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Autore: Osage_No_Onna    28/06/2015    2 recensioni
[YuGiOh!ZEXAL X Slash:// X Puella Magi Madoka Magica]
Ave popolo di EFP!
Questa è la mia terza storia cross-over e la mia terza what if!
Ma, passando alla trama...
Una misteriosa ragazza viene catapultata ad Heartland City da un Universo Parallelo e perde buona parte dei suoi ricordi. Essa ha con sé una pietra verde dai misteriosi poteri e un ciondolo con un cristallo che, secondo le leggende, corrisponderebbe al "Cristallo della Purezza", una pietra magica di cui si sa poco e nulla... Ad ogni modo, questo accade circa cinque mesi prima dell' inizio di ZEXAL e, durante una notte buia e piovosa, questa ragazza (in punto di morte) viene raccolta da una misteriosa figura mascherata che le offre la salvezza, ma a prezzo molto alto...
Insieme alla ragazza, viene catapultato ad Heartland anche il suo ragazzo, che la vede sparire misteriosamente sparire nel nulla. Tutto ciò causa un cambiamento repentino del suo carattere e una vera e propria "caccia all' uomo" alla quale partecipano anche due Pueri Magi e (ovviamente) anche Kyubey sarà nella partita...
Cosa mai potrà succedere?
Leggete e scopritelo!
Dedicata a Feelings e a Ryoku. Grazie ragazzi!
Genere: Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Cross-over, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '*For my love I'll survive*'
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Chapter 07
I won’t betray our path

 
“… e non si volti indietro più al mio amore
caduto per sua colpa come al margine
del prato cade un fiore che l’ aratro
tocca e va oltre.[1]

Splendido!” Esclamò una vocetta emozionata, la cui padroncina camminava a piedi scalzi sul pavimento appena lucidato della stanza 969, nel Grand Hotel di Heartland City. Sixth, ancora avvolta nella sua deliziosa camicia da notte bianca con le maniche a palloncino, si fiondò in quell’ angolo della stanza che era stato adibito a salotto, ovvero poco meno di tredici metri quadri occupati da un tavolino di un marmo rosato fiancheggiato da un grazioso divanetto biposto, ricoperto da una federa in velluto rosso.
Quest’ ultimo era occupato da Five, che si scostò per fare spazio alla sorellina.
Ella  irruppe come una furia e balzò sul divano con insolita energia, constatò Three alquanto felicemente: il concerto della sera prima era finito poco prima delle due di notte ed era strano che, a seguito di uno di essi, la loro sorellina si svegliasse così energica.
Il minore dei tre Arclight era intento a guarnire una bella torta Red Velvet con una crema che aveva preparato circa mezz’ ora prima, e tra pochissimo l’ avrebbe servita al resto della famiglia, compreso Tron che, come era sua solito nelle giornata festive, di rado si faceva vedere prima delle undici. Le sue mani delicate, nonostante fossero alquanto sporche di burro e farina, riuscivano comunque a servirsi degli attrezzi da cucina con una certa maestria e sollevavano tazze, piatti, vassoi e posate d’ argento senza che nemmeno un oggetto sfuggisse loro.
IV, invece, era già sveglio da un pezzo e alle dieci e mezza del mattino aveva già accettato e vinto due sfide: doveva pur tenersi in forma in vista dell’ imminente Carnevale Mondiale di Duelli! Era rientrato solamente per prendersi una pausa e, visto che l’ ultimo duello che aveva affrontato si era svolto proprio nella zona dell’ Hotel, aveva pensato bene di cogliere due piccioni con una fava: avrebbe ripreso un po’ di fiato e contemporaneamente tenuto d’ occhio i giocatori di Duel Monsters che si aggiravano nei paraggi, così da vedere se ce ne fosse qualcuno abbastanza bravo o straordinariamente fortunato per poter competere con lui. 
I suoi occhi viola lampeggiavano con più intensità del solito mentre si toglieva la giacca e, non appena vide quel fulmine della sorellina catapultarsi sul divano, le fece una smorfia, gesto che fu totalmente ignorato dalla diretta interessata.
Dal canto suo, infatti, VI si limitò a sbadigliare proprio in faccia a Thomas per poi riabbassare gli occhi ancora pesti di sonno sul grosso volume rilegato di pelle blu che teneva tra le mani, contenente la raccolta delle poesie del poeta romano Gaio Valerio Catullo.
Chris vi gettò un’ occhiata interessata: nonostante avesse avuto una formazione scientifica, si dedicasse all’ astronomia non appena aveva un po’ di tempo libero (cosa che, ahilui, capitava sempre più raramente) e dichiarasse di non conoscere granché di letteratura, amava molto leggere e conservava comunque un certo interesse per il latino, rimasuglio dei lunghi anni passati ad apprendere quella lingua indispensabile in ambito scientifico.
Non nutriva un fervido interesse per i neotéroi, al contrario della sorellina, e si ripromise mentalmente di ritrovare la sua copia del “De rerum natura” di Lucrezio per prestarglielo.
“Buongiorno, Sixth!” la salutò allegro Three mentre continuava a stendere la crema sulla sua torta. “Cosa leggi di bello?”
“Il carme undici di Catullo”
cinguettò allegra la ragazzina. “Nonostante il tema trattato sia triste è ugualmente bellissimo.”
“Non tutte le nugae sono allegre, VI.”
proferì Five dall’ alto dei suoi ricordi dello studio della letteratura latina, mai completato con suo sommo dispiacere. “Ne troverai anche di tristi o violente, così come ti capiterà di leggere parti dei carmina docta molto toccanti e componimenti che parlano di politica.”
“Soltanto lei può leggere roba simile!”
esclamò Four beffardo facendo segno a III di portargli un bicchier d’ acqua. “Mi chiedo proprio dove li vai a trovare, questi libri. Il tuo Ikuroh Shintai ti ha già annoiata?” chiese poi, con un tono abbastanza tediato.
 “Sei proprio come Lesbia.” lo prese in giro la sorella minore. “Non è che ti sei ispirato a lei? Oppure sei un suo discendente a nostra insaputa?”
“Che cosa intendi dire, pulce saccente?” si irritò il diciassettenne.
Io la saluto coi suoi mille amanti,
che abbraccia tutti insieme ma nessuno
ama davvero e a tutti uno per volta
rompe la schiena. [2]

