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Autore: Anima90    28/06/2015    14 recensioni
Felicity ed Oliver sono praticamente gli opposti: lei, una ragazza seria, leggermente secchiona, amante dei computer e con le idee molto chiare riguardo al suo futuro; lui, di famiglia benestante, amante delle feste e del divertimento, e spaventato all'idea di dover crescere e prendere un giorno in mano le redini dell'azienda di famiglia. Per questo motivo, pur frequentando lo stesso liceo, non si sono mai conosciuti. Un evento inaspettato li farà incontrare e da quel momento le loro vite cambieranno per sempre.
TEEN AU - OLICITY
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Dinah 'Laurel' Lance, Felicity Smoak, Oliver Queen, Tommy Merlyn
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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~~Il rientro a scuola dopo le feste natalizie fu traumatico per tutti gli studenti della Starling City High School. Per tutti tranne che per Felicity. Essendo ebrea, aveva approfittato dei giorni di vacanza scolastica per incrementare i turni al fast food e mettersi in pari con il programma potenziato che il preside le aveva assegnato per potersi diplomare con due anni di anticipo. Non poteva permettersi che le scadesse la borsa di studio e di sicuro non poteva permettersi di finire il liceo in una scuola pubblica, se aveva intenzione di essere ammessa al MIT.
“Non posso crederci, Lis. Io sbavo dietro Tommy Merlyn da anni e a te basta andare ad una festa per diventare pappa e ciccia con il suo migliore amico. E’ proprio vero che la vita delle volte è ingiusta…”
Le due amiche erano in biblioteca, a studiare alacremente in vista del test di chimica previsto per il giorno seguente. Caitlin aveva trascorso le vacanze a Philadelphia dai nonni, e nonostante Felicity l’avesse tenuta costantemente aggiornata sui vari sviluppi, aveva costretto l’amica a raccontarle ancora una volta ogni minimo dettaglio di quanto accaduto con Oliver qualche settimana prima.
“Non siamo pappa e ciccia, Cait. Non so nemmeno se siamo amici, ad essere sincera”.
“Ah, si? E come spieghi tutta la storia del confidarsi con te sulle sue paure, il discorso del nessuno è mai riuscito a capirmi come te….  Ti ha fatto persino salire sulla sua macchina!”
“Davvero stai mettendo sullo stesso piano la storia del nessuno è mai riuscito a capirmi come te e un passaggio nella sua macchina?”.
“Beh, non è una macchina qualunque, quindi si”.
Felicity alzò gli occhi al cielo, non riuscendo a comprendere l’esaltazione dell’amica. Era una semplice automobile in fondo, sicuramente più carina e veloce della media, ma pur sempre un’automobile. Non è che riuscisse ad andare sulla luna o cose del genere.
“Dopo quella sera non mi ha più cercata, Cait. E’ come se fosse praticamente sparito dalla circolazione. Completamente dileguato, scomparso, kaputt.  Quindi non ne farei questa gran cosa fossi in te…”
A Felicity non piaceva ammetterlo, ma il fatto che Oliver non si fosse più fatto nè vedere né sentire dopo la loro passeggiata sul pontile l’aveva resa più triste di quanto credesse possibile.
“Si ma…”
“Caitlin, ti prego, possiamo chiudere questo discorso? Non mi va di parlarne e vorrei concentrarmi sul test di domani”.
Se la sua vita sentimentale era un disastro non per questo doveva esserlo anche quella scolastica.
“Ok ok, come vuoi. Discorso chiuso. Non parliamone più”.
Per qualche minuto rimasero in silenzio, entrambe concentrate unicamente sulle reazioni chimiche che avevano da ripetere.
“Lis?”
“Mmhmm?”.
“Se davvero non devo farne questa gran cosa, perché Oliver Queen è appena entrato in biblioteca e sta venendo verso di noi?”
Felicity sbiancò. Non era possibile. Caitlin doveva aver preso un abbaglio. Per forza.
Si guardò intorno giusto per esserne sicura.
“A ore 6”.
Felicity la guardò con aria interrogativa. Non era mai stata un granchè brava ad orientarsi.
“Oh signore, dietro di te!”.
Si voltò e se lo ritrovò davanti. Più bello che mai, più di quanto ricordasse.
“Ciao!”.
