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Autore: Alina_Petrova    30/06/2015    3 recensioni
"- Allora, adesso si può dire che stiamo insieme, o cosa?..
- O cosa..."
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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– Grazie ragazzi... sul serio, senza il vostro aiuto non ce l’avremmo mai fatta! – solo sulla porta, Merlin e Arthur si ricordarono finalmente di ringraziare gli amici per il loro prezioso aiuto nel trasloco, meglio tardi che mai, no?

Gwaine e Percival con perfetto sincronismo sollevarono i palmi delle mani in alto, e Lance diede voce al gesto verbalmente.
– Non c’è di che, ragazzi! – disse e quasi riuscì a chiudere la porta dietro di loro, ma qui Gwaine intervenne bloccandola. 
– Solo... Invitateci come testimoni al vostro matrimonio... e saremo pari!

Un indignato “Non stiamo!” di Merlin coprì uno spento “Non stiamo...” di Arthur, quindi scese il silenzio assoluto, il quale dopo un paio di secondi venne però interrotto dalle risate fragorose di Percival e Lancillotto e dal frustrato “Vi pago domani, non ho i contanti ora!” di Gwaine.

Il film era finito da tempo, e sullo schermo ora si rincorrevano delle strisce grigie, ma la coppietta sul divano se ne fregava beatamente.

Staccandosi dall'ennesimo e lunghissimo bacio bollente per una boccata d’aria, Arthur spostò delicatamente le ciocche nere come la pece dalla fronte di Merlin.

– Ora viviamo sotto lo stesso tetto, passiamo insieme tutto il tempo libero, e quando siamo soli, ci dedichiamo a tutte queste... sconcerie deliziose. Adesso, si può dire che usciamo insieme, o cosa?..

– O cosa... – Merlin si accigliò all'istante, sgusciando dalle sue braccia per scivolare giù. Ma non andò via, restò e sedette proprio lì, sul tappeto davanti al divano dove stavano da un po’. Arthur si mosse per scendere dalla seduta anche lui e gli si accomodò accanto.
– “Sconcerie deliziose”? – domandò Emris, guardandolo tra il divertito e l’incredulo, sogghignando. – Se è così che chiami i nostri baci appassionati da infarto, non oso immaginare, cosa ti saresti inventato, se ci fossimo spinti più avanti! – ridacchiò poi.

– Beh... qualcosa di molto ingegnoso... E a proposito! Ora che tutte le notti dovremo dormire a pochi metri l’uno dall’altro, diventerà parecchio difficile in realtà non “spingersi più avanti”! Non lo credi? – sussurrò Arthur direttamente nell’orecchio di Merlin con malizia studiata...

L’altro picchiettò leggermente con un dito sulle labbra, fingendosi estremamente pensieroso.
– Ma no... sai, anzi, credo che sarà abbastanza facile. Insomma, sono sempre cintura nera di Karatè e mi sono anche già iscritto alla squadra universitaria per tenermi in forma... quindi, non ti preoccupare, riuscirò a difendere il mio onore! Buona notte, sua maestà! – si alzò, dirigendosi verso la sua stanza, quando la voce di Arthur lo raggiunse.
– Allora non ti dispiacerà se a volte mi fermerò per la notte a dormire da qualche ragazza un po’ più disponibile... beh, sai... insomma, per allentare la tensione?

Merlin si voltò bruscamente, scuro in volto e il ghigno sparì dal viso di Arthur all’istante.
– Cioè saresti pronto ad andare a letto con chiunque... semplicemente per “allentare la tensione”? Sono estasiato Arthur! Sai, mi hai appena dato la conferma del fatto che la mia posizione in merito alla cosa sia quella giusta!

– Scusa, ma che diamine ti aspetti, Merlin?! Io sono un normale essere umano, sono un uomo! Ho certe esigenze! Io... io non capisco, ma tu... davvero non ne hai proprio bisogno?.. – allargò le braccia Arthur. A quel punto Merlin sospirò leggermente e rabbrividì, come se in quella stanza all’improvviso fosse calato tutto in una volta il gelo.