Sei tu spiccicato mentre duelli: fai tanto il carino e poi li schiacci come mosche.”
“Figurati! Io non ho niente da spartire con una donna di facili costumi dell’ Antica Roma! Ma che razza di paragoni fai?!”

Il fratello quindicenne, intento a lavarsi le mani, si lasciò sfuggire un risolino: forse il paragone tra Four e la tanto decantata Lesbia (in realtà si chiamava Clodia o Claudia, aveva scoperto dopo accurate ricerche) poteva non essere proprio perfettamente calzante, ma rendeva l’ idea ed anche alquanto efficacemente.
Prevedendo aria di burrasca tra i due fratelli, V cambiò argomento con elegante nonchalance: “Beh, com’ è andato il concerto di ieri?” chiese a Sixth facendole una carezza sulla testa bruna.
“Ah, non l’ avete seguito?” chiese lei di rimando, piegando la testa di lato.
“A dire il vero non tutto.”rispose il ventenne distogliendo lo sguardo. “Tron ha perso definitivamente interesse dopo la tua cattura di Numero 60 e, dal canto mio, ho preferito ritirarmi nelle mie stanze.”
«In definitiva direi bene, ma la canzone che la Murasaki ci ha dato da imparare per il prossimo concerto mi fa dar fuori di matto. Ieri, non appena abbiamo finito, ci ha dato subito una serie d’ impegni per il mese prossimo e ci ha anche detto di ascoltare quell’ aborto. Ci ha detto persino di andare a dormire ascoltandola. “Così vi entra più facilmente in testa”, ha detto. Figuriamoci! Io so solo che se lo ascolto solo un’ altra volta commetto un omicidio. »

