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Autore: Shily    27/06/2015    3 recensioni
[Albus Severus Potter - Alice Paciock Jr | James Sirius Potter]
Albus Severus Potter ha dodici anni, una timidezza che si fa sentire nei momenti meno opportuni e due guance che diventano facilmente rosse. Ha anche un fratello a cui, fortunatamente o sfortunatamente, può chiedere aiuto.
Così, quella mattina, gli si avvicinò e, con notevole imbarazzo e dopo numerosi ripensamenti e tentennamenti, gli raccontò tutto.
Come prima cosa, James alzò lo sguardo da un insieme di pergamene che stava leggendo fino a poco prima (e che Albus avrebbe giurato non essere esattamente scolastiche) per guardarlo e, di questo Albus gliene fu grato, evitare di ridergli in faccia.
“Sai, Albie – bello, ho sempre saputo che un giorno avresti capito di non poter fare a meno delle mie infinite conoscenze e risorse e ti saresti prostrato ai miei piedi.”
Genere: Commedia, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus, Severus, Potter, Alice, Paciock, Jr, James, Sirius, Potter
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Come sbagliare clamorosamente
(di quella volta in cui Albus chiese l’aiuto di James e le cose non fecero che peggiorare)
 
Albus Severus Potter aveva dodici anni, qualche centimetro in meno della media e una miopia che minacciava di peggiorare. Albus Severus Potter, come detto, aveva dodici anni e come ogni ragazzo della sua età commetteva degli sbagli – piccoli e insignificanti incidenti di percorso che ai suoi occhi di dodicenne erano vere e proprio tragedie.
Sbagliato, ad esempio, era stato rimandare – o non fare, come avrebbe poi detto sua cugina Rose – i compiti di Pozioni in favore di una partita di Quidditch con i cugini.
O meglio, a essere sinceri, sbagliato era stato non fare il suo tema e decidere di prendere spunto da quello del suo amico Matthew senza neanche aver controllato (perché, era cosa risaputa, Matthew Finnigan, in pozioni, era un grande e immenso Troll).
Sbagliato, anche, era stato arrossire come una ragazzina davanti la sua prima cotta quando Alice Paciock gli aveva chiesto se sapesse la parola d’ordine per entrare nella sala comune (“L’hanno cambiata da poco e quando hanno detto qual era io non c’ero. Così adesso non so come entrare e la Signora Grassa sembra essere dimenticata improvvisamente di tutte le volte che mi ha fatta entrare.”) per poi sorridergli –  con un sorriso sincero e ancora da bambina che ad Albus aveva fatto immediatamente simpatia.
Che poi, si sarebbe detto in seguito, non era certo la prima volta che aveva a che fare con lei. Era già capitato di incontrarsi in giro per la scuola durante quell’anno o, ancora prima, che i loro genitori si incontrassero e si fermassero a parlare. Certo, non erano mai stati conversazioni degne di essere chiamate tali, le loro, ma che bisogno c’era di arrossire? Tutt’al più che lui era anche più grande!
Ma soprattutto (e Albus se ne sarebbe pentito per tutta la sua vita) sbagliato era stato andare dal fratello, James, e chiedere aiuto per risolvere, e specialmente evitare di ripetere, quella spiacevole e imbarazzante situazione.
Sbagliato, era stato totalmente sbagliato, ma di questo se ne sarebbe reso conto solo dopo.
Così, quella mattina, gli si avvicinò e, con notevole imbarazzo e dopo numerosi ripensamenti e tentennamenti, gli raccontò tutto.  
Come prima cosa, James alzò lo sguardo da un insieme di pergamene che stava leggendo fino a poco prima (e che Albus avrebbe giurato non essere esattamente scolastiche) per guardarlo e, di questo Albus gliene fu grato, evitare di ridergli in faccia.
