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Autore: perkynurples    01/07/2015    3 recensioni
Bilbo Baggins conduceva una vita piuttosto tranquilla, grazie mille, fino a quando una vecchia conoscenza non ha deciso di stravolgerla, e ha finito per accettare un lavoro che è... diciamo che non è proprio la sua specialità, e potrebbe alla fine costargli un po' di più del suo prezioso stile di vita accogliente. Chi l'avrebbe mai pensato che fare il tutor al nipote un po' più che leggermente prepotente di un monarca leggermente minaccioso potesse rivelarsi una tale... avventura?
[Modern Royalty AU; Pairing: Bilbo/Thorin]
Genere: Angst, Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bilbo, Fili, Gandalf, Kili, Thorin Scudodiquercia
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ehilà, rieccomi qui! A pubblicare il capitolo il giorno del mio compleanno! Un bel modo per rallegrarmi! XD
Quindi... in questo capitolo accadono un po' di cose: è il compleanno di Bilbo (ok potrei averlo fatto apposta a pubblicare il capitolo oggi), e ci sono un bel po' di sorprese in serbo per lui, alcune meravigliose e tenerissime, altre leggermente funeste. C'è una tempesta in arrivo, del resto. E le cose si stanno complicando per Bilbo...
Ci vediamo altrettanto presto (spero) con il prossimo capitolo!


CAPITOLO XX
{la stagione delle tempeste è in arrivo, dopotutto}

 

L'edificio del personale è buio in modo quasi innaturale mentre Bilbo vi si avvicina. Si sente un po' in colpa per aver trascorso meno tempo con i suoi amici e colleghi la scorsa settimana, ma almeno c'è qualcuno dentro? Nient'altro che il ronzio del distributore d'acqua lo saluta quando entra nell'edificio, e le luci in cucina sono accese, ma nessuno risponde alle sue chiamate. Fa l'impossibile per ricordare se c'è una sorta di evento in corso – che la sua percezione di scadenze e date sia stata deformata al di là di ogni riconoscimento solo perché ha passato un po' di tempo a concentrarsi sul programma di Thorin, piuttosto che sul proprio?

Oh, ma chi sta prendendo in giro, certo che è così. Ad un certo punto non molto tempo fa, ha iniziato a rifugiarsi nell'appartamento del Re ogni volta che il loro tempo libero coincide, e sospetta che nessuno dei due sa davvero come sia successo. Tutto quello che sa è che la sua testa è piena di circa tre programmi diversi in questo momento – quello di Thorin, quello dei Principi, e il suo – e tutta la sua energia è dedicata al bilanciarli. Potrebbe definirlo faticoso, se non fosse così esaltante. Fino a questo punto, si è sentito come se fosse abbastanza bravo a farlo, ma potrebbe davvero aver perso qualcosa di così importante che teneva la totalità del personale occupato di sabato sera?

“Ciao?” dice tentennante, entrando nella caffetteria, ma non c'è più lì tranne i contorni scuri dei tavoli e poltrone, una tremolante lucetta rossa che si spegne e si accende sul televisore, e sente un brivido strisciare lungo la schiena...

Il muro di rumore quasi lo investe come un tir, le luci accese sono accecanti, e un sussulto scioccato gli sfugge quando vede che la camera è improvvisamente strapiena di persone, che esultano e ridono, e gli ci vuole molto, molto tempo per capire che stanno esultando e ridendo per lui.

“Buon compleanno!” Bofur, il primo volto familiare tra la folla, finalmente dice qualcosa che Bilbo può capire, ma ancora non può fare altro che guardarlo imbambolato.

“B-buon compleanno?” ripete debolmente mentre gli altri si affollano intorno a loro – c'è Deidre e le cameriere, i cuochi, gli istruttori di equitazione dei Principi, l'insegnante di pianoforte...

“Frida?!” mugola Bilbo debolmente.

“Buon compleanno!” la donna ride, e Bilbo guizza lo sguardo da lei a Bofur, che è positivamente raggiante, e gli altri, e si sente un po' debole.

“Tu...” tenta di dire, poi deve ricominciare tutto da capo, perché la sua voce è roca e del tutto inutile, “tu... il mio compleanno?”

Tutti ridono alla sua mancanza di eloquenza.

“Sì, è il tuo compleanno, non è vero?” Bofur sorride.

“Ma non ho... non avevo intenzione di...”

“Torta!” arriva un grido vittorioso, e poi ci sono Bombur e Mirjam, il capo chef che trasporta quella che sembra essere la torta al cioccolato per antonomasia, e Bilbo sta cominciando a sentirsi un po' malfermo nelle gambe.

“Che cosa avete... oh Dio, non avreste dovuto,” pigola, e stanno tutti ridendo e dandogli pacche sulla schiena, e...

“Dovevamo,” Frida gli sorride, e lui la fissa in completa soggezione finché Bombur non gli passa un coltello piuttosto grosso, e ancora una volta, Bilbo ci mette secoli a capire cosa diavolo deve farci.

“Scusa per l'assenza di candele,” dice lo chef, “ma abbiamo raddoppiato la quantità di cioccolato per compensare. Buon compleanno!”

“Io...” Bilbo sospira, e lo stanno guardando tutti, e il coltello libra barcollante sopra la torta senza alcun dubbio assolutamente deliziosa, e si sente così sopraffatto che pensa di poter svenire se non si mette a sedere presto...

“Grazie,” mugola, poi schiarendosi la gola, “grazie. Non avreste davvero dovuto, io... non festeggio il mio compleanno da secoli, ed è più un promemoria cupo che altro, e questo è... beh, inaspettato, e – meraviglioso. Non so come ringraziarvi, io...”

“Una fetta di torta sarebbe un bel modo per farlo,” borbotta Bofur sottovoce, e tutti ridono, e Bilbo scopre che anche lui sta ridacchiando.

“Va bene, va bene, adesso taglio.”

“Esprimi un desiderio,” gli dice Frida sommessamente proprio prima di tagliare nella crosta, e la donna sta sorridendo, e tutti gli altri stanno sorridendo, e Bilbo, più di ogni altra cosa, desidera che questo non finisca mai. Desidera che il suo soggiorno qui sia tutto così – trovando persone che lo considerano abbastanza importante da fargli una festa di compleanno a sorpresa, tra tutte le cose. Desidera di essere in grado di pensare in termini diversi da 'troppo bello per essere vero'.

“Come diavolo hai fatto ad organizzare tutto questo?” chiede a Frida quando a tutti è stato concesso la loro fetta di bontà cioccolatosa, “sei stata tu, vero?”

“Siamo stati noi due, in effetti,” interviene Bofur, “la signorina Smythe mi ha chiamato e voleva sapere se sapevamo del tuo compleanno, e, beh, eccoci qui.”

“Questo sembrava l'opzione migliore,” Fridda annuisce, “sei fortunato che è sabato.”

“Ma non sapevate nemmeno che sarei venuto qui!” fa notare Bilbo, “sono finito qui solo perché volevo una tazza di caffè, e...”

“C'è un beneficio nell'avere i programmi sincronizzati, sai.”

Ecco Balin, apparendo al fianco di Bilbo di punto in bianco, le sopracciglia che si inarcano quando Bilbo lo fissa.

“Ho fatto in modo che non avessi... nulla con cui distrarti, stasera,” fornisce, e Bilbo ripensa al programma di Thorin, 'orario di ufficio fino alle undici', e non sa se esserne grato o un po' triste.

“Buon compleanno,” Balin sorride, stringendogli la mano, e Bilbo si scioglie.

“Grazie,” sospira con serietà.

