una smorfia di dolore che ormai era divenuta l’unica espressione ancora leggibile su quel volto rugoso segnò il deserto con un altro passo.

Il sole sollevò incuriosito il primo raggio del giorno poi, piano, si sedette sul dorso delle dune aspettando che i granelli di sabbia si scuotessero dal gelo della notte quindi, con l’ultimo sbadiglio che gli era concesso, balzò in piedi staccandosi definitivamente dalla terra.

Il vecchio ansimava violentemente ma non voleva rassegnarsi al bisogno di fermarsi a riposare, obbligava quel suo corpo curvo a continuare a muoversi tappando le orecchie al suono doloroso delle ossa delle ginocchia che scricchiolavano e stridevano come i sassi schiacciati dalla forza di una pressa. Poi, beffarda e malvagia, la sabbia lasciò posto ad una buca larga quanto il piede di un uomo e il vecchio vi inciampò al suo interno finendo per sbattere violentemente la cassa toracica al suolo. Il respiro gli abbandonò in un attimo i polmoni svuotandoli e strizzandoli lasciandolo con la bocca aperta e bramosa di aria. L’anziano rimase immobile con la faccia rivolta alla sabbia nel tentativo di compiere un primo difficile respiro: alcuni rivoli di bava gli erano scivolati dalle labbra e il sudore scendeva copioso dalle tempie andando a bagnare il colletto  della misera casacca grigia più per le macchie che per vero colore. Un altro accesso di tosse lo costrinse a girarsi sul dorso per permettere alle mani di stringersi al petto cercando di lenire la tagliente fitta che si era svegliata a livello delle sue costole fluttuanti sinistre.

Poi, finalmente, gli spasmi presero a calmarsi e il vecchio, palpando per un attimo l’infuocata arena come a voler trovare un appiglio per darsi forza, irrigidì ogni muscolo del proprio corpo e si mise a sedere.

Scrutò la piccola buca che l’aveva fatto cadere e si deterse la faccia incrostata di sabbia e sudore scostandosi le rade ciocche di capelli dalla fronte prima di puntellarsi su un braccio per cercare di rimettersi in piedi.

Il primo tentativo fallì e l’anziano, ansimando, puntò lo sguardo sul bastone che durante la caduta era finito più in la, non troppo distante, ma abbastanza da essere intoccabile. Digrignò i denti mettendo in mostra le gengive ristrette quindi trattenne il fiato per dare nuova forza alle gambe stecchite ma l’artrite lo vinse ancora:

- NO! – urlò con quel po’ di fiato che gli era rimasto in gola – non è ancora il momento! – il vecchio si girò mettendosi a carponi e serrando gli occhi e il cuore al dolore intenso che si spigionò dalle articolazioni distrutte.

Mosse qualche strisciante passo verso il bastone e quando fu sicuro di averlo tra le dita spalancò lo sguardo smeraldo e con uno sforzo che sembrò fargli esplodere il cuore nel petto si costrinse ad alzarsi.

La testa gli girò violentemente e un inatteso brivido gelido gli attanagliò le viscere facendolo barcollare:

- ho detto di no! – sibilò sottovoce – maledette gambe! –

Il vecchio alzò la testa per scrutare l’oceano di fuoco che gli si apriva tutt’intorno:

- e li…dietro li…- formularono le labbra aride e screpolate dalla sete – manca molto poco e poi potrò morire…-

 

 

Un rumore sordo e improvviso come un tuono fece spalancare di soprassalto gli occhi di Gaara che si tirò su a sedere respirando in maniera affannosa mentre cercava di liberare il proprio corpo dalle coperte che gli si erano attorcigliate attorno.

Giro più volte la testa percorrendo con lo sguardo impazzito le quattro mura spoglie della stanza da letto quindi, dopo essersi assicurato che il suono l’aveva udito solamente nella sua mente, si portò le mani al viso e si stropicciò gli occhi.

Sbadigliò soffermandosi poi ad osservare le coltri sgualcite prima di buttare le gambe giù dal letto e rabbrividire al contatto con il pavimento freddo.

Qualcuno prese a bussare alla porta e Gaara si voltò a guardare da sopra la spalla la maniglia che veniva abbassata con cautela:

- GaaraKankuro entrò nella stanza a piedi nudi – ti sei svegliato finalmente…- il marionettista si fermò un momento, indeciso se continuare  a parlare, poi sospirò andando verso il fratello che era rimasto seduto sul bordo del letto.

Gli si sedette accanto e lo fissò:

- sei riuscito a dormire? – gli chiese un po’ in ansia.