Poi, dopo essersi sistemato il colletto della camicia con finto disinteresse, si sistemò gli occhiali che usava per leggere sul naso e lo guardò, con aria seria e concentrata – anche se Albus l’avrebbe definita solo ridicola, e dovette fare forza su tutto se stesso per evitare di farglielo capire.
“Sai, Albie – bello, ho sempre saputo che un giorno avresti capito di non poter fare a meno delle mie infinite conoscenze e risorse e ti saresti prostrato ai miei piedi.”
“James, non mi sono prostrato ai piedi di nessuno. E non chiamarmi Albie – bello” lo ammonì, come ogni volta, infastidito da quel nomignolo che il fratello si ostinava a usare. “E cos’è questa voce che hai fatto?”
Il fratello ebbe la decenza di arrossire e, dopo essersi schiarito la voce (che tornò, sorprendentemente, ad essere infantile e leggermente acuta come sempre), tornò a rivolgersi a lui, con fare pomposo: “Mi sembra ovvio che tu ti senta smarrito a quest’età, Albie – bello, dopotutto sei ancora un bambino e io, in qualità di fratello maggiore, non posso che guidarti verso la retta via.”
“Abbiamo solo un anno di differenza” gli fece notare, sorvolando sull’uso del soprannome, sapendo quanto fossero parole al vento, mentre si chiedeva cosa l’avesse spinto ad andare dal fratello.
“Ti ricordo che ti serve il mio aiuto!” rispose piccato James, a dimostrazione della sua immensa maturità, e Albus non desiderò altro che andare a sbattere la testa da qualche parte.
“Allora,” decise di sorvolare sulla questione, per concentrarsi sul vero problema, “Mi aiuterai? E non lo dirai a nessuno, vero?”
James si passò una mano sul mento, come ad accarezzare una barba che non c’era, e con molta lentezza socchiuse gli occhi: “Si, direi che si può fare” decise, alla fine, con un gran sorriso e la voce esageratamente alta, facendogli l’occhiolino.
“Devi sapere, Albie – bello” cominciò, mentre Albus si sedeva di fronte a lui, con la sua miglior espressione concentrata “Che è capitato a tutti, almeno una volta, di arrossire senza motivo davanti a una ragazza” annuì con aria saggia alle sue stesse parole, “Anche ai migliori.”
“Quindi… anche tu una volta sei arrossito senza una ragione davanti a…” venne interrotto da un gesto stizzito della mano del fratello, che lo sgridò perché non erano lì per palare di quello, ma di lui che era arrossito come neanche loro sorella Lily faceva (e Albus sospettò fosse solo un modo per evitare di rispondere alla domanda).
“D’accordo, d’accordo, continua. Cosa devo fare adesso? Penserà sicuramente che sia un idiota che non sa neanche rispondere a una domanda senza andare in paranoia” ancora una volta James trattenne un sorriso e si lasciò andare ad un profondo, e per niente casuale, sospiro che fece intuire ad Albus che la situazione gli stava piacendo – eccome se gli stava piacendo, e sospettò anche che gliel’avrebbe rinfacciata quando meno se l’aspettava.
“Vedi, fratellino piccolino, esistono cinque passi. Cinque infallibili passi per uscire da queste situazioni nel migliore dei modi” sorrise, con la sua migliore faccia da schiaffi.
“Il primo, nonché il più difficile,” e così dicendo alzò l’indice davanti la sua faccia, “Consiste nel dimostrarle che è stato tutto un caso. Quindi, quando siamo in Sala Grande per mangiare, fai vedere che parli senza problemi con chi ti sta vicino, anche e soprattutto se c’è anche lei. Sì, ecco, fai vedere che sei più che apposto, per quanto questo per te possa essere difficile” Albus lo guardò storto, mordendosi la lingua per non rispondere. “E mi raccomando, almeno stavolta evita di arrossire!”
 
