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Autore: BabaYagaIsBack    27/06/2015    0 recensioni
Jay ha diciotto anni e tutto ciò che ha imparato sulla vita le è stato insegnato da Jace, il fratello maggiore, e i suoi migliori amici. Cresciuta sotto la loro ala protettrice, ha vissuto gli ultimi anni tra la goffaggine dell'adolescenza, una cotta mai confessata e un istituto femminile di cui non si sente parte. E' ancora inesperta, ingenua e alle volte fin troppo superficiale, ma quando Jace decide di abbandonare Londra per Parigi, la sua quotidianità, insieme alle certezze, iniziano a sgretolarsi, schiacciandola sotto il peso di ciò che non sa
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
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Chapter Twentysix
§ Be a man, not a jerk §

 

"And she turned around and took me by the hand and said,
I've lost control again.
And how I'll never know just why or understand,
She said I've lost control again.
"

- She's lost control, Joy Division

 

Sabato mi ha ignorata. Domenica anche. Non ha risposto ai messaggi e nemmeno alle telefonate, esattamente come Charlie e quando ho citofonato a casa sua il silenzio è stata l'unica risposta a essermi data. Totale nulla.
Ignara di dove fosse e con chi, ho aspettato per ore accanto all'ingresso del suo appartamento giocando con il telefono, scrivendo a Jace e fumando sigarette che ben presto sono finite, costringendomi ad alzarmi da terra e andare via. Davanti al tabacchino poi, ho riflettuto su quanto fosse utile restare ancora lì in attesa di Seth e, alla fine, ho semplicemente sbuffato e ripreso il cammino in direzione della mia stanza, il luogo dove ho passato quasi tutto il weekend fino all'arrivo del lunedì.

La routine scolastica ha ripreso con il solito ritmo pigro, annunciando settimane di test a sorpresa e preparazione agli esami sempre più imminenti. I mesi che ci separano dal diploma si possono contare sulle dita di una mano, forse meno e ciò rende ognuna delle studentesse della Saint Jeremy vittima dello stress - e a Caroline, quest'agitazione, ha generato una febbre tutt'altro che utile visto il mio bisogno di lei. E Misha non si è rivelata una degna sostituta, in particolare vista la sua fuga repentina al trillare dell'ultima campanella. Degnandomi solamente di un cenno, è sgattaiolata via tra i corridoi con la stessa fretta di un topo che scappa dal gatto, precipiandosi in soccorso della sua amata.

Così, mettendo piede fuori dal cancello in ferro battuto, mi ritrovo a sospirare per l'ennesima volta, sconsolata esattamente come il giorno prima.

Il dramma pare essere diventato la mia dipendenza.

Muovo qualche passo in direzione della metropolitana, decisa a tornare sotto alle lenzuola e crogiolarmi nell'autocommiserazione quotidiana, ma appena alzo lo sguardo dalle scarpe in vernice, mi ritrovo a fare i conti con un paio di pantaloni a palazzo di un rosso eccessivamente sgargiante. L'intensità del colore è tale da urtarmi gli occhi, riportando alla mente il ricordo della prima volta in cui nonna Josephine ha attentato alla mia vista con quei cosi.

«Era ora, Jane! Ma si può sapere che fine avevi fatto?»
La fisso, confusa. 
Non ricordo di aver programmato alcun incontro con la donna che ora ho di fronte, men che meno credo vi sia qualcosa d'importante da fare; quindi perché è qui? Ma soprattutto, perché mi stava aspettando?

Nonna mi si avvicina e allungando una mano prende a sistemarmi amorevolmente una ciocca sfuggita dalla crocchia: «Santo cielo... ma si può sapere che problema hai con il fondotinta e l'eyeliner?»

Mi rimangio tutto: di dolce questa donna non ha nulla.

«E' sempre un piacere vederti, Josephine».
«Oh, tesoro... lo so!» Tirando un sorriso, la vecchia allontana le dita dal mio viso, riportandosi il braccio vicino al busto: «E sai cos'altro è terribilmente piacevole?»
Scuoto il capo, anche se con grande probabilità sarebbe d'accordo su qualsiasi mia affermazione, da quella più casta a quella meno pudica.
«Illuminami».
«Il tuo uomo, in divisa, che ci porta un té caldo e dei bignè».

