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Autore: whitemushroom    29/06/2015    8 recensioni
Una raccolta di one-shot dedicata ai mitici Cavalieri d'Oro di tutte le serie, coloro che ci hanno sempre fatti sognare estendendo il loro Cosmo fino ai nostri cuori.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Manigoldo_1




Personaggio: Cancer Manigoldo
Serie: Saint Seiya - The Lost Canvas
Genere: Introspettivo, Missing Moments.
Rating: giallo
Avvertimenti: abbondante presenza di turpiloquio. Come ben sapete Manigoldo non ha studiato all'Accademia della Crusca.


Il messaggero

Cazzo, quel pugno non l’aveva proprio visto.
Manigoldo perse l’equilibrio e volò contro una colonna, sentendo il fiato mozzarglisi in gola per qualche istante. Lo stronzetto aveva un bel sinistro, puttana Athena se faceva male …
“Oh, allora non sei una femminuccia! Sai, con quella maschera il dubbio mi veniva …”
L’altro non gli rispose. Si mise in posizione di guardia, il pugno destro avanti ed il sinistro verso il basso, ma stavolta il giochetto non avrebbe funzionato. Si teneva sulla difensiva, immobile e silenzioso, ma questo non poteva che fargli piacere: Manigoldo si divertiva soltanto in attacco.
Con un salto si avventò su di lui, mirando alla faccia.
Senza la sua Cloth si sentiva più lento, quasi meno coordinato, ma il sapore del pugno contro il pugno, del calcio dato all’altezza giusta, di tutta la forza del suo avversario contro la sua era qualcosa che gli mancava un po’ da quando aveva indossato le vesti del Cancro. L’altro evitò il pugno, abbassandosi, e Manigoldo sollevò il ginocchio dritto contro il suo stomaco. Quello si mosse di nuovo, liberandosi dall’attacco e costringendolo a dargli fianco, poi calò un calcio che gli avrebbe spezzato il polso se non avesse ritirato il braccio in tempo.
Sì, decisamente gli mancava una sana rissa! “Che c’è, ti stai cagando sotto perché sono un Cavaliere d’Oro e tu una piccola merda?”
Da sotto i lacci di cuoio della maschera vide i due occhi accendersi. Eccellente. “Assaggia questo, numero due!”
Gli corse incontro, stavolta puntando al petto. Niente Cosmo elevato al massimo, niente boiate sull’onore di Athena e bla bla bla, l’altro fu troppo lento e quando lo scaraventò a terra sentì con una certa soddisfazione il rumore di qualche costola incrinata contro il suo pugno. Si lanciò contro di lui prima che potesse rialzarsi e lo inchiodò a terra puntando tutta la forza delle proprie ginocchia nello stomaco dell’altro. “Se vuoi andare a piangere dietro la sottana di tuo fratello sei ancora in tempo! Sempre che lui abbia il coraggio di affrontarmi, s’intende …”
La mano dell’altro scattò contro la sua spalla. Era bello forte, anche più robusto di lui, ma gli anni per strada avevano abituato Manigoldo ad avere un’unica risposta per questo tipo di problemi: finse di cedere sotto la sua spinta, quello cercò di rialzarsi e gli assestò il più scorretto calcio in mezzo alle gambe che gli venisse in mente. Quello allentò la presa e, tanto per essere sicuro che non si rialzasse troppo presto, gli assestò un fantastico pugno proprio al centro della maschera.
“Tsk, come passatempo fai cagare, lasciatelo dire! Si vede che sei la copia di Aspros, fai schifo quanto lui … in due non ne fate uno normale!”
Si avvicinò, scrollandosi la polvere di dosso ed osservando l’altro ancora a terra, piegato dal dolore e con un rivolo di sangue che usciva dai lacci della maschera di cuoio. Bene, tutti quegli anni al Santuario non gli avevano fatto perdere la mano. “Il Gran Sacerdote ha fatto proprio bene a cambiare idea! Un debole come Aspros non è degno di prendere il suo posto”.
Fu certo di vedere un ultimo raggio d’odio uscire da sotto la maschera. “Almeno Sisipho non ha fratelli pietosi che strisciano nella sua ombra …”