Albus, quella sera, entrò in Sala Grande per cenare e prese posto vicino alla cugina Rose, arrivata prima di lui, e l’amico Matthew. Con sua grande fortuna (sperò) Alice era seduta non poco distante da loro, intenta a parlare con una amica che Albus conosceva solo di vista e di cui non riusciva proprio a ricordare il nome, e lui si sarebbe volentieri dato il cinque da solo, per poi rendersi conto di quanto sarebbe stato ridicolo e di quanto James stesse avendo una brutta influenza su di lui.
Con un gran sorriso, quindi, si sedette e, a voce abbastanza alta da essere sentito, salutò l’amico.
“Ehi Al, finito di copiare il tema?” chiese con innocenza Matthew, attirando l’attenzione di Rose che li guardò male.
“Non sono per niente d’accordo” comunicò loro, come se non l’avesse detto già un milione di volte.
“Sì, Rose, lo sappiamo. Ce l’hai già detto, vediamo un po’, diciamo tutto il pomeriggio?”, trattenne un sorriso soddisfatto all’espressione piccata della cugina, “Comunque sì, ho finito poco fa. Grazie mille, amico” gli diede una pacca sulla spalla e intercettò lo sguardo del fratello che, distante di qualche posto, ammiccava e spostava lo sguardo da lui alla ragazzina intenta a parlare.
“Avete saputo” cominciò velocemente, per non far cadere il discorso, attirando le occhiate curiose dei due, “Ehm… avete saputo di.. di quello che è successo al terzo piano?” inventò velocemente, per poi chiudere gli occhi e darsi dell’idiota.
“Oh sì, da non crederci!” esclamò Rose, facendogli spalancare gli occhi per lo stupore e desiderare di abbracciarla come non aveva mai fatto, “Secondo Roxanne c’entrano Fred e James in questa storia, però loro continuano a negare tutto” fece un’alzata di spalle e tornò a mangiare.
“Perché? Cos’è successo al terzo piano? Cos’hanno fatto James e Fred?” Albus guardo Matthew agitarsi eccitato sulla sedia, avido di informazioni, prima di voltarsi verso la cugina, curioso di sapere.
“Hanno trovato la gatta di gazza colorata di rosso e oro. Nulla di non risolvibile, ovvio, però non si toglierà prima di una settimana. Gazza era fuori di testa, continuava a gridare qualcosa sugli studenti che non stanno nella loro Sala Comune.”
Le pergamene, si disse Albus, ricordando improvvisamente quello che stava facendo il fratello prima che lui andasse a parlargli.
“E poi? E poi?”
“Matthew, calmati, stai muovendo tutto il tavolo” rise Rose, “Comunque, poi ha incolpato un ragazzino del primo anno, un certo Canon, che passava di lì.”
La risata che seguì quest’ultima frase fu così forte che fece voltare più di una testa e Albus, a vedere anche Alice girarsi, desiderò non solo zittire l’amico ma anche sotterrarsi.
Con un notevole auto controllo si impose di non arrossire o girarsi verso di lei, mantenendo lo sguardo fisso sul piatto davanti a sé.
Fu solo quando la ragazzina si voltò nuovamente verso l’amica che si accorse di aver trattenuto il respiro e, quindi, si rilassò sulla sedia, lasciando che le sue guance e le punte delle orecchie diventassero rosse, sotto la risata del fratello che non si era perso niente.
 
“Okay, allora, prima cosa: parla e non arrossire in sua presenza. Ricevuto!” guardò il fratello, in attesa di una conferma.
 “Esattamente. Il secondo passo” e così dicendo alzò anche il dito medio, rischiando di colpirgli il naso e dandogli una visione di tutte le sue pellicine e dell’unghia mangiucchiata, “Consiste nel salutarla.”
“Fare che cosa?” si trattenne dall’alzarsi e andarsene, lasciando James lì, con le sue idee folli.
“Salutarla, Albie – bello. Sai, quell’azione che si fa agitando la mano e dicendo ‘ciao’ ”
“Quindi devo… dirle ciao?” chiese, sperando di aver capito male.
“Assolutamente. E ricorda, sii sicuro di te!” un gioco da ragazzi, insomma.
 
Si passò una mano sul colletto della camicia, Albus, allargandosi di poco il nodo della cravatta, mentre Rose e Matthew continuavano a parlare di quello che era successo al terzo piano e di quanto, a detta dell’amico, fosse un’idea assolutamente geniale.
Cercando di non farsi notare, buttò un’occhiata verso Alice che si guardava in torno, alla ricerca di qualcosa, mentre annuiva alle parole dell’amica.
I capelli biondi le finivano davanti agli occhi ogni volta che annuiva e, contemporaneamente, girava la testa,  e lei li scostava con un gesto stizzito della mano.
“Al, tu che ne dici?” fece un respiro profondo, ripetendosi quello che gli aveva detto James.
“Al, ma ci ascolti?” si passò le mani sudate sui pantaloni e contò fino a tre.
“Albus!”
Alice si girò verso di lui, illuminandosi alla vista della caraffa d’acqua, alzandosi di poco dal suo posto per allungare il braccio.
“Ciao” esclamò all’improvviso, mentre le dita di lei arrivavano a toccare la caraffa, facendola sobbalzare.
Ignorando le occhiate della cugina e dell’amico, vide Alice guardarlo sorpresa prima di aprirsi in un sorriso – un altro – e ricambiare il saluto.
Sempre sentendo gli sguardi dei due su di sé, alzo la testa verso il fratello che, in risposta, alzò un pollice verso di lui e sorrise, prima di tornare a parlare con Fred.
 