Mentre la tredicenne sciorinava nei dettagli tutto quel che la signorina Rumiko Murasaki le aveva detto la sera prima, con tanto di gustose descrizioni dei comportamenti dei vari impiegati o delle sue compagne idol al “grazioso” sermoncino che si erano dovute sorbire, con gran divertimento di tutti e tre i fratelli maggiori, Tron aprì silenziosamente la porta scorrevole della sua stanza, che fungeva non solo da “quartier generale”, ma anche da sala dei divertimenti e camera da letto.
Scivolò non visto nel corridoio, camminando leggero come uno spirito con le sue scarpe di cuoio sul parquet di legno di ciliegio appena lucidato. Fece il suo ingresso trionfale nel salotto proprio mentre III si accingeva a tagliare a fette la famosa Red Velvet, decorata di tutto punto e per la quale aveva pensato bene di tirare fuori i vecchi piattini di porcellana
e l’ argenteria, che aveva provveduto a lucidare due giorni prima.
“Buongiorno a tutti!” esclamò in tono particolarmente gioviale. “Vi voglio pronti, aitanti e combattivi: domani inizia il Carnevale!”
“Yay…”
esclamò annoiata Sixth, mentre il resto dell’ uditorio si limitava ad esibire un sorriso di circostanza alquanto tirato.
“Ma tu guarda la nostra Sixth, da quando hai cominciato a fare dello spirito?” la riprese sarcasticamente il bambino con la maschera privando Five della sua razione di dolce.
III non lo rimproverò, impossibile farlo, ma si limitò a tagliare un’ altra fetta di torta, più grande di quella che Tron aveva trafugato, e a servirla al fratello maggiore.
“Three, Four, Five, questi sono i vostri frammenti di cuore, sapete già come procedere.” Proseguì poi, lanciando loro un frammento di gemma rossa. “Per quanto riguarda il tuo, VI, te lo consegnerò a fine giornata. Prima faremo un po’ d’ allenamento io e te, in modo da poter sfruttare il tuo nuovo Numero al massimo.  E, dato che sei sempre stata alquanto refrattaria al Duel Monster, ci toccherà fare qualcosa d’ intensivo. Ovvero, ci alleneremo tutto il giorno.” concluse, con uno strano ghigno che gli deformava il volto.
I quattro fratelli si scambiarono uno sguardo preoccupato.
“La ucciderà!” bisbigliò Three inorridito, lasciando cadere la spatola che aveva in mano.
Sixth però non si azzardò a protestare.
Il gran momento era arrivato e lei sapeva bene che da quel giorno in poi non avrebbe dovuto fare altro che obbedire agli ordini con precisione e prontezza, senza fare obiezioni, ritardi o capricci, che non avrebbero prodotto altro che sgradevoli inconvenienti e, di conseguenza, ritardi, se non qualcosa di più grave.
Fino a qualche tempo prima avrebbe protestato energicamente se le fosse stato imposto di partecipare al Carnevale Mondiale di Duelli e, in parte, continuava a reputare quel tipo di vendetta basato su mostriciattoli, carte, mosse e contromosse perfettamente inutile.
Aveva sperato a lungo di poter contribuire in modo diverso a riportare la pace nella sua famiglia, magari in un ruolo ugualmente utile, ma che le avesse consentito di passare in secondo piano, senza essere coinvolta in quelle stupidaggini… ma invano.
Aveva stretto un patto, dopotutto.
Di Tron si poteva dire di tutto, ma non che non fosse vendicativo e testardo: quando si metteva in testa qualcosa non c’ era nulla che potesse fermarlo e pretendeva obbedienza assoluta da tutti.
Si era ben presto rassegnata, così si limitò ad assentire timidamente di fronte all’ ordine del padre.
Five alzò un sopracciglio in segno di disapprovazione: la sua sorellina era sì brava a sostenere gli sforzi, ma a lungo andare questo avrebbe influito negativamente sulla sua salute. Se poi avesse fatto davvero quel che Tron le aveva ordinato, probabilmente le sue capacità avrebbero subito un grosso calo e per i prossimi giorni aveva bisogno di tutte le sue energie. Questa decisione si rivelava alquanto rischiosa.
Si ripromise quindi di fare una bella chiacchierata con suo padre per convincerlo a ridurre le ore di tirocinio per la sua amata ultimogenita.
“E questo è quanto volevo dirvi. Sixth, con te facciamo i conti tra mezz’ ora.”
L’ uditorio si alzò lentamente da tavola. A V fu ordinato di preparare tutto l’ occorrente per la simulazione dei duelli in uno stanzino angusto adiacante a quello di Tron, solitamente inutilizzato, immerso nella penombra e ricolmo di ragnatele.
VI trascinò i piedi, che le sembravano pesanti come due ganasce, fino al bagno; mentre III e IV si diressero in cucina, l’ uno per riordinare e l’ altro per servirsi l’ ennesimo bicchier d’ acqua in quella mattinata.
“Le cose si stanno mettendo proprio bene per la nostra pulce.” Commentò Four sarcastico, la schiena poggiata contro la parete e la camicia, che era rimasta opportunamente chiusa per l’ arrivo di Tron, mezzo sbottonata.
“Direi.” Gli rispose il fratello quindicenne inquieto, mettendosi un grembiule da cucina che aveva l’ aria di averne passate di cotte e di crude. “Probabilmente stasera le toccherà fare anche il secondo rituale.”
“Come, un secondo rituale?! Uno non basta?!”

