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Autore: The Princess of Stars    27/06/2015    1 recensioni
*SEQUEL DE "IL PRINCIPE E L'ASSASSINA"*
Ormai ritrovata la madre perduta, scoperto di essere l'erede al trono di Scizia, felicemente sposata e madre di due figli, Annabeth sperava di proseguire la sua vita in modo tranquillo. Ma diventare la Gran Maestra del Clan non ha tutti i suoi lati positivi, soprattutto se per diventarlo si ha ucciso Crono, il vecchio Gran Maestro malvagio e carismatico, e si è la futura regina dell'Attica e di Scizia.
Un 'vecchio' nemico è tornato e Annabeth e Percy dovranno affrontarlo, non solo per salvare il regno, ma anche la loro famiglia.
Annabeth stessa ha detto che tutti hanno un lato oscuro e quello dell'assassina era il suo, ma ha anche detto che Percy era la sua forza. Percy riuscirà ancora a farle da ancora e trattenere il suo nascosto istinto d'assassina? Fin dove può spingersi l'amore di una madre per i propri figli?
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Annabeth Chase, Nuovo personaggio, Percy Jackson
Note: AU, Movieverse, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Annabeth’s POV:
Ormai eravamo davanti l’entrata della Gola. Erano quasi le 9 della mattina, ma nonostante il sole con cui ci eravamo svegliati, appena ci avvicinammo all’entrata ci trovammo in una coltre di nebbia fitta. Si vedeva molto poco e dall’interno della gola non usciva un suono… un invito al suicidio. Starlight e Blackjack erano irrequieti, continuavano a battere gli zoccoli a terra, Starlight si alzò sulle appena zampe posteriori un paio di volte.

“Sei pronto?” chiesi a Percy, lui si voltò verso di me con sguardo deciso.

“Andiamo” disse lui e con un colpo di talloni ci addentrammo nella Gola. Andavamo al passo, sia per non stancare i cavalli che per non perderci a causa della nebbia. Tutto era silenzioso, Percy mi stava accanto cosicché ci potessimo vedere l’un l’altra. Non so per quanto tempo camminammo, so solo che entrambi stavamo con le orecchie tese e continuavamo a guardarci intorno per possibili minacce. La Gola di Livada era grande, ma era la strada più corta. Il tempo, nonostante fosse già passata qualche ora, sembrava essere fermo, come i dintorni, sembrava di camminare sempre nello stesso punto, con l’umidità che si faceva sentire sempre di più.

“E’ un po’ troppo calmo, non credi?” mi disse Percy mantenendo l’attenzione sulla strada.

“Fin troppo” confermai e in quel momento mi parve di vedere un’ombra con la coda dell’occhio. Fermai Starlight voltandomi di scatto. Percy non disse niente, ma anche lui fermò Blackjack e puntò lo sguardo nella direzione in cui guardavo io. Starlight cominciò a battere lo zoccolo a terra irrequieto, come Blackjack, ballando sul posto, mentre io e Percy tentavamo di tranquillizzarli e stare fermi. Poi con la coda dell’occhio, vidi qualcos’altro muoversi e stavolta ero certa di averla vista e quando un sasso rotolò giù per il pendio della gola fermandosi ai nostri piedi, capimmo di non essere soli.

“Percy” dissi guardando dietro di noi, e lì intravidi una sagoma, un’ombra che non sembrava affatto amichevole “Corri” e ci lanciammo al galoppo correndo a più non posso. Dietro di noi la losca figura partì all’attacco inseguendoci, mi voltai un istante per vedere cosa fosse la creatura, ma vidi solo che si trattava di un grosso rettile che stava per scagliarci un’attacco.

“Percy, spostati!” gli gridai e ci separammo appena in tempo che il mostro morse l’aria tra noi due “Un Drago di Aeonia!”

“Che cosa?! Ma non lo aveva fatto fuori Cadmo?!” esclamò Percy riallontanandosi da me quando il mostro partì con un altro morso che ci mancò.