Sento le guance infiammarsi prima ancora che la mente possa realizzare il senso delle sue parole e, quando accade, il cuore mi balza in gola. Seppur del suo stesso parere, non sono certa di voler approfondire la questione.
«Non se ne parla» sbotto, del tutto contraria a presentarmi da Seth in queste condizioni, con lei, e in particolare dopo averci discusso. Il suo distaccamento da me ha fatto ben capire che non mi vuole attorno per adesso - e a prescindere da quanto io invece voglia vederlo, non posso certamente fargli un'altra indesiderata sorpresa: ci ricordiamo tutti come è andata a finire quella precedente.

«Jane...»
«No!»
Svelta riprendo a camminare in direzione della metro, in modo da mettere più distanza possibile tra me e la nonna, ma lei non demorde, cocciuta esattamente come i nipoti.
«Oh, fai come credi! Io ci vado lo stesso».
Se per un breve istante ho creduto di poter chiudere la questione senza creare ulteriori danni, ho sicuramente preso un abbaglio. A nessun membro della famiglia Raven piace rendermi la vita semplice e Josephine non poteva rivelarsi da meno.
Mi volto: «Dimmi che stai scherzando...»
«Lo sai che non so fare battute, non essere sciocca» con un'eleganza degna d'altri tempi si avvicina, abbassando gli enormi occhiali da sole a tema Lolita: «Noi tre abbiamo un discorsetto da fare».
Vorrei negare che il rossore sulle mie gote possa farsi ancora più intenso, ma purtroppo non è così. Ciò che ha pronunciato è la frase che nessuna ragazza, di qualsiasi età, vorrebbe sentir uscire dalle labbra di un parente, specialmente un genitore o qualcuno di ancora più anziano. 
Con sole sette parole la donna che ho di fronte riesce a farmi diventare del colore dei suoi pantaloni.

«Ti prego, illudimi che non si tratta di quel che penso» la supplico con lo sguardo, ma so già che non otterrò alcun risultato.
Lei allarga ancora di più il sorriso, maligna, poi alza le spalle quasi a dire "chissà" e prima che possa oppormi in una qualsiasi altra maniera si avvia lungo il marciapiede; conoscendola avrà già chiesto quale autobus debba prendere per arrivare a Camden, nei pressi della pasticceria, battendomi sul tempo e dimostrando la sua reale fermezza nel portare a termine una simile missione.

Alle volte mi chiedo se anche con Jace si comportasse così, oppure se prossimamente ha intenzione di farlo con Liz, ma per la maggior parte delle occasioni mi ritrovo a pensare di essere l'unica dei tre per cui fa simili cose - dopotutto, per mia sfortuna, sono la prima nipote femmina.

***

Mi mordo il labbro, cercando di non alzare lo sguardo sull'espressione confusa e per nulla felice di Seth. Lo conosco abbastanza da sapere che nel suo immaginario non si sarebbe mai aspettato niente di tutto ciò, o quantomeno non aveva messo in conto che potessi presentarmi qui con Josephine - e non lo biasimo, affatto. Dopo ciò che gli ho detto avrei dovuto lasciargli i suoi spazi e i suoi tempi, avrei fatto meglio a scusarmi privatamente e spiegare le mie ragioni, ma allo stesso tempo non potevo permettere alla nonna di incontrarlo da sola: dalla sua bocca sarebbero potuti uscire commenti capaci di rovinare irreparabilmente il mio rapporto con lui e quel poco di dignità che mi è rimasta. 
Potrebbe non sembrare, ma in realtà la sua lingua, munita di determinati pensieri, è un'arma assai pericolosa.
Più volte, negli anni, la donna che ho accanto ha dimostrato di non conservare alcun tipo di pudore e, avvalendosi della scusa dell'età avanzata, si è sempre permessa le considerazioni più avventate.

Non posso dimenticare tutte le occasioni in cui ha rinfacciato a Jace di doversi "concedere a quante più donne possibili", perché era un peccato "negar loro cotanto ben di Dio". E non posso scordare quando ha spudoratamente chiesto al ragazzo che abbiamo di fronte di togliersi la maglia per vedere quel "meraviglioso animale che aveva addosso" - e mi imbarazza ancora ammetterlo, ma non si riferiva certo al tatuaggio. Nemmeno a Charlie, sempre così schivo, ha risparmiato qualche frecciatina. In borsa credo abbia ancora una sua foto post allenamenti da mostrare alle amiche per fargli invidia.

Insomma, da Josephine mi potrei aspettare di tutto, quindi vorrei evitare, se possibile, il peggio.