“Prego. I ragazzi potrebbero cercare di saltarti addosso domani, erano molto emozionati quando gliel'ho detto. Giusto per avvertirti. Ora, dov'è quella torta?”

Più gente arriva in massa, congratulandosi con Bilbo e portando innumerevoli bottiglie di vino eccellente, o scatole di cioccolatini, o persino libri, o in alternativa, scusandosi per non aver portato nessun regalo, e cerca di spiegare a tutti più e più volte che questa festa è l'unico regalo di cui ha veramente bisogno. C'è un sacco cibo e bevande, e chiacchiere e risate, e Bilbo si sente molto a suo agio. Oscilla tra i diversi gruppi ai tavolini, il tempo di scambiare qualche parola con tutti quelli che sono venuti, e in qualche modo riuscendo a convincersi che sì, bere più di un bicchiere di vino delizioso è consentito alla sua festa di compleanno.

“È un pass gratuito al Teatro Nazionale,” spiega Frida il contenuto della busta splendidamente decorata che gli porge in un momento più tranquillo, quando sono entrambi seduti vicino alla finestra, Bilbo che si spazzola le briciole dalle dita frettolosamente, dopo aver masticato felicemente un mucchio delle famose pizzette di Mirjam.

“Hanno già una selezione incredibile, ma ricreeranno l'Otello prima della fine dell'anno, e molto di più, ed è valido anche per gli spettacoli animati per la città, così...”

“Frida,” la interrompe, tenendo la busta delicatamente e cominciando a sentirsi un nodo alla gola, “questo è... ah, grazie. Grazie mille, io... un anno, dici? Hah, spero di essere qui a riscattarlo tutto.”

“Dove altro dovresti essere?” sorride lei, e lui riesce a fare un debole sorriso, sprofondando nella poltrona – ma per fortuna il calore sulle guance indotto dal vino, insieme all'accoglienza in generale e l'eccitazione della situazione attuale, riesce a dissipare la maggior parte dei suoi pensieri cupi.

Trentacinque, pensa, e il numero non significa tanto per lui, ma la consapevolezza che gli piacerebbe molto festeggiare altri numeri più importanti, sì. Ripensa alla settimana passata in modo frastornato, alla quasi-domesticità tranquilla in un modo allarmante in cui Thorin e lui si sono trovati, e a quante volte pensava di poter passare il resto dei suoi giorni così, seduto accanto al Re sul comodo divano nel suo appartamento, a leggere, o a rivedere i compiti dei Principi, o a cercare di trovare il modo migliore per rubare un altro bacio. Aveva lasciato il suo appartamento a Londra mesi fa senza guardarsi indietro una volta, si è imbarcato in questa... questa avventura, e ha trovato tutto quello che avrebbe potuto mai sperare di trovare e alcune cose che non avrebbe mai osato sperare di trovare, e... Forse è solo la sua natura, ma è ancora preoccupato – no, è ancora certo che tutto questo svanirà davanti a suoi occhi, e presto.

Si scola il bicchiere con molta determinazione, e nota Balin che gli fa un cenno dalla porta, probabilmente sta per andarsene. Si fa strada lì molto lentamente, non riuscendo esattamente ad evitare le numerose persone che vogliono parlare con lui, ma Balin sembra essere di ottimo umore quando finalmente rimangono da soli nel corridoio fuori dalla sala.

“Potresti volere, ehm... controllare Sua Maestà, quando hai finito qui,” dice con tono insolitamente leggero, le guance un po' rosse, “mi sono assicurato che anche lui... avrebbe avuto la serata libera. E la notte.”

Bilbo vuole dire qualcosa, lo vuole davvero, ma la sua bocca rimane spalancata e le parole non escono. Balin sorride ampiamente, stringendogli la spalla brevemente.

“Buon compleanno,” gli dice con serietà, “siamo... ah, beh, fortunati ad averti. Lui è fortunato ad averti.”

“Balin,” sussurra Bilbo, ma l'uomo sorride semplicemente un po' di più, facendogli un cenno con la testa risoluto per supportare la propria affermazione, e poi se ne va via, il suo passo un po' instabile.

Bilbo torna dentro, un po' stordito, e si domanda se mai ci sarà un momento opportuno per afferrare una delle bottiglie che ha ricevuto e scappare per trovare Thorin. In realtà non ha idea di come funzionano queste cose – lui, in qualità di festeggiato, dovrebbe essere l'ultimo ad andarsene? Tutti si stanno divertendo tantisimo, e lui non può assolutamente sparire... Viene costretto da Bofur a condividere storie della sua infanzia, e non può davvero resistere, l'atmosfera troppo allegra, il vino troppo buono, il poltrone troppo comode, ma per fortuna, nessuno di loro ha più venti anni, e tutti hanno cose da fare la mattina, il che è il motivo per cui la compagnia inizia a diminuire intorno alla mezzanotte. Frida, essendo stata in grado di resistere allo champagne, è tra gli ultimi ad andare, per prendere questo o quel bus notturno che la porterà a casa, e Bilbo la accompagna fuori, ringraziandola più e più volte.

“Non c'è di che,” lei sorride, “Ci sentiamo presto, va bene? Bard ti ha chiamato?”

“No, ah... avrebbe dovuto?” Bilbo si gratta la testa, l'aria fresca esterna non aggiunge nulla alla sua sobrietà, contro le sue aspettative.

“Non ti preoccupare,” Frida sorride, e per quella notte, decide di non farlo.

Ritorna alla caffetteria solo per vedere gli ultimi ospiti che se ne vanno, ringraziando tutti molto seriamente, e rifiutando di cedere quando Mirjam si lamenta quando inizia ad aiutarla a ripulire. Ben presto, sono solo lei, Bilbo e Bofur con Bombur, e un sacco di avanzi e piatti di carta che devono essere buttati, e lo chef e sua moglie chiacchierano di una partita di calcio del giorno successivo, se Bilbo capisce correttamente. E così si concentra esclusivamente sul camminare da un tavolo all'altro in una linea più o meno dritta, e l'immensa gratitudine lo rende silenzioso.

“Allora,” commenta Bofur in tono colloquiale, apparendo al suo fianco, “Ci vediamo di nuovo qui il prossimo anno.”

“Oh, no no, davvero,” balbetta Bilbo, “non c'è una regola per queste cose? Non è possibile avere due feste di compleanno di fila?”

“Non lo so,” il suo amico sorride, “si tratta di una noiosa regola inglese? Sei in Erebor, Bilbo. Noi festeggiamo quello che possiamo, quando possiamo.”

“Giusto, giusto,” borbotta Bilbo, sorridendo tra sé e accatastando una torre di piatti vuoti con eccessiva attenzione.

“È il compleanno di Bombur a Novembre,” gli dice Bofur in tono cospiratorio, “quindi questo accadrà di nuovo presto, che ti piaccia o no. È come facciamo le cose qui. Spero ti sia divertito.”

“Divertito – Bofur, questa è stata la cosa più carina che avresti potuto fare per me,” gli dice Bilbo, “grazie. Grazie mille. Potrei persino imparare a festeggiare di nuovo i miei compleanni, sai.”

“Bene. Faremo uno spettacolo pirotecnico per i tuoi quarant'anni – anche quella è una tradizione, vedi. Numeri tondi, e cose del genere.”

“Dio, non voglio pensare ai miei quarant'anni,” Bilbo ride, e non aggiunge, è tra cinque anni, Dio mio, chissà dove sarò allora. So dove mi piacerebbe essere, ma...

“Scusa scusa. Invecchi bene, però.”

“Invecchio come il latte,” dice Bilbo in un impeto momentaneo di sarcasmo, “fino ai trent'anni mi hanno sempre chiesto la carta d'identità, ma da lì è stato tutto in discesa, te lo assicuro.”