– Ne ho bisogno! Solo che ho bisogno di molto di più che qualcosa di fisico e basta... e non voglio accontentarmi, – Arthur cercò di obiettare, ma Emris non glielo permise. – Ma questo è un mio problema... in fondo, Arthur, tu hai tutto il diritto di trovarti qualche ragazza disponibile... o ragazzo. Se questo è quello che cerchi, non sarò certo io a fermarti. Anzi, sai... forse sarebbe meglio per noi anche astenerci dalle sconcerie, almeno per un po’. Ti saluto! Io vado a letto, domani devo alzarmi presto, – disse piano, per poi allontanarsi.

Arthur inconsciamente fece qualche passo per seguirlo, fermandosi solo davanti alla porta della camera di Merlin che nel frattempo sbatteva e che per poco non gli colpì il naso.
Quando poi allungò la mano verso la maniglia, il rumore secco di un giro di chiave nella toppa gli risuonò nelle orecchie come un “no” chiaro e tondo.

Il mattino seguente, quando si alzò, Arthur scoprì che Merlin era già uscito di casa. Tuttavia, visto che la sera precedente gli aveva detto di doversi alzare presto, non se ne curò troppo.
Durante la giornata poi, dopo le lezioni non si incontravano mai, in quanto la facoltà di economia che lui frequentava e quella di farmaceutica di Merlin erano situate in edifici diversi, abbastanza distanti l’uno dall’altro... Merlin pranzava sempre fuori dal campus, in un caffè vegetariano, dove dopo le lezioni lavorava come cameriere, quindi a quel punto, Arthur non contava di rivederlo prima di sera, ma quando Emris non ritornò all’ora di cena, iniziò a provare una certa ansia.
Il Pendragon riuscì a tener duro fino alle dieci, dopo di che, prese il cellulare e gli inviò un breve messaggio: «Stai bene?»
Quasi immediatamente ebbe una risposta, che non spiegò però in definitiva un bel niente. «Tornerò tardi. Non mi aspettare.»
A quel punto, quando Arthur nervoso subito dopo compose il suo numero per sentirlo, il cellulare di Merlin risultò non raggiungibile, versione più probabile – semplicemente spento.

Quella sera poi, nonostante Merlin gli avesse chiesto di non aspettarlo, Arthur con la solita cocciutaggine non volle andare a letto, se non prima di riuscire a parlare con lui. Lavò tutti i piatti e le pentole, mise a posto la casa e addirittura spolverò ovunque (cosa che detestava profondamente) tutto pur di non crollare. All’una di notte, però, a quel punto arrabbiato ed esausto, dichiarò la resa e si cacciò sotto le coperte. Alle due la porta d’ingresso si aprì. Arthur si alzò di scatto e cominciò a infilarsi un paio di pantaloni da casa, ma non fece in tempo a raggiungerlo che Merlin si intrufolò svelto nella sua stanza e di nuovo si chiuse a chiave.

Il giorno successivo si ripeté la stessa storia: Arthur si svegliò in un appartamento vuoto, e solo a tarda notte, attraverso il velo del sonno, notò lo scricchiolio della porta che si apriva, dei passi di Merlin in casa e subito dopo della chiave che girava nella toppa.

Così andò avanti per quasi due settimane. Il punto era però, che più tardi Arthur riusciva a non addormentarsi, più tardi Merlin rientrava, ogni volta puntualmente indovinando, come per magia, il momento esatto per tornare, ovvero quando ormai il primo si trovava a letto, a metà strada verso il regno di Morfeo. 
Una volta il Pendragon aveva perfino messo la sveglia per le cinque e mezzo del mattino, ma l’unico risultato fu comunque solo la possibilità di ammirare la schiena di Emris, appena un attimo prima che sparisse dietro la porta d'ingresso.
Passarono così giorni e giorni.
Entrambi dopo un pò di tempo, erano perfino dimagriti, avevano perso colorito, intorno agli occhi si erano disegnate delle ombre. 
I loro amici vedevano che qualcosa tra loro non andava, ma ogni tentativo di qualcuno di capire quale fosse esattamente il problema, si scontrava con un muro impenetrabile di silenzio ostinato, sia da parte di Merlin che da parte di Arthur. 
Non si sa come e quando tutto questo sarebbe andato a finire, e sicuramente non sarebbe accaduto presto, se non fosse stato per la famosa serata in costume che ogni anno si organizzava all’università per la festa di tutti i santi, dove i loro vecchi amici decisero di trascinare a tutti i costi “quei due asini”.
Lancillotto con Gwen si occuparono di convincere Merlin, mentre a Gwaine e Percival toccò Arthur.