“Bene, poi?” chiese, temendo la risposta.
“Beh… il terzo dipende, cambia a seconda delle situazioni” annuì, per fargli capire di star ascoltando, “In questo caso… direi che devi dirle la parola d’ordine per entrare in Sala Comune.”
“Dirle… dirle la parola d’ordine?”
“Beh lei te l’ha chiesto e tu hai fatto la figura del Tassofesso davanti a lei, quindi con molto disinvoltura gliela dici, come se fosse una cosa casuale.”
Albus lo guardò, leggermente preoccupato prima di scrollare le spalle e annuire, arreso.
 
“Al, ma che ti prende?” gli chiese Rose, mentre con un’occhiata ammoniva Matthew dal non ridere di lui.
“Io... io, niente. Non preoccuparti” aggiunse velocemente, concentrato a ripetersi la parola d’ordine mentre Alice si risiedeva.
Aprì la bocca tre volte, per poi richiuderla velocemente, prima di vedere che la ragazzina stava per rimettersi a parlare con l’amica e quindi buttare fuori, velocemente, un “Felix Felicis” decisamente infelice.
Alice si voltò a guardarlo, prima di guardarsi in torno cercando di capire con chi stesse parlato, mentre Albus non desiderò altro che sbattere la testa contro il tavolo ripetutamente, sperando di dare un colpo così forte da dimenticare tutto.
“Dici…dici a me?” gli chiese, con voce bassa e leggermente titubante, indicandosi.
“Io, ecco… sì, Felix Felicis, la nostra parola d’ordine!” rispose, mentre la voce si abbassava man mano che parlava.
Vide Alice guardarlo stranito, prima di dare una gomitata all’amica per fermare una risatina che Albus pregò con tutto se stesso di essersi immaginato.
“Oh, sì, certo. Felix Felicis. Grazie per… sì, insomma, avermela detta” lo guardò, indecisa su cosa dire e, forse pensando di non essere sentita o forse a causa dell’imbarazzo, mormorò anche un “Anche se un po’ in ritardo.”
Atterrito, Albus la vide tornare a mangiare molto lentamente e con forse un po’ troppa concentrazione per sembrare naturale, prima di mormorare, stavolta a voce veramente bassa, un’ultima volta “Felix Felicis” e pensare che, quella sera, la loro parola d’ordine era stata ripetuta così tante volte che era un miracolo se non l’aveva sentita tutto il tavolo dei Tassorosso, vicino al loro.
“Ma che è successo?” gli chiese confuso Matthew, prima che la loro attenzione venisse attirata da un botto e un “ma perché?” che fece intuire ad Albus che James aveva assistito a tutta la scena.
 