Le stanze del Gran Sacerdote erano sempre illuminate. L’uomo anziano dormiva pochissimo, e tutte le volte che Manigoldo gli aveva fatto visita, anche nel cuore della notte, lo trovava sempre chino sullo scrittoio intento a leggere o firmare dispacci.
“Messaggio consegnato!”
La figura bianca sollevò lo sguardo dalle carte. “Quante persone hai mandato dai guaritori nel frattempo?”
“Naaa, solo uno, ma è ancora vivo … credo”. Lo sguardo verde lo trapassò proprio nel punto in cui il sinistro del suo avversario lo aveva colpito, e per un attimo gli sembrò che la ferita facesse ancora più male. Forse più tardi un salto alle Case di Guarigione non sarebbe stata una pessima idea. “E comunque mi sono attenuto ai vostri insegnamenti: discrezione, prudenza e buonsenso!”
“Fingerò di non aver sentito …”
Il lieve sorriso sulle labbra chiare fu il segnale per potersi rilassare. Manigoldo si avventò sulla sedia imbottita che aveva puntato sin dal suo ingresso e vi sprofondò dentro, sentendo tutte le ossa e tutti i lividi che si era procurato esplodere all’unisono contro il suo cervello. Allungò una mano e tracannò in un colpo il calice che il suo maestro aveva lasciato in un angolo dello scrittoio: vino del Jamir, una schifezza chiaramente fatta con il piscio delle capre, ma lo mandò giù pur di mandar via la sensazione di polvere e sangue contro la gola. Cazzo se quella copia era forte!
Il vecchio si sollevò dal suo posto, e strinse tra le mani l’elmo decorato che aveva abbandonato sopra una pila di volumi, un gesto che negli anni Manigoldo aveva imparato a conoscere. Si sedette accanto a lui, facendo passare le lunghe dita chiare contro le ali intarsiate, esplorando ogni singola gemma di quell’oggetto che pesava molto più di qualunque apparenza. “Credi che Aspros cadrà nel mio stratagemma?”
“Con tutta franchezza … quello lì non mi piace!”
Si fermò, rendendosi conto che era la prima volta che il Gran Sacerdote –il suo maestro, il suo grande maestro- gli chiedeva un parere personale sugli altri Saint. Ma lo sguardo dell’uomo era fisso su di lui, quindi riprese. “Cioè, per essere forte è forte, ci sa fare, però … bah, mi sa di ipocrita. E falso. Suvvia, se suo fratello è in pericolo lo va pure a salvare, ma col cavolo che si è opposto a quella storia della maschera!”
Inghiottì, cercando di ricordarsi una cosa importante per la prossima missione: portare al suo maestro una bottiglia di vino italiano. “Insomma, se io avessi un fratello col cazzo che accetterei di vederlo in quella situazione, stella malefica o meno! Non rimarrei in un posto simile nemmeno se mi offrissero tutte le Cloth del Santuario”.
Il Gran Sacerdote sollevò l’elmo tra loro due, quasi soppesandolo. Lo tenne tra le mani per lunghi istanti, forse indeciso se indossarlo o meno. Aveva ascoltato una conversazione del suo maestro con Aspros proprio riguardante la questione del ragazzo nato sotto la stella malefica, e sapeva quanto l’uomo anziano fosse poco convinto di continuare quella tradizione che però, nel corso dei secoli, aveva sempre mantenuto una grande verità. Quell’elmo voleva dire tante cose per la persona che lo aveva addestrato a diventare un Saint, e spesso non riusciva a comprendere quanto in profondità potesse scendere quello sguardo, quali pensieri attraversassero la sua mente. Sembrava immerso in delle riflessioni, ma quando riaprì gli occhi sulle sue labbra vi era una linea che poteva ricordare un sorriso. “Sai una cosa … Asmita mi ha detto le tue stesse parole”.
“Maestro, piano con gli insulti! Il giorno che dovessi iniziare a parlare come Asmita lanciatemi di testa negli Inferi con una pietra al collo!”
Si alzò, rendendosi conto che mancavano poche ore all’alba ed aveva già sottratto al suo maestro quelle pochissime ore di sonno che si concedeva ogni notte. Sapeva di aver concluso il proprio compito: se le cose fossero andate come il suo maestro temeva –e vi andavano sempre- doveva lasciare il tutto nelle mani dell’uomo anziano e del Cavaliere della Vergine, anche se parte di lui avrebbe desiderato rimanere con loro. Se fosse successo qualcosa al Gran Sacerdote avrebbe preso Asmita a pugni fino a fargli riacquistare la vista, parola sua!
Prima di scendere –magari fermandosi per una visita alla Casa dello Scorpione, Cardia aveva senza dubbio qualcosa di buono per rifarsi il palato- si fermò, riempiendosi i polmoni dell’aria della sera. “Maestro, quello con la maschera … mi sembra un tipo a posto. Un po’ piagnucoloso, ma mi piace! È un peccato che sia solo il numero due! Se dipendesse da me avrei nominato lui come Cavaliere dei Gemelli!”
“Forse hai ragione …” mormorò l’uomo anziano prima di congedarsi. Si avvicinò ai battenti, e mentre li chiudeva Manigoldo si accorse che non lo stava fissando negli occhi. “… forse hai ragione”.
  
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