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Autore: Lovingit    29/06/2015    5 recensioni
"Ho diciotto anni da due settimane, una vita sociale inesistente, sono depressa, vivo la mia vita tra casa e ospedale e il mio fegato è andato. Come se non bastasse il mio dottore mi ha abbandonata, lasciando letteralmente la mia vita nelle sue mani. E Dio solo sa se non preferirei affidarla al diavolo in persona."
Dal primo capitolo: "Cercherò di essere più chiaro: ci sono due tipi di pazienti. Il primo tipo: quelli rassegnati, le vittime quelli che ormai non sentono più nulla. Il secondo tipo è quello degli incazzati- non potevo credere che avesse appena usato una parolaccia -che ti attaccano per ogni cosa- dice per poi sedersi sul mio letto, con mio enorme disgusto -Per quanto mi riguarda non sopporto nessuno dei due tipi ma se possibile sopporto ancora meno quelli incazzati che però non reagiscono"
Questa è la storia di una ragazza rassegnata e di un uomo fin troppo duro. La medicina non è mai stata più amara.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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POV LEAR CROW

Svegliati. Lavora e ricomincia. 
Allontanali, chiudi gli occhi, ignorali e respingili. 
-Buongiorno dottor Crow- ascolto distrattamente l'infermiera di cui non ricordo nemmeno il nome, le faccio un cenno col capo aspettando, come ogni mattina, che mi passi i risultati degli esami dei pazienti. Batto nervosamente il piede in terra e per poco non le strappo di mano i fascicoli quando me li porge. Lei non batte ciglio: tutti hanno imparato a convivere con il mio carattere ma ciò non vuol dire che lo sopportino, per questo si allontana borbottando lasciandomi solo. Scorro nervosamente i fogli: questo non mi interessa, inutile, ma dove diavolo è...
Quando trovo il risultato tanto atteso e lo leggo, deglutisco rumorosamente. "Allontanali...respingi".
Mi guardo attorno sicuro di trovare il mondo attorno a me crollare, eppure non è così: tutti sembrano normali, come se non fosse successo nulla ed io sono l'unico a disgregarsi.  
Non può essere vero. Può la vita essere tanto crudele con una persona sola? 
-Ehi Crow!- Sobbalzo quando sento un'amichevole pacca sulla spalla, è Topher di radiologia. Mi costringo a guardarlo in faccia facendo una smorfia che vuole sembrare un sorriso.
-Topher- lo saluto -posso fare qualcosa per te?- Domando impaziente di togliermelo di torno. 
-Crow mio Dio! Per te ogni cosa ha un secondo fine! Rilassati: ti stavo solo salutando- dice con quella sua aria da burlone che mi fa accapponare la pelle tanto da decidere di non rispondergli.
-Stai bene Crow?- Mi domanda un po' più serio accorgendosi della mia espressione.
Volto il capo facendo un sorriso amaro.
-No- gli rispondo andandomene senza degnarlo di uno sguardo; quando raggiungo il mio studio ho il battito accelerato, sto sudando freddo...la conosco questa sensazione, la sensazione che mai nella mia vita avrei voluto riprovare. Riprendo il foglio e lo rileggo sperando che sia cambiato qualcosa:
"Paziente Maxwell Cornelia Stone...situazione irreversibile...necessario trapianto immediato" 
Lo accartoccio e lo lancio contro il muro, mi porto le mani tra i capelli iniziando a girare per la stanza come un cavallo impazzito e quell'infame sensazione di essere impotente ritorna con la stessa potenza di un pugno allo stomaco. Deve esserci qualcosa che posso fare! Non può succedere adesso, non un'altra volta ma soprattuto non lei...non Max. 
-No!- Urlo e, in preda alla rabbia, lancio in terra tutto ciò che si trova sulla mia scrivania per poi passare alle mensole. Mi devo fermare quando noto del sangue scorrere sulla mia mano: ho il respiro affannato e probabilmente mi sono tagliato con qualcosa di appuntito a giudicare dalla profondità della ferita. Sono costretto a medicarla e, quando raggiungo la stanza dove teniamo garze e disinfettante sono quasi sicuro di essere stato notato da diverse persone e ne ho la certezza quando, dopo essermi fasciato la mano, mi ritrovo davanti il direttore.