– Resta qui, non andare via, ci allontaniamo solo per un minuto! – urlò Gwen direttamente nell’orecchio di Merlin perché la sentisse e insieme a Lance si dissolse in un attimo tra la folla di mostri, zombie e Cappuccetti Rossi.

La musica rimbombava a tutto volume e la luce, spaccandosi in mille riflessi sulla superficie delle palle a specchio ancorate sotto il soffitto, non lasciava la minima possibilità di concentrarsi su niente di particolare, così Emris, provato dalla mancanza di sonno delle ultime settimane, inclinò la testa sopraffatto dalla stanchezza. Sarebbe sicuramente rovinato miseramente sul pavimento, se due braccia forti non lo avessero afferrato appena in tempo, salvandolo da una caduta umiliante.

– Oh! Che deliziosa ninfa! – suonò da molto vicino una voce melodica, ma, allo stesso tempo, piuttosto bassa. – Non ti avevo mai notato qui prima, come è possibile? Sei del primo anno? – Merlin, ancora un po’ confuso, sentì che qualcuno con un movimento agile gli restituiva, insieme alla dignità, una posizione verticale e lo faceva girare di centottanta gradi.

Davanti a lui c’era un vero Dio greco... Apollo probabilmente, che gli stava parlando. 
– Permettimi di presentarmi? Sono Apollo, – confermò il suo sospetto il ragazzo bello come il sole, sistemando con una distratta eleganza la spallina della sua tunica.
– S-si... il primo anno, – balbettò Merlin. – Piacere di conoscerti...
– E tu?.. – Emris lo fissò confuso. – Non ti presenti?
– Ah... avevi indovinato, sono ninfa... cioè, ninfo! – sorrise, finalmente, Merlin, abbassando gli occhi sul proprio maglioncino celeste coi pantaloni blu notte, tanto stretti quasi fossero seconda pelle... Gwen non ce l’aveva fatta a convincerlo a mettersi qualcosa di più stravagante. Era riuscita a truccarlo però, e aveva messo in evidenza i suoi occhi con l’eye-liner e quindi applicato un po’ di fard, il che aveva reso la sua generale spossatezza meno evidente...
E ora la divinità greca lo divorava letteralmente con lo sguardo, perciò un naturale rossore di imbarazzo si unì al trucco...

– Affascinante! Arrossisci in una maniera adorabile! Dai, balliamo! Agli abitanti dell'Olimpo non bisogna dire di no, ci sono stati dei precedenti piuttosto sgradevoli! – lo mise in guardia Apollo, quando Merlin provò a opporgli resistenza.

– Eccolo lì il nostro Mer... lin... – esclamò Percival troppo tardi, accorgendosi solo in quel momento che Emris era stato trascinato verso la pista da ballo da un figo della madonna.
Sì, decisamente troppo tardi, visto che Arthur stava già fissando i due con uno sguardo assassino, e le sue labbra si stavano trasformando in una sottile linea bianca rabbiosa.

– Ciao, ragazzi! Andiamo? Abbiamo lasciato Merlin laggiù! – si voltò Lancillotto nella direzione da cui lui e Gwen erano appena arrivati, non coscienti della situazione... Merlin, infatti, dove lo avevano lasciato non c’era più. – Ma dove..?
– Di là... – indicò la pista da ballo uno scuro Gwaine. – Non potevate scollarvi per cinque maledetti minuti, in modo che almeno uno di voi lo tenesse d’occhio?! – urlò furioso.
– Va tutto bene! I cavalieri non si aggrediscono a vicenda! – fece Arthur con un sorriso tirato. – Beh, dov’è che posso trovarmi qualche chica caliente?

– Stanco piccolo? Andiamo, rilassiamoci un po’! – improvvisamente Apollo gli prese un braccio, e Merlin docile lo seguì fuori dalla pista. Era davvero stanco e rilassarsi sembrava una buona idea. Ma una volta bloccato tra la parete e il corpo accaldato della divinità, Emris capì che per l’altro la parola “rilassarsi” aveva un significato leggermente diverso, rispetto al suo.
– No! Cioè... Io... mi dispiace – Merlin si districò dall’abbraccio indesiderato dell’altro correndo in sala. – Gwaine! – si aggrappò al suo amico, felice di vederlo più che mai. – Arthur... lui è venuto? Dov’è? 
– Poco fa c’era... era lì da qualche parte, – fece un segno con la mano Gwaine.