“Sì, ma esiste la ‘riproduzione’, sai?” risposi tirando fuori la spada mentre Percy fece lo stesso, schivando un altro morso del drago, guardando avanti, Percy ed io vedemmo che alla parete della gola, davanti a me c’era una salita che portava ad una sporgenza del pendio della gola.

“Io faccio da esca, tu colpiscilo!” disse Percy, io annuì e aumentai la velocità salendo su per quel pendio che anche lui aveva visto, mentre Percy rimase giù, correndo dritto per diritto con il drago alle calcagna, colpendolo con vortice ogni volta che il mostro si avvicinava. Io invece galoppavo sulla sporgenza, preparandomi al salto. Doveva essere una mossa perfetta, o la va o la spacca. Aumentai la velocità finché non mi trovai ad una distanza tale da poter cadere sulla testa dell’enorme rettile, ora dovevo solo riuscire ad avvicinarmi abbastanza. La mia occasione si presentò quando più avanti la sporgenza si allargò verso l’interno. Tolsi i piedi dalle staffe e mi misi accovacciata sulla sella, mentre Starlight correva e al momento esatto saltai giù da cavallo atterrando sulla testa del mostro conficcandoci la spada. Il rettile emise un ruggito stridulo di dolore, ma non morì subito. Scosse la testa nel tentativo di buttarmi giù, ma io non mollai la presa, anzi in quel momento, Percy si era avvicinato al mostro ed era pronto a colpire. Gli tolsi la spada dalla testa e alzata la lama colpimmo insieme, lui sotto la gola, io trafiggendogli ancora la testa. Il mostro levò un altro grido di dolore e cadde a terra morto, mentre io saltai giù dalla testa ritraendo la spada.

“Stai bene?” ci chiedemmo l’uno all’altro.

“Sì, sto bene” risposi a mio marito “Tu?”

“Non mi ha sfiorato” rispose, poi guardò la carcassa del mostro “Odio i serpenti…” borbottò. Io scossi la testa e in quel momento Starlight riapparve venendoci incontro. Era sceso dal pendio ed era tornato indietro a prendermi. Arrivato mi annusò come per controllare che stessi bene, mentre io gli accarezzai il muso per poi risalirgli in sella. Stavo per dire a Percy di ricominciare a muoverci, quando entrambi sentimmo dei passi dietro di noi, passi animali e un ringhiare. Blackjack e Starlight erano già irrequieti. Poi dalla nebbia apparve la sagoma di un cane, un cane a due teste.

“Ortro” dissi riconoscendo la creatura. L’enorme cane a due teste dal manto grigio cenere rimase fermo immobile ringhiandoci contro.

“Annabeth, scappiamo subito, non abbiamo tempo da perdere” disse Percy.

“Aspetta, non muoverti. Se scappiamo attaccherà di sicuro ma se restiamo fermi potrebbe non farlo” risposi.

“Annabeth, questo posto pullula di mostri. Andiamo subito, non possiamo fermarci a combattere”

“Era il cane di Gerione e, al contrario del suo padrone, a lui ero simpatica. Credevo fosse morto in battaglia 8 anni fa” dissi “Vedi, ci sta annusando” gli feci notare, mentre le teste di Ortro annusavano verso di noi “Se mi riconosce non attaccherà, se scappiamo ci etichetterà come ‘preda’, è stato addestrato così” spiegai. Il cane ringhiava, i suoi occhi gialli erano l’unico punto brillante nella densa foschia. Poi Ortro fece qualcosa di inaspettato, invece di voltare entrambe le teste verso di me, le voltò contro Percy e iniziò a ringhiare di più. Mi voltai verso Percy e vidi che cosa stava attirando Ortro: la ferita di Percy, quella che gli aveva procurato la manticora, che Testa d’Alghe non mi aveva permesso di controllare. C’era sangue su camicia e gilet, e stava attirando il cane a due teste.