La salutò e le sorrise con naturalezza, come se tutti quei giorni di lontananza non fossero trascorsi.
“Ciao! Co… cosa ci fai tu qui?”
Gli scappò una risatina.
“Mi farai questa domanda tutte le volte che ci incontriamo, non è così?”
Felicity arrossì leggermente per quella gaffe.
“Scusami, è che non mi aspettavo di vederti qui. Insomma non credevo fossi un tipo da biblioteca… Sei un tipo da biblioteca?”.
“Non lo sono, infatti. In realtà, sono qui per te”.
Ah davvero?
“Davvero! Non avrei altri motivi per entrare in questo posto…”
L’aveva detto ad alta voce? Prima o poi avrebbe dovuto imparare a regolare il filtro bocca-cervello, evidentemente era guasto.
“No è che….. è che non ti aspettavo, tutto qui. Sai, saranno passati giorni da quando ci siamo visti l’ultima volta e non è che ci sia stato modo di rivederci o risentirci o cose del genere…”
Doveva chiudere quella bocca. E doveva farlo in quel preciso momento.
“Hai ragione. Ma non avevo il tuo numero di telefono e piombare a lavoro o a casa tua senza preavviso sarebbe stato troppo… inquietante, persino per uno come me”.
Felicity si sentì una perfetta stupida. Aveva tratto le conclusioni sbagliate. Oliver avrebbe voluto cercarla, semplicemente non sapeva come fare. Improvvisamente si sentì più leggera, come liberata di un peso.
Prima che potesse rispondergli, Caitlin si schiarì la voce, come a segnalare la sua presenza.
“Oh…  giusto… Oliver, ti presento Caitlin, la mia migliore amica. Caitlin, lui è Oliver”.
Oliver, con estrema galanteria, le fece un baciamano da perfetto gentiluomo. Felicity ne fu piacevolmente colpita.
“Piacere di conoscerti, Caitlin”.
“Il piacere è tutto mio…”
Vide l’amica perdersi per un attimo nei suoi occhi blu. Lei stessa aveva sperimentato quanto riuscissero ad essere ipnotici.
“Okaaaay… allora, Oliver, come hai fatto a sapere che ero in biblioteca?”
“Ti cercavo così ho chiesto un po’ in giro, mi ci è voluto un po’ ma alla fine un ragazzo magrolino con gli occhiali mi ha detto che ti avrei trovata sicuramente qui”.
“Barry…” Doveva ricordarsi di fargli un bel discorsetto sul rispetto della privacy.
“Lo conosci?”
“Felicity e Barry sono amici da anni ormai, sono praticamente fratello e sorella. Se non consideriamo il periodo in cui sono stati insieme durante il primo anno, ovviamente…”
Felicity fulminò Caitlin con lo sguardo. Era una congiura contro di lei per caso? Si erano iscritti al club raccontiamo-in-giro-i-fatti-della-nostra-migliore-amica-come-se-non-ci-fosse-un-domani?
“Tu e Barry siete stati insieme?”
Era una sua impressione o Oliver sembrava… geloso? Che domanda stupida, era sicuramente una sua impressione.
“Ci siamo frequentati per un po’, niente di serio. Sai, a volte è difficile capire dove finisce l’amicizia ed inizia… qualcos’altro”.
Subito dopo aver pronunciato quelle parole Felicity si rese conto di quanto potessero venire fraintese.
“Non che mi stia riferendo a qualche situazione in particolare… insomma certo che mi sto riferendo a una situazione in particolare, ma alla situazione di me insieme a Barry, non di me insieme a qualcun altro… anche perché non è che ci sia qualcuno in particolare a cui possa riferirmi…”
“Felcity…” Caitlin le lanciò un avvertimento. Non stava facendo altro che peggiorare la situazione, se n’era resa conto.
“Quello che in realtà volevo dire è che siamo stati insieme per un po’, ma alla fine abbiamo deciso che era meglio restare amici”.
Mica era un concetto così difficile dopotutto? Forse era la presenza di Oliver a rendere tutto più complicato.
“Capisco… Ad ogni modo, se sono venuto qui è perché volevo ringraziarti”.
“Ringraziarmi? E di cosa?”
“Ringraziarti delle cose che mi hai detto durante la nostra chiacchierata al pontile”.
