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Autore: Diemmeci    27/06/2015    2 recensioni
Il mondo va avanti anche quando sembra essersi fermato, smette di ruotare per centinaia di migliaia di motivi diversi, variando da persona a persona, e all'improvviso, quando meno te lo aspetti, riprende a girare grazie ad una persona che ti travolge completamente.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
Capitoli:
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Diciassette


«Dove hai detto che vai?» Mi chiese Jenna, forse per la quinta volta nell’arco di dieci minuti.
Roteai gli occhi e posizionai meglio il cellulare tra l’orecchio e la spalla, mentre cercavo di sistemare i pochi indumenti che avrei portato per il fine settimana. «Leeds» riposi, trattenendo uno sbuffo.
«Ci sono stata parecchie volte» disse lei, il tono allegro e sicuramente un sorriso stampato sulle labbra.
«Lo so, Jenna, me lo hai detto».
Sghignazzò. «E cosa andate a fare a Leeds, tu e Jennifer?»
Spremetti le meningi per farmi venire in mente una scusa plausibile, ma non riuscii ad elaborare nulla di credibile. «Ci hanno invitate Michael e James» dissi quindi, informandola parzialmente della verità.
«Capisco» decretò e la immaginai annuire. «Starete soltanto fino a domenica sera, quindi».
«Sì».
«E quando avete il treno?»
«Venerdì alle cinque del pomeriggio, vale a dire domani» risposi dopo aver gettato un’occhiata al biglietto del treno, che Jennifer aveva stampato poco prima.
Mi sedetti alla fine del letto e sospirai, passandosi una mano tra i capelli arruffati. Avrei voluto dire a mia madre la verità, avrei voluto informarla dell’accaduto ma per ora preferivo che rimanesse una questione isolata dai pareri altrui. Se avesse saputo ciò che era successo, avrebbe iniziato sicuramente a darmi dei consigli mentre io ero determinata a fare di testa mia.
Non volevo essere condizionata e decisi che le avrei riferito tutto dopo aver messo un punto alla faccenda.
«Non sembri entusiasta di partire» Jenna interruppe il silenzio.
«Lo sono» ribattei velocemente, cercando di apparire credibile. «Ora sono un po’ stanca, quindi ci risentiamo».
«Okay, ciao tesoro» Jenna riattaccò ed io, sfinita, mi distesi sul letto e finii per addormentarmi.

Mi svegliai due ore più tardi e mi recai immediatamente in cucina per bere un caffè. Mi ripresi velocemente e decisi di dare una sistemata alla casa, che ultimamente sia io sia Jennifer avevamo trascurato, e così occupai il mio tempo a pulire fino all’ora di cena.
«Ho trovato un lavoro per entrambe» Jennifer annunciò non appena rientrata a casa, sedendosi di fronte a me ma non prima di aver dato un morso al panino che le avevo preparato.
«Davvero?»
«Sì» lei annuì, sorridente. «Non è un granché, ma la paga è buona e sicuramente a te piacerà».
«Di che lavoro si tratta?» Domandai, curiosa.
«In libreria».
Anche non potendo vedermi, avrei scommesso che i miei si fossero illuminati a quella notizia. «Ma è fantastico» affermai sorridendo.
«Non è una libreria lontana da qui» mi informò dopo aver mangiato un altro morso del panino. «Possiamo raggiungerla a piedi».
Annuii. «Mi sembra fantastico» ripetei, ammaliata al solo pensiero di lavorare in una libreria, immersa nei libri, il mio mondo. «Grazie» aggiunsi poco dopo.
«Mi sembra il minimo» Jennifer scrollò le spalle. «Iniziamo lunedì, comunque».
Terminammo la cena velocemente ed entrambe ci congedammo nelle proprie stanze per un po’; probabilmente Jennifer doveva chiamare Michael, io invece mi ero distesa sul letto ed avevo accesso il computer per passare del tempo.
Tornai in salotto, raggiunta qualche minuto più tardi dalla mia amica, e decidemmo di vedere un film.
«Sei agitata per domani?» Mi domandò.
«Adesso come adesso no» ammisi.
Lei annuì. «Io lo sono un po’, rivedere finalmente Michael mi rende nervosa» parlò dopo alcuni attimi, ma subito dopo soggiunse: «In senso buono, ovviamente».
Risi. «Lo avevo capito».
La mia attenzione fu catturata per l’ora e mezza successiva dal film, di cui con tutta onestà non avevo capito il titolo. Trattava di una storia d’amore – non era per niente l’ideale, ma non mi andava di lamentarmi con Jennifer proprio quando sembrava aver allentato la presa nei miei confronti – ed era stato piacevole da vedere. Dopotutto.
«Ricordi che avevamo detto di partire questa estate?» Jennifer prese parola dopo aver spento la televisione e aver fatto cadere il telecomando – non era mancata un’imprecazione, ovviamente.
«Sì».
«Che ne dici di farlo sul serio?»
«Mi piacerebbe» approvai la sua idea, annuendo.
Sulle sue labbra comparve un sorriso. «Pensavo che potremmo visitare Parigi per prima e poi New York, per iniziare».
«Per iniziare?» Mi lasciai scappare una risata.
«Esatto» confermò le proprie parole, annuendo con vigore.
«E sentiamo» dissi «dove altro vorresti andare?»
«Ovunque» rispose prontamente.
«Non credo sia possibile in soli tre mesi» la destai dal proprio sogno, sorridendo. «Penso che dovrai farti bastare Parigi e New York, almeno per questa estate».
Lei annuì dopo aver storto le labbra. «Vedrò di abituarmi all’idea».