– Arthur! Torniamo a... – solo in quel momento Merlin notò le mani di Arthur appoggiate sulla vita sottile di una ragazza ancora abbracciata a lui e poi le loro labbra arrossate, umide per il bacio appena interrotto, – ... casa, – per inerzia finì la frase, ma subito dopo sollevò istintivamente le mani davanti, prendendo spazio e distanza come per difendersi da ciò che stava vedendo, quindi scosse la testa e si diresse di corsa verso l’uscita.

Una gelida pioggia lo colpì in faccia e per poco non lo costrinse a tornare sotto il tetto, al caldo, ma l’immagine di Arthur abbracciato a qualcun altro che non era lui gli balenò nella mente e lo spinse fuori.
Doveva allontanarsi da lì e subito. Merlin saltò in sella alla sua moto, senza nemmeno fermarsi per indossare il casco e volò letteralmente via. Stringendo spasmodicamente il manubrio, Emris sfrecciò per le strade, slittando in mezzo alle macchine ferme per il solito traffico della sera moltiplicato quel giorno a causa del maltempo e un paio di volte addirittura salì sul marciapiede pur di non fermarsi.
Normalmente era sempre molto attento e corretto nel guidare, ma quella sera il desiderio di essere il più lontano possibile da quel luogo – da Arthur – era più forte e gli fece mollare ogni freno.

La velocità e l’adrenalina lo tennero in tensione per tutta la strada verso casa, senza permettergli di sentire quasi nulla – né la pioggia, né il dolore – ma non appena si fermò all’ingresso del suo palazzo, il freddo per primo si scagliò contro di lui. Merlin a malapena riuscì ad appoggiare la moto al primo albero che gli capitò davanti nel cortile, quindi si precipitò dentro, saltando due gradini alla volta, verso l’appartamento. 
Tremava tutto, le dita, rigide e insensibili per il torpore, non rispondevano ai comandi, e solo per un miracolo la chiave scivolò alla fine nella toppa, permettendogli entrare nel calore agognato di casa.

Dopo aver gettato le scarpe dove capitava, Merlin zampettò in fretta nella sua stanza, lasciando dietro di sé una scia bagnata, e proprio lì, una volta al sicuro, arrivò il secondo colpo: la sua mente rimase ancora una volta sopraffatta dalle immagini di poco prima. Le mani di qualcun altro sulle spalle di Arthur... i suoi palmi sulla vita della ragazza... le labbra ancora umide dopo il bacio...

Un ripetuto “Avevo ragione, non gli importa chi baciare!” gli pulsava in testa, mentre si strappava di dosso i vestiti intrisi di acqua come se cercasse insieme a quelli di liberarsi dei ricordi delle carezze di Arthur, che ora bruciavano sulla sua pelle. “Era tutto falso... sono solo uno qualsiasi...” – il pensiero con un vago retrogusto di deja vu lo divorava dentro.
Rintanato sotto la coperta, Merlin stremato scivolò nel delirio più nero, ben sapendo a cosa l’avrebbe portato quella folle corsa sotto la pioggia autunnale... 
Ma non gli importava.

– E ora, cosa fai? Resti lì impalato?! – Gwen si scagliò contro Arthur, non appena riuscì a raggiungere i ragazzi fuori dal locale. – Sbrigati, corrigli dietro, Pendragon! Vai!
– Lui non mi vuole parlare... non vuole nemmeno vedermi! – sbottò quello.
– E allora?! E tu costringilo, dannazione! – sorprendendo tutti alzò la voce Percival, che di solito manteneva la neutralità.
– Costringerlo?.. Esiste forse un essere umano sulla terra che sia mai una volta riuscito a costringere Merlin a fare qualcosa?.. – ringhiò Arthur rivolgendosi a tutti quanti, visto che gli altri chiaramente erano d’accordo con Percival.
– Va bene, Arthur, calmiamoci e ragioniamo ok?! – intervenne Lance poggiandogli una mano sulla spalla. – Tu hai fatto una stronzata e... taci! Sai che l’hai fatta! Ma rifletti... anche se così non fosse, Merlin adesso è lì da qualche parte, solo, che sta male! Dove dovresti essere? 
– Accanto a lui... – mormorò Arthur più a se stesso che a Lance. – Grazie, – salutò tutta la compagnia, catapultandosi verso la macchina.