“Annabeth, giriamo i tacchi e andiamo” disse Percy, invece io feci qualcosa di ancora più folle, Ortro ci sarebbe potuto tornare utile se mi avesse riconosciuta. Feci una follia: scesi da cavallo e mi avvicinai al cane che voltò una testa verso di me.
“Annabeth! Che stai facendo?! Monta subito a cavallo e filiamocela!” disse Percy allarmato.

“Potrebbe aiutarci” dissi mentre Ortro mi ringhiò contro minaccioso “Ortro, sono io, Annabeth” dissi fischiettando un po’ per farmi riconoscere, ma lui mi ringhiò ancora di più contro annusando l’aria.

“Quel cane ci attaccherà da un momento all’altro. Annabeth, monta a cavallo e usciamo di qui prima che sia troppo tardi” disse Percy.

“Buono, bello. Ortro, sono Annabeth. Cuccia” dissi, ma una testa ringhiò e l’altra mi abbaiò contro, entrambe mostrandomi le zanne aguzze come rasoi, continuando ad annusare l’aria.

“Annabeth, è un'altra bestia mostruosa assetata di sangue! Andiamocene. Leon e Sabeen hanno bisogno di no- ANNABETH!” in quel momento Ortro mi saltò addosso inchiodandomi a terra, ma invece di mordermi, entrambe le teste cominciarono a leccarmi tutta la faccia, annusandomi il volto.

“Ehi! Ciao! Buono, bello! Sì, è bello rivederti! Fermo! Fermo! Basta con i baci!” dissi mentre l’enorme cane a due teste mi leccava tutta. Riuscì a tirarmi su, grattando entrambe le teste dietro ad un orecchio, poi mi voltai verso Percy che aveva già sguainato la spada, ma rimase fermo a guardare la scena incredulo. “ ‘Bestia mostruosa e assetata di sangue’ dicevi?” dissi sfottendolo “Chiudi la bocca e rinfodera la spada, Testa d’Alghe, abbiamo un nuovo amico con noi, non è vero Ortro? Ma chi è un bravo cagnolone, eh?” dissi io mentre Ortro si buttò per terra facendosi grattare la pancia, scodinzolando allegramente.

“Non ci posso credere!” fece Percy ancora sotto shock.

“Con Ortro al nostro fianco avremo un bel vantaggio su Pallante. Diciamo che non è mai stato molto simpatico” dissi io grattando la pancia al cane, grosso almeno quanto Blackjack e Starlight messi insieme.

“Mi stai prendendo in giro? Siamo nella Gola di Livada, abbiamo appena ucciso un drago di 8m e tu ti metti a giocare con bavoso e puzzolente Rottweiler a tue teste?!” disse Percy, subito mettendo la mano sulla spada quando le teste di Ortro gli ringhiarono contro offese.

“Non dirgli così” dissi io calmando Ortro “Sembra cattivo, ma in realtà è un gran coccolone ed è estremamente fedele. Non è vero, bello? Oh, sì, sì… bello cucciolone!” feci io grattando le teste del cane sotto al mento.

“Beh, allora, già che ci siamo, vedi se riesce seguire una pista e guidarci verso Sabeen e Leon” disse Percy dandomi lo spadino di Leon e il fiocco strappato di Sabeen. Io li presi e li avvicinai ad Ortro.

“Ortro, devi aiutarci a ritrovare i nostri bambini. Annusa e guidaci” dissi io mentre le due teste annusavano spadino e fiocco. Poi Ortro cominciò ad annusare l’aria e puntò dritto verso dove stavamo andando.

“Ha trovato una pista! Seguiamolo” dissi io ridando gli oggetti a Percy e montando nuovamente a cavallo. Ortro ci precedeva annusando l’aria e il suolo, con le due teste intente a seguire le tracce. La nebbia era sempre densa e l’aria ancora umida, camminammo avanti seguendo l’enorme cane. Mentre camminammo sentii Percy gemere dietro di me. Mi voltai e vidi che si stava tenendo una mano sulla ferita, ma lui accorgendosi mi disse di stare bene, che gli stava solo bruciando un po’. Poi ad un certo punto Ortro alzò le due teste ed annusò l’aria, improvvisamente il cane sembrò agitarsi, mise la coda tra le gambe e cominciò a guaire.

