"Quel discorso non si scriverà da solo." ha
detto, ieri, il mio capo, invitandomi a tornare a casa e aiutarlo. Ora, circa
diciotto ore dopo, mi rendo conto che quel discorso non si scriverà nemmeno
in due.
"E' banale, banale, banale come un mazzo di rose rosse, Sophie!"
è il ritornello di Endre da circa dieci ore.
Appoggio la testa sul tavolo,
esausta. "E' solo un discorso. Nessuno ci farà caso, e non sei nemmeno
sicuro di vincere."
"Ne sono certo." risponde lui, continuando
a camminare avanti e indietro per la stanza. Devo ammettere che mi sta innervosendo.
"Ok,
ok, va bene. Rileggilo."
"E' bello sapere che ci siano persone
che credono in me, e che investono nei miei libri..."
Lo interrompo,
battendo la mano sul tavolo. "E' terribile." sospiro. "Io credo
che tu sia eccessivamente nervoso, ecco tutto. Forse dovresti lasciar perdere
il discorso e improvvisare, una volta salito sul palco. Sono sicura che le parole
verranno naturalmente."
Lui sembra pensarci su, ma poi scuote la testa.
"Dov'ero rimasto? Che investono nei miei libri..."
"Investono?"
chiedo, mordendomi un labbro. "Stiamo parlando di libri, non di tassi variabili.
E poi non stai ringraziando nessuno, voglio dire, dovresti..."
Endre mi
ignora. "... e per questo posso considerare il conseguimento di questo
premio come estremamente gratificante. Una gara è una gara, e l'averla
vinta non può che darmi una spinta per il futuro."
"Molto
intenso." commento ironicamente, alzandomi dalla sedia. "Io vado a prepararmi.
Dovresti farlo anche tu, dato che mancano poche ore."
Lui annuisce. "Ho
fatto arrivare la truccatrice. Sono già nel bagno degli ospiti. Ah, ecco il discorso." aggiunge, porgendomi un foglietto spiegazzato. "Mettilo
nell'Armani per stasera. Io vado a farmi una doccia."
Mentre salgo verso
la mia camera, osservo il foglio, su cui le parole sono tracciate da una mano
rigida e dura. Non ho mai letto un discorso tanto orribile in tutta la mia vita,
quindi decido di infilare un foglio bianco nella tasca dello smoking di Endre
e di regalare il suo bel discorsetto alla pubelle.
"TudeviessereSophie!"
esclama la mia truccatrice, che parla a una velocità doppia rispetto a
quella del resto del mondo.
"In persona." rispondo, sentendomi improvvisamente
lenta.
"IosonoMia!" dice, soppesando una ciocca dei mie capelli.
"Belli. Belli. Belli. Castanopieno, quasicioccolato. Lucidiforti. Vabenesetelistiro?"
"Scusi?"
Mia
sbuffa. "Va-bene-se-te-li-stiro?"
"Oh, certo."
Mi indica
una sedia imbottita che -ne sono sicura- ieri non c'era, e strizza gli occhi contemplando
la sua immagine riflessa nel grande specchio dalla cornice dorata. "Bella.
Bella. Bella." dice, ma immagino che si stia riferendo a se stessa. Utilizzando
un phon rumoroso e una spazzola assassina procede alla piega, scottandomi le orecchie,
il collo e il cuoio capelluto in più punti. Il risultato è senza
dubbio bello, ma sento un certo dolore diffuso.
"Passiamoaltrucco!"
esclama Mia spegnendo il phon. Mi ronzano le orecchie. "Viso. Viso. Viso."
riflette. "Unpo'pallida. Esalto zigomi." inizia a pizzicarmi le labbra.
"Piene. Piene. Piene. Nonmale." sorride, massaggiandomi bruscamente
le tempie e gli occhi. Ora so come si sente un pezzo di pongo. "Occhi belli.
Belli. Belli. Coloracquamarina, sai?"
Sospiro. "Lo so."
Mentre
Mia blatera di colori primari e contrasti, stende del fondotina sulla mia pelle
con gesti esperti ma bruschi. Poi passa agli occhi, e infine mi massaggia le
labbra con non so quale scrub marino e passa un velo di rossetto. Quando osservo
la mia immagine allo specchio, decido che mi preferivo prima. Gli occhi sembrano
più grandi, ma odio quella linea di eyeliner che sembra imprigionarli in
una gabbia. E la pelle? Da quando ho una carnagione dorata e calda? E quegli zigomi
da dove sono spuntati?
Qualcuno bussa alla porta. "Pronta?" è
la voce di Endre. Mia apre, con un sorriso smagliante. "Uncapolavoro!"
esclama, prima di lasciare il bagno.