“Dirle la parola d’ordine” mormorò, più a se stesso che al fratello, “Dirle. La. Parola. D’ordine” alzò gli occhi e incontro lo sguardo di James che, testa reclinata verso destra e occhi leggermente socchiusi, lo guardava come se stesse pensando a qualcosa di veramente importante e che avrebbe potuto portare al risolvimento di tutti i problemi del mondo.
“James, tutto okay?”
“Mi stavo chiedendo” avvicinò il viso al suo, facendolo indietreggiare pericolosamente “Sì, insomma: avrai sbattuto la testa da piccolo per venire su così?”
Albus, che dapprima, curioso e attento ai pensieri del fratello, aveva prestato la massima serietà a quello che stava per dirgli, rilasciò le spalle ed emise un sonoro sospiro, guardandolo male.
“Ti sembra il momento?”
“E’ sempre il momento!” gli fece un occhiolino, riprendendo la sua solita espressione di chi sembra perennemente divertito da qualcosa. “Comunque,” guardò l’orologio che portava al polso sinistro “E’ tardi e io tra poco devo andare, quindi muoviamoci. Questo è l’ultimo passo.”
“Ma avevi detto che erano cinque” lo guardò stranito, ripetendosi mentalmente le cose dette fino a quel momento pensando di aver tralasciato qualcosa.
“Sì, ma vedi, il quinto in realtà è più un’opzione di riserva che si usa solo in caso di necessità. Lo scoprirai a tempo debito, fidati” e gli sorrise in un modo che, probabilmente, sarebbe dovuto essere rassicurante ma che agli occhi di Albus fu tutt’altro.
“Se lo dici tu.”
“Lo dico io, esattamente. Come stavo dicendo: il quarto passo consiste nel non andare nel panico se lei ti si avvicina.”
“Pensi che potrebbe volersi avvicinare a me?” gli chiese preso dal panico, sperando vivamente che non accadesse mai. “C’è qualcosa che potrebbe spingerla a farlo?”
“E come faccio a saperlo se neanche io voglio avvicinarmi a te?” guardò un’ultima volta l’orologio e si alzò dalla sedia mentre raccoglieva velocemente tutte le pergamene che stavano sul tavolo. “E ricorda: se si avvicina non farti prendere dal panico”, ammassò tutte le pergamene una sopra l’altra, rischiando di stracciarne qualcuna, “O almeno, cerca di non farglielo notare.”
Ancora una volta Albus decise di ignorare il divertimento nella voce del fratello mentre lo guardava allontanarsi velocemente e cercare di non far cadere le pergamene dalle sue braccia.
“Non dirai niente a nessuno, vero?” Albus fece solo in tempo a vedere il fratello annuire prima che sparisse dietro il ritratto.
Nascose la testa fra le mani chiedendosi cosa l’avesse spinto a parlare proprio col fratello e, soprattutto, perché era arrossito.
Arrossito, maledizione!
 