“Ortro, che c’è? Che ti succede?” dissi io, ma il cane si voltò verso di me, mi guardò spaventato e poi scappò via di corsa. “Ortro! Aspetta! Dove vai?!” lo chiamai, ma con la fitta nebbia non lo vedevo già più.

“Annabeth” sentii Percy chiamare

“Percy, non fare battute sulla fedeltà di quel cane” ammonii.

“Guarda!” disse Percy. Io mi voltai e vidi che stava guardando in alto dietro di noi. Erano uccelli, ma non semplici uccelli. Le loro zampe erano dotate di artigli acuminati affilati come rasoi, il becco nero e appuntito sembrava fatto di metallo e le piume di un grigio spento sembravano fatte di pietra.
“Gli Stinfalidi” disse Percy riconoscendoli.

“CORRI!!” gridai e ci lanciammo al galoppo mentre i temibili uccelli antropofagi ci inseguivano. Blackjack e Starlight si lanciarono in un galoppo sfrenato mentre sentivamo gli striduli versi degli Stinfalidi che si avvicinavano. Ecco di cosa aveva paura Ortro. Cosa poteva fare un povero cane anche se enorme e a due teste contro quei mostri? Sguainammo le spade per provare a difenderci da quei mostri. In quel momento mi vidi arrivare contro una piuma tagliente come una lama e usando la spada riuscii a pararla, lo stesso accadde a Percy. Ma quello era solo un piccolo assaggio, infatti subito dopo una pioggia di piume taglienti si scatenò contro di noi. Blackjack e Starlight accelerarono ancora di più, schivando le piume per un soffio.

“Annabeth! Eracle come sconfisse questi cosi?!” Percy mi chiese colpendo un uccellaccio che gli si era avvicinato. Io feci lo stesso con uno che si era avvicinato a me e poi gli risposi.

“Non possiamo combatterli! Non abbiamo né i sonagli di bronzo né i dardi avvelenati col sangue dell’Idra!” colpii un altro mostro “L’unica possibilità che abbiamo è uscire di qui!” dissi. Spronammo ancora di più i cavalli che galoppavano già al limite delle loro forze, mentre gli Stinfalidi gracidavano dietro di noi lanciandoci piogge di piume taglienti che andavano a conficcarsi a pochi centimetri dagli zoccoli dei cavalli. Poi il miracolo, vedemmo finalmente  l’uscita. Senza colpirli coi talloni, Blackjack e Starlight accelerarono ancora di più in un disperato tentativo di salvarsi. Gli Stinfalidi ci erano alle calcagna, eravamo certi che questa volta ci avrebbero preso, ma si arrestarono improvvisamente, quando la luce del sole che penetrava la Gola all’uscita li colpì. Percy ed io uscimmo dalla gola sani e salvi. Una volta fuori, tuttavia, continuammo a galoppare per un po’ allontanandoci il più possibile dalla Gola, addentrandoci nel boschetto che avrebbe portato a Livada. Una volta dentro, finalmente arrestammo i cavalli. Blackjack e Starlight erano stremati e dai loro respiri affannati capimmo che stavano tentando di riprendere fiato.

“Stai bene?” chiesi a Percy, che come me e i cavalli cercava di riprendere fiato.

“Sì…” disse lui, poi guardò me “Annabeth…?” fece indicandomi il braccio, e fu allora che mi accorsi di avere una piuma conficcata di taglio sul braccio. La vidi, la tolsi e la buttai a terra con nonchalance.

“Sai che questa cosa ancora la trovo inquietante?” disse lui.