Three continuava a rassettare la cucina con sveltezza e abilità, passando da una parte all’ altra della sala, mentre gli rispondeva con queste parole: “Già, un altro. Se quella famosa notte avessi seguito tutto il discorso d’ apertura avresti sentito che il primo rituale ha impiantato in Sixth soltanto uno stemma per così dire provvisorio. Quello che ha nostra sorella non contiene nemmeno la metà dei nostri poteri, Four.”
“Interessante… e il resto?”
«Tron disse anche che le avrebbe donato quello “definitivo”soltanto qualora avesse acquisito un buon Numero ed, ovviamente, anche molta pratica di Duelli.”
“Non vorrei proprio essere nei suoi panni.”
Concluse Four, il volto contratto da un’ espressione metà contrita e metà disgustata. “Il primo rito è stato un calvario. Con il secondo non solo potrebbe vedere le stelle, ma anche raggiungerle, se qualcosa va storto…”
 
Dietro di lui, un gattino dagli inquietanti occhi rossi e con due lunghe escrescenze inanellate che nascevano all’ interno delle orecchie agitò la lunga coda soddisfatto. Se l’ espressione innaturalmente sorridente che era stampata su quel muso avesse potuto cambiare, forse avrebbe fatto un ghigno soddisfatto.
Aprì con una zampa la finestra a ghigliottina e s’ intrufolò dentro l’ Hotel, non visto da nessuno dei tre fratelli, troppo impegnati a confabulare o a sistemare astruse apparecchiature elettroniche.
Da un’ altra stanza di levò un mugolio sommesso che solo lui poté udire.
Zampettò lungo il corridoio e, quando il bel profilo dell’ ultimogenita Arclight gli si stagliò davanti agli occhi, piegò il capo e svanì nell’ oscurità, chiedendosi mentalmente che fine avessero fatto i suoi due sciocchi sottoposti.