“Sono stanchissima” si stiracchiò Rose al suo fianco, mentre si alzavano da tavola e venivano raggiunti da James. “Credo proprio che andrò direttamente a letto.”
Annuì Albus, stropicciandosi gli occhi che iniziavano a bruciargli per il sonno, prima di essere fermato dalla voce del fratello: “Vai tu, Rosie, io e Albus dobbiamo fare una cosa.”
“Davvero?” chiese, in coro, i due cugini. Uno scettico e timoroso, l’altra semplicemente curiosa.
“Sì, davvero!” e così dicendo lanciò un’occhiata ad Albus.
“Come volete” sbadigliò Rose, prima di salutare entrambi con un sorriso ed uscire dalla Sala Grande.
“Sì, ‘notte anche a te, Rosie. Non guardarmi così” si rivolse ad Albus portandosi una mano al cuore e mettendo su la sua migliore faccia offesa.
“Si può sapere cos’è che dobbiamo fare? Sono stanco, domani ho due ore di Pozioni e non ho neanche mangiato, visto che ho passato la cena a seguire i tuoi infallibili passi.”
“Non fare il lamentoso, Al. Ti ho osservato, sei andato alla grande” liquidò lo scetticismo negli occhi del fratello con un gesto della mano, “Certo, un po’ titubante in alcune cose ma grandioso! E adesso rilassa le spalle e cerca di non arrossire, perché Alice Paciock sta venendo verso di noi.”
Lei cosa?”
“No, non voltarti” gli fermò malamente la testa, prima che potesse girarla e controllare: “Non voltarti per nessuna ragione al  mondo.”
Albus, scostandosi dalla presa dell’altro, buttò un’occhiata alle sue spalle, con notevole discrezione, e la vide avvicinarsi verso di loro e guarda qualcosa con attenzione.
Stranito si voltò anche lui e, dopo aver notato l’amica con cui lei aveva parlato tutta la cena, provò a dirlo al fratello. Inutilmente, visto che non ne voleva proprio sapere.
Non appena provava ad aprire la bocca lo interrompeva, confermando con sicurezza che la ragazzina stesse venendo verso di loro. Albus non ne era del tutto convinto ma il fratello sembrava talmente sicuro che non gli restò che stringersi nelle spalle e assecondarlo.
“Oh, merlino!” James spalancò gli occhi, preso dal panico. “Ci ha sentiti, Al. Lei ha sentito tutto, sa che stiamo parlando di lei, sa che la stiamo guardando.”
Albus avrebbe tanto voluto fargli notare che, in realtà, l’unico che la stava guardando era lui ma preferì voltarsi per dare uno sguardo anche lui: Alice, sempre poco dietro di loro, non stava guardando proprio loro. Effettivamente, Albus non era neanche sicuro che lei li avesse notati.
“Okay, Albus, tranquillo. Niente panico” ancora una volta, Albus preferì non fargli notare chi si stesse facendo prendere dal panico. “Questo è il momento del passo cinque. Speravo di non dovertelo spiegare, Al. Lo speravo davvero, ma non sono riuscito a salvarti, ci ho provato ma non sempre le cose vanno come sperato.”
Si passò una mano tra i capelli, James, parlandogli con la serietà di chi crede veramente a quello che dice.
“Il quinto passo consiste nell’allontanarsi.”
“Allontanarsi?”
“Se lei capisce, se lei può minimamente intuire ciò che sta succedendo, tu allontanati! Con molta lentezza e senza farti notare troppo, cammina all’indietro fino a sparire dalla sua vista” gli posò le mani sulle spalle, guardandolo dritto negli occhi, “E’ tutto chiaro, Al? Pensi di farcela?”
Annuì lentamente Albus, leggermente sconvolto e preoccupato per la salute mentale del fratello.
Eccola!” esclamò James, trovandosi Alice davanti. Poi, con un gesto totalmente improvviso e inaspettato, cacciò un urlo e corse, urtandola e facendole cadere i libri da mano.
Albus spalancò gli occhi, inorridito dalla piega che la situazione aveva preso, e guardò la ragazza davanti a lui che, con un solo libro rimasto in mano, guardava spaventata il posto dove prima si trovava James.
“Io… ecco, ciao” disse velocemente, agitando una mano a mò di saluto, prima di seguire, anche lui di corsa, il fratello ed urtare la ragazza facendole cadere anche l’ultimo libro.
 
 
 
 
 
 
“Ehi Papà” chiamò James, seduto a tavola, vicino alla sorella.
Albus smise di parlare con la madre e, insieme al resto della famiglia, si concentrò su di lui.
Fu un attimo e vide il ghigno malandrino sul viso del fratello che, prima di parlare, lo guardò  con un espressione che, dopo dodici anni Albus ormai l’avevo capito, non prometteva niente di buono – e no, il luccichio nei suoi occhi non se l’era immaginato.
“Lo sai cos’è successo ad Al alcuni mesi fa?”
AVEVI PROMESSO DI NON DIRE NIENTE!”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note a pié di pagina:
Et voila! Sono qui con una OneShot sulla nuova generazione.
I miei piccoli Potter *-*
Protagonisti sono Albus e James, anche se l’idea iniziale era di focalizzare il tutto più su Alice (figlia di Neville, giusto per dire l’ovvio) e Albus, ma James è entrato nella storia e si è preso più spazio di quanto fosse previsto (il degno erede di James e Sirius).
Per chiarire alcune cose: Albus (e Rose e Matthew – figlio ipotetico di Seamus) è al secondo anno, James di conseguenza al terzo e Alice al primo.
Sono tutti a Grifondoro e questa OneShot può essere sia vista come un pre AlicexAlbus che come una semplice storia senza ship, visto che a conti fatti non c’è un interesse tra i due (ancora piccoli) ed, effettivamente, neanche una reale conoscenza.
Se vi chiedete il motivo per cui Albus è arrossito, non è per una qualche cotta segreta o simili, semplicemente ha dodici anni, sta crescendo ed è molto timido.
James invece… beh James è James!
(Precisazione: no, Rose non è una piccola appendice della madre, semplicemente in questo caso ha avuto da ridire, ma questo non vuol dire niente!)
ps. ovviamente gli infallibili passi di James sono tutto tranne che infallibili, ma a lui gliela perdoniamo.
Shily
   
 
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