Endre mi fissa con uno sguardo divertito.
"Che fine ha fatto Sophie?"
Sollevo le sopracciglia (che, a proposito,
sono più scure). "E' sepolta da qualche parte tra l'illuminante e
la cipria iridescente. Mi passeresti quella salvietta, per favore?"
Lui
obbedisce, aggrottando la fronte appena inizio a passarla sul viso. "Cosa
fai?"
"Tolgo qualche strato di polvere." rispondo, scoprendo
con piacere la mia pelle che fa capolino. Elimino accuratamente l'eyeliner nero
dagli occhi e lo sostituisco con una passata di mascara, togliendo il rossetto
'rosso passione' per fare posto a un lucidalabbra in un colore naturale. Alla
fine, mi osservo soddisfatta. "Così va meglio."
Endre sorride.
"Quella truccatrice mi è costata più di mille euro."
Alzo
le spalle. "Potevi usarli per qualcuno che ti scrivesse il discorso."
ribatto, alzandomi e camminando velocemente verso la mia stanza, dove indosso
il meraviglioso abito blu notte che mi scivola addosso come fosse liquido. E'
perfetto, perfetto, perfetto. Un'ora con Mia e già ho l'abitudine di ripetere
le cose tre volte.
Il premio Delacroix viene assegnato
in un'enorme sala del Ritz, scintillante e quasi barocca, dove tanti bicchieri
di champagne brillano come le statue di ghiaccio e camerieri in uniforme nera
camminano elegantissimi porgendo tartine e dolcetti francesi.
Sono qui da tre
ore e non ho fatto altro che sorridere, sorridere e sorridere, ridendo di tanto
in tanto per evitare la monotonia.
"Che diavolo di ora è?"
mi chiede per l'ennesima volta Endre, mentre manda giù un bicchiere di
champagne con fare nervoso.
"Sono ancora le nove e undici, dato che sono
passati meno di sessanta secondi dall'ultima volta che lo hai chiesto." sospiro,
e improvvisamente mi torna in mente qualcosa. "Dov'è Lula?" chiedo.
In
risposta, Endre aggrotta la fronte. "Chi accidenti è Lula?"
"Lula!"
esclamo, leggermente spazientita. "La tua accompagnatrice per domani! Come
mai non è ancora a Parigi?"
Il mio capo manda giù un sorso
dal suo settantesimo bicchiere e ride. "Oh, quella Lula! Sophie, credi davvero
che io abbia bisogno di un'accompagnatrice per la nuit dorée? Era solo
una prova."
"Una prova?" chiedo, leggermente scettica.
"Ogni
volta che assumo una nuova assistente -il che non capita troppo raramente- le
chiedo di scegliere un'accompagnatrice per un evento. Spesso sono costretto a
inventare una serata, ma con te sono stato fortunato."
Annuisco con scarsa
convinzione. "E a cosa servirebbe?"
"A vedere se sei oggettiva.
Non hai idea di quante assistenti hanno scelto le più brutte, temendo di
vedersi sminuite. Credo sia una reazione tipicamente femminile, ma io ho bisogno
di sapere che posso fidarmi della mia assistente."
Respiro l'aria della
sala a pieni polmoni, lasciando che centinaia di fragranze diverse mi entrino
dentro. "E di me puoi fidarti?"
"A giudicare da Lula, direi
di sì. Una bomba." dichiara, senza però sorridere. "Saranno
almeno le nove e mezza."
Do un'occhiata veloce all'orologio. "Le
nove e tredici."
"Mi chiedo perchè non diano questo maledetto
premio, e basta." dice Endre, gettando il contenuto del settantunesimo bicchiere
a terra. Ma le sue preghiere vengono esaudite, perchè il presentatore della
serata sale sul palco nell'improvviso silenzio generale e inizia a ringraziare
chiunque e presentare una decina di uomini dall'aria importante. Uno di loro deve
essere il sindaco di Parigi.
"E ora..." esordisce un altro presentatore,
più basso e rotondo del secondo, con un viso da topo. "Vorrei presentare
le nomination per il premio internazionale Delacroix per il miglior scrittore
dell'anno!" Improvvisamente, la parete dietro di lui si trasforma in uno
schermo, dove compare la foto di un uomo biondo e sorridente, che stringe in mano
un suo libro.
"Thomas Johann, con Fame D'Argento."
Applausi diffusi,
e la foto di una donna di mezza età che sostituisce quella del tedesco.
"Judith Doe."
Di nuovo applausi. "Marco Lodoli, Christine Danton...."
Finalmente,
la foto di Endre compare sullo schermo, seguita da un mugolio d'approvazione da
parte del pubblico femminile. "E Endre D.! Mesdames et messieurs, il vincitore
di questa sera è..."