“Quanta disperazione,” Bofur ride, “quarant'anni è un'età meravigliosa, vedrai. O non lo vedrai – non posso dire di ricordarmi molto di quella festa di compleanno...”

Passano i minuti successivi così, in un'allegra conversazione sul nulla, impilando tutti i doni di Bilbo in una delle dispense, dove sarà autorizzato a prenderli il giorno dopo – non poteva davvero garantire per la sicurezza del bottiglie se avessi dovute portarle a casa sua in questo momento, e, inoltre, ce ne sono troppe. Una di loro non verrà certamente persa. Si assicura di ringraziare i suoi amici un migliaio di volte, e poi si affretta a Palazzo, generalmente brillo e incredibilmente felice e stordito, stringendo una bottiglia di ottimo champagne che probabilmente non berrà mai, sentendosi tutt'altro che trentacinquenne. Smaltisce un po' di sbornia quando si imbatte nelle prime guardie del corpo sul piano di Thorin, ma Dwalin è lì, avvistandolo quasi subito e permettendogli di passare.

“Buon compleanno,” dice un po' burbero, adocchiando la bottiglia nelle mani di Bilbo.

“Grazie,” risponde Bilbo, sentendo un improvviso bisogno di abbracciare l'uomo, “cioè... posso...?”

“È ritornato circa venti minuti fa,” dice Dwalin, indicando vagamente in direzione degli alloggi di Thorin.

“Balin mi ha detto...”

“Sì, lo so,” grugnisce Dwalin, poi, con immensa sorpresa di Bilbo, offre un piccolo sorriso, “vai e basta. Nessuno vi disturberà.”

“... Grazie.”

“Hmph.”

La porta in fondo al corridoio si apre prima che possa trottare per tutto il tragitto, e Bilbo pensa di non aver mai provato niente di più confortante della familiarità che lo travolge quando entra nell'appartamento di Thorin. Trascorre qui il suo tempo solo da una settimana o giù di lì, ed è già innamorato dello spazio, le travi del soffitto, il pavimento in legno, la vista... e l'abitante, naturalmente. Thorin gli sorride dalla porta, con ancora indosso gli occhiali, e non ha un aspetto più o meno stanco del solito, ma lui è lì, e Bilbo molto onestamente considera solo di correre tra le sue braccia, al diavolo l'autocontrollo. Solleva la bottiglia in una sorta di gesto auto-esplicativo invece, e il sorriso del Re si allarga ancora di più.

“Presumo che la festa sia stata un successo?”

“Oh, sì,” Bilbo sogghigna, poi, aggrottando la fronte, “Aspetta, da quanto tempo lo sapevi?”

“Non molto,” risponde Thorin innocentemente, “Balin ha ritenuto necessario informarmi. Cosa fai domenica prossima?”

Un po' sorpreso dalla domanda, Bilbo lo scruta un po' interdetto.

“Io, uh... oh Dio, non ne ho idea, io...”

“Cena?” dice Thorin semplicemente, avvicinandosi, e la risposta di Bilbo è un sospiro tremante che cerca e fallisce ad essere parole vere, e poi fa un lieve cenno del capo.

“Devo scrivermelo, anche se...” inizia, ma Thorin gli toglie delicatamente la bottiglia dalle dita, prendendogli poi la mano.

“Domani,” dice a bassa voce, e prima che Bilbo possa rendersi ancora più ridicolo, il Re lo conduce in cucina, fra tutti i luoghi. Vergognati, Bilbo Baggins, per esserti automaticamente aspettato la camera da letto. Deglutisce piuttosto seccamente quando Thorin versa ad entrambi un bicchiere, ma, beh, pensa che si merita di non rifiutarlo.

“Buon compleanno,” dichiara Thorin dolcemente, a bassa voce, gli occhi scuri nella penombra della cucina, e mentre brindano, Bilbo si ricorda di un'altra cucina lontana, ma non molto tempo fa, e quello che è stato il miglior primo bacio della sua vita, probabilmente. Aspetta, no, quello che era accaduto accanto a quella finestra... oh, forse avrebbe dovuto attenersi ad un solo bicchiere di vino.

“Mi dispiace di non avere più... tempo,” continua Thorin, e l'intonazione debole e un po' scontenta nella sua voce attira l'attenzione di Bilbo, “sarebbe più opportuno fare quella cena adesso, lo so, ma...”

“Accidenti, no, non fa niente,” Bilbo sospira, sorridendo, “abbiamo parlato di questo. Non c'è bisogno di sentirsi dispiaciuto per, sai, governare un paese.”

“Reare,” Thorin gli rammenta un termine che aveva usato secoli fa.

“Sì, quello,” Bilbo fa un gran sorriso, “ti assicuro, non mi sarei nemmeno mai aspettato di festeggiare in primo luogo, quindi...”

“Ma non saresti contrario ad una colazione di compleanno?”

Bilbo inclina la testa, e da parte sua, Thorin sembra, se non altro, un po' impacciato.

“Beh, ho pensato che è l'unica, ehm... l'unica volta in cui entrambi abbiamo... un po' di tempo. Di domenica in ogni caso. O almeno così spero. Ho chiesto a Deidre di rifornire il frigorifero per me, vedi – ha detto era necessario, in ogni caso. Stavo pensando...”

Bilbo guarda in una sorta di stordimento mentre Thorin apre il frigo, illuminando la cucina con un artificiale bagliore bluastro, rivelando un interno molto ben fornito, in effetti.

“C'è la frutta!” esclama Bilbo, abbastanza ridicolo.

“Sì. E il latte. E, da come ho capito, uova e bacon.”

“Oh mio Dio,” esala Bilbo, avvicinandosi per dare meglio un'occhiata, “Potrei farti conoscere le meraviglie di una buona colazione inglese.”

“Questo è quello che ho pensato,” Thorin ridacchia, poi, quando Bilbo lo fissa semplicemente imbambolato aggiungendo in fretta, “ti aiuterò, naturalmente, non vorrei che tu...”

“Thorin,” lo interrompe Bilbo gentilmente, “se mi metti in un qualsiasi tipo di stretta vicinanza con tutto questo cibo, non puoi aspettarti che sarò in grado di controllarmi. Farei delle uova strapazzate prima che tu possa batter ciglio. È un talento speciale.”

Thorin lo guarda in silenzio per un attimo, come se fosse in attesa di un 'ma', o qualsiasi tipo di indicazione che Bilbo è tutt'altro che puerilmente entusiasta della prospettiva di preparare la sua prima colazione per la prima volta dopo secoli. E Bilbo non aggiunge 'questa è l'offerta più galante per trascorrere la notte qui che mi sia mai stata proposta'. Non è sicuro che Thorin possa tollerarlo – si rende conto di quanto sia fragile tutto questo, e pensa di saperlo ora che, per tutta la sua calma regale e ferrea determinazione, Thorin è ancora un po' barcollante quando si tratta di queste questioni delicate. Bilbo ha fatto del suo meglio per dargli più spazio umanamente possibile, perché, ancora una volta, nessuno dei due ha più vent'anni – sospetta che nel loro caso, la fretta sarebbe il nemico di una bella esperienza, ironia della sorte. Non sai quanto tempo ti è rimasto, risuona nei meandri della sua mente con una fastidiosa intensità incessante, ma non ha di certo intenzione di cedere solo per il gusto di precipitarsi nella loro intimità (e rovinandola nel processo). Ma questo è quello che stavi aspettando, non è vero? un'altra voce, molto più piacevole, gli ricorda, e sì, è così – stava aspettando (era pronto ad aspettare per sempre) che Thorin si facesse avanti per primo, ed eccoli lì, a parlare di condividere la colazione il giorno successivo, e ciò che si trova tra allora e adesso non ha una forma che potrebbe aiutare Bilbo, ma quando mai questo è stato una cosa brutta?

