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Autore: Phoenix Mars Lander    28/06/2015    1 recensioni
"Era Eleanor a baciarlo, non il contrario.
E finché Louis fosse stato lì, contro la sua schiena, a dirgli che non l'aveva ricambiata, che non l'avrebbe mai ricambiata, Harry vedeva ancora una piccola speranza.
La loro speranza."
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Scrissi questa storia il 20 febbraio, giorno in cui Harry postò su Twitter una foto in bianco e nero ritraente delle strisce pedonali e accompagnata dalla citazione "chains around my feet" tratta dal brano "I got stripes" di Johnny Cash.
Se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate :)

 
Harry Styles incontrava catene diverse ogni mattina.
Le strisce pedonali di Londra, poi quelle di Los Angeles, di Brisbane, di Sidney, lo intrappolavano tutte, non appena vi poggiava piede.
E lo confondevano, come quando era uscito dalla Gran Bretagna per la prima volta e si era ritrovato le macchine dalla parte sbagliata della strada.
O forse era la parte giusta, dipende dai punti di vista.
Come quando si era accorto che desiderava baciare un ragazzo più di quanto volesse baciare una ragazza.
Anche quello era questione di punti di vista?
Harry lo sperava.
Sorrise ad alcune fan mentre entrava in macchina, notando l'ombra del bodyguard accanto alla propria, a sovrastarla, a soffocarla.
Harry sapeva che era lì per proteggerlo, ma ormai era abituato a non sentirsi mai al sicuro, con le telecamere in agguato e i manager a fargli le ramanzine perché nell'ultima intervista aveva guardato Louis troppo a lungo.
Perché avevano riso.
Harry non ci aveva neanche pensato; era stato così spontaneo, così giusto, scoppiare a ridere insieme all'altro ragazzo, che quando l'aveva visto irrigidirsi di colpo si era chiesto cosa diamine fosse successo, dove avesse sbagliato.
Per un attimo, un déjà-vu l'aveva riportato a quel giorno di più di quattro anni prima, quando Louis, durante le prove per un'esibizione ad X-Factor, si era fermato all'improvviso nel bel mezzo del brano e l'aveva guardato e Harry era entrato nel panico per paura di aver steccato, di aver blaterato qualcosa di stupido nel microfono perché troppo occupato a tentare di ignorare le farfalle nello stomaco.
Louis si era avvicinato e Harry aveva sudato freddo, già in procinto di scusarsi con tutto il gruppo.
Ma l'altro l'aveva preso alla sprovvista accarezzandogli uno zigomo e dicendogli subito dopo che era bellissimo.
Il resto delle prove era stato un disastro, con Harry che s'incartava ad ogni ritornello e Louis che aveva stampato in faccia un sorriso che avrebbe potuto sfoggiare solo la persona più felice dell'universo.
Harry si era abituato a non sentirsi mai al sicuro, ad eccezione di quando si ritrovava con la testa a pesare sul cuscino salato e sentiva la porta della camera d'albergo aprirsi in uno scatto, come in quel momento.
Bastava che Louis fosse nella sua stessa stanza, per farlo sentire protetto da ogni tempesta.
E questo era un po' un paradosso, visto che spesso e volentieri era proprio quel ragazzo, a scatenargli i temporali nel corpo, nel cuore, nella carne.
Gli smantellava la spina dorsale.
Harry percepì il materasso abbassarsi leggermente, accanto alle proprie scapole.
Conosceva il peso di Louis a memoria.
Lo conosceva quando metteva su muscoli dopo le sessioni di palestra e quando dimagriva perché non si parlavano per una settimana intera e quando aveva troppe occupazioni ad appesantirgli la gabbia toracica.
Il ragazzo s'infilò sotto le coperte come si era infilato sotto la sua pelle.
Harry non si girò, ma si limitò a stringere un lembo del lenzuolo fra le dita e a trattenere il fiato in gola, il cuore che batteva all'impazzata.
Si morse il labbro inferiore e tentò con tutte le proprie forze di ricacciare indietro le lacrime, mentre con una mano andava a coprire la stoffa bagnata, implacabile testimone di quelle che gli erano già sfuggite.
Odiava farsi vedere in quel modo da Louis.
Lo odiava, anche se Louis l'aveva ormai visto in tutta la sua debolezza, tutti i suoi difetti, tutte le sue urla.
Quelle che Harry gli aveva scaraventato addosso un paio di anni prima, quando l'altro aveva accettato a testa bassa che gli venisse appioppata una ragazza finta.
I polpastrelli di Louis sfiorarono il fianco di Harry, arpionandolo e tirandolo contro il torace del proprietario.