“Ma almeno è utile. Non me ne sono neanche accorta” risposi io. Poi accarezzammo i cavalli, incoraggiandoli. Erano stati bravi. Ma tuttavia dovevamo muoverci, non spingemmo Blackjack e Starlight a galoppare, ma andammo ad un passo veloce, cosicché potessero riprendersi dalla corsa. Percy ed io rimanemmo in silenzio confortevole, immersi nei nostri pensieri. Un paio di volte Percy si era avvicinato a me posandomi una mano sul ginocchio, o accarezzandomi il viso. Tuttavia, io cominciavo a preoccuparmi per lui, sembrava pallido e non stava più ben dritto sulla sella. Gli chiesi un paio di volte come stava, lui rispose ‘bene’, ma in fondo sapevo che mentiva e lo diceva per farmi stare tranquilla.
Piano piano il cielo cominciò ad oscurarsi. Grosse nubi nere stavano oscurando il sole e a breve avrebbe piovuto. Percy ed io cominciammo a cercare un riparo, ma poi sentii dietro di me un tonfo e Blackjack nitrire. Mi voltai allarmata e il mio cuore si fermò, quando vidi Percy caduto a terra. Subito scesi da Starlight e mi fiondai al suo fianco. Era bianco cadaverico e le labbra stavano diventando viola, ma respirava anche se a fatica. Senza che lui mi dicesse niente, aprii il farsetto perforato e vidi quello che temevo. La manticora che lo aveva colpito era riuscita ad iniettare il veleno. La ferita sanguinava volontariamente  e si stava infettando.

“Testa d’Alghe, sei un idiota! Perché non mi hai detto niente?!” feci io, arrabbiata ma fuori di testa per la preoccupazione. Lui non riuscì neanche a rispondere, ma era vigile “Resta sveglio, adesso cerchiamo un rifugio e aiuto” non feci in tempo a finire la frase che un lampo e la pioggia fecero fuggire i cavalli spaventati. Tentai di chiamarli, ma erano andati. Misi il braccio di Percy intorno alle mie spalle, e facendolo appoggiare a me ci avviammo alla ricerca di aiuti.
Camminammo nella fanghiglia che si veniva a formare con la pioggia, Percy lottava con tutte le sue forze per restare sveglio, ma sentivo il suo corpo appesantirsi sempre di più.

“Percy resisti! Possiamo farcela! Non ho alcuna intenzione di rimanere vedova quindi ti consiglio di resistere! Fallo per Leon e Sabeen” lo implorai.

“Non ho alcuna intenzione… di lasciarvi…” disse lui a fatica. Camminammo ancora, poi vidi in lontananza delle luci. Una casa!

“Percy, ci siamo quasi, andiamo!” dissi e riprendemmo il passo, ma poi accadde quello che temevo. Percy si fermò e mi cadde addosso, perdendo i sensi. Non mi schiacciò, ma ci mancò poco. “Percy! Percy, rispondimi!” dissi tendendogli il busto con un braccio e portandogli una mano al viso per avere cenni di vita, ma lui scottava e le forze lo stavano abbandonando. Misi l’altro braccio intorno al busto, e con tutta la mia forza, tentai di sollevarlo abbastanza da poterlo trascinare verso quelle luci, ma eravamo troppo lenti e zuppi per la pioggia. Feci l’ultima cosa che ci restava da fare, se non riuscivamo noi a raggiungere gli aiuti, avremmo dovuto chiamarli.

“AIUTO!” cominciai a urlare “AIUTATECI! VI PREGO!” tentai disperata. Mio marito stava morendo io non potevo fare NIENTE! “AIUTO!” chiamai ancora, ma niente, non arrivò nessuno. Io intanto continuavo a trasportare Percy per quanto possibile e a chiamare aiuto. Ma niente non veniva nessuno. Stavo cominciando a perdere la speranza. Caddi a terra tentando di riprendere fiato, con Percy tra le mie braccia, appoggiandogli la testa sulla mia spalla e accarezzandogli il viso bagnato dalla pioggia. Sentivo le mie lacrime mischiarsi alla pioggia che cadeva sul mio volto. Lo baciai come in un disperato tentativo di poterlo magicamente curare. Poi sentii un rumore, mi voltai e vidi Ortro, correre d noi.

