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Autore: Ortceps    29/06/2015    3 recensioni
In questa FF Eragon e Murtagh non sono fratelli.
Sono passati due anni dalla caduta dell’impero; la vita di Eragon sembra scorrere serenamente lontano da Alagaesia, ma il destino sembra volerlo mettere nuovamente alla prova, questa volta in un ruolo diverso da quello di eroe. Dovrà dare prova di se stesso come padre.
Dalla storia:
Ma alla fine si sa, che ti piaccia o no è sempre quella furia impazzita che noi chiamiamo destino a presentarsi alla tua porta e a scaricarti un figlio. Della serie “Din-don; apri questa dannatissima porta e prenditi questo dannatissimo bambino” per poi aggiungere con un sorriso da sberle “Congratulazioni sei diventato padre!”
Va bene, forse non era andata proprio così. Ma alla fine il concetto era quello e lui si era ritrovato a crescere un bambino, senza avere la minima idea di cosa fare.
*
La prima persona a cui aveva pensato di lasciare il piccolo era stata Nasuada e immaginare a come sarebbe potuta andare se lo avesse portato da lei gli metteva i brividi.
“No Nasuada, non sono tornato perché ti amo; volevo solo chiederti se potevi occuparti di mio figlio, mio e di un’altra donna… Addio”
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Eragon, Murtagh, Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1 – TRA TENEREZZE E PANNOLINI

Nel vedere la faccetta paffuta del bambino Eragon dimenticò ogni buon senso e si avvicinò all’amico lasciando la spada dietro di se; il piccolo era assopito tra le braccia del riccio, avvolto stretto nelle coperte che quasi sembrava soffocare, cosa testimoniata anche dalle guance rosse. Senza essere troppo sicuro allungò le mani e Murtagh glielo cedette volentieri, sospirando subito dopo, come se si fosse liberato di un peso.

Allentò le coperte e subito il bambino iniziò a respirare più facilmente «L’avevi stretto troppo» lo ammonì con sguardo cupo e severo, Murtagh non vi badò più di tanto e scrollò le spalle. Non era cambiato dall’ultima volta che lo aveva visto, solo i suoi lineamenti si erano fatti più spigolosi; nel complesso era rimasto lo stesso, gli occhi forse erano meno cupi, ma questa poteva essere solo una sua impressione.

«Spiegati» sbottò poi, non intenzionato a lasciare alcuna via di scampo all’altro. Murtagh lo guardò rancoroso, sembrava quasi che volesse darsela a gambe, ma alla fine capitolò «Quello – indicò il fagottino – è mio figlio»

«Come è tuo figlio?» Non gli sembrava possibile che Murtagh potesse avere un figlio; però, ripensandoci si catapultava qui con l’aria di uno che ha visto uno spettro e con un bambino in braccio l’idea avrebbe dovuto sfiorarlo.

«Andiamo Eragon! Non dirmi che ti devo spiegare come si fanno i bambini» a quelle parole non riuscì ad impedirsi di arrossire, ma sperò che con solo la luce della luna Murtagh non lo notasse. «E prima di continuare questa chiacchierata non potremmo entrare, metterci comodi e magari tu potresti indossare qualcosa di meno… bagnato» fece riservandogli un’occhiata dalla testa ai piedi.

«Va bene» acconsentì poi, gli fece strada verso il tavolo e quando si fu seduto gli mise il bambino in braccio, sibilandogli un tieni poco gentile, per poi dirigersi verso la stanza da letto.

Quando tornò trovò Murtagh che fissava intensamente il bimbo addormentato, sembrava deciso a farlo scomparire con la sola forza dello sguardo; sospirò abbattuto, si prospettavano tempi duri per lui. Possibile che appena si era adattato a quella nuova vita quell’imbecille di Murtagh doveva presentarsi alla sua porta con un bambino in braccio. «Va bene, spiega» si sedette di fronte a lui e si preparò ad ascoltarlo.