“Mia madre mi faceva i pancake per il mio compleanno,” dice un po' vagamente, fissando il cono d'oro vorticoso del suo drink, “Penso che una continuazione di quella tradizione sia in ordine.”

“Non dovresti... avere qualcuno che li faccia per te?” sottolinea Thorin in tono leggero, appoggiato al bancone, rilassato ed inconsapevolmente attraente in un modo che conosce solo lui.

“Non lo so,” Bilbo ridacchia, “sai fare i pancake?”

“Oh no. No, non vorrei rischiare, hai ragione,” arriva una risposta ferma.

“Vedrò se posso insegnarti.”

“Vedrò se riesco ad imparare.”

Poi è meno parlare e più vicinanza e il braccio di Thorin attorno alla sua vita, e Bilbo non potrà mai smettere di chiedersi quando accorciare quella distanza sia diventato il compito più facile di sempre. Thorin lo bacia ancora come se pensasse che Bilbo potrebbe scivolare via da un momento all'altro e non tornare mai più, e non possono lasciare le cose così, vero? Bilbo posa a tentoni il bicchiere sul bancone, le mani nella barba di Thorin, non appena sono libere, e sente il sapore di vino e zucchero, la testa gli gira in un piacevole stordimento.

Quando chiude gli occhi, può quasi vedere lui e Thorin di nuovo nella casa in montagna, ascoltare il picchiettio lieve della pioggia ed annusare il profumo debole di quella che era stata l'infornata più fortunata di tortini al mirtillo che Bilbo avesse mai fatto. Pensa all'uomo che aveva conosciuto quando era arrivato qui, chiuso e scontroso in una buona giornata, e si domanda cosa Thorin avrebbe potuto essere – ancora potrebbe essere. Concede a se stesso di domandarsi per quali cose poco irrilevanti litigheranno tra qualche anno, come sarebbe svegliarsi accanto a lui ogni giorno, aspettarlo che ritorni da questa o quella visita all'estero, fare visite senza precedenti nel suo ufficio... Condividere cento, mille più pranzi con suo padre e i suoi nipoti, leggere cento, mille più libri al suo fianco sul divano, opportunamente dimenticandosi di essere seduto accanto a un monarca. È stato bravo finora a farlo, in ogni caso.

È come se le labbra calde e brucianti di Thorin fossero lì per convincerlo che c'è un modo per far funzionare tutto – è propenso a crederci. Non sa a cosa Thorin crede, non vuole indovinare. È per questo che, quando si separano e il Re borbotta 'Ho qualcosa per te', suona alle orecchie di Bilbo come 'Seguimi', e non lo mette nemmeno in discussione.

Thorin lo porta allora alla camera da letto di cui Bilbo ha sempre e solo intravisto l'interno – fa l'impossibile per tenere a freno la sua eccitazione. Esita alla soglia comunque. La camera è spaziosa, di legno scuro e semplici pareti bianche, e Bilbo si imbeve dei dettagli, l'abito appeso su una porta che deve portare all'armadio, un'altra porta socchiusa che rivela un bagno... le cravatte appoggiate sopra la poltrona accanto alla finestra come se non fosse il posto più ridicolo dove tenerle. La libreria, e il quadro piuttosto accattivante di una catena montuosa accanto ad essa.

Comunque, alla camera servirebbe un po' più di... disordine. Una pianta o due forse. Il letto è fatto in modo molto ordinato, e Bilbo sa che Deidre si occupa di questo – non può fare a meno di chiedersi quante altre persone si siano avventurate qui dentro. Lui stesso ha mantenuto le distanze, per offrire a Thorin almeno qualche spazio personale, letteralmente, per ritirarsi se ne avesse mai avuto bisogno, ma entrando qui, vede che è molto simile a tutta la sua persona – molto pulito, molto severo a prima vista, accuratamente raffinato in modo che non permette molta intuizione personale. Oh beh. Sa come incrinare il suo guscio, non è vero? Dio, deve essere tutto il vino, che lo rende coraggioso in modo inappropriato (o semplicemente inappropriato?).

Thorin fruga nel ripiano superiore del suo comodino, e alla fine tira fuori una lunga scatola stretta di un design semplice, consegnandola a Bilbo, che accetta con cautela, quasi con circospezione.

“Buon compleanno,” ripete il Re.

“Mi hai preso un... oh Dio, oh tu non... non dovevi, veramente, io...” balbetta Bilbo, ma le sue dita funzionano da sole, aprendo il coperchio e rivelando un bellissima penna in un sacchetto di raso scuro, con il nome di Bilbo inciso sulla sua lunghezza in lettere curve e nette.

“Non è molto, ma ho pensato... Beh. È della collezione mithril che il Palazzo aveva fatto per le Celebrazioni della Pace, e vedi, mi dicono che le penne mithril dovrebbero essere incredibilmente poco pratiche, ma ho pensato che fosse... non così male.”

“Non così male,” ripete Bilbo con un filo di voce, continuando a fissare la penna – è del colore non-proprio-argento del metallo raro, infatti bianco quasi raggiante, e quando la prende dal suo involucro, è piacevolmente pesante tra le dita.

“Non sono mai stato troppo bravo a fare regali, in realtà, io... mi ricordo quando ho dato a mia sorella quello che doveva essere una copia originale del XVIII secolo di questo o quel testo filosofico per il suo ventesimo compleanno, ma si è rivelato essere una riproduzione a buon mercato, e credo che mio padre volesse trovare e denunciare l'uomo che me l'aveva venduto, io...”

C'è qualcosa di immensamente confortante nello scoprire che anche i re farfugliano senza scopo. Per fortuna, la voce di Thorin si affievolisce per conto suo, e Bilbo si accorge di avere un sorriso a trentadue denti stampato in faccia.

“Grazie”, dice semplicemente, in modo chiaro, e quando Thorin corruga la fronte, come se una reazione così positiva fosse l'ultima cosa che si aspettava, Bilbo ridacchia, chiudendo la scatola e mettendola sul letto mentre si avvicina Thorin.

“Grazie,” ripete, “La adoro.”

Francamente, è contento che non era un orologio. O qualcosa di altrettanto costoso in modo sconcertante. Una penna è il regalo perfetto, visto che là fuori nel mondo normale, si stanno... Dio, non vuole nemmeno usare la parola 'frequentando', ma sì, frequentando da poco più di tre settimane. Dio santo. Ancora una volta, Thorin sembra ipnotizzato dal semplice gesto di Bilbo di prendere le sue mani nelle proprie, abbassando lo sguardo, un piccolo sorriso che danza sulle sue labbra. E sono nella sua camera da letto, e Bilbo ancora quasi si aspetta che Dwalin o qualcun'altro venga a bussare alla porta ancora una volta, ma non succederà. Per ora. Fa un passo ancora più vicino, le mani ora che viaggiano in alto sul petto di Thorin fino alle sue spalle, sempre un'impresa impressionante.

È passato tanto tempo, e non ha un manuale per le istruzioni. Non è sicuro di averlo mai avuto. Vagamente ricorda di essere abituato a... essere oggetto delle cure di qualcuno, ma in qualche modo, sa che questo non basterà. Non con Thorin. Non ha mai convocato il coraggio di chiedere sulla sua... storia, ma ovviamente, nella posizione in cui è, non sarà stata certamente fruttuosa. Bilbo lo trova terribilmente accattivante, con una punta di tristezza, naturalmente, ma eccolo qui, e ha quello che serve per, per prendersi cura di Thorin. Dovrebbe essergli consentito di farlo?