Harry si diede dello stupido per aver pensato di nascondersi dal suo sguardo, dal suo giudizio, e si odiò per tutte le volte che si era incazzato con l'altro ragazzo, perché Louis stava sacrificando tutto se stesso per il loro rapporto.
E allora si autoconcesse il permesso di piangere per tutti e due, mentre Louis lo stringeva e lo sentiva tremare e serrava le braccia attorno al suo busto ancora più forte.
“L'hai baciata?”
La voce di Harry riempì il silenzio che aleggiava nella stanza, modificando in qualche strano modo la forza di gravità e facendogli percepire tutto il peso del mondo contro la guancia destra.
Che amore del cazzo era, un amore che faceva sbarellare le leggi della fisica?
Harry sospirò, chiudendo gli occhi, perché lui per quell'amore avrebbe combattuto fino alla fine dei suoi giorni.
E ne sarebbe andato sempre fiero, nonostante tutto, perché una cosa del genere non poteva avere nulla di sbagliato.
Non poteva.
“Mai.”
Il sollievo si abbatté sul corpo di Harry, facendolo calmare di botto.
Era Eleanor a baciarlo, non il contrario.
E finché Louis fosse stato lì, contro la sua schiena, a dirgli che non l'aveva ricambiata, che non l'avrebbe mai ricambiata, Harry vedeva ancora una piccola speranza.
La loro speranza.
Louis poggiò le labbra dietro l'orecchio di Harry, lasciandovi un bacio che le telecamere non avrebbero trovato.
Le sue dita andarono a sfiorargli una scapola, provocando in Harry una risatina amarissima, che bruciò a entrambi la gola.
“Cosa?”
“Quando mi trovi in questo stato mi tocchi sempre così, come se potessi rompermi con un soffio di vento, come se non fossi in grado di sopportare tutto quanto,” prese un respiro profondo, reprimendo un singhiozzo, “e forse è vero.”
“Cosa diamine stai-”
“Lou, è vero. Sei tu quello forte, non io.”
Ebbe appena il tempo di finire la frase che subito si ritrovò girato a pancia in su, strattonato contro il materasso, mentre Louis gli si arrampicava addosso e si sedeva a cavalcioni sul suo stomaco.
Per un attimo Harry pensò che avrebbero fatto sesso, lì, così, con le lacrime che gli ustionavano gli occhi e Louis che tremava contro i suoi fianchi.
Rimase senza fiato, nel vederlo per la prima volta dopo il concerto, perché era indubbiamente la cosa più bella che il suo sguardo avesse mai incontrato.
Gli occhi blu di Louis gli scavarono dentro, passando per le sue iridi verdi e arrivando al cervello, ai suoi pensieri stanchi, confusionari, insicuri.
Harry non seppe mai cosa trovò Louis in quel suo ammasso di neuroni, ma, qualunque cosa fosse, lo indusse a circondare con le proprie mani il viso di Harry.
E strinse e spinse, con le falangi e con le cosce, e sembrò quasi che volesse fondersi con lui standogli semplicemente addosso, accanto, innamorato perso, la bussola sul braccio che tornava dal suo veliero.
“Sei la persona più forte e coraggiosa che io conosca, Harold” mormorò Louis, piegandosi in avanti e affondando il volto nel collo dell'altro, spostando i suoi capelli ricci col proprio respiro affannato.
E in quel momento Harry ci credette per davvero, anche solo per un attimo, semplicemente perché voleva esserlo, voleva essere quel ragazzo che meritava di prendere per mano Louis Tomlinson.
O prenderlo per anima, per sguardo, per qualunque cosa fosse concessa loro.
“Quanto peso oggi?” chiese ancora Louis.
Harry ebbe un tuffo al cuore, mentre ripensava a quella giornata orribile, a Eleanor che gli portava via Lou sorridendo alle telecamere, a Zayn incazzato che fumava troppe sigarette e Niall che gli ripeteva che sarebbe andato tutto bene, che non potevano continuare quella recita per sempre, e sarebbe andato tutto bene.
“Quanto un relitto che ha bisogno di lasciarsi andare.”
Il ragazzo deglutì, tremando contro il pigiama di Harry e contro la sua pelle, e lui seppe che si stava staccando di dosso l'orgoglio, lentamente, per poi spedirlo fuori dalla porta di quella stanza d'albergo, dove aveva già lasciato i suoi doveri e le sue maschere.
“Ci pensi tu?”
Harry sentì appena il sussurro di Louis.
E infine lo percepì abbandonarsi al mare, al loro mare, guardando i suoi occhi verdi come praterie, e Harry sorrise nel buio e lo prese, lo strinse contro il proprio torace, recuperandolo velocemente, trascinandolo al sicuro con sé, su una terraferma che era carne e che fremeva, ma che sarebbe andata bene comunque.
“Ci penso io.”