«Beh, sai come vanno queste cose» iniziò il moro ed Eragon fu sul punto di fermarlo e dirgli che, anche se aveva vent’anni, non aveva idea di come andassero certe cose; ma si trattenne e annuì solamente «Ho incontrato sua made l’anno scorso; è stata un’avventura, niente di più. Solo una volta, ma è bastata per…» sollevò il bambino con uno sguardo cruciato; era evidente che non lo voleva. «L’ho incontrata ancora il mese scorso, mancava poco al parto; comunque era d’accordo con me sul prendersi cura da sola del bambino, io le avrei portato ogni tanto qualche soldo per allevarlo al meglio»

Qualche soldo?! Pensò con rabbia; per quell’idiota pensava che per sostituire un padre bastasse qualche soldo. Assottigliò le labbra, ma se avesse detto quello che aveva in mente non avrebbero finito quella conversazione in tono pacifico, quindi lo lasciò continuare.

«Sono tornato il mese dopo, tre giorni fa e ho trovato una donna che cercava di vendere il bambino come schiavo; da quella ho saputo che la madre era morta di parto e che non c’era nessuno in grado di prendersi cura del neonato, così l’ho preso io» e qui veniva il punto cruciale. «Perché sei venuto qui?» Chiese ancora Eragon, ormai aveva capito il motivo ma voleva sentirlo uscire dalle labbra del riccio.

«Io non ho idea di come si faccia il padre, tu saresti più bravo di me e con te starebbe meglio. Sei affidabile» soffiò in fine il Cavaliere Rosso. Eragon trattenne la raffica d’insulti che gli salirono alla gola come bile.

«E io sono la prima persona, affidabile, che ti è venuta in mente?» Chiese con il tono di chi ha voglia di strozzare il proprio interlocutore. A dir la verità Eragon era la seconda persona a cui aveva pensato di lasciare il piccolo, ma la prima era stata Nasuada e pensare a come sarebbe potuta andare se lo avesse portato da lei gli metteva i brividi.

No Nasuada, non sono tornato perché ti amo; volevo solo chiederti se potevi occuparti di mio figlio, mio e di un’altra donna… Addio” non era proprio il massimo della galanteria; tra i due mali, alla fine, aveva scelto il minore. Ma questo non lo disse al castano.

«Non mi prenderò cura del bambino al tuo posto» aggiunse duro Eragon, per poi ammorbidire leggermente la voce e specificare «ma ti aiuterò e potrai rimanere a vivere qui» che cosa lo avesse spinto ad offrirgli un posto dove vivere e il suo aiuto non lo sapeva neppure lui; forse alla fine un figlio lo desiderava

*

Sistemarono il bambino nel letto di Eragon, che era abbastanza grande per tutti e tre, ma Murtagh si accontentò del piccolo divano che stava nella stanza attigua. Avrebbero pensato il giorno dopo a una sistemazione più confortevole. Appena pronto il piccolo giaciglio il Cavaliere Rosso crollò addormentato, tanto il viaggio lo aveva stremato.

Tornato nella sua camera il castano trovò il bambino placidamente assopito in mezzo alletto, i pugnetti leggermente alzati, come se volesse segnalare la sua presenza. Avvicinandosi un po’ di più si accorse che una delle due manine era posata proprio sopra la bocca del bimbo, che teneva fra le labbra il pugnetto succhiandolo leggermente.

Quella vista riuscì a scaldargli il cuore e a gelarglielo nello stesso momento. Come faceva Murtagh a volersi sbarazzare di quella creaturina innocente? Non aveva forse sofferto anche lui per un padre assente e violento? Perché voleva che un innocento, come lo era stato lui, patisse una tale pena?

Prese il bambino in braccio e gli passò una mano sulla peluria corvina che aveva sulla testa, trovandola morbida e soffice. In quello stesso momento si rese conto che non aveva idea se quel bambino fosse maschio o femmina; aveva dato per scontato che fosse un maschio, perché Murtagh diceva mio figlio e non mia figlia, ma questo poteva significare tutto e niente. In più non sapeva neanche quale fosse il suo nome. E soprattutto se l’aveva un nome. Sicuramente Murtagh non s’era preso il disturbo.