Il pensiero di Felicity viaggiò a briglie sciolte fino al ricordo di quella sera, della profondità dei loro sguardi, del calore della sua mano poggiata sulla spalla, delle labbra umide a contatto con la sua guancia. Non riusciva a pensare ad altro da giorni ormai.
“Mi hai aiutato ad aprire gli occhi e a risolvere delle… situazioni che da solo non sarei stato in grado di affrontare. So bene che non eri tenuta a dirmi quelle cose, ma ti sono grato di averlo fatto ugualmente”.
“Figurati, Oliver. Non c’è bisogno che mi ringrazi. L’ho fatto perché me lo sentivo”.
Felicity gli sorrise. Al di là di tutto quel gesto le aveva fatto piacere. Era stato molto carino da parte sua.
“Ollie?”
Una voce femminile proveniente dalla parte opposta della biblioteca catturò la sua attenzione. Vide una ragazza castana, dai lunghi capelli ondulati, camminare in direzione del loro banco. In direzione di Oliver, in realtà. Aveva un fisico perfetto ed un sorriso mozzafiato. Felicity la trovò semplicemente bellissima.
“Ecco dov’eri, ti ho cercato ovunque!”.
“Scusami, Laurel, temo di aver perso la cognizione del tempo. E’ già ora di andare?”
Laurel. Era lei la famosa Laurel. La stessa che Oliver aveva nominato durante il loro primo incontro alla festa. Non avrebbe dimenticato quel nome neanche se avesse voluto.
“Si, Tommy ci aspetta al parcheggio. Sei pronto?”
“Mi daresti solo un secondo?”
“Sicuro. Ti aspetto fuori, non metterci troppo…”.
Felicity per poco non cadde dalla sedia quando li vide scambiarsi un bacio sulle labbra.
Che si aspettava? Che bastavano una lezione di piano improvvisata e una passeggiata sul pontile per fare cadere Oliver ai suoi piedi? Non poteva essere così ingenua. Era sempre stata migliore di così.
Si sentì ancora più stupida per aver pensato anche solo per un istante che Oliver potesse essere interessato a lei. La storia del numero di telefono era solo un modo carino per giustificarsi e lei ci era cascata come una perfetta idiota.
Ma adesso aveva imparato la lezione. Stavolta ci avrebbe messo veramente una pietra sopra, senza più alcun ripensamento.
“Ragazze, temo di dovervi salutare. Caitlin, è stato un vero piacere conoscerti”.
“Anche per me, Oliver”.
Il suo sguardo si posò su di lei e il cuore le iniziò a battere più velocemente. Si sarebbe mai abituata all’effetto che gli faceva?
“E’ stato davvero bello rivederti, Felicity. Sai, mi farebbe piacere passare del tempo con te, conoscerti meglio… al di là della scuola o degli incontri casuali in giro per la città intendo…” Si chinò sul suo quaderno e scrisse a margine del foglio una serie di cifre apparentemente casuali. “Ascolta, questo è il mio numero di cellulare. Salvalo se ti va, così possiamo tenerci in contatto”.
Come amici, Felicity. Solo come amici. Prima se lo metteva in testa meglio era.
“Oh… ok... nessun problema… lo salverò, grazie”.
Sembrò quasi sollevato. Aveva paura che potesse rifiutare il suo numero di telefono?
“Bene, ci conto.” Non avrebbe dovuto, lo sapeva, ma trovò il sorriso che le rivolse di una bellezza sconvolgente.  “Allora a presto, Felicity”.
“A presto, Oliver”.
Felicity provò con tutta se stessa ad ignorare il magone che sentiva alla bocca dello stomaco.
“Tutto ok, Lis?”
Caitlin la conosceva troppo bene per non capire quanto le avesse fatto male vedere Oliver baciare un’altra ragazza. Ringraziò il fatto che, almeno con la sua migliore amica, non dovesse mostrarsi forte a tutti i costi.
“No… ma andrà meglio”.
Da quel momento decise di concentrarsi unicamente sullo studio. Un brutto voto in chimica era l’ultima cosa che le ci voleva.
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“Hey, amico, si può sapere che fine avevi fatto?”
Oliver arrivò alla macchina di Tommy quasi di corsa, aveva perso la cognizione del tempo e aveva fatto più tardi del previsto.