***
Stephan Hawkeye, in T-shirt verde, jeans blu-indaco scolorito e sneakers in tinta, canticchiava “Dans ma rue” di Edith Piaf seduto su un’ alta sedia di legno.
Aveva una voce forse un po’ bassa, ma piena e melodiosa, che si alzava o abbassava di tono a seconda dell’ emozione che voleva trasmettere e mentre cantava osservava con un certo interesse un trio di amici intenti a trafficare vicino ad un grosso quadrante d’ orologio completamente vitreo.
Tra di essi c’ erano anche il suo inseparabile compagno di scorribande, Muhammad Ahmed Sahi, nella sua solita tuta rossa con abbinate scarpette da ginnastica rigorosamente bianche, e Tomoya Shizenyuuki, le cui gambe snelle sembravano navigare in un paio di pantaloni arancioni talmente larghi che, indossati senza scarpe, potevano perfettamente pulire un pavimento troppo impolverato.
Insieme ad un’ altrettanto larga maglietta gialla a maniche corte, una fascia decorata con delle foglie ,chiusa grazie ad una spilla sopra alla spalla destra, ed un paio di sandali di cuoio, la tenuta del ragazzo costituiva una versione più giovanile ed allegra del tipico costume tradizionale tibetano, nonché l’ abbigliamento che era solito adottare quando si trovava ancora nella loro dimensione.
Assieme a loro c’ era anche una ragazza: era alta, ossuta e slanciata e la sua pelle giallastra tradiva origini cinesi.
Il colore degli occhi, di un bel verde scuro, creava un bel contrasto con il loro taglio allungato incastonato nel visetto ovale, insieme alle labbra carnose ed un grazioso nasino all’ insù. La sua lunga massa di capelli neri era tenuta stretta in una coda bassa e portava un paio di orecchini costituiti da una semplice perlina azzurra.
Era vestita alquanto semplicemente: una maglia gialla dalle maniche larghe con motivi a spirali verdi e viola, un largo pantalone viola scuro fermato alle caviglie da due elastici e un paio di ballerine nere.
Sulla sua spalla destra un piccolo cincillà a righe viola, magenta e bianche seguiva con interesse tutta l’ operazione e, di tanto in tanto, si azzardava a “commentare” qualche passaggio.
“Potete spiegarmi dove avete trovato questo marchingegno?” chiese perplesso l’ australiano aggrottando le sopracciglia, quasi avesse visto soltanto allora l’ enorme macchinario intorno al quale i tre ragazzi stavano sudando da circa mezz’ ora.
“Per la terza volta, l’ ho trafugato dalla Heartland Tower.” Gli rispose Tomoya alquanto seccato, continuando ad armeggiare con il cacciavite che aveva in mano. “Certo che, piuttosto che stare lì a fischiettare inutili canzoncine, potresti pure venire a darci una mano!”continuò ancora più irritato, vedendo che l’ amico continuava ad ignorare il loro lavoro osservandoli con aria divertita
“Ma come stai?!”lo riprese Muhammad sconcertato. “Se avessimo saputo che saresti cambiato tanto radicalmente non ti avremmo certo permesso di aggirarti in questa città tanto a lungo, anzi ti avremmo riportato a Firenze tirandoti per i capelli!”
“ È esattamente quello che gli ho detto anch’ io l’ ultima volta che ci siamo visti.” Assentì Chen, la ragazza, con un secco cenno del capo, mentre regolava le grosse lancette di vetro a forza di spinte. Come i tre ragazzi, anche lei non apperteneva a quella dimensione, ma era giunta dal passato per riportare la ragazza dispersa laddove era nata: era stata la prima, tra la compagnia dei cinque ragazzi, ad accorgersi dell’ improvvisa sparizione e rapida come un fulmine aveva radunato tutti gli altri.
Si sarebbe offerta volontaria per risolvere tutto quel pasticcio, se soltanto il tibetano non si fosse fiondato come un pazzo a recuperare la sua anima gemella non appena riucevuta la notizia… quindi le era toccato raggiungerlo e cercare di rimettergli un po’ di sale in zucca, nonché raccogliere informazioni sulla strana città in cui erano capitati.
Informazioni che poi trasmetteva a Paula, la spagnola, che faceva da spola tra i due mondi e che, di tanto di tanto, faceva una capatina ad Heartland City per informare a sua volta coloro che erano rimasti nell’ altra dimensione.
Lei si era stabilita in quella città una settimana prima dell’ ingresso di Tomoya nella nuova scuola, ma, per quanto le potesse riguardare, non aveva intenzione di fare lo stesso: si era installata da clandestina in un piccolo motel vicinissimo a quello del ragazzo e, da quando lui aveva iniziato a frequentare l’ Heartland Academy, si vedevano regolarmente ogni pomeriggio per organizzare un piano strategico da mettere in atto quando, finalmente, si sarebbero riuniti tutti quanti e per trasmettere alcuni dati, visto che nel suo alloggio di wi-fi non se ne poteva proprio parlare e le seccava scroccare continuamente la connessione dai bar appositi.
“Vi prego, due capate di capo in una settimana, immeritate del resto, non riesco proprio a digerirle.” Intervenne il diretto interessato ancora più seccato.
Avesse potuto, probabilmente avrebbe preso a colpi di vanga tutto il mobilio della sua camera, scelto ed organizzato in modo da ricordare quanto più possibile quella che aveva laggiù a Kangmar, a casa sua.
Immeritate proprio non direi, testa di rapa.” Lo riprese Stephan, scettico. “Ma lasciamo perdere. Piuttosto… tutte quelle piante non ti rubano l’ ossigeno mentre dormi?”
L’ attenzione di tutti si spostò verso gli innumerevoli bonsai del novello Number Hunter, che occupavano l’ intera lunghezza di un grosso comodino in legno di cedro. Pur essendo degli alberelli in miniatura, perfettamente corrispondenti all’ immagine che evocano, non avevano quell’ aspetto martoriato che, invece, caratterizzava la maggior parte di essi: tutto merito delle amorevoli cure del loro possessore, il quale sembrava talvolta tenere più alle sue beneamate piante (oltre ai bonsai aveva un grosso vaso pieno di rododendri argentei e varie piantine di serratula alpina sparse un po’ ovunque) che ai suoi amici.
“Niente affatto, ci sono abituato. Sai bene che a casa mia ne avevo molte di più. Io amo le piante…”
“Perché lui è un rude contadino, eh, mica come voi stupidissimi cittadini che amate soltanto la puzza dello smog.”