“Ortro? Ortro cerva aiuto!” dissi io, ma il cane non si mosse, ma le sue due teste si misero ad abbaiare, poi sentii delle voci. Mi voltai e vidi la luce di lanterne.

“Vedo qualcosa! Laggiù!” disse una voce maschile poco dopo, un ragazzo mio coetaneo si accostò a noi in sella a Blackjack “Papà! Li ho trovati!” disse il ragazzo e un uomo in sella a Starlight lo raggiunse.

“Oh miei Dei! La Principessa Annabeth e il Principe Perseus!” disse l’uomo.

“Aiutateci vi prego! Mio marito è ferito!” li supplicai. L’uomo e il ragazzo scesero subito dai nostri cavalli e mi aiutarono a sollevare Percy mettendolo sopra Blackjack. L’uomo salì dietro a Percy, mentre il ragazzo salì sul mio cavallo e mi fece salire dietro di lui. Subito ci dirigemmo verso la casa, con Ortro dietro di noi. Appena giunti scendemmo dai cavalli e tirammo giù Percy.

“Grazie” dissi ai cavalli e Ortro, prima di gettarmi al fianco di Percy.

“Glenn, metti i cavalli nella scuderia e portaci anche il cane” disse l’uomo al ragazzo, che subito ubbidì, mentre io aiutai il padre a trasportare Percy dentro la casa, la cui porta venne subito aperta da una donna.

“Principessa Annabeth?!” fece lei stupita, non appena mi vide e vide Percy “Che cosa è successo?!” disse facendoci entrare.

“E’ stato ferito da una manticora” spiegai in breve “Vi prego aiutateci” L’uomo mise Percy su una branda. Era una dimora molto umile. C’erano un caminetto, un tavolo con qualche sedia e delle brande su cui dormire.
Appena Percy fu sulla branda, la donna si avvicinò esaminandogli il volto. Poi mi disse di togliergli la camicia. Io feci come disse, cosicché potesse vedere meglio la ferita.

“Non va bene…” disse lei, poi si voltò verso quello che doveva essere il marito “Alexander! Prendi dell’acqua e mettila sul fuoco, subito!” L’uomo annuì e uscì. La donna poi si alzò e la vidi andare a prendere delle erbe. Non appena rientrò il ragazzo, lei lo mandò subito a prendere altra acqua. Il ragazzo ubbidì e quando l’uomo fu rientrato con l’acqua da mettere sul fuoco, la donna cominciò a triturare delle erbe in un mortaio, e il ragazzo rientrò con l’acqua che la donna versò in una bacinella mettendoci dentro una pezzetta e portandola accanto a me, che tenevo la mano a Percy che sembrava aver a malapena ripreso conoscenza.

“Altezza, il principe ha la febbre, bagnategli la fronte” disse lei, io feci subito come disse. Presi lo straccio e bagnai la fronte bollente di Percy. Poi la donna prese l’acqua che aveva fatto scaldare sul fuoco e versata un po’ in un bicchiere ci mise parte delle erbe che aveva macinato, poi mischiò velocemente e si avvicinò a me. “Tappategli il naso” mi disse, e dall’odore capì subito perché e feci come disse cosicché lei potesse fargli bere l’intruglio, alzandogli leggermente la testa affinché non si strozzasse. Poi tornò al tavolo e versò altra acqua calda in un altro bicchiere e mettendoci dentro il resto delle erbe, ne macinò altre insieme a delle bacche, che poi mise nel bicchiere, mischiò il tutto che risultò essere molto più denso, come una crema. La donna poi, sotto lo sguardo mio, dell’uomo e del ragazzo,  spalmò la crema sulla ferita di Percy, che gemette per il probabile bruciore. Io gli accarezzai i capelli ancora bagnati per la pioggia, per tranquillizzarlo.