“Non ci crederai mai, ma prima ho trovato Ollie in... biblioteca”.
“Ma non mi dire… esiste anche una biblioteca nella nostra scuola adesso?”
Laurel diede a Tommy uno scappellotto alla base della nuca e scoppiarono a ridere divertiti. Oliver si unì a loro senza riuscire a controllarsi.
“Siamo di buon umore, eh amico?”.
Tommy ci aveva visto bene. Oliver era davvero di buon umore. Durante le vacanze di natale aveva riacquistato un po’ della serenità che da qualche tempo aveva perso.
Il rapporto con Laurel si era riconsolidato. Avevano avuto un lungo chiarimento in cui era riuscito a confidarle tutte le sue paure e preoccupazioni, con la promessa di impegnarsi seriamente a trovare la strada giusta da intraprendere per il suo futuro.
Erano migliorati anche i rapporti con i suoi genitori, che si erano mostrati stranamente comprensivi nei suoi riguardi, accettando la sua richiesta di rimandare la scelta del college ancora di qualche settimana, con in cambio la promessa di non precludersi a priori nessuna possibilità.
E proprio in virtù di tale promessa aveva accettato l’invito di suo padre ad affiancarlo per qualche ora alla Queen Consolidated, per capire in cosa consistesse effettivamente quel lavoro prima di scartarlo a prescindere.
“Ricordatemi ancora perché lo sto facendo”.
Laurel gli si avvicinò, accarezzandogli delicatamente la testa. “Ollie, non essere teso, andrai alla grande. Vedrai che alla fine quest’esperienza finirà anche per piacerti, ne sono sicura”.
Oliver non sapeva che pensare. Era sicuro solo di una cosa: se la sua vita aveva preso una piega diversa da qualche giorno a quella parte, era solo per merito di Felicity. Doveva molto a quella ragazza, le parole che gli aveva detto quella sera avevano smosso dentro di sè qualcosa di inaspettato. Improvvisamente aveva scoperto in lui la voglia di fare, di sperimentare, di capire, di imparare. C’erano ancora tante cose che non sapeva, tanti aspetti della vita che non aveva mai sperimentato. Era come se fosse stato cieco fino a quel momento, incapace di soffermarsi a guardare il mondo circostante, per vederlo invece solo di sfuggita.
“Laurel ha ragione, amico. Te la caverai. Ma ora sbrighiamoci o farai arrabbiare tuo padre prima del tempo. E sai meglio di me quanto rompe le scatole quando sei in ritardo”.
Oliver si fece coraggio e salì in macchina, pronto a dare una possibilità a quel lavoro e alle novità che avrebbe potuto portare nella sua vita.
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Dlin-Dlon.
“MAMMAAAAAA! LA PORTAAAAA!”
Felicity era in camera sua al piano di sopra. Stava terminando i suoi compiti, e la madre sapeva quanto odiasse essere interrotta.
Dlin-Dlon.
“Amore andresti ad aprire tu? Sono in un ritardo che non puoi neanche immaginare”.
Ed invece poteva immaginarlo benissimo. Sua madre possedeva il talento particolare di iniziare a prepararsi per andare a lavoro cinque minuti prima dell’inizio del turno.
Dlin-Dlon. Dlin-Dlon. Dlin-Dlon.
Quel campanello incominciava seriamente ad indisporla. Se avesse sentito quel suono ancora una volta si sarebbe messa ad urlare.
“Arrivo! Un momento!” Fece le scale di corsa e arrivò alla porta quasi in affanno. “Ma chi cavolo è a quest’or…. Oliver?!?”
“Ciao!”
Doveva smetterla di sorriderle in quel modo, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
“E tu…”
“Che ci faccio qui... ho indovinato?”
Era vero che continuava a fargli sempre la stessa domanda, ma che altro avrebbe potuto chiedergli? Non aveva la più pallida idea del perché si trovasse a casa sua.
“Mi pare di ricordare che piombare a casa degli altri senza avvisare non fosse nel tuo stile…”
“Vero. Ma ho dovuto fare un’eccezione. Era l’unico modo per rivederti”.
“Oh…”
“Felicity, amore, chi è alla…. Oh! Ciao! E tu chi saresti?”. La madre gli si avvicinò e iniziò a squadrarlo da capo a  piedi.