Sentii qualcuno picchiettarmi sulla spalla ripetutamente, al che fui costretta ad aprire gli occhi per rendermi conto che quel qualcuno era Jennifer. Sorrideva in modo raggiante e capii il perché quando volsi lo sguardo fuori e lessi la scritta bianca LEEDS su un cartello blu.
«Dai, alzati» Jennifer mi incitò, continuando a mantenere il sorriso sulle labbra.
«Mi sono addormentata» dissi dopo aver recuperato il bagaglio a mano.
«Non dovevamo fare tardi stanotte» borbottò la mia amica. «Abbiamo dormito due ore, massimo. Se non di meno».
Borbottai qualcosa di incomprensibile persino per me e seguii Jennifer all’esterno del treno. La stazione brulicava di persone ed era immersa in un mormorio formato dalle tante voci che si sovrapponevano l’una sull’altra.
Sospirai, colta improvvisamente dal motivo per cui mi trovavo lì. La consapevolezza di aver preso una decisione stupida mi colpì e mi fece venire un nodo alla bocca dello stomaco. Avrei dovuto avvertire James, non agire in questo modo.
«Sei più pallida del solito» Jennifer posò una mano sulla mia spalla. «Sei sicura di sentirti bene?»
Annuii in modo distratto, passandomi una mano tra i capelli. «Sto bene» accennai un sorriso forzato per tranquillizzarla.
«Uhm, okay» non sembrava convinta, ma non insistette. Fortunatamente. «Michael mi ha scritto che è fuori dalla stazione, andiamo».
Nonostante la stazione fosse più piccola di quella di Londra, riuscimmo a trovare l’uscita soltanto dopo quindici minuti di ricerca. Nessuna delle due aveva avuto la brillante idea di chiedere a qualcuno, infatti mi diedi mentalmente della stupida.
«EHI!» Una voce lontana attirò l’attenzione della maggior parte delle persone presenti, compresa la mia, al che mi voltai e notai Michael venirci incontro.
Jennifer gli andò incontro e lo baciò, senza allentare la presa di un centimetro. Rimasero stretti per almeno i due minuti successivi ed io iniziai a sentirmi di troppo, infatti l’idea di girare i tacchi ed andarmene mi sfiorò.
«Non sapevo che saresti venuta anche tu» Michael disse dopo aver sciolto l’abbraccio con Jennifer, salutandomi subito dopo con fare amichevole. «E neanche James, a quanto mi risulta».
«Non lo sa, infatti» mi precipitai.
«Ah». Sembrava confuso.
«Ho deciso di non dirglielo perché non inventasse scuse premeditate quando ci saremmo visti» gli spiegai, storcendo le labbra. «Solo adesso mi rendo conto di quanto sia stupida come cosa, forse dovrei tornare a Londra».
«Ormai sei qui» Michael scrollò le spalle. «E sì, è una cosa stupida».
«Lo so» morsi il labbro inferiore, rivolgendo un’occhiata alla mia amica. «Adesso cosa dovrei fare? Chiamarlo e dirgli che sono a Leeds?»
«Proprio così» Michael precedette Jennifer, che fu d’accordo con lui. «Andiamo intanto a casa mia, lì potrai chiamarlo».
Assentii, quindi entrammo in macchina.
Il viaggio durò poco più di mezz’ora e, quando giungemmo a destinazione, rimasi piacevolmente sorpresa dalla zona in cui Michael viveva. Era un quartiere accogliente e piuttosto signorile e mi piacque immediatamente.
«Rimarrai qui a dormire?» Mi domandò Michael.
«Penso di sì, cioè non so» ammisi.
Lui annuì, comprendendo che non era il momento per pensarci. La mia priorità al momento era parlare con James ed affrontare la questione.
«Avete fame?» Michael chiese. «Sono le otto passate».
Jennifer annuì. «Potrei cucinare io» propose, al che pensai che stesse scherzando dato che ero a conoscenza dell’avversione della mia amica nei confronti della cucina, ma era seria.
«Se ne hai voglia, fa’ pure» Michael accettò, stampandole un bacio sulle labbra.
«Avete preferenze?» Domandò quindi, raccogliendo i lunghi capelli biondi in una coda di cavallo.
«No» dissi io. «Prepara quello che preferisci».
«Ho già in mente qualcosa» disse «spero solo che ci siano gli ingredienti».
Dopo che Michael le mostrò la cucina, mi raggiunse in sala e si sedette al mio fianco. Aveva un’espressione indecifrabile sul volto.
«Qualcosa non va?» Domandai infatti.
«Stavo pensando alla tua situazione con James» prese parola dopo alcuni istanti. «Me ne ha parlato anche lui qualche giorno fa, è davvero dispiaciuto per come è andata a finire con te».
«Lo sono anche io».
«Avresti dovuto dirgli che saresti venuta» disse, scuotendo il capo.
«Lo so, me ne sono pentita di non averlo fatto» sospirai. «Non so cosa mi sia preso. Ho pensato veramente che sarebbe stato meglio tenerlo all’oscuro, ma mi sono resa conto di aver agito come una stupida».
«Non sei stupida, Rosalie» Michael intrecciò le braccia al petto. «Hai sbagliato, è vero, ma può succedere a tutti».
Rimasi in silenzio.
«Ora dovresti chiamarlo e dirgli che sei a casa mia».
«E se andassi direttamente a casa sua?»
Si strinse nelle spalle. «Questo dipende da te».