La questione diventa irrilevante quando si baciano di nuovo, e in qualche modo, riescono a rassicurarsi a vicenda, senza dire una parola, che questo è quello che davvero vogliono. A qualunque cosa 'questo' equivarrà. Senza fretta. Senza –

“Thorin?” riesce a borbottare Bilbo, e sente il Re che letteralmente si pietrifica sotto il suo tocco, “quello era il tuo stomaco?”

Thorin lo guarda bocca aperta con vero orrore, esalando un po' disperato prima di distogliere lo sguardo.

“Mi dispiace,” mugola con un filo di voce, “io–”

Quando è stata l'ultima volta che hai mangiato?” chiede Bilbo in tono severo, ed è perfettamente consapevole di quanto questo sia incredibilmente surreale, ma oh Dio, quando mai è stato tutt'altro?

“Io non...”

“Non ti ricordi, vero?”

Scopre di stare trattenendo una risata, che ribolle sotto la superficie – Thorin sembra uno scolaretto che è stato appena rimproverato. Uno scolaretto la cui presa sui fianchi di Bilbo lo distrae immensamente, ma che ci vuoi fare.

“Non ho... riflettuto a fondo,” ammette il Re, “su tutta la faccenda di riempire il frigo. Deidre l'ha fatto quando io non c'ero, e non mi è venuto in mente di chiederle di prepararmi qualcosa, e sono solo arrivato pochi minuti fa, e stavo per andare a fare una doccia e forse mangiare qualcosa dopo, ma poi ti sei presentato...”

“Oh Dio, Thorin,” Bilbo ride, mortalmente certo che scoprire che il Re è altrettanto irrimediabilmente loquace quando è nervoso come lo stesso Bilbo, potrebbe essere la scoperta del secolo.

“Va bene, ecco cosa faremo,” dichiara, e Thorin alza lo sguardo solo quando gli accarezza la guancia, “adesso vai a farti una doccia, e nel frattempo ti faccio un panino. Come ti sembra?”

Se non fosse più giudizioso, Bilbo avrebbe definito l'espressione sul volto di Thorin un 'broncio imbarazzato'.

“Ma noi... voglio dire, tu...” brontola, ancora riluttante a guardare Bilbo dritto negli occhi.

“Sì, è il mio compleanno, e noi ne trarremo il massimo,” dice Bilbo, “ma nonostante quello che tu possa pensare, il tuo stomaco che brontola distrae parecchio, e crea... un'atmosfera completamente diversa, ad essere onesti.”

“Mi–”

“Tu, doccia, ora. Io, cucina. Ci raggruppiamo tra... il tempo che ti ci vuole.”

Thorin corruga la fronte, ma dura per circa un secondo, prima di scoppiare a ridere intorno alla parola, “Raggruppiamo?”.

“Penso che un po' del gergo di Dwalin mi stia contagiando, che posso dire,” Bilbo fa un gran sorriso, sentendosi incredibilmente, meravigliosamente stordito, “ora sciò. Va via.”

“Non credo che ci sia molto con cui cucinare però–”

“Stai scherzando? Quel frigo straripa. Vai . O niente panino.”

Thorin lo guarda per un po', ma poi abbassa le spalle, e fa un sorrisetto soddisfatto, le mani che scivolano dalla vita di Bilbo, e scompare obbediente in bagno. Bilbo rimane lì completamente inutile per quello che potrebbe essere un eone, un sorriso ebete stampato in volto, ma si riprende abbastanza velocemente alla fine, e si fa strada verso la cucina. Il compleanno più strano che abbia mai avuto. E non lo cambierei per nulla al mondo.

Il frigo gli ronza in tono accusatorio, mentre ne scruta l'interno per troppo tempo, ma alla fine scopre un insieme di salumi e pane, anche un po' di maionese (Deidre la sa lunga), e mentre la spalma, ascolta il sibilo lontano dell'acqua corrente molto contento. Il suo cuore palpita quando si ferma, e scaccia via il nervosismo improvviso con un morso generoso della propria fetta di panino – ecco la cosa perfetta degli spuntini a tarda notte. Non è mai troppo tardi per loro, e i primi possono essere semplicemente chiamati cena. Ride tra sé e sé, dirigendosi a grandi passi verso il soggiorno con un piatto orgoglioso di quello che pensa possa essere alcune delle sue migliori creazioni di panini... E quasi rovina i suoi capolavori facendoli cadere quando Thorin esce dalla camera da letto, con indosso solo uno stupido. Sottile. Asciugamano.

Beh, okay, potrebbe non essere così sottile, ma non cambia il fatto che è l'unica cosa che ha indosso, e i suoi capelli, di solito pettinati all'indietro tutti sistemati, sono scompigliati e ribelli, e... Beh, c'è il resto di lui. Non esiste nessun asciugamano grande abbastanza per coprire quel petto, ipotizza Bilbo, e una parte molto ragionevole del suo cervello gli ricorda di non lasciare la bocca aperta. E... davvero. L'uomo che arrossisce e si scioglie sotto i tocchi e i baci di Bilbo molto timidamente prima che Bilbo lo convinca del contrario, è perfettamente a sua agio a girargli intorno con uno stupido asciugamano. Oh, lo sta assolutamente facendo apposta.

L'immagine è rovinata quando Thorin fa tappa al divano e prende la vestaglia, che, purtroppo, è sufficiente a coprirgli almeno le spalle, e sembra davvero leggermente dispiaciuto per aver dato a Bilbo l'occasione di dare una bella sbirciata. Bilbo gli offre il piatto senza dire una parola, soprattutto perché non può garantire che ciò che uscirebbe dalla sua bocca sarebbe in alcun modo coerente o appropriato.

“Grazie,” Thorin sospira sinceramente, e odora di un qualche doccia gel incredibilmente piacevole, i capelli umidi e la vestaglia nemmeno legata correttamente. È a piedi nudi, ovviamente, e irradia così tanto calore e quella specie di... pulizia... bagnata, che Bilbo improvvisamente fatica a riprendere fiato. Si ricorda molto intensamente di quella volta che lo incontrò nel mezzo della notte indossando nient'altro che boxer e una vecchia t-shirt, e non è sorprendente, che anche i re sono persone? Sì, incredibile. Un'incredibile distrazione, grazie mille.

Muhud turgun, sono così buoni,” Thorin esprime la sua gratitudine per quanto riguarda i panini, e Bilbo gli sorride un po' a disagio.

“Bene, io...”

“Oh, vuoi fare una doccia anche tu?” chiede Thorin come se fosse la cosa più casuale del mondo, e Bilbo deglutisce. Vuole fare una doccia? Il suo cervello che si sta rapidamente surriscaldando sopravviverà senza di essa? Queste sono le vere domande.

“Non... non ho un cambio di vestiti?” fornisce il primo argomento che la sua testa riesce a generare.

“Non dovrebbe essere un problema,” dice Thorin, la bocca piena, sembrando molto soddisfatto di come stanno andando le cose, mentre Bilbo si chiede semplicemente se la cardiopatia prevalente da parte della famiglia del padre potrebbe dopotutto manifestarsi se decide di farsi una doccia molto fredda.

“Ah, bene,” riesce a dire, nella speranza che la doccia farà la stessa cosa che ha fatto per Thorin, che è quello di metterlo quasi incredibilmente a proprio agio.