“Salve, io sono Oliver, un amico di Felicity”.
 “Ah, un amico diverso da Barry e Caitlin, finalmente!  E anche molto carino aggiungerei…. Io sono Donna, la madre di Felicity”.
Felicity avrebbe voluto sprofondare in quel momento. Oliver non avrebbe potuto bussare solo cinque minuti più tardi?
“Mi dispiace essere passato senza avvisare, spero non abbia disturbato…”
“Non essere sciocco, tesoro. Gli amici di Felicity sono sempre i benvenuti in questa casa, ad ogni ora del giorno…. e della notte”.
Se l’era immaginato o sua madre aveva detto davvero una cosa del genere? Ad Oliver? Se avesse avuto un fucile a portata di mano si sarebbe sparata in quel preciso momento.
“Ad ogni modo, accomodati pure, evidentemente mia figlia deve aver dimenticato all’improvviso le buone maniere. Io scappo che sono in ritardo, il lavoro chiama”.
Salutò Felicity con un bacio sulla guancia e strinse Oliver in un abbraccio veloce.
“E’ stato un piacere conoscerla, signora Smoak”.
“Oh, ti prego, chiamami Donna. Se mi chiami signora mi fai sembrare più vecchia di quanto non sia. E non mi pare il caso, con il fisico che mi ritrovo, non so se mi spiego…”
“Mamma….”
“Hai ragione, sono in ritardo, vado. E’ stato un piacere anche per me Oliver, torna pure quando vuoi!”
Felicity aspettò che la madre uscisse e si richiuse velocemente la porta alle spalle.
“Simpatica, tua madre. Sembra tua sorella in realtà”.
“Oh, grazie, Oliver. Come sei carino. Hai appena detto che una donna quarantenne potrebbe essere una mia coetanea. Non sapevo di portarmi così male la mia età”.
Uh oh. Aveva appena confidato ad Oliver l’età di sua madre.
“Ti prego, non dire a mia mamma che ti ho detto quanti anni ha, potrebbe non rispondere più di se stessa e a quel punto sarei costretta a dormire con una mazza da baseball sotto il letto”.
Oliver rise di gusto. “Il tuo segreto è al sicuro con me, tranquilla. Tornando a noi, sei pronta a venire con me?”
Andare con lui?
“E dove?”
“Non posso dirtelo, è una sorpresa. Lo so che è un po’ improvvisa come cosa ma spero che deciderai comunque di fidarti e mi dirai di si”.
Felicity era spiazzata. Non esistevano altre parole per definire il suo stato d’animo.
“Perché tutto questo mistero? Io odio i misteri, non sai quanto. Sento sempre questa malsana esigenza di risolverli e fin quando non lo faccio non riesco a trovare pace….”
“Ti prometto che non ti ci vorrà molto per risolverlo, al massimo qualche minuto. Ti prego, Felicity. Ci tengo tanto che tu mi dica di si”.
Beh, se ci teneva così tanto…
“Dammi almeno il tempo di cambiarmi…” Aveva la tuta e i capelli raccolti in un mollettone. Si disse che dalla prossima volta avrebbe adottato un look un po’ meno trasandato per stare in casa.
“Sei perfetta anche così, credimi. Allora è un si?”
E come poteva dire di no a due occhi che la guardavano in quel modo?
Prima che avesse il tempo di ripensarci, prese il giubbotto e le chiavi di casa, e si diresse con Oliver verso l’ignoto.
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Oliver sapeva che Felicity non ci avrebbe messo molto tempo a capire dove erano diretti.
“Perché stiamo andando alla Queen Consolidated?”
“Te lo dicevo che ci avresti messo solo pochi minuti per scoprirlo”.
“Non hai risposto alla mia domanda…”
E non lo avrebbe fatto. Non fino a quando avrebbero raggiunto il posto che aveva intenzione di mostrarle.
Parcheggiò di fronte l’edificio, ormai svuotato di tutti i suoi dipendenti. Gli uomini del servizio della sicurezza lo conoscevano e lo fecero passare senza problemi.
“Oliver perché non mi hai fatto cambiare? Avrei potuto mettere qualcosa di più, che so, indicato”.
“Sta tranquilla, a quest’ora non c’è nessuno qui. Siamo soli”.