Scostò e la sottile seta elfica che lo avvolgeva più volte per scoprire il piccolo petto del bambino che si alzava e abbassava al ritmo con il respiro. Appena sotto l’ombelico, ancora leggermente rosso per il taglio del cordone ombelicale, e prima delle gambine tozze c’era una specie di pezza di stoffa, sicuramente più rozza della seta elfica. Copriva le parti intime del bambino e emanava uno odore sgradevole.

Svegliato dal rozzo trattamento il bambino si mordicchiò il labbro, o almeno avrebbe fatto quello se avesse avuto i denti, perciò il risultato fu un buffo suono di risucchi mentre il labbro finiva nella boccuccia e le gengive rosee sporgevano in fuori. Eragon sorrise intenerito; gli occhi ancora liquidi erano azzurro chiaro, incorniciati da lunghe ciglia nere.

Era un bambino stupendo; aveva un piccolo nasino all’insù, sicuramente ereditato dalla madre. Mentre le labbra carnose e rosse erano uno stupendo lascito del padre, come una rosa rossa sul manto perlaceo della pelle bianca.

Le riflessioni di Eragon vennero interrotte dallo strillo del bambino, che sembrava non gradire la stretta delle mani del cavaliere sotto le ascelle. Preso alla sprovvista Eragon sussultò, facendo piangere più forte il bambino; con il rischio di svegliare Murtagh, nella stanza accanto.

«No. No, non piangere. Così sveglierai il tuo papà. No, dai piccolo… Ti metto giù, va bene?» E detto questo lo posò sul letto, ma il bimbo prese a dimenarsi e a piangere con insistenza. Dire che non aveva idea di come comportarsi era dir poco.

Certo, lui non aveva esitato un secondo nell’uccidere un tiranno centenario ed ora si trovava in estrema difficoltà a calmare un neonato. Quel che si dice l’ironia.

«Piccolino per favore» si trovò a pigolare; un forte guerriero che prega un bimbo perché smetta di piangere. Sperò che se un giorno fossero state raccontate le sue imprese quel particolare frangente sarebbe stato omesso, altrimenti anche la donna meno coraggiosa avrebbe riso di lui.

Il bimbo, nel sentire la sua voce lamentosa sembrò chetarsi; puntò i suoi occhietti azzurri su di lui e incurvò le labbra in un sorriso sdentato. “Ecco, anche lui si prende gioco di me” pensò amaramente, ma comunque sollevato di non sentire più il bambino piagnucolare.

«Va bene» disse «vediamo cos’hai qui» e slegò i due nodi dello straccio ai fianchi del bambino, scoprendo che era un maschietto e una bella sorpresina, che emanava un odore al pari dello sterco di drago, anche se era molto più liquido.

«E ora che dovrei fare?» Chiese in direzione del piccolo, che gli riservò un risolino come risposta; l’unica cosa che gli venne in mente fu ripulire quel pezzo di stoffa grezza con la magia e rilegarla intorno alla vita del neonato. Quando ebbe finito lo riportò sul letto, facendogli appoggiare la testa tra i due guanciali e coprendolo con la seta elfica in cui era avvolto.

Si distese di fianco a lui, dopo aver spento la candela e rimase ad osservare i suoi occhietti farsi meno vispi e infine chiudersi, mentre gli accarezzava una guancetta paffuta con l’indice.

NOTE DELL’AUTRICE

Buona sera a tutti; per prima cosa mi scuso per il ritardo, ma il mio computer è stato rotto fino ad oggi e io ho appena finito di scrivere il capitolo, quindi spero mi perdoniate se non è lunghissimo. Comunque si iniziano a capire un po’ di cose e vediamo Eragon alle prese con i primi inceppi del genitore… Spero vi sia piaciuto e vi prometto che non ci sarà da aspettare così tanto per il prossimo aggiornamento.
Ringrazio tutti coloro che hanno recensito; sono molto felice che la storia vi sia piaciuta!!! E spero continuerete a seguirla. Ringrazio anche coloro che leggono silenziosamente, spero che anche a voi piaccia la FF ;)
Ciao a tutti e alla prossima

Ortceps

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