-Parliamo Crow, ti va?- Mi dice cupo. Annuisco e sono costretto a seguirlo.

-Allora, cosa sta succedendo?- Non faccio in tempo a chiudere la porta del suo ufficio che già inizia l'interrogatorio. 
-Nulla. Assolutamente nulla- rispondo mettendomi seduto su una delle sedie davanti a lui. "Respira, mantieni la calma"
-Nulla?- Ripete lui non convinto -Senti sarò franco: sei un eccellente medico, tra i migliori che abbiamo ma ora mi sento dire che sei strano, che hai praticamente distrutto il tuo ufficio e non mi spiego il perché- 
-La ringrazio- dico sorprendendolo -per la cosa sul medico eccellente- mi spiego -per quanto riguarda il resto posso solo giustificarmi dicendo di essermi svegliato male- concludo tranquillo.
-No: sei sempre stato posato, oserei dire una macchina ed ora esplodi così...senza motivo- 
Devo concederglielo: è intelligente e mi ha inquadrato abbastanza da rendermi difficile uscire da questa situazione. 
-Non starò qui a cercare di convincerla: mi sono svegliato male, sono nervoso. Ecco. La. Sua. Spiegazione- dico livido scandendo ogni parola. Il direttore mi guarda attento.
-Senti ti ho visto così solo un'alta volta e...-
-Le sarei grato se non ne parlassimo- taglio subito ogni sua volontà di conversazione.
-Va bene...va bene- ripete ormai rassegnato -ma Crow- mi richiama -se c'è qualcosa che posso fare per te, ti basta chiedere e vedrò di aiutarti- 
-Sì- borbotto lasciando il suo studio.   
Chiudo la porta alle mie spalle e mi ci appoggio chiudendo gli occhi e prendono il primo profondo respiro della giornata. Il suono del mio cerca persone mi fa scattare sul posto. Fa che non sia lei; quando leggo che mi stanno cercando al piano di sotto spero ancora non sia per Max perciò mi affretto a raggiungere l'infermiera del piano.
-Oh dottor Crow- dice vedendomi -la paziente Stone la stava cercando- mi informa.
Come mio solito non la ringrazio, stavolta non per l'insofferenza che mi causa ma per la volontà di raggiungere Max il prima possibile. Quando sono a pochi passi dalla porta mi aggiusto il camice e prendo un respiro. Si va in scena: "tieni per te il peso Lear"
-Un giorno senza dar fastidio è un giorno perso, dico bene?- Le chiedo sarcastico entrando. Quando la vedo non mi sento più il cuore: è sul suo letto, pallida e con il volto scavato. 
-Grazie- mi dice riacquistando un po' di colore e un sorriso -mi hai appena fornito la frase per il mio primo tatuaggio- 
-Tatuaggio?- Chiedo stranito. Quando mi avvicino alla mia solita sedia noto che è sola nella stanza. Il suo compagno di stanza starà sicuramente continuando la cura sperimentale.
-Si- mi dice convinta -ne voglio uno sul braccio, o su un fianco...si decisamene su un fianco- decide.
-Posso suggeriti io una parte?- Domando.
-Certamente- risponde sorpresa della mia partecipazione.
-Nessuna- dico diretto guadagnandomi un'occhiata arrabbiata, mi siedo e la vedo girarsi per riuscire a parlarmi meglio; mi rendo conto che Max non è una bellezza prorompente, non è provocante o volgare...lei è meravigliosamente delicata e possiede quella particolare bellezza che solo poche persone hanno: quel giusto bilanciamento tra un felice tratto e una personalità unica.
-Divertente, in ogni caso ho deciso che se sopravvivrò a questa cosa- dice guardando per un secondo il vuoto mentre a me si contorce il cuore -ne voglio assolutamente uno- dice risoluta.