Sette secondi. Sette secondi netti prima di
tirare fuori quel maledetto nome, e comincio a sentirmi vagamente nervosa.
Il
presentatore sorride, illuminando il muso da roditore. "... Endre D, con
I sette peccati!"
La prima cosa che sento è un boato, applausi
praticamente disperati e grida di un paio di belle ragazze, sicuramente starlette.
Mi volto verso Endre, credendo di trovare gioia, sorpresa, eccitazione. Al loro
posto, un sorriso beffardo e soddisfatto occupa il suo viso duro. "E' andata
come doveva andare." mi dice, dandomi una pacca sulla spalla che mi sposta
di dieci centimetri in avanti. E' andata come doveva andare. Che uomo adorabile.
Una
volta sul palco, Endre tira fuori dalla tasca un foglietto bianco e il suo sorriso
scompare senza lasciare traccia. Si avvicina al microfono e lo afferra, grattandosi
la testa. "Avevo scritto un discorso." spiega, con la voce calda che
riempie la stanza. "Non un gran discorso, ma lo avevo scritto. Purtroppo
sono stato deliberatamente sabotato dalla mia assistente, sì, quella che
se ne sta laggiù con un bel sorriso soddisfatto stampato in faccia."
Qualcuno
ride, e la maggior parte dei presenti si volta verso di me. Sorridendo, saluto
con la mano.
"Ad ogni modo," riprende Endre. "Probabilmente
la mia fama mi precede. Non sono un uomo amabile, o simpatico, o corretto."
sono stupita dal suo francese perfetto, privo di accenti o inflessioni, e dal
tono di voce calmo e sicuro che sembra rapire il pubblico.
"Non vi dirò
che non mi aspettavo di vincere questo premio." continua "Né
che qualcuno lo meritava più di me. Ma mi è stato fatto notare che
dovrei ringraziare qualcuno, in un buon discorso di vittoria. Quindi, ho riflettutto
su chi potessi ringraziare. La verità? Non mi è venuta in mente
una sola persona." fa una piccola pausa, respirando con calma. "Non
ho mai avuto nessuno che mi incoraggiasse, che mi regalasse consigli, che mi stesse
vicino. Nessuna pacca sulla spalla, nessuna stretta di mano. Nonostante questo,
forse qualcuno da ringraziare c'è. Ho sempre pensato che le parole, le
storie, i libri stessi abbiano il significato che siamo noi a dargli. Per cui
ogni mio libro non è altro che una fusione, anzi, una reazione tra ciò
che io scrivo e ciò che voi leggete. Per questo il risultato è per
ognuno diverso. Ma quando così tante persone riescono ad entrare in una
perfetta sintonia con le mie parole, allora capisco che devo ringraziare ogni
singola persona che ha sfogliato, aperto, letto, sottolineato un mio libro, perchè
gli ha regalato forza, anima; gli ha regalato una storia." Endre si schiarisce
la voce, mentre il pubblico è assolutamente incantato. "Recentemente,
mi è stata raccontata la storia di una bambina che ha imparato a leggere
sul mio primo libro, e quella bambina, devo ammetterlo, è diventata una
giovane donna meravigliosa, e mi piace pensare che una parte del merito sia mia.
Devo ringraziare anche lei, e chiunque sia stato, anche in una minima cosa, cambiato
da un mio libro, perchè ha contribuito a rendermi una persona migliore
e a darmi uno scopo nella vita, che è quanto di più importante una
persona possa avere. Quindi, grazie."
Endre scende dal palco avvolto
da uno scroscio di applausi e viene verso di me scuotendo la testa. "Potrei
fartela pagare." mi comunica, senza sforzarsi di sembrare serio.
"Un
grazie sarebbe sufficiente." rispondo.
"Credo di aver esaurito il
mio limite massimo di ringraziamenti per i prossimi dieci anni." replica
lui, scostandomi i capelli dalle spalle.
Sospiro. "Tu sei il diavolo."
Endre
ride, piegando leggermente la testa. "Oh, lo so!"
Innanzi
tutto grazie per le recensioni, quella di S chan era meravigliosa (anche se non
credo di essere poi così brava XD ma davvero un grazie infinito).
La
cara Blanche è, in effetti, Blanche Ingram. Chi conosceva bene quel personaggio
potrebbe anche azzardare una piccola previsione per il futuro... non andrò
oltre! Amo le Bronte e soprattutto Jane Eyre, tanto che penso che in Endre ci
sia un po' di Edward (ma tranquilli, non nasconde nessuna moglie).
Per quanto
riguarda i nomi delle sorelle, sì, sono i nomi delle sorelle Bronte -ma
non è causale-e più avanti verrà spiegato tutto per bene!