Funziona un po'. Un pochettino. Non aiuta pensare a dove esattamente si sta facendo la doccia (il piano superiore del Palazzo Reale ereboriano, negli alloggi del Re, usando il suo sapone e fissando le piastrelle blu cielo come se lo strano motivo su di loro contenesse le risposte a tutte le sue domande scottanti, porca miseria Bilbo Baggins). Inoltre non aiuta scivolare nella vecchia t-shirt che Thorin gli ha preso per lui, e si domanda se ne abbia molte, molte di più, forse ha delle band t-shirt, immagina il Re che va a un concerto, immaginalo in una vecchia t-shirt sfilacciata dei Metallica, buon Dio, non dovrebbe essere così attraente, gli uomini in una band t-shirt non non sono mai stati il tuo tipo, ma poi del resto, non sei mai stato con un re prima d'ora...

Si rende conto che sta fissando la propria immagine riflessa nello specchio, per lo più appannato e facendolo sembrare molto meno teso di quello che sente. Si passa una mano tra i capelli, avendo la ferma convinzione che rovinare qualcosa che già sembra un mucchio disordinato di fieno sia impossibile, e riesce a fare un debole sorriso, tirandosi su di morale di circa l' un per cento di un milionesimo. La vista fuori dal bagno fa per fortuna un lavoro molto migliore.

Thorin è disteso sul letto, quasi seduto, appoggiato su numerosi cuscini, ma si sta appisolando, la testa inclinata di lato, le mani incrociate sul ventre quasi perfettamente. Bilbo esita, insicuro di che cosa dovrebbe fare, ma non appena si fa coraggio e preme il ginocchio contro il materasso, Thorin solleva le palpebre, rivelando il blu brillante degli occhi, e fa un sorriso dolcissimo.

“Scusa,” borbotta.

“Giornata lunga,” dice Bilbo, rigettando la scusa, finalmente radunando abbastanza coraggio per almeno sedersi sullo stupido letto.

Thorin allunga la mano verso di lui e le loro dita si intrecciano, e Bilbo pensa, okay, okay, c'è una distinta possibilità che questo potrebbe portare ad un certo numero di esiti lascivi. Ma poi del resto, non può immaginare... beh, fare qualsiasi altra cosa adesso. Andarsene da qui? Fuori questione. Preoccuparsi del giorno successivo, dei prossimi due giorni, o di qualsiasi cosa che vada oltre i prossimi dieci minuti? Inconcludente, e probabilmente inutile.

È tutto calore. Il tessuto della t-shirt che Thorin ha dato a Bilbo è incredibilmente sottile, e la vestaglia del Re è morbida e liscia, ma Bilbo è più interessato alla fornace al di sotto di essa. Mentre risale sul letto il più vicino possibile, la mano di Thorin si posa sulle sue reni, e dopo i primi due secondi a baciarsi, Bilbo si fa coraggio e preme il palmo sul petto di Thorin, il pollice che solleva l'orlo della vestaglia alla ricerca della pelle. Si solleva ancora più in alto, mentre la punta delle dita viaggia dalla clavicola di Thorin al collo, il che induce un lieve sussulto, e Bilbo non può fare a meno di domandarsi quale risposta le sue labbra sullo stesso punto porterebbero. Come se lo sfidasse a provare, Thorin avvolge il braccio stretto intorno alla vita di Bilbo, e anche se è un po' diffidente ad appoggiare il peso sul petto di Thorin, scopre di non avere molta scelta.

Il letto scricchiola silenziosamente mentre il loro peso si sposta, e Thorin si irrigidisce in un primo momento, quando Bilbo si risistema in modo che la sua mano possa viaggiare più in basso, per esplorare le regioni più interessanti, ma quando Bilbo apre gli occhi per determinare la situazione, non vede altro che calma e soddisfazione. Bacia Thorin in modo che non svaniscano, e la sua mano trova presto il nodo lentamente legato della fascia che tiene la vestaglia al suo posto. Sente i muscoli dello stomaco di Thorin che si tendono e danzano mentre la scioglie, e quando non c'è più, quando la toglie di torno, il prossimo corso di azione ha decisamente bisogno di conferma.

Le palpebre di Thorin sono pesanti, le labbra rosee, e Bilbo si meraviglia, è un re che stai devastando. In senso figurato o meno.

In senso figurato e meno, come è evidente. L'asciugamano è ancora al suo posto, e le dita di Bilbo ne sfiorano l'orlo avvolgente, scoprendo il bacino, scoprendo le tracce di peli e la pelle sorprendentemente morbida...

Scoprire che spingere il respiro di Thorin molto leggermente verso il tremante e l'irregolare non è affatto difficile. Troppo potere per un solo uomo, balena attraverso la sua mente, e sorride con affetto, mezzo divertito e mezzo stordito, e Thorin non lo mette nemmeno in discussione, ricambia semplicemente il sorriso, ma anche quello vacilla quando Bilbo si avventura ad allentare l'asciugamano.

È passato molto tempo per Bilbo, ma poi, è stato molto tempo anche per Thorin, se la sua risposta al tocco sperimentale di Bilbo ne è di alcuna indicazione. Tempra i suoi sospiri con baci morbidi, le sue dita si aggrovigliano nei capelli umidi di Thorin graffiando delicatamente, mentre l'altra mano è occupata altrove con un compito molto diverso. Bilbo non si è mai considerato particolarmente libidinoso, è sempre stato piuttosto riservato, ma il petto ansante di Thorin, sotto il proprio, il suo corpo che si gonfia in risposta ai suoi tocchi, ricorda a Bilbo cosa vuol dire avere qualcuno che realmente accende qualcosa dentro di lui. Da parte sua, è molto più interessato al piacere di Thorin che al proprio, e va bene, probabilmente. È tutto quello che può dare – in questo, almeno, può essere disinteressato per un po'.

Si muove per ottenere una migliore... beh, presa, le labbra sigillate ora sulla clavicola di Thorin, a cui risponde con nient'altro che approvazione, Thorin ansima qualcosa che potrebbe essere l'inizio del nome di Bilbo, o semplicemente una lode per il suo corso di azione. Bilbo non si ricorda che tutto questo fosse sempre stato così facile, con chiunque altro. Non che lui abbia una pletora di esperienza da utilizzare, ma se dovesse azzardare un'ipotesi, probabilmente dovrebbe dire che in confronto al Re, ha condotto una vita più libera dalle restrizioni e diverse regole che implorano di essere rotte. A proposito di implorare... sfiora più in basso con la punta della lingua, in modo valoroso, il ritmo della sue carezze osa essere solo un po' più veloce, e Thorin gli concede un vero e proprio gemito, così come un mormorio di una supplica in khuzdul, e Bilbo non può non alzare lo sguardo verso di lui. La vista non delude, e la vulnerabilità impossibile scritta dappertutto sui lineamenti di Thorin costringe Bilbo ad avvicinarsi, accarezzargli la guancia e baciare rassicurazioni sulle sue labbra.

“Va tutto bene,” mormora senza fiato, i fianchi di Thorin che ondeggiano in avanti sempre leggermente, “va tutto bene. Thorin, sono...”

Il Re di Bilbo si lascia andare con un grugnito smorzato e strascicato, inarcando il collo, e Bilbo aveva dimenticato tutto riguardo a questo sentimento di successo che gli manda brividi lungo la schiena. Thorin respira profondamente, quasi avidamente, gli occhi chiusi, e quando Bilbo striscia più vicino, entrambe le sue braccia che lo avvolgono, il loro bacio celebrativo molto profondo, tra il bagnato e il vagamente sdolcinato, Thorin esala un sospiro soddisfatto attraverso il naso. Mantenendo almeno un frammento di sensibilità, Bilbo prende l'asciugamano per coprirlo, e il Re emette un suono quasi infelice, ma le sue labbra si spiegano in un sorriso subito dopo.