Moon, appesa per i piedi ad uno strano scacciapensieri in legno che pendeva dal soffitto, teneva le braccia incrociate quando interruppe annoiata il suo protetto.
Aveva seguito tutte le beghe di quegli umani con un certo interesse osservando non vista ogni singola parte del quadrante di vetro, dalle grosse lancette, ai numeri romani che vi erano incisi, ai grossi ingranaggi che pur essendo fatti del medesimo materiale dell’ orologio erano perfettamente visibili.
Non aveva conosciuto nessuno dei tre ragazzi ma le fecero subito una buona impressione, specie Chen che aveva l’ aria di essere parecchio assennata.
“Moon, sei sempre simpatica come un calcio negli stinchi.”la schernì lui.
“E questa chi è? Un’ aliena?” chiese Muhammad guardando l’ Astrale con un misto di stupore e simpatia.
“Prego, io sono un’ Astrale DOC!”si offese Moon sentendosi dare dell’ “aliena”.
“E che cosa cambia?”
“Che i vostri stupidissimi alieni sono frutto della vostra fantasia e, qualora esistessero, potrebbero anche essere semplicemente dei dati fluttuanti nello spazio, noi invece siamo esponenti di una civiltà antichissima e cento volte migliore e più moderna della vostra!”
“Ah, ma davvero? E se stavi tanto bene nel tuo fantomatico mondo, allora perché sei venuta qui, in mezzo ai pezzenti?”