La strada di casa gli portò via molto più tempo di quanto Arthur si aspettasse, e se solo la metà di maledizioni che aveva sussurrato tra i denti stringendo il volante fino quasi a spezzarlo, si fossero realizzate, la città di New York sarebbe stata a quel punto ridotta in cenere.

Quando vide la moto di Merlin abbandonata dentro una bella pozza d'acqua, Arthur sentì contemporaneamente preoccupazione e sollievo. É a casa – fu il primo pensiero, poi subito dopo un brivido di puro orrore lo impietrì – in quale stato doveva essere Emris per mollare il suo adorato cavallo di ferro praticamente abbandonato a se stesso!? Prese la moto e la mise al suo posto sotto un tettuccio, perché, andiamo... tanto Merlin era già a casa, quindi, un paio di minuti non avrebbero cambiato niente, mentre a lui quel tempo in più invece, serviva eccome: per raccogliere il coraggio necessario e per ritornare lucido. E inoltre la moto salvata poteva diventare perfino un grosso punto a suo favore!

L'appartamento lo incontrò con la porta socchiusa, attraverso la quale filtrava una debole luce. Una volta dentro, Arthur rimase a bocca aperta – d'accordo, a prima vista obiettivamente non vi era nulla di grave, solo un paio di scarpe gettate a casaccio, un mazzo di chiavi sul pavimento, e la scia di impronte bagnate che scompariva nel buio del corridoio – ma tutto quel caos a lui sembrò il set di un film horror.
“Coraggio!” – si incitò da solo. – “Dai, cosa potrebbe succederti? Nel peggiore dei casi, ti ammazza... sai che perdita per l'umanità!” Arthur prese un respiro quindi aprì la porta della stanza di Merlin.
In mezzo al letto giaceva una sorta di bozzolo fatto di coperte, all'interno del quale si notava solo un certo debole ritmico movimento. Arthur imprecò, accese la lampada sul comodino e andò a recuperare un pigiama caldo, contemporaneamente digitando il numero del pronto soccorso, senza nemmeno dare un’occhiata sotto le coperte. 
A che pro perdere tempo? Sapeva perfettamente che lì dentro c’era Merlin accovacciato su se stesso che batteva i denti per una febbre da cavallo. E ancora... Arthur sapeva benissimo che Emris era svenuto, perché, oltre ai gemiti sofferenti senza senso, dal bozzolo non si udiva nulla. Il pensiero di essere fuori pericolo in quel preciso momento diede a Pendragon una certa sicurezza e si sentì addirittura una specie di cavaliere con armatura scintillante, arrivato giusto in tempo su un cavallo bianco a salvare la bella prin... ehmm, il bellissimo scudiero... – vabbè, qui c’era qualcosa che non coincideva con la variante tradizionale della favola, ma chi se ne fregava insomma!