La guidò verso l’ascensore che conduceva direttamente all’ufficio di suo padre. Entrarono e attesero che li portasse a destinazione. Felicity sembrava tesa, così decise di tranquillizzarla.
“Non preoccuparti, a quest’ora tutti gli uffici sono chiusi, non ci vedrà nessuno”.
“E se scoprissero che siamo qui? Potrebbero sbatterci fuori, o arrestarci magari”.
“La sicurezza sa già che siamo qui e dubito che qualcuno chiamerà la polizia per farci arrestare. In fondo questo posto è anche mio”.
“Si ma…”
“Felicity…” Le poggiò la mano sulla spalla come la volta scorsa. E così come la volta scorsa riuscì a farla leggermente rilassare. “Stai tranquilla, non ci succederà niente. Ti fidi di me?”
“Si”.
Rispose senza battere ciglio, come se fidarsi di un ragazzo appena conosciuto, che ti chiede di andare in chissà quale posto e chissà per quale motivo, fosse la cosa più ovvia del mondo. D’altronde anche lui avrebbe risposto la stessa cosa al suo posto.
Quando giunsero all’ufficio di suo padre, Oliver lo ritrovò esattamente come lo aveva lasciato qualche ora prima.
“Wow…Oliver… questo ufficio è spettacolare!”
Felicity si guardò intorno, meravigliata come una bimba in un negozio di giocattoli. Oliver la trovò semplicemente adorabile.
“Da queste finestre si vede tutta la città! Che spettacolo, non ho mai visto niente di simile”.
“Aspetta a dirlo…”
“In che senso?”
Oliver nel frattempo aveva trovato le chiavi che gli occorrevano, esattamente nel posto in cui ricordava.
“Andiamo. Ti faccio vedere”.
Ci misero un po’, ma alla fine riuscirono a raggiungere il tetto del grattacielo. Oliver era già stato lì quel pomeriggio, ma si rese conto che il panorama di sera era semplicemente mozzafiato. Non c’era storia.
“Allora? Che te ne pare?” Oliver era più timoroso di quanto pensasse, Felicity non aveva ancora detto una parola e non sapeva come interpretare il suo silenzio.
“Io… io… sono senza parole, Oliver.” Incredula, iniziò a girare in tondo lungo il perimetro del tetto, per ammirare da ogni angolazione possibile lo spettacolo di una Starling City completamente illuminata. “Tutto questo è…. perfetto. Semplicemente perfetto”.
Oliver sorrise, compiaciuto del fatto di averla resa in qualche modo felice.
“Perché mi hai portata qui?”
“Oggi pomeriggio sono stato alla Queen Consolidated. Ho affiancato mio padre per qualche ora, sai per rendermi un po’conto del lavoro in azienda e cose varie”.
“Davvero? E come è andata?”
“Non lo avrei mai detto ma… bene. Insomma, mi aspettavo peggio. Trovo ancora questo lavoro terribilmente noioso, e non so ancora se si addica a me o se avrò mai le capacità per svolgerlo, ma oggi ho scoperto che non è poi tanto male. Anzi, sono riuscito a trovare anche degli aspetti positivi. Come questo posto, ad esempio”.
Evitò di dirle che la sensazione di libertà provata su quel tetto gli aveva fatto venire una voglia irrefrenabile di condividerla con lei. Con lei e nessun altro.
“Sono felice per te, Oliver, davvero. Ti trovo molto più sereno rispetto alla volta scorsa”.
“Lo sono. E solo grazie a te”.
Decise di avvicinarsi per poterla guardare meglio negli occhi. Voleva che capisse che le parole che le stava dicendo erano completamente sincere.
“Il fatto è che da quando ci siamo conosciuti hai riacceso in me un qualcosa che non sapevo nemmeno ci fosse. Una nuova voglia di fare, di impegnarmi, di rendere migliore la mia vita. Solo dopo aver ascoltato la tua storia, i tuoi progetti, i sogni che vuoi realizzare, ho capito quanto in realtà la stessi buttando via dietro cose inutili e prive di significato”.
“Oliver, in realtà non faccio niente di speciale…”
“E invece si!” Le afferrò entrambi le mani, stringendole nelle sue. “Tu sei speciale, Felicity”.