Fare conoscenza con il sudafricano si riverlò un’ impresa laboriosissima per Moon. Muhammad Ahmed Sahi aveva un carattere allegro ed ottimista, da vero buontempone, ma se veniva stuzzicato ricorreva praticamente sempre ai suoi assi nella manica: l’ ironia ed il sarcasmo. Come riuscisse a farla franca rimaneva un mistero persino per i suoi conoscenti, sta di fatto che gli amici gli perdonavano praticamente tutto e riusciva sempre a farsi benvolere.
E solo con loro il ragazzo rivelava il suo lato responsabile e, a volte, protettivo.
Una mezz’ oretta dopo, infatti, l’ Astrale si decise a sorridergli e pensò che, nonostante fosse alquanto strambo, avrebbe potuto combinare gran bei progetti insieme: avevano entrambi una ferrea volontà e un’ energia vulcanica, nonché lo stesso irrefrenabile desiderio di conoscere il mondo.
Si ripromise inoltre di sgattaiolare, qualche sera, fuori da quella stanza angusta e di seguirlo in quelle che lui chiamava “battute di caccia”: il nome non suonava molto divertente e magari avrebbe potuto mettersi nei guai, ma quantomeno avrebbe visto qualcosa di nuovo e… chissà? Avrebbe anche capito qualcosa di quel mondo strano, ancora nuovo ai suoi occhi inesperti.
“Quindi anche lei è arrivata qui da un’ altra Dimensione, eh? Magari potrà darci una mano, se è esperta di questo tipo di… ehm… viaggi.”
La voce della ragazza cinese la distolse.
La fissava con una certa intensità, ma senza alcuna traccia di sentimenti negativi.
Solo una traccia di pensosità, che non intaccava in alcun modo l’ espressività dei suoi bellissimi occhi.
Perché quei ragazzini erano tutti così seri e compassati? Quelli del Mondo Astrale (o almeno quelli che aveva conosciuto) erano allegri e terribilmente vivaci, correvano avanti e indietro, giocavano per strada ad ogni ora del giorno e, alla meglio, tornavano a casa con entrambi i gomiti sbucciati, non stavano un secondo zitti e si davano alla pazza gioia non appena si presentava loro l’ opportunità di poter passare qualche ora senza genitori e senza obblighi.
“Dubito che ne sappia più di noi, Chen. Me la sono ritrovata per caso davanti non appena sono arrivato qui. Mi ha promesso che, ritrovando un certo oggetto, mi avrebbe aiutato, ma per ora più che altro mi è d’ intralcio.”
Tomoya raccontò brevemente agli amici ignari cos’ era successo durante quella che lui definì “la notte fatale”(definizione che a Muhammad sembrò troppo romanzata e tirata per i capelli) ignorando deliberatamente le varie smorfie che Moon faceva di volta in volta mentre tentava di staccare il proprio piedi dallo scacciapensieri.
“Ma tu guarda!” esclamò divertito Sahi alla fine del racconto. “E bravo il nostro Tomoya, che ha stretto una sorta di patto con il diavolo e nemmeno ce lo dice. Che fegataccio!”
Sembrava aver preso tutto quel che aveva passato l’ amico per un gioco infantile.
“Diavolo a chi?!” s’ inalberò di nuovo l’ Astrale.
Nessuno dei due si era minimamente accorto che, mentre il tibetano parlava, Stephan aveva coraggiosamente preso in mano pinze, tenaglia e cacciavite ed aveva cominciato ad aiutare Chen, che preferiva dedicarsi ad una sola cosa per volta ed i cui pensieri erano completamente rivolti alle componenti elettroniche da assemblare.
Tanto prima o poi l’ amico le avrebbe di nuovo bombardato le orecchie con i suoi dubbi, le sue ansie e i suoi tormenti, per cui via di nuovo con le parole dolci e incoraggianti e i soliti discorsi sul concetto “duro come la roccia, ma flessuoso come il salice” ed altre baggianate simili, pensava.
Era una tipa d’ azione, lei!
Non vedeva l’ ora di mettersi in contatto con Isaia, Matilde, Paula e il Cobra per dire loro che il progetto era quasi ultimato.
Tirò un sospiro di sollievo: la vera azione ed “Il vero divertimento”, per dirla con le parole di Muhammad, sarebbero iniziato soltanto quando il resto della banda si fosse riunito a loro.
Mentre loro in quella stanzetta, lavoravano al passaggio ultra-dimensionale (ed erano quasi giunti al termine), gli altri facevano la propria parte allenandosi nel Duel Monsters, creandosi dei mazzi decenti e creandosi degli alter ego dettagliati, in modo da passare inosservati.
Certo, il Carnevale Mondiale di Duelli sarebbe iniziato soltanto l’ indomani e probabilmente nessuno degli altri tre amici aveva raggiunto una preparazione tale da poter arrivare quantomeno alle semifinali, ma ci avrebbero pensato loro.
E poi il loro obiettivo era ritrovare Yumiko, per cui quella dei duelli non era certo l’ unica strada da battere. Grazie all’ aiuto di John Snake, alias il Cobra, che aveva una certa esperienza in trame che, se non potevano definirsi malefiche, erano quantomeno efficaci ma nascoste agli occhi dei più, il compito sarebbe stato cento volte più facile.
“Ehi, ragazzi, nel caso non ve ne foste accorti qua abbiamo finito!” esclamò Stephan, riportando gli altri due alla realtà.
“Splendido!” sorrise Tomoya per la prima volta dopo mesi. “Il computer è già acceso e connesso, dobbiamo solo aspettare che gli altri siano in linea…”
Non fece neanche in tempo a finire la frase che un sono pling annunciò l’ apertura di una finestra e tre facce familiari si stagliarono davanti a loro.
“Ragazzi, ci sentite?” chiese Muhammad emozionato.
Risponde la segreteria telefonica della signorina Paula Hernandez. L’ utente da lei ricercato è momentaneamente occupato o assente, registri il suo messaggio dopo il segnale acustico.” Rispose una simpatica ma nasale vocetta femminile, il cui viso era contratto nel migliore sorriso “da receptionist ” che i quattro ragazzi e l’ essere Astrale avessero mai visto. “Certo che ci siamo, ma che razza di domande fate?”
Paula si faceva finalmente sentire e non era cambiata per niente: simpatica, allegra e pronta all’ azione, nonché dichiarata avversaria delle domande stupide e/o retoriche.
Benvenuto nel nostro villaggio, se ha qualche problema non esiti a chiamarci.” La prese in giro Muhammad, imitandone il sorriso di gomma e la voce. Nonostante se ne fosse burlata per secoli definendola “Cesto di Carote” in riferimento all’ estrosa acconciatura, voleva molto bene alla spagnola ed era molto felice di rivederla, anche se solo “virtualmente”.
“Sì, ci siamo. Come procedono i preparativi?”
La voce calma del losangelino Isaia, i cui grossi occhiali come al solito cascavano dal naso, riportò la serietà. Fece un piccolo balzo sulla sedia non appena vide Chen, il suo amore non tanto segreto, sorridergli da dietro la sedia di Tomoya, ma si ricompose subito dopo.
“Manca davvero pochissimo: il portale si aprirà tra dieci minuti.” Gli rispose Stephan passandosi il polso destro sulla fronte. “John è lì con voi?”
“Sono andata a chiamarlo io poco fa, ci raggiungerà a breve.”
Li informò Matilde, gentile e premurosa come sempre.
“Speriamo che non faccia tardi!” Intervenne Chen, visibilmente esaltata.
“Figurati, sai quant’ è preciso.”
“Infatti, quando si tratta di propositi di vendetta, è talmente puntiglioso che dovrebbe entrare nel Guinness dei Primati.”