Gaara accennò ad un breve assenso con la testa mentendo un’altra volta al fratello maggiore:

- eppure – continuò Kankuro – sei ancora così pallido, sicuro di stare bene? –

- si…- rispose il Kazekage studiando i contorni a frange della tenda che copriva la finestra alzandosi quindi in piedi per cominciare a togliersi il pigiama.

Kankuro seguì i movimenti del fratello con lo sguardo spiandone il fisico asciutto e la pelle pallida per finire poi sulle spalle larghe e lievemente incurvate. Poi, come fosse stato chiamato da una voce sconosciuta, il marionettista voltò lo sguardo verso l’angolo più remoto della stanza immersa ancora nella penombra: la giara era scomparsa.

E non ci sarebbe stata mai più.

- KankuroGaara lo richiamò alla realtà – apri le finestre per favore finchè mi vesto –

Il marionettista annuì tirandosi su dal letto quindi passò affianco al fratello venendo investito dall’odore muschiato della sua pelle senza farci troppo caso:

- il sole è già alto stamattina – disse Kankuro seguendo con lo sguardo uno stormo di uccelli che volavano formando degli ampi cerchi sopra le abitazioni di Suna -  ti recherai in ufficio ora? –

Gaara abbottonò l’ultimo bottone della giacca e affiancò il fratello alla finestra aspirando il profumo pungente e caldo del deserto:

- si, andrò in ufficio…-

Kankuro sbattè le palpebre senza distogliere l’attenzione dalle evoluzioni compiute dagli uccelli:

- ti senti pronto quindi –

- si Kankuro, sono pronto per ricominciare…il mio villaggio ha bisogno di me…-

Il marionettista si voltò a guardare il fratello:

- il tuo fisico potrebbe essere ancora piuttosto debole, non devi stancarti –

- lo so – rispose il Kazekage – non dimenticarti che ora però posso dormire e questo mi aiuta a rimettermi –.

Kankuro sospirò poggiando una mano sulla spalla di Gaara:

- già, ora puoi dormire anche tu – il ragazzo si voltò per raggiungere la porta – se hai bisogno di qualcosa, chiedi pure fratellino…- e uscì lasciando Gaara immerso nel silenzio della stanza.

Il kazekage sospirò rimanendo alla finestra  perdendosi a guardare l’infinita distesa di sabbia che si apriva di fronte ai suoi occhi al di la delle grandi mura di Suna quindi chiuse le palpebre alla ricerca di quel senso di doppia vita, di fermento, di ansia che per tanti anni, da quando era nato, l’aveva accompagnato.

Non l’avrebbe sentito mai più.

Non avrebbe più avuto chi lo rodeva e lo spaventava durante la notte. Eppure ora gli sembrava di avere più paura di prima.

Una folata di vento caldo gli alzò i capelli rossi dalla fronte gonfiandoli e rendendoli leggeri e donandogli un senso di leggerezza che gli era nuovo.

Gaara deglutì quindi abbandonò la sua posizione per andare a prendere l’abito ufficiale da Kazekage che giaceva piegato sulla sedia della scrivania; lo accarezzò per un momento poi uscì dalla stanza.

Percorse il lungo corridoio che lo portava alle scale prendendo a discenderle lentamente: sentiva provenire dalla cucina le voci di Kankuro e Temari che discutevano sul suo ritorno in ufficio. Temari come al solito era apprensiva e insisteva sul fatto che forse sarebbe stato meglio per Gaara aspettare ancora qualche giorno prima di rimettersi al lavoro. Kankuro invece trovava che per Gaara era utile tornare quanto prima a fare il Kazekage.

E per un momento, una brevissima frazione di secondi, Gaara si trovò ad odiare Kankuro per quella sua affermazione, a chiedersi se per un solo istante il fratello si fosse chiesto se sarebbe stato ancora in grado di fare il Kazekage come prima.

Gaara rimase imbambolato nei suoi pensieri con la mano protesa sulla maniglia della porta incapace però di abbassarla, i muscoli contratti da una paura che sembrava più grande di quella che lui stesso aveva sempre avuto di Shukaku.

Abbassò la testa deglutendo il nodo che gli si era formato in gola quindi tolse la mano dalla porta voltandole le spalle tornando quindi verso le scale.

 

 

 

Ciao a tutti quanti!!!! Sono tornata con una nuova storia che spero e mi auguro possa appassionarvi come quella che ho terminato! Mi propongo allora di mettercela tutta per fare un lavoro decente…poi, lascio a voi giudicare!un bacio grande dalla sempre vostra SNK.

  
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