Arthur aveva premura di chiamare l'ambulanza non senza un valido motivo, sapeva infatti non per sentito dire dei polmoni compromessi di Merlin. Naturalmente, Emris aveva sempre cercato di non prendere freddo e si copriva in inverno costantemente fino al ridicolo, ma anche a lui capitava di trascurarsi ogni tanto...
Per la prima volta Arthur si scontrò con il problema dell'amico, in maniera assolutamente improvvisa.
Durante l'anno in cui si erano conosciuti, i cavalieri avevano organizzato una nuotata sul lago all’inizio della primavera. Merlin da subito si era rifiutato di partecipare, ma Gwaine lo aveva punzecchiato e prese in giro finché lui non aveva accettato. 
E tutto sembrava essere anche andato bene, Emris era un ottimo nuotatore... solo che circa un'ora dopo, quando tutta la compagnia si stava riscaldando davanti al fuoco, Merlin improvvisamente aveva perso conoscenza. Cioè, improvvisamente per tutti loro. Solo che in realtà, la febbre gli era salita paurosamente, e lui fino all’ultimo aveva cercato di non mostrare quanto stesse male.
Allora Arthur, lo aveva portato in braccio direttamente nella clinica del dottor Gaius, dove dalla madre di Merlino aveva appreso, come era pericoloso per Emris beccarsi un qualsiasi raffreddore e che Arthur aveva fatto benissimo a portarlo subito in ospedale.
Arthur si era spaventato a morte in quell'occasione nel sentire la pelle del amico bruciare come il fuoco e nell'udire il suo mormorio senza senso sulle streghe e sulle torture medievali, così aveva giurato a Hunit, che da quel momento in poi avrebbe personalmente provveduto a evitare che una cosa del genere gli potesse accadere di nuovo. 
E non era più accaduto.
O almeno, non mentre Arthur era con lui. Ma un giorno d'inverno, quando avevano quattordici, Arthur aveva fatto tardi, e i compagni avevano deciso di divertirsi un po’ a slittare sulle sponde dello stesso maledetto lago, solo che il ghiaccio che lo ricopriva quella volta non era abbastanza forte e Percival già allora era un ragazzo piuttosto robusto. E vicino a lui, nel momento in cui il ghiaccio si era incrinato sotto il suo peso, si era trovato proprio Merlin. 
Era finito tutto bene quel giorno per fortuna, gli altri erano riusciti subito a tirare fuori entrambi dall'acqua ghiacciata... ma a Emris quella impresa era costata una quarantena di due settimane di cure.
Messo da parte il telefono, Arthur, non senza difficoltà, tirò fuori dal letto un Merlin che continuava disperatamente aggrapparsi alle coperte, gli infilò il pigiama e si mise ad asciugargli i capelli ancora bagnati in attesa dell’arrivo dell’ambulanza.

– Sì, giovanotto, hai fatto bene ad averci chiamato, con i suoi polmoni è meglio non scherzare, – gli disse la dottoressa di mezza età dopo aver visto Merlin e visionato la sua cartella medica – cartella che Gaius aveva accuratamente preparato e consegnato proprio per le emergenze come quella ad Arthur. – Dovremo ricoverarlo per alcuni giorni, – disse lei prima di voltarsi dando indicazioni ai due infermieri.
– Dottore, posso andare con lui? – di nuovo attirò la sua attenzione Arthur. La donna sollevò un sopracciglio con sorpresa.
– Ma... Tu chi saresti per lui? – Arthur deglutì a vuoto.
– Io... io sono il suo ragazzo... – quasi lo sussurrò, diventando rosso come un peperone ma lei sorrise intenerita.
– Bene, allora prepara la sua roba da bagno. L’hai scelto proprio bene sai, è davvero carino. Peccato, gli occhi non si vedono... di che colore li ha? – chiese improvvisamente il medico.
– Azzurro... beh... quasi blu, in realtà. Assomigliano alla tonalità di una pietra... come si chiama? Ha un nome davvero strambo... – Arthur aggrottò la fronte, con tutta la serietà spremendo la memoria come se da quel particolare dipendesse la guarigione di Merlin, completamente ignaro in quel momento dello sguardo divertito del medico. – Oh, eccolo! Lapislazzuli!
– Ottimo, anche la tua diagnosi mi è chiara. Andiamo!..

La coscienza iniziò il suo lento ritorno, facendosi la strada attraverso gli ovattati strati dell’oscurità in cui era immerso, e infine, Merlin fece un respiro profondo, notando all’istante il familiare dolore al petto. E in questo non cera nulla di inaspettato o di nuovo in realtà. 
Di strano invece c’era l’inspiegabile sensazione di un calore infernale nella mano sinistra e in più sempre dalla stessa parte sinistra si udiva un leggero russare... 
Merlin a fatica scollò le palpebre riaprendo gli occhi e, una volta messo a fuoco intorno, riuscì a distinguere in una poltrona accanto al suo letto Arthur che dormiva profondamente – beh, questo spiegava il misterioso russare.
Abbassando gli occhi, Merlin scoprì che Arthur si aggrappava completamente alla sua mano sinistra... così anche il mistero dell’eccessivo calore alla mano pure trovò la sua soluzione.