Una sonora risata riecheggiò da entrambe le parti.
“Avete la pietra con voi?” chiese Tomoya apprensivo.
I tre interlocutori sventolarono i loro frammenti di pietra verde, molto simili a quello che VI nascondeva tra pieghe del suo vestito.
“L’ attrezzatura?”
Altra risposta positiva.
“E siete riusciti a procurarvi i costumi?”
Ennesimo assenso.
Un uomo anziano in abbigliamento decisamente formale (camicia, gilet, pantalone fresco fresco di sartoria e scarpe di cuoio) e i lunghi capelli grigi che gli svolazzavano dietro li raggiunse in fretta ed i suoi profondi occhi verdi si unirono alla conversazione.
Al collo penzolava la stessa pietra che avevano i ragazzi.
“Due minuti!” esclamò Muhammad agitatissimo.
“Ma ci pensate a cosa avremmo dovuto fare se non avessimo avuto questo gioiellino?” chiese Paula accarezzando orgogliosa il suo frammento di pietra verde.
“Una faticaccia immane, per arrivare lì.” Le rispose Isaia con una faccia che mostrava ancora tracce del suo antico scetticismo.
“Non avremmo vissuto le avventure più belle della nostra vita…” aggiunse Matilde, rievocando i vari momenti, belli, tristi o paurosi che fossero, vissuti l’ anno prima insieme a quelli che erano diventati i suoi migliori amici.
“Un minuto!”
“Non ci avreste mai conosciuti…”
intervenne Stephan, riferendosi non solo a lui stesso, ma anche a Muhammad e a coloro che cercavano.
“…E magari non vi sareste cacciati in questo pasticcio.” Lo zittì il Cobra con un’ espressione fin troppo accigliata.
“Trenta secondi!”
 “Oh certo, ma in fondo anche questa potrebbe rivelarsi una fantastica avventura, no? Potrebbe avere dei risvolti positivi.”
ribatté Matilde scuotendo la testa, cercando di prendere la cosa con filosofia. La realtà era che si sentiva terribilmente agitata.
“Senza contare che in fondo lo facciamo per una nostra amica.” La spalleggiò la cugina con la sua solita energia. “Ha riposto la sua fiducia i noi, non possiamo tradirla.”
“Né permetterci di perderla.”
Concluse il tibetano serissimo.
“Dieci secondi!”
Il conto alla rovescia era cominciato.
Una scarica di adrenalina scosse contemporaneamente tutti gli otto corpi.
Le pietre furono tenute altre dai corrispettivi proprietari.
Gli altri scutavano con ansia le lancette del quadrante di vetro, che sembravano muoversi alla moviola.
Cinque secondi e una piccola scintilla verde cominciò a fare capolino dallo schermo.
Quattro secondi e i corpi di coloro che si trovavano a Firenze cominciarono a sollevarsi dal suolo.
Tre secondi e il bagliore continuò ad aumentare d’ intensità.
Due secondi e gli amici ad Heartland City si presero per mano, quasi a volersi rassicurare, mentre Moon sgranava gli occhi per lo stupore.
Un secondo e il bagliore si mutò in una luce accecante.
Poi ci fu un grosso lampo e tutto piombò nell’ oscurità.  






[1] e [2]: Catullo, Carme 11 (traduzione di E. Mandruzzato).





Angolo dell' Autrice
Osage_No_Onna, precedentemente nota come PuffballOtaGirl, rientra in pista.
Sì, dopo un anno. *sigh*
Avete presente quei capitoli che somigliano più a dei parti, dato il tempo e la fatica impiegati per tirarli fuori?
Ecco, il capitolo sette appartiene a questa categoria.
E tra macchinazioni, allenamenti, congetture e pseudo-viaggi interdimensionali, comincia qui la parte più bella della storia.
Riuscirà Five a convincere Tron?
E Sixth, riuscirà a scampare a quella sfacchinata immane?
Cos' ha in mente Kyuubey e perché gli interessa tanto l' ultimogenita Arclight?
Quei quattro poveri cristi riusciranno davvero ad arrivare ad Heartland City?
Spero che l' ispirazione non mi abbandoni di nuovo, in modo da pubblicare il prossimo capitolo quanto più presto possibile!
Mi raccomando, recensite e lasciate i vostri pareri!
See you!
- ONO


 
   
 
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