-Perché mai?- Cerco di far valere la mia idea -Tutto ciò che ne ricaveresti sarebbe uno scarabocchio sul corpo e un pentimento lungo una vita- 
-È questo il punto! Sto pensando da stamattina cosa valga davvero la pena avere marchiato su di se per sempre- 
-E sei giunta ad una conclusione?- Chiedo con tono contrario.
-No- fa delusa -ma ho molto tempo libero, saprò trovare sicuramente qualcosa- dice guardandomi e poi spostando velocemente lo sguardo sulla mia mano.
-Oh mio Dio! Cosa hai fatto?- Esclama preoccupata; guardo per un secondo la fasciatura.
-Mi sono tagliato- rispondo semplicemente. 
-Questo l'ho notato anche io signor Mistero, ma come?- Domanda impaziente.
-Oh...io...con un vetro. Si è rotto accidentalmente un...bicchiere-
-Ti si è rotto in mano questo bicchiere?- Incalza sospettosa.
-Che ne dici di: "irrimediabilmente fastidiosa" per il tatuaggio?- Cerco di sviarla.
-Ottima anche questa: sei un pozzo di idee Crow!- Alza la voce prendendomi in giro.
Non posso evitare un sorriso vedendola così...viva. "Non farle vedere nulla, non far capire...recita. Recita"
-Mi cercavi per qualcosa di serio o volevi solo discutere di come riprenderai l'epatite dopo aver ottenuto un nuovo fegato?- 
-Se lo avrò- mi sento correggere piano, decido di ignorare la battuta e aspetto che mi risponda.
-So che è presto ma...hai i risultati della biopsia di ieri?- Domanda timida. Dopo l'episodio del bagno mi sono convinto a rifare l'esame per vedere quando fosse peggiorata dicendole che le avrei detto il risultato quanto prima. 
-Si- dico incerto, poi mi schiarisco la voce e continuo -non è così grave come pensavo, non sei ancora in grave...pericolo- decido di mentire. Stranamente mi sento malissimo per averlo fatto, soprattutto quando vedo una scintilla di gioia nei suoi occhi e devo trattenermi dal confessare serrando le mani sui braccioli della sedia. 
-Beh meglio così- la sento dire, oramai la conosco: sta trattenendosi dal festeggiare...
-Si...infatti- concordo mesto.
-Almeno avrò più tempo per farmi perdonare da mia madre- borbotta.
-Non si è ancora presentata?- Domando mal mascherando il disappunto. Ho odiato quella donna non appena l'ho vista ed avevo ragione a farlo. Vorrei urlare contro per cercare di farle capire il dolore che sta causando a Max...lei deve essere protetta dalla tristezza: non se la merita. 
Quando mi rendo conto dei miei pensieri, mi sento strano ma sollevato. La voglio proteggere, la voglio vedere vivere più di quanto vivrò io. Non sono un ragazzino e non cercherò di negare di provare qualcosa per lei eppure non mi so spiegare la potenza dei miei sentimenti.
-No- mi sento dire -ma papà mi ha detto che questo pomeriggio proverà a farla ragionare- mi spiega -ma forse ha ragione lei...l'ho cacciata e-
-Non dirlo- la blocco subito e, quasi senza rendermene conto, le prendo una mano nella mia -tu hai fatto la cosa giusta, non dubitarne- dico fissandola intensamente.
-Grazie- mi fa sincera -per tutto...per...- la vedo esitare.
-Per?- Devo sapere.
-Per l'impegno che hai per farmi rimanere viva e non intendo solo biologicamente viva...- cerca di spiegarsi. Forse non lo sa e non lo saprà mai ma questa è la cosa migliore che mi sia mai stata detta.
-Dovere- rispondo mantenendo la maschera -e se non c'è altro io andrei- la informo.
-No, vai pure...aspetterò John- mi dice rassicurante. 
"Esci prima di scoppiare" spero non si accorga che sto correndo per allontanarmi da lei.
Quando sono fuori mi appoggio al muro e inizio a respirare pesantemente. No. Non può succedere dopo tutti questi anni. 
