Il
Lupo
Non
sono i giorni il vero problema.
Di
giorno, basta correre. Con il vento tagliente sulla
faccia e nelle orecchie e un ciuffo di capelli sfuggito alla sua
treccia stretta
che le finisce in un occhio, e le redini strette nelle mani
finché le nocche
sbiancano e i palmi bruciano, e il fiato bloccato nella gola, e il
sangue che
bolle e poi gela nelle vene. Basta correre e ignorare il ringhio basso
e cupo
del Lupo dietro di lei - basta non pensare al rumore che farebbero i
suoi denti
candidi chiudendosi sulla sua gola morbida e fragile, spezzando carne e
muscoli
e tendini e ossa con la facilitŕ con cui la sua mano
spezzerebbe un ramoscello.
Basta non
pensare.
Il
Lupo rimane un’ombra scura nella coda dell’occhio,
ma Sól
puň scegliere di non guardarlo. Come non lo guardano coloro
che vedono il cielo
ogni giorno ma sempre e solo dalla loro terra, da Midgard o Asgard o
Vanaheim o
da qualsiasi altro luogo. A volte si chiede se lei sia
l’unica a vederlo - Sköll
č il suo
Lupo, in fondo. Destinato a lei sola come Hati č destinato a
suo fratello, fino
alla fine dei Mondi. Si č chiesta spesso se fosse un trucco
degli dei anche
quello, un’ultima punizione per un padre troppo orgoglioso e
due bambini troppo
amati. Forse č proprio per questo che loro non hanno mai
nemmeno provato
ad aiutarli, a forgiare nuove catene
sottili e scintillanti come quella con cui hanno ingannato il figlio di
Loki.
O
forse - forse č davvero
l’unica a vedere il Lupo. Forse il Lupo non
c’č. Forse la sua corsa senza fine
l’ha fatta impazzire.
Non ha
mai avuto il coraggio per fermare il carro, per
voltarsi e controllare.
Basta non pensare.
Non
sono i giorni il vero problema. Il problema sono le
notti.
Č
solo di notte che il carro si ferma. Č solo di notte che
il suo dovere č compiuto, e insieme ad esso la sua
punizione, e lei puň mendicare
un letto in cui riposarsi prima di riprendere la corsa - gli dei le
hanno
offerto una sala, una volta, una sala grande e larga di legno e
d’oro da dividere
con suo fratello. Né lei né Mani vogliono tornare
ad Asgard. Né lei né Mani
potrebbero mai chiamare quella sala sfarzosa casa.
Č
solo di notte che Sól non
puň non pensare. A
suo fratello, ancora lŕ fuori perché adesso
č il suo
turno di correre, di stringere le redini nelle mani e di scappare dalle
ombre e
di aver paura. Al Lupo destinato a Mani, le fauci piene di denti
bianchi che si
aprono nell’oscuritŕ e forse una notte si
chiuderanno attorno un braccio o una gamba
o a tutto il suo corpo, ingoiandolo in un sol boccone. Alla fine,
perň, pensa sempre
al suo
Lupo - e talvolta lo sogna.
Sköll
non la insegue, nei suoi sogni. La guarda e basta, in
silenzio, con occhi brillanti e attenti e - Sól ne
č certa - beffardi.
- Non
ho paura - gli dice Sól, perché lei
puň ancora
correre. Ha giŕ corso cosě tanto e
cosě a lungo, non si fermerŕ ora. Ha
scoperto strade segrete nei cieli del nord e del sud, poi ne ha create
di
nuove. Ha resistito al terrore e alla stanchezza, ha bruciato
d’odio e di
dolore, ha alzato la testa davanti all’ingiustizia e stretto
i denti e le dita
per sconfiggere il fato. - Ti sono sfuggita per mille e piů
giorni e ti sfuggirň
ancora un altro giorno, e poi un altro, e poi un altro, e poi ... -
E poi
le viene da ridere, e subito dopo le viene da piangere.
E trema, con gli occhi che bruciano e il respiro veloce e rotto, trema
sotto lo
sguardo luminoso e crudele del Lupo che il suo destino o forse gli dei
le hanno
dato.
E
Sköll ride con lei - č come il rombo di un tuono
prima che
inizi la tempesta, č un suono che striscia sotto la carne e
s’infila nelle ossa
e pian piano gocciola nel sangue. Sól non smette di tremare
ma lo guarda dritto
negli occhi, aspettando le parole terribili che conosce giŕ.
- Hai
avuto fortuna per mille e piů giorni e forse
l’avrai
ancora - le risponde il suo Lupo mentre la sua risata le riecheggia
ancora
nelle orecchie, la voce bassa e ruvida serena, quasi contenta: - A me
invece
basterŕ avere fortuna per un solo giorno. -
Un solo giorno,
e
poi Sól si sveglia nel buio, con la bocca aperta come per
urlare e immagini di
cieli senza stelle e di fuochi troppo brillanti
nell’oscuritŕ dipinti dietro le
palpebre. L’odore del sangue - il suo? O quello di Mani? - le
riempie ancora il
naso. Ha poco tempo per asciugarsi il sudore dalla fronte e le lacrime
dalle
guance, e per calmare il suo respiro e infilarsi di nuovo le vesti.
Suo
fratello ha bisogno di riposo. E la corsa deve
continuare.
NdA:
Scritta
per Pratchettando
- Buon
Compleanno, Pseudopolis!
Prompt: http://furieosa.tumblr.com/post/114592890569