La porta della stanza si aprì in quel momento silenziosamente, rompendo l'attimo e all'interno entrò una donna in camice bianco.
– Ah, finalmente ti sei svegliato, occhi blu! – disse piano, controllando la flebo. – Come ti senti?
– Debolezza, vertigini, dolore al petto durante i respiri profondi... tutto come previsto. Da quanto sono qui?
– Quasi ventiquattro ore, – disse la donna cominciando a registrare qualcosa nella sua cartella, e Merlin si accigliò leggermente, cercando di capire che cosa esattamente nelle sue parole l’avesse allarmato.
– Ehmm... mi scusi, dottore, ma Lei come ha fatto a sapere di che colore ho gli occhi? –
Lei lo guardò, non capendo di cosa stesse parlando.
– Voglio dire, non appena Lei è entrata, mi ha chiamato “occhi blu”, ma io fino a poco fa... stavo dormendo, non li ha visti. 
Lei sorrise gentile.
– Oh! É stato il tuo ragazzo a illuminarmi! Ti ama da morire... è tanto dolce! 
– No! No, vede... si sbaglia, noi siamo solo amici! Avrà capito male! – scosse la testa Merlin.
– Ah si? E come avrei potuto capire male, se lui stesso me l’ha dichiarato? Ma anche se non me l’avesse detto, sai, quando alla domanda sul colore degli occhi, un ragazzo, anziché dare una semplice e diretta risposta si lancia in un lungo ragionamento sull'esatta sfumatura delle tue iridi... questo può significare una cosa soltanto – è innamorato a più non posso! A proposito, non avevo notato, come sono i suoi occhi? – fece con noncuranza.
– Come pezzettini di ghiaccio... ma un ghiaccio morbido e caldo... suona da svitati, vero? 
– Solo un pochino, appena più bizzarro di lapislazzuli, – si strinse nelle spalle la dottoressa. 
Merlin sorrise suo malgrado.
– Dottore, – si lamentò poi, – la mia mano... sarà ormai cotta a puntino, – le indicò con lo sguardo la sua mano saldamente bloccata tra quelle di Arthur che continuava a dormire beatamente.
– E allora toglila dal “forno”! Qual è il problema? 
– Dorme così bene, è un peccato svegliarlo, – sospirò Emris. 
Non è che avesse dimenticato quella stupida festa e il motivo per cui poi era finito sotto la pioggia, solo che ora tutto quello si era spostato in secondo piano, aveva perso importanza. 
Adesso Arthur era lì, accanto a lui... così vero, così... suo... e gli teneva la mano come se avesse paura di lasciarlo andare anche per un secondo.
E poi insomma, non si era fatto problemi nel dire ad una persona estranea di essere il suo ragazzo. Doveva significare qualcosa quel gesto, o no?
– Non ti preoccupare per questo, penso che sarà contento di vederti finalmente sveglio! E io prima di cena passerò ancora a visitarti, – disse lei facendogli l’occhiolino e uscendo dalla stanza.

Merlin sfilò delicatamente la mano dalla presa di Arthur, cercando di non disturbarlo, ma l’altro immediatamente sentì la perdita e, senza aprire gli occhi, tentò nuovamente di riprenderla. 
Era così buffo mentre tentava e ritentava che Emris non riuscì a trattenersi e rise sommessamente. A quel punto Arthur finalmente si svegliò e spalancò gli occhi visibilmente preoccupato.

– Mi dispiace!.. – Arthur fece un respiro profondo, recuperando lucidità, e poi partendo in quarta: – Ho agito da vero idiota Merlin, ma sai... ho visto te con quel ragazzo e... ho perso la testa, non ci capivo più niente. Non capivo con chi ero, cosa facevo... Non avrei nemmeno voluto baciare quella ragazza, è stato così sbagliato!... Con te tutto è diverso, con te ogni bacio è solo l’attesa del prossimo, è il desiderio di avere di più! Mentre con lei... beh... volevo solo che finisse, o meglio ancora, che non fosse mai iniziato. Merlin, torna... ti prego! Mi manchi! Non ti farò mai più pressioni. Hai ragione, non abbiamo bisogno di queste stupide etichette, solo... vorrei che tutto tornasse come prima, mi manchi da morire. Ho bisogno di te, Merlin! 
– É quello che mi hai detto il giorno che ci siamo conosciuti... 
– Mi ricordo... ed è ancora così. Allora, hai intenzione di evitarmi ancora, o cosa?..
– O cosa...

   
 
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