«Buongiorno Madame» Seth la saluta tirando un sorriso, indossando la maschera da cordiale cameriere come se nulla fosse: «E' un insolito piacere vederla da queste parti».
Nonna mi lancia un'occhiata complice, o forse è semplicemente succube della malizia e io cieca di fronte all'ovvietà della cosa: «Sarei lieta di dire altrettanto, peccato che mi sia volontariamente voluta concedere questo piacere».

Lui ride. E' evidentemente divertito dalla sincerità del commento - perché ormai, come mio fratello e Charlie, è abituato a simili exploit - però non si scompone e con una certa professionalità ci accompagna a un tavolo appartato nella saletta laterale, quella dove solo qualche settimana fa l'ho scorto con Sharon.
Avanza affiancato da mia nonna, scambiando con lei qualche chiacchiera di circostanza che non riesco a udire; sono troppo occupata a scacciare i pensieri più preoccupanti per prestar loro reale attenzione, ma soprattutto sento l'ansia attanagliarmi la bocca dello stomaco.

Non mi ha salutata, men che meno mi ha concesso un sorriso o un gesto d'affetto, quindi la sua arrabbiatura non è scemata. Eppure cosa ho detto di tanto terribile?

Josephine si siede e, d'improvviso, mi ritrovo catapultata nel presente - un frangente in cui Seth ed io siamo ora faccia a faccia, dritti l'uno di fronte all'altra.
Il cuore martella forte nel petto, lo sento spingere sulla gabbia toracica, mentre la gola è tanto arida da non produrre alcun suono. Dovrei dire qualcosa, no? Peccato che le corde vocali paiano pronte a sgretolarsi come sabbia.

Lo fisso inerme. Non so come comportarmi, se avanzare e fingere indifferenza come lui, oppure compiere qualche gesto plateale che dubito fortemente lui possa apprezzare sul suo posto di lavoro - così stringo forte i pugni nelle tasche, attorcigliando le dita intorno all'accendino e le chiavi di casa in attesa di una sua mossa. Quando arriva però, mi coglie comunque impreparata.
Morgenstern si avvicina silenzioso, in parte furtivo, e con un braccio mi cinge la vita. Il mio battito accelera e appena mi posa le labbra sulla fronte allento la tensione che inconsapevolmente ha teso tutti i muscoli.
La morbidezza della sua bocca mi conforta, i secondi d'esitazione che si concede diventano una muta dichiarazione di pace - e quanto darei per essere sola con lui, per poter spingere sulle punte e ricambiare questo bacio. Lo desidero più di tutto il resto.

«Tra poco ho finito, mi aspettate per il tè?»

Annuisco, dandogli modo di tornare al lavoro. Il suo corpo si stacca dal mio lasciandosi dietro una sorta di vuoto, come un piede che si alza dal fango su cui resta l'impronta. Da sopra la spalla lo guardo soffermarsi ad altri tavoli, raccogliere le ordinazioni, sparecchiare. Sorride a molti e con altrettanti si ferma a scambiare qualche battuta. Ci sono clienti che ignare della mia presenza se lo mangiano con gli occhi, poi si voltano verso le amiche e sghignazzano complici. Mentre abbandono lui per osservare loro, mi rendo conto di avvertire crescere in me una certa gelosia, simile per intensità solo a quella provata l'altra sera nei confronti di Charlie.

Sono miei.
Il mio ragazzo e il mio amico. 

E non sopporto l'idea di poterli perdere.

***

L'attesa dura poco, giusto un quarto d'ora. Seth arriva accompagnato da un vassoio su cui troneggiano tre teiere di ceramica e una manciata di bignè che fanno rilucere gli occhi di Josephine.
Addosso non ha più il grembiule del locale, ma sulle spalle porta il chiodo in pelle nera con cui probabilmente si è presentato stamane. Ci serve con la stessa premura di qualsiasi altro cliente, forse meglio, poi si siede al mio fianco, in modo da fronteggiare la nonna - pare quasi sapere che ad attenderlo ci sia una conversazione seria.