"Respira. Respira" mi ripeto chiudendo gli occhi "Concentrati e cerca di respirare" continuo a dirmi cercando di calmarmi. Dopo quella che sembra un'eternità dagli ultimi sto avendo un attacco di panico e non era successo nemmeno quella volta...
Provo a riaprire gli occhi, fortunatamente sono sempre stato bravo ad evitare di renderli evidenti. Mi volto verso la stanza di Max e, da un vetro, riesco a vederla concentrata sul suo telefono con i capelli che le ricadono suo volto. Mi odio per averle mentito...cosa mi hai fatto Maxwell Stone? 

-Signore! Dottor Crow!- Mi sento chiamare da qualcuno. Non riconosco la voce così quando mi giro e trovo il proprietario non posso che essere sorpreso. È il padre di Max. 
È ormai pomeriggio inoltrato quindi deve essere qui per andare a trovarla...
-Salve signor Stone- lo saluto cauto e attento.
-Si salve!- Mi dice porgendomi la mano che stringo brevemente; si nota subito quanto la situazione lo stia distruggendo: è curvo e stanco...
-Mi dica- lo sprono.
-Si- dice dandosi un tono -ho saputo da un'infermiera che ha fatto rifare la biopsia a Max- maledetta. Non doveva dirlo. 
-Si- dico arrabbiato.
-Il risultato?- Chiede impaziente. Non posso mentire a lui...oppure si ma vedrebbe la cartella con quel suo avvocato e lo scoprirebbe comunque per come è meticoloso...
-Ecco...sua figlia aveva dell'ittero ieri sera per questo ho voluto rifare l'esame e...non è buono- dico -è praticamente ormai una corsa contro il tempo...- mi fermo per fargli elaborare la cosa.
Io non l'ho fatto tutt'ora mi chiedo come possa farlo lui.
-Ma...- prova ad opporsi.
-Le devo chiedere un favore signor Stone- lo riscuoto -per favore non dica a Max del risultato. Sto facendo già tutto il possibile per accelerare i tempi, per trovarle un fegato...lei non ha bisogno di sapere- ora le possibilità sono due: o mi dirà di farmi gli affari miei oppure concorderà con me.
-Io...va bene, ha ragione- dice mettendosi una mano davanti alla bocca. Non so perché ma sento il bisogno di consolarlo così gli posò una mano sulla spalla.
-È la scelta giusta- lo rassicuro.
-Già...ora devo andare da mia figlia- mi dice distratto.
-Certo- lo lascio andare seguendolo con lo sguardo. 
 
Sono nervoso ed intrattabile per il resto della giornata, non riesco a prestare attenzione ai pazienti cerco solo un modo per aiutare Max, in un momento di follia arrivo persino a pensare di falsificare la cartella facendo risultare un'altra malattia. Inoltre andrò a cercare i suoi parenti uno per uno se necessario. Ora che è sera e le acque in ospedale si calmano non posso fare a meno che fermarmi a pensare quanto odi la notte e ciò che significa: è passato un altro giorno senza nessuna soluzione. Cerco di non pensarci rimettendo in ordine il mio studio con la sola mano che posso usare.
-Come hai potuto?- Sento chiedere. Mi si gela il sangue e, quando mi giro e la trovo sulla porta, reggersi a fatica e in lacrime provo del puro terrore. 
-Perché sei in piedi?- Domando suonando più cattivo di quanto vorrei; la vedo scandagliare con lo sguardo il luogo completamente in disordine.
-Non osare!- Mi urla -Rispondimi: come hai potuto mentire su una cosa tanto importante?- Chiede furente. Non può averle raccontato tutto non...
-Non capisco- 
-Oddio!- Dice esasperata -Smettila!- 
-Ok- dico arrendendomi -non volevo lo sapessi. Non volevo...-
-Non volevi cosa?- Mi incalza.
-Non volevo vederti soffrire! Non volevo vederti perdere la speranza! Volevo essere l'unico a sopportare il peso!- Sbotto.
Lei rimane in silenzio respirando affannosamente.
-A quanto pare non hai evitato la sofferenza- mi dice -e non parlo del risultato- continua criptica.