I suoi occhi sono offuscati e incredibilmente scuri per il piacere, e Bilbo trova di riuscire ad averne abbastanza della vista. Certamente l'epitome del rimirare disperato d'amore è proprio lì, ma almeno è reciproca. Il caos tra di loro è attualmente di poca importanza, e Bilbo osserva il respiro di Thorin che si normalizza, guarda la punta della lingua che danza sulle sue labbra, sfiora con il pollice cautamente le rughe che si aprono a ventaglio all'angolo dell'occhio.

“Sono... è passato molto tempo,” mormora Thorin quasi timidamente, e Bilbo ridacchia ed annuisce, il calore e la morbidezza dell'abbraccio di Thorin lo sta rendendo rapidamente e molto piacevolmente assonnato.

“Non credo che...”

“Andiamo a dormire e basta,” interrompe i dubbi che Thorin potrebbe avere, baciando il proprio sorriso sulla sua bocca finché non si stabilisce lì in tutta sicurezza.

“Non vuoi...?”

“Sto bene,” biascica Bilbo, sistemandosi in modo da poter seppellire la testa nell'angolo della spalla di Thorin, “e tu?”

“E io – beh, sì, credo di sì,” risponde Thorin, la sua dolce risata un bel rombo che riverbera attraverso il suo petto e dritto in quello di Bilbo, mettendolo a suo agio: “Penso solo che io... potrei volere...”

“Oh, giusto, sì,” Bilbo sospira, persino alzare il braccio dal torace di Thorin è un compito quasi sovrumano, “vai. Io... rimarrò qui...”

Le ultime parole vengono fuori come rassicurazioni biascicate, e a Thorin potrebbero servire minuti o ore, ma non appena Bilbo si rannicchia su se stesso nelle lenzuola morbide, inizia ad appisolarsi e nient'altro importa davvero. Tutto quello che sa è che ad un certo punto, delle braccia forti si avvolgono di nuovo intorno a lui, e trova conforto in modo incredibilmente facile, i baci teneri premuti sui suoi capelli e dovunque Thorin possa raggiungere finalmente riescono a cullarlo in un sonno profondo, molto piacevole e senza sogni. Cos'altro potrebbe mai desiderare?

***

Non va via. Non è stato un sogno, è successo davvero. È la prima cosa che gli passa per la mente quando si sveglia, accoccolato e caldo, e il suo primo movimento sperimentale si scontra con la migliore resistenza possibile, che è il corpo di Thorin dietro di sé. Si rotola a pancia sopra, costringendosi ad aprire gli occhi solo un pochettino. Molto lentamente, si sposta più vicino all'impossibile larghezza della schiena di Thorin, mettendo un braccio sopra di essa, la guancia schiacciata contro la nuca, il pollice che accarezza gentilmente il tessuto morbido della t-shirt che Thorin si è messo ad un certo punto. È perfettamente pronto a ritornare a domire così, ma Thorin si muove, esalando un respiro profondo e spezzato, la sua mano che si chiude su quella di Bilbo, e quando Bilbo preme le labbra sulla sua schiena (cosa completamente inutile ad essere onesti, ma non può davvero resistere), la montagna di muscoli e calore del corpo si sposta e si muove finché non si trovano uno di fronte all'altro, i nasi ad un centimetro di distanza.

Bilbo evoca un piccolo sorriso, troppo pigro per forzare gli occhi aperti di nuovo, e il respiro di Thorin è caldo sulla guancia, la mano si stabilisce sulla sua vita, le dita trovano la loro strada sotto il tessuto. Bilbo lo premia con un gemito fintamente dispiaciuto, ma il suo sorriso non smette mai di allargarsi, in realtà.

Baknd ghelekh,” bisbiglia Thorin.

“Buongiorno,” borbotta Bilbo, “Aspetta, lo è? È mattina?”

“Credo di sì.”

“Beh, è un...”

Ma poi il cervello di Bilbo si mette al passo con le sue parole, facendogli capire che sì, è un bel po' di cose, e apre gli occhi.

“È mattina,” ripete, e Thorin in qualche modo riesce a sollevare un sopracciglio, anche con mezza faccia sepolta nel cuscino.

“È ciò che di solito segue la notte, sì,” ridacchia, e davvero, lo scorcio di un senso dell'umorismo è probabilmente una testimonianza di quanto rilassato sia l'atmosfera, ma... No, la mente di Bilbo è troppo confusa per quanto si senta a suo agio; non riesce a ricordare cos'è che sta dimenticando.

“Che ore sono?” chiede, cominciando ad imbeversi della luce nella stanza, della varietà vivace e dorata da 'decisamente oltre il normale orario da sveglia'.

Rimpiange la domanda immediatamente, perché arriva con il lato sgradevole di Thorin che si allontana, lasciando dietro di sé nient'altro che aria fredda e vuota. Solo il sussulto scioccato gli fa aprire gli occhi di nuovo.

“Allora?” chiede, e gli occhi di Thorin sono spalancati quando si volta a guardarlo.

“Sono quasi le dieci.”

“Le dieci del mattino?” esclama Bilbo, dimenandosi per mettersi a sedere.

“È quello che dice l'orologio.”

“È rotto,” decide Bilbo con fermezza, strisciando verso Thorin per sedersi accanto a lui, scrutando i numeri digitali rosso acceso, sperando che la sua vista sia progressivamente peggiorata durante la notte e non può effettivamente vedere affatto bene, senza i suoi occhiali.

“Avrei dovuto essere in una riunione trenta minuti fa,” nota Thorin, massaggiandosi la fronte, “Io... giuro che volevo impostare un allarme ieri sera, io...”

“I ragazzi!” Bilbo sussulta, “oh Dio! Avrei dovuto svegliarli, Thorin–”

“Aspetta,” dice, e se il suo tono deciso non è stato sufficiente per calmare Bilbo, la mano sul suo ginocchio fa definitivamente il lavoro.

Thorin prende il telefono fisso sul comodino, premendo quello che deve essere un tasto di chiamata rapida per Balin o qualcuno di simile, e Bilbo geme, abbracciandosi il braccio ed appoggiando la tempia contro di esso in esasperazione mite.

“Balin,” dice Thorin, il pollice che accarezza la gamba di Bilbo, “noi – mi domandavo solo... che vuoi dire? Sono le dieci del mattino! … Perché? Oh. E gli italani? Ah... capisco. Hai...? Ah. Oh, e i Principi? Ah-ah. Beh allora, io... okay. No, sì, va bene. Sì. Mandali su, solo... sì. Ehm. Grazie.”

Riaggancia sembrando più sbalordito che altro, e Bilbo inarca le sopracciglia.

“Allora?”

Thorin lo guarda a bocca aperta come se per un momento fosse un miraggio, ma poi sospira, grattandosi la testa, corrugando la fronte confuso.

“Allora, sembrerebbe che Balin abbia rimandato la mia riunione. E ha fatto sì che i Principi facessero la loro prima colazione alla solita ora, e andassero alle loro lezioni. Tuttavia, sembravano piuttosto ostinati a scoprire cosa diavolo, ehm... ti fosse successo, e anche mio padre vuole parlare con me, e... Balin ha pensato che sarebbe stata una buona idea fare un altro pranzo tutti insieme... qui, a quanto pare. Verranno tutti qui quando i ragazzi saranno tornati, il che ci dà... beh, un sacco di tempo? Penso?”

Dice ogni parola come se a malapena riuscisse a crederci, e il sorriso di Bilbo si allarga così tanto che pensa che le guance inizieranno a fargli male alla fine.

“È... beh. È un bene?” si azzarda ad indovinare, e Thorin sorride.

“Suppongo di sì. Sì.”