“Glenn, prendi delle bende” disse la donna, il ragazzo subito ubbidì e tornò con delle bende. Subito aiutai la donna a tirare su Percy, cosicché lei potesse fasciarlo, una volta finito lo rimettemmo giù “Ho fatto il possibile, se riesce a superare la notte, allora si riprenderà” disse lei.

“Grazie…” dissi grata

“Jane” disse la donna “Lui è mio marito Alexander” disse puntando verso l’uomo “E questo è nostro figlio Glenn”

“Grazie mille, davvero” dissi.

“Non c’è di che, Principessa” disse Alexander.

“Tuttavia, dovreste ringraziare i cavalli e il vostro cane” disse Glenn “Ammetto che ci siamo spaventati, ma se non fosse stato per loro, non vi avremmo mai trovato, con questo chiasso per l’acquazzone non si sentiva niente”

“Lo so…” dissi con un mezzo sorriso.

“Vi possiamo offrire del cibo? Abbiamo del formaggio e del pane, non è molto ma è tutto quello che abbiamo” disse Alexander.

“No, grazie. Avete fatto già molto” dissi io. In quel momento Jane andò a prendere delle coperte, una mettendola intorno alle mie spalle, e l’altra sopra Percy.

“Mettetevi accanto al fuoco, siete fradicia, Principessa, rischiate di prendervi una polmonite” disse lei.

“Annabeth” dissi io “Chiamatemi Annabeth” e mi sedetti davanti al fuoco. La famigliola, subito si sedette accanto a me chiedendomi cosa fosse successo. Gli dissi la verità, non avevo nulla da nascondere. Gli raccontai del rapimento di Leon e Sabeen e di come io Percy dovevamo andare a prenderli prima dello scadere della settimana. Gli dissi delle manticore, degli Stinfalidi, e di quell’enorme drago di 8m. Quando su il mio di turno a fare domande scoprì che Alexander e Glenn gestivano il loro piccolo allevamento di cavalli e che Jane esercitava come medico, in paese. Fu in quel momento che Jane si accorse anche del mio braccio e me lo medicò, mentre il marito e il figlio andarono a coricarsi.

“So che forse te lo avranno detto molte volte, Annabeth” cominciò Jane “Ma sei molto coraggiosa ad affrontare Pallante da sola per la tua famiglia… il principe è molto fortunato ad averti, vedrai che se la caverà, lo farà per te e i vostri bambini”

“Sono io che sono fortunata ad avere lui” dissi io mentre lei mi fasciava il braccio “Percy mi ha salvato la vita e non solo durante il processo. Mi ha aperto gli occhi su quanto il Clan mi aveva reso cieca… con lui ho trovato una famiglia… se lo perdessi… non voglio neanche pensarci”

“Ce la farà, Annabeth. Siete una coppia forte, una famiglia unita. Ce la farà” disse Jane rassicurandomi con una mano sulla spalla “Qualunque cosa succeda, non esitare a svegliarmi. Buonanotte” disse.

“Buonanotte e grazie” dissi. Lei sorrise, mi fece una carezza materna sul viso e andò a dormire sulla sua branda. Io invece andai da Percy e mi sdraiai accanto a lui, posandogli la testa sul petto e accarezzandogli il viso ancora pallido.

“Ti prego, amore mio… non lasciarci…” dissi sottovoce, poi gli diedi un bacio e mi accoccolai a lui, accarezzandogli i capelli. Mi addormentai ascoltando il battito del suo cuore, sperando, la mattina successiva, di sentirlo ancora.  
Ehilà! Ehm... no, non ho scuse, o meglio, forse sì e no. Ho avuto il blocco dello scrittore E ho appena avuto l'esame di maturità. Ora sono finalmente una donna libera!
Spero che il capito vi sia piaciuto e che ripaghi almeno un pochino la lunchissima attesa.
Ditemi che ne pensate!
Al prossimo capitolo!
Baci
Stella
  
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