-Mi dispiace Max- sono sincero mentre mi avvicino a lei; quasi la porto di peso sulla sedia per farla calmare, mi accuccio davanti a lei piegando le gambe così da essere alla sua altezza.
-Mi dispiace- le ripeto.
-Non farlo mai più. Mai più. Non mentirmi Lear, non tu!- Mi dice ancora in lacrime. L'immagine mi strazia.
-No. Mai più, perdonami- 
-Voglio avere il controllo su questa cosa e su tutto ciò che comporta- mi dice -e la prossima volta non confessarti con mio padre: ho capito subito che mi nascondeva qualcosa- mi dice tentando un sorriso. Oh non lo farò di certo. 
-Voglio che tu sappia una cosa Maxwell: tu non morirai- dico convinto.
-E tu chi sei? Sei forse Dio che può decidere dei nostri destini?- 
-No. Sono Lear Crow, tuo medico e ancor prima l'uomo che si sta innamorando di te e non permetterò che accada- confesso liberando il mio cuore.
Max spalanca gli occhi facendo un grande sorriso e mi si butta addosso in un abbraccio strettissimo, riesco a malapena a mantenere l'equilibrio quando ci rialziamo sempre stretti uno all'altra. Non saprei dire per quanto rimaniamo così...
Quando lei cerca di allontanarsi ho quasi paura delle sue parole. 
-Inoltre sei un pessimo bugiardo anche tu- dice indicando con lo sguardo la mia mano, provo a ribattere ma non me ne dà il tempo:
-Quando vorrai, se vorrai mi dirai il perché- mi rassicura sorridendo. Non posso più resistere, così abbasso la testa per poterla baciare. Quando le nostre labbra si toccano è meglio dell'ultima volta, siamo più consapevoli, in un certo senso più maturi...Max approfondisce il bacio ancor prima che possa farlo io, la stringo a me ma sono costretto a staccarmi quando la sento pesante tra le braccia.
-Max!- La richiamo -Max!- Riprovo, sono sollevato quando la vedo riaprire gli occhi. Mi è svenuta tra le braccia.
-Ehi- mi dice un po stordita.
-Sei debole, non dovevi alzarti. Adesso ti riporto in camera- 
-Ho dovuto: qui qualcuno doveva essere ripreso- mi dice sorridendo. Quando mi rendo conto che è troppo debole per camminare la prendo tra le braccia ed esco diretto alla sua camera.
So che sto probabilmente facendo una cosa davvero stupida a giudicare dagli sguardi sorpresi e insinuanti delle infermiere, ma in questo momento non mi importa. Quando arrivo nella sua stanza, adagio Max, che sembra essersi addormentata, sul letto. Le risistemo la flebo e come sono entrato me ne vado.
-Per qualunque cosa, anche la più stupida, mi chiami sul cellulare- dico all'infermiera riferendomi a Max -sono stato chiaro?- Domando cupo.
-Chiarissimo- risponde lei intimidita 
Quando mi volto e noto la folta schiera di infermiere ferme a fissarmi faccio una smorfia.
-Potete tornare a lavoro: lo spettacolo è finito!- Dico alzando la voce: io ho ben altro a cui pensare.
Mi metto la mano in tasca e ritrovo il foglio tanto riletto quel giorno. 
Lo leggo un'ultima volta prima di buttarlo e mi blocco notando una cosa che prima non avevo letto. Ho un tuffo al cuore e il corpo mi si riempie di adrenalina. Ora so cosa posso fare.
-Avanti!- Mi sento dire. Entro impetuoso nello studio del direttore che mi guarda come se avesse visto un fantasma.
-Crow...- constata.
-Ha detto che mi avrebbe aiutato: ho bisogno del suo aiuto- 


Autrice: Spero vi piaccia questo piccolo (grande) cambiamento nella narrazione. I prossimi capitoli saranno comunque narrati dalla protagonista ma era necessario che questo fosse dal punto di vista di Crow. Per favore fatemi sapere cosa ne pensate di questa cosa perché sono veramente curiosa :)
Ringrazio sempre tutti i lettori, alla prossima.    
   
 
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