«Scusate l'attesa, spero di non aver rovinato i vostri piani per il pomeriggio» il suo sorriso è dolce e non passa inosservato né ai miei occhi, né a quelli delle stesse donne che lo avevano scrutato in precedenza - ora però, al posto dei ghigni, c'è tra loro un confabulare concitato. Si staranno chiedendo cosa ci faccia accanto a me, se sia davvero la sua fidanzata oppure una semplice amica. Incredule si diranno che non è possibile che tra di noi ci sia una storia d'amore, in extremis faranno allusioni sulle mie capacità in determinati momenti della nostra intimità, concordando all'unisono che solo quello possa essere il motivo di una relazione tra noi. 
Conosco le femmine, sanno essere meschine quando vogliono. Nel tempo molte delle nostre lingue si sono fatte biforcute, trasformandoci in serpi che si attaccano l'un l'altra - peccato che non ci sia alcun fondamento nelle loro supposizioni.

Josephine, sopraffatta dal desiderio di assaggiare le leccornie portate da Morgenstern, si serve senza complimenti, ignara di ciò che sta accadendo oltre alle sue spalle: «Seth caro, sei tu il nostro piano per questo pomeriggio!»

Ecco che ci risiamo... Ora aspetto solo il momento in cui gli chiederà di mostragli un po' di carne. Non dovrebbe vederlo come un nipote, essendo cresciuto insieme a Jace? A quanto pare no, mia nonna non conosce i limiti del lecito.

L'interessato corruga le sopracciglia. La confusione inizia a farsi strada sul suo viso, ma non osa chiedere: penso che tema come me la risposta ai dubbi che ha.

«Vedi, noi dovremmo parlare» senza staccare gli occhi dalla teiera, la vecchia immerge nell'acqua bollente una tra le miscele selezionate per allietare i nostri palati e ogni volta che la sua mano si alza e si abbassa, velocizzando il processo d'infusione, la stretta che avverto allo stomaco si fa un po' più impietosa.

Seth annuisce, improvvisamente iniziando a dare un senso alla nostra visita - ma ancora non ha idea di cosa possa uscire dalle labbra di questa donna, esattamente come la sottoscritta.

Lei si versa da bere: «Ormai tu e Jane siete ufficialmente una coppia, questo mi pare ovvio, anche se non comprendo le ragioni per cui teniate la cosa... privata» sogghigna, divertita da qualsiasi cosa le stia frullando nella mente: «Ciò non toglie che ci siano alcune situazioni da chiarire». Fa una pausa, lanciando un'occhiata indecifrabile nella nostra direzione - e ancora una volta lui annuisce, dandole una muta conferma e restando in ascolto. Non riesco a capire cosa stia provando, se il mio medesimo imbarazzo, la stessa ansia, noia oppure fastidio. E' un enigma che non so risolvere, seppur vorrei.

«Mia nipote ti piace sul serio?»

Silenzio.
I due si guardano, soppesandosi a vicenda come strateghi che cercano di scoprire il gioco dell'altro: e più tempo passa, più mi sento soffocare - finché la mano di lui non scivola nella mia, intrecciando le dita sotto al tavolo. Stringe con dolcezza, accompagnandomi sulla sua coscia. 
Questo discorso vuole realmente vergere su una serietà che non mi sarei aspettata né dalla vecchia strampalata che ho di fronte, né dall'affascinante ragazzo che ho accanto, eppure eccoli affrontarlo. Non è forse un gesto avventato, da parte di lei, intromettersi così nella vita privata della nipote e di un giovane che dovrebbe considerare tale? Non teme di poterlo impaurire e allontanare da me? Oppure è proprio questo il suo piano?
Possibile che Josephine stia cercando di capire, attraverso questo atteggiamento, le reali intenzioni di Seth?
Non credo la biasimerei se fosse così. Forse nessuno potrebbe farlo. Morgenstern non si è mai ritratto al cospetto di una bella ragazza, non ha mai tenuto a bada il desiderio momentaneo di un corpo estraneo premuto contro il suo; per citare proprio la signora all'altro capo del tavolo, "non ha negato tanto ben di Dio alle povere bisognose", anche quando c'era Sharon. Capisco le paure della nonna, però sono conscia del fatto che se lo desidera, colui che ho accanto può dimostrarsi abbastanza maturo da non fare cazzate.

«Non sarei qui ad affrontare il discorso se fosse altrimenti» la presa della sua mano sulla mia si fa più intensa, per un istante mi sembra che voglia dirmi quanto, nonostante tutto, sia intenzionato a prendere la questione con serietà. Forse mi ha realmente perdonata per ciò che ho detto l'altra sera - e forse, in un angolo di sé, prova davvero qualcosa per me.