Decidi quasi subito di chiamare James, prendendo alla lettera le parole di Michael, quindi uscii di casa e mi sedetti sugli scalini. Sospirai varie volte prima di digitare il suo numero e portare il cellulare all’orecchio.
«Rosalie?» La voce di James era sorpresa.
«Ciao» dissi in sussurro.
«Pensavo che non ti saresti fatta più sentire» ammise e lo immaginai passarsi una mano tra i capelli, come era solito fare.
«Anche io» dissi, lasciandomi scappare una risata colma di nervosismo. «Devo dirti una cosa ed è anche abbastanza ridicola».
«Sono tutto orecchie».
«Sono a Leeds in questo momento» riuscii a dire dopo alcuni attimi. «A casa di tuo fratello».
«Perché non mi hai detto che saresti venuta?» Chiese.
«Be’» mi schiarii la voce «non te l’ho detto perché mi è venuto il dubbio che magari avresti inventato qualche scusa da dirmi».
James non disse nulla.
«Lo so, è stupido e mi dispiace».
«Non ha alcun senso» finalmente parlò «ma non sono nella posizione di dirti che non avresti dovuto farlo e che ti saresti dovuta fidare di me, quindi va bene così».
«Vuoi ancora dirmi la verità?»
«Sì» rispose con prontezza. «Pensi che le cose potranno tornare come prima?»
«Non lo so» scossi il capo, consapevole che non mi potesse vedere. «Un rapporto sano deve basarsi sulla fiducia reciproca e adesso io non ho fiducia nei tuoi confronti, James».
«Lo so».
«Forse» riprese «dopo averti detto tutto ci penserà il tempo a mettere le cose al proprio posto. Non credi?»
«Forse».
«Vediamoci adesso» disse improvvisamente James, interrompendo il silenzio che era calato dopo la mia risposta.
«E dove?»
«Passo a prenderti a casa di Michael e poi decidiamo dove andare» propose senza indugiare un istante. «Ti va?»
Fremevo dalla voglia di vederlo, nonostante il mio tono di voce implicasse il contrario, e ormai era decisa nel voler ascoltare la sua storia. «Sì» dissi semplicemente, terminando la chiamata.


 
* * *
Salve :)
Ho aggiornato prima del solito perché ormai ho più tempo per dedicarmi alla scrittura, fortunatamente. Spero ne siate felici come lo sono io.

Spero anche che il capitolo vi sia piaciuto... siete curiosi di scoprire il segreto di James?
Un bacio, a presto spero!


Diemmeci
  
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