~

Louis Tomlinson incontrava catene diverse ogni mattina.
Erano gli edifici di Chicago, quel giorno, a intrappolarlo, a soffocarlo, a imbavagliarlo per farlo stare zitto.
E lui non poteva fare altro che cercare di rimanere in piedi, anche quando il desiderio di correre da Harry gli faceva prudere le mani, anche quando si impediva di guardare nella sua direzione durante le loro canzoni.
Louis si caricava di obblighi e di doveri e di silenzi e passava le ore a ergersi le mura nelle iridi, a impilarvi mattoni su mattoni, per evitare che qualcuno potesse scorgervi i sentimenti sbagliati.
E poi c'era Harry, Harry che smantellava le sue difese in un istante, che lo disarmava con la sua dolcezza incredibile.
E poi c'era Harry che era amore.
Era il sole, anche quando crollava fra le sue braccia e fra le lacrime e si addormentava addosso al suo avambraccio, contro il suo pugnale, ed Harry si faceva male, ma non si permetteva di cadere.
“L'hai baciata?”
La voce dura del ragazzo dagli occhi verdi lo trascinò via dai propri pensieri, scagliandolo non solo contro la realtà, ma anche contro la sbarra di ferro circondata da decine di cavi.
Le urla dei fan li travolsero in un'esplosione di adrenalina a cui non si sarebbero mai abituati.
Liam fece loro segno di muoversi: sarebbero dovuti essere sul palco a momenti.
Louis fece un cenno in direzione di Payne e poi portò una mano a stringere il polso di Harry.
“Mai.”
Il sorriso che ricevette in cambio di quella risposta lo lasciò intontito per un attimo, e qualche istante dopo, chissà come, si ritrovò all'aperto, con un microfono in mano e a fronteggiare uno stadio intero.
Il tutto con le ginocchia che gli tremavano e il cuore che minacciava di scoppiargli nel petto.
Fantastico. 

~

Si è appena conclusa l'ultima data del tour e Niall sta sorridendo, perché, non che sia tipo da dire qualcosa di estremamente irritante alla “te l'avevo detto”, ma, beh, lui l'aveva detto.
E ha avuto ragione, perché le cose stanno andando bene.
I giornalisti che li hanno aspettati fuori dai camerini potrebbero passarsela meglio, certo, ma al momento non gli interessa molto del loro colorito cadaverico, se deve essere sincero.
Harry gli passa accanto ridendo, scortato da tre bodyguard, e viene sommerso da flash e da domande frenetiche pronunciate da voci concitate, incredule, assettate di informazioni sulla scena a cui hanno appena assistito e che farà sicuramente un gran scalpore.
Harry non risponde; si limita a continuare a ridere e Niall ne è felice, perché è la risata di un ragazzo libero, finalmente.
Louis esce dal camerino subito dopo, scatenando un'altra ondata di luci accecanti e buttandosi coraggiosamente nella massa di microfoni rivolti verso di lui.
“Cosa cazzo sta succedendo?”
Zayn raggiunge Niall e si ferma al suo fianco, trafelato e confuso.
Il ragazzo biondo incrocia le braccia al petto e indica Louis con un cenno del capo.
“Chiedilo a Tommo: è lui che si è buttato su Harry non appena ha visto i giornalisti.”
Zayn sgrana gli occhi, credendo di aver capito male.
“Louis!” grida, sovrastando la marea di voci.
L'interpellato si volta, guardando il migliore amico attraverso la folla, e aspetta l'unica domanda a cui ha intenzione di rispondere quella sera.
“L'hai baciato?”
E allora Louis si lascia scappare un sorriso, mentre l'ennesimo flash gli illumina il volto.
“Ogni dannatissimo giorno.”
  
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