Scorse nei suoi occhi un leggero stupore, come se non si aspettasse quelle parole. Se solo avesse avuto una minima idea di come riusciva a farlo sentire, forse sarebbe stato più semplice per lui farle capire quello che pensava di lei.
Un vento gelido investì entrambi senza preavviso. Vide Felicity tremare, doveva essere infreddolita nonostante il giubbino.
“E’ meglio se rientriamo”.
“Si, inizia a fare un po’ freddo qui su. Fortuna che ho messo questo giubbino altrimenti mi sarei sicuramente ammalata, perché sai sono cagionevole e…”
Prima che riuscisse a controllarsi Oliver la tiro a sé e la strinse tra le sue braccia. Un po’ per riscaldarla, ma soprattutto perché voleva sentirla vicina, più di quanto non lo fosse mai stata prima. Più di quanto forse gli era consentito.
Decise di non pensarci. Voleva concentrarsi solo sul corpo di Felicity a contatto con il suo e sulle inaspettate sensazioni che quell’abbraccio gli stava regalando. Felicity, dal canto suo, forse perché presa alla sprovvista, non lo ricambiò subito, ma quando lo fece, Oliver provò un piacere e un benessere che non credeva possibili. Come se si trovasse nel posto giusto, al momento giusto. Insieme alla persona giusta.
Non seppe dire per quanto tempo rimasero così, aggrappati l’uno all’altra, come se ne dipendessero le loro stesse vite. Seppe solo che il vuoto che provò quando dovettero allontanarsi gli scavò una voragine che sarebbe stata difficile da colmare.
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Erano le 22.30 e Felicity non aveva ancora finito di studiare. Le era stato difficile, se non impossibile, ritrovare la concentrazione dopo la serata appena trascorsa.
Nessuno mai aveva fatto per lei un gesto simile. Così romantico, così speciale. Così perfetto.
Ad ogni modo, si disse che era meglio non farci l’abitudine. Oliver aveva una fidanzata, bellissima per giunta, quindi qualunque tipo di rapporto ci fosse tra di loro al momento (amicizia?) non avrebbe mai comportato alcuna implicazione romantica o sentimentale. Prima imparava a conviverci, meglio sarebbe stato per lei.
La sua attenzione fu catturata dal numero di telefono che Oliver le aveva scritto quella mattina sul quaderno di chimica.
Pensò che sarebbe stato carino chiamarlo, per ringraziarlo ancora una volta. Ma poi vide che era tardi e decise di non disturbarlo. Alla fine, optò per un messaggio.
“So di avertelo già detto miliardi di volte ma grazie, davvero. Credo sia stata una delle serate più belle della mia vita. Ps: salva il numero :) F.”
La risposta di Oliver arrivò dopo pochi minuti. Evidentemente anche lui era ancora sveglio.
“Non ringraziarmi, era il minimo che potessi fare. Ci vediamo domani. Sogni d’oro, Felicity. Ps: grazie per il numero :) O.”
Sentì il suo cuore mancare un battito. Rilesse quel messaggio tre volte prima di decidersi a posare il cellulare. Era nei guai. Si stava innamorando perdutamente di Oliver Queen. Ogni parte del suo corpo e della sua mente non smetteva di urlarglielo. Come se poi ce ne fosse bisogno. Lo sapeva già. Lo sapeva e ormai non poteva più negarlo a se stessa. Ma poteva negarlo ad Oliver. Ed era esattamente quello che avrebbe fatto, perché solo così Oliver avrebbe continuato a far parte della sua vita.
Poteva convivere con il fatto che rimanessero semplici amici, ma non poteva sopravvivere all’idea di perderlo per sempre.


*NOTA DELL’AUTRICE*
Eccoci con un nuovo capitolo!!! Giuro che più vado avanti più mi viene voglia di scrivere questa storia, è una sensazione splendida che sono felice di condividere con voi :)
Non odiatemi per aver fatto tornare Oliver e Laurel insieme, vi prometto che tutto avrà un senso alla fine, anche la loro storia. Vi chiedo di avere solo un po’ di pazienza.
Che dire, grazie come sempre per le vostre recensioni, fa sempre un immenso piacere riceverle.
Spero continuerete a seguirmi, ci sono ancora un po’ di cose da raccontare.
Baci,
Anima90

 

 

  
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