«Quindi sai a cosa vai incontro?»
«La furia di Jace?» Sorride mestamente, sicuro di aver colto nel segno e di poter essere vittima di una qualche paternale; peccato che al cospetto di questa risposta nonna sgrani gli occhi. La sua incredulità non fa altro che aumentare le mie ansie e dar adito a un dubbio: se non è di questo che si tratta, cosa mi aspetta?

«Oh, santi numi, no! Jace dovrà accettare la cosa, Jane non è la sua ombra» si affretta a dire, rincuorandomi sul fatto che almeno una persona, nella famiglia, non pensa questa stupidaggine di me. Afferrando un altro bigné, l'eccentrica signora finge una certa spensieratezza - un dettaglio assai discordante con ciò che alla fine dice: «intendevo che sei il primo».

Non so come, né perché, ma riesco a farmi andare di traverso la saliva. 
L'ha detto veramente. 
Lo ha confessato senza alcuna vergogna in un luogo pubblico.
Lo ha ribadito ancora una volta persino davanti a lui e, seppur già sappia la cosa, non posso far a meno di sentirmi soffocare. Tossisco più volte, sopraffatta da un imbarazzo che non so contenere, mentre Seth si lascia andare a una risata.

Sapevo che qualcosa sarebbe andato storto, però mi auguravo che i suoi neuroni potessero ancora dar qualche segno di vita.

«Guarda che non scherzo, tesoro. Per una ragazza il primo ha un ruolo fondamentale, se lo ricorderà per sempre!» Ingurgita il dolcetto e per un istante, uno solo, il desiderio che le vada di traverso si fa intenso; almeno in questo modo dalla sua gola smetterebbero di uscire simili, denigranti, verità. «Inoltre, anche se è ovvio che la tua esperienza sia superiore a quella della mia cara Jane e confido nel tuo buon senso, vorrei rammentarti che sono ancora giovane per diventare bisnonna».

A conclusione di questo suo annuncio, eccomi soccombere a un nuovo tracollo della dignità. Un altro colpo di tosse mi coglie impreparata, facendomi andare di traverso il té e rischiando un soffocamento.
Mollo veloce la presa sul manico della tazza e coprendomi la bocca con il palmo cerco di evitare che qualcosa vi fuoriesca involontariamente. Sobbalzo qualche volta, piegandomi su me stessa nel vano tentativo di sfuggire a qualsiasi altra sciocchezza ci sia in serbo, ma nulla m'impedisce di maledire il momento in cui le ho confessato di questa storia, del nostro frequentarci in modo meno platonico.

Oltremodo, quando all'uscita dalla Saint Jeremy ho incrociato i suoi pantaloni rossi, avrei dovuto seriamente oppormi a questa visita. Se avessi impuntato i piedi e battuto i pugni come una bambina capricciosa, forse avrebbe ceduto al mio diniego, ma invece mi sono fatta fregare dalla sua minacciosa cocciutaggine, arrivando quasi ad auto-sabotare la mia relazione. E visti i precedenti, questo potrebbe essere davvero il colpo di grazia a un rapporto che già di per sé ha voluto evolversi nelle circostanze peggiori.
La biologia ce lo insegna, basta guardarsi attorno: le specie animali ci impiegano anni e generazioni per riuscire ad adattarsi ai cambiamenti che le circondano, ma quando il contesto è sfavorevole, la dipartita è scontata - e noi due abbiamo voluto compiere una follia in cui ci barcameniamo un po' a fatica. 
Ciò che però mi crea ancor più agitazione, oltre a questa consapevolezza, sono le reazioni di Seth alla sfacciataggine di mia nonna. Sono l'unica a trovarla fuori luogo? Possibile che solo ai miei occhi e alle mie orecchie tutta questa situazione appaia inverosimilmente tragica? A quanto pare sì, visto che lui sorride, si prende il viso tra le mani e poi porta indietro la testa, sghignazzando come se stesse guardando la sua sitcom preferita.

«Josephine, non si preoccupi!» Si bagna le labbra in punta di lingua, ma la sua espressione non cambia. E' divertito, più che preoccupato o imbarazzato, ed io vorrei tanto poter prendere tutta questa faccenda con la medesima leggerezza. «Come le ho già detto in passato, eviterò che i suoi nipoti si mettano nei guai, sia che si tratti di Jace, sia che si parli di Jay» e quando pronuncia il mio nome, facendomi desiderare di poter sparire nel nulla, scopro che non vi è alcuna via di fuga: i suoi occhi mi hanno già trovata.

 
 
   
 
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