***

Riescono a scendere dal letto alla fine, tutti e due un po' storditi (tra le altre cose) per essersi svegliati così tardi, e dalla mancanza di responsabilità davanti a loro. Fanno il caffè e lo bevono con le braccia che assicurano la vicinanza l'uno dell'altro, guardando fuori dalle finestre del salotto, al di sotto il trambusto del Palazzo in corso con le attività abituali della domenica facendoli sentire strani, ma piacevolmente indipendenti.

Bilbo fa i pancake. Prepara anche una generosa quantità di bacon e uova strapazzate, e quant'altro il frigorifero possa produrre, e consente a Thorin pochissima assistenza (le sue braccia avvolte intorno alla vita di Bilbo e il suo naso seppellito tra i capelli viene rapidamente classificato come l'esatto contrario di aiuto). Si sente al sicuro... Pericolosamente al sicuro, forse. Non parlano di ieri sera, ma quello che è successo, e questa sua continuazione, sembrano a Bilbo come se fossero la cosa più naturale che abbia mai fatto, priva di inutili preoccupazioni, e ha intenzione di mantenerla così, anche se solo per questa magnificamente bella domenica.

Solo quando Balin chiama per confermare i loro programmi per il pranzo, Bilbo ricorda che ha passato le ultime ore in nient'altro che i suoi boxer e una vecchia t-shirt di Thorin che è fin troppo grande per lui, e tutti i suoi vestiti puliti sono ad un piano sotto di loro nella sua stanza – la distanza da qui a lì sembra insormontabile. Alla fine, concordano su un piano molto sensato, che coinvolge Bilbo che scivola fuori, si cambia nel suo appartamento e torna da Thorin tutto formale per il pranzo che Deidre e le sue cameriere porteranno, dando la colpa al suo dormire fino a tardi alla festa di compleanno della notte scorsa. Per quanto siano entrambi interessati, è più facile così adesso che spiegare ai Principi che si è ritrovato a stare nel letto del loro zio durante la notte.

Eppure, si imbatte in molte più persone di quanto forse gli piacerebbe per la sua strada al piano di sotto, tra cui Dwalin, che gli offre solo un cenno conciso e un 'buongiorno' (anche se è meno scontroso del solito, se il cervello di Bilbo che ancora sta nuotando in una felicità avventata è capace di giudizio), e Balin, che non fa altro che confermare che ha provveduto – e sta provvedendo – a tutto, e non commenta ulteriormente. Oh, beh. Piccole misericordie, probabilmente.

L'appartamento di Bilbo sembra stranamente estraneo, come se ci stesse tornando dopo diverse notti, non una, e si cambia rapidamente, desiderando di essere di nuovo negli alloggi del Re nel più breve tempo possibile.

“Buon compleanno!”

Ecco i due Principi che esclamano all'unisono non appena entra nelle loro stanze, e sembrano così felici di vederlo, Kíli si lancia praticamente tra le sue braccia, come se non si vedessero da anni.

“Stai bene?” chiede, mentre Fíli commenta, “Balin ci ha detto che non ti sentivi molto bene.”

“Giù di corda! Giusto?” dice Kíli, ricordando una delle frasi che Bilbo gli ha insegnato tanto tempo fa.

“Proprio così,” sorride, “Ho avuto una festa di compleanno ieri. Ed è stata... beh, davvero divertente, ma penso che ci sia stato un po' troppo entusiasmo per me, capisci. Avevo... un mal di testa terribile quando mi sono svegliato stamattina.”

“Ma stai bene adesso? Perché abbiamo dei regali per te!” Il giovane Principe salterella intorno per la pura eccitazione, “dai, Fíli!”

Fíli rotea gli occhi con un sorriso.

“Sì, va bene, va bene.”

Bilbo lo guarda sorpreso mentre va a prendere qualcosa dalla sua scrivania, ma Kíli gli sta già spingendo qualcosa in mano.

“Questo è da parte mia! L'ho disegnato io! Vedi? Siamo noi, e quella è la macchina, e beviamo i frappè... questo è alla fragola, per Fíli, e alla banana per me, e alla cioccolata per te... E c'è Indâd, ma è piccolo perché all'inizio mi sono dimenticato di disegnarlo, e non ha un frappè perché non so quale gli piace.”

“Oh, Kíli, è bellissimo,” Bilbo ride, tenendo il foglio con molta cautela, come se quasi fosse fisicamente appesantito dalla quantità di acquarelli usati per dipingere il disegno magnificamente caotico, “grazie mille!”

“Buon compleanno,” il piccolo Principe gli sorride, e quando Bilbo gli scompiglia i capelli, va ad inseguire Muzmith il gattino, che sembra un po' sorpreso da tutto il putiferio, cullandolo tra le braccia e guardando quando Fíli presenta il suo regalo.

“Non è molto,” borbotta, “ma sai che ho fatto tutte quelle foto nella casa di montagna? E ne ho fatte tante altre di tutta la nostra vacanza, e io... beh, non so come definirlo in inglese, ma ho fatto una sorta di...”

“Fammi vedere,” Bilbo sorride, e Fíli gli porge quello che risulta essere un album fotografico splendidamente rilegato.

Lo sfoglia, e ci sono decine di foto dwlle vacanze estive, molto ordinatamente classificate in base a tutti i luoghi dove sono stati, e accompagnate da piccole note nella più bella calligrafia di Fíli. Ci sono i tramonti e le onde del mare della Marsiglia, e la rugiada del mattino e gli stormi di uccelli e i prati che nuotano nella nebbia mattutina dalla casa di famiglia di Ori, l'amico di Fili, e naturalmente, la casa in montagna con i suoi giardini di rose e i muri in pietra e le camere accoglienti. Fíli ha davvero un occhio per le cose sottilmente belle, Bilbo ne rimane incantato.

“Questo è... fantastico, grazie,” dice al Principe in tono serio, “veramente, grazie. Lo conserverò.”

Fíli sembra tranquillamente soddisfatto, e concordando che Bilbo lascerà i regali nelle stanze dei Principi per poi prenderli più tardi, si ricorda che ha lo stesso patto con Bombur e Mirjam, una delle loro dispense straripa di varie bottiglie alcoliche e scatole di cioccolatini della scorsa notte. Se tutto quello che deve realizzare oggi è raggiungere a piedi l'edificio del personale per portare tutto quello nel suo appartamento, allora pensa che potrebbe effettivamente essere stata una domenica piuttosto meravigliosa.

Thráin è già dal Re quando arrivano, con Deidre tra tutte le persone che si dà da fare per lui, e in qualche modo riesce anche a preparare la tavola, allo stesso tempo. Il padre di Thorin è incredibilmente felice di vedere i suoi nipoti però, le sue smorfie scontrose si disperdono immediatamente e completamente quando vengono a salutarlo, e Bilbo li lascia stare, affrettandosi dietro Deidre in cucina.

“Avevate tutto il necessario stamattina?” chiede la donna molto casualmente, tagliando almeno cinque diversi tipi di verdure per ciò che si preannuncia essere un'insalata, e Bilbo si pietrifica momentaneamente.

“Io...” riesce a dire.

“Pensavi che avrei creduto che Sua Maestà avesse deciso tutto da solo di passare ad una dieta sana e un frigo pieno dal nulla?” La donna ridacchia, e Bilbo arrossisce, grato quando lei lo lascia avvicinarsi per aiutare con i preparativi.

“Ho anche trovato qualcosa di tuo,” aggiunge con gioia, premendo nella sua mano un fagotto di quello che risulta essere la sua cravatta, “beh, Thorin l'ha trovata, ma era troppo occupato ad arrossire come un adolescente per capire cosa farci. Quindi.”

“Oh, wow,” Bilbo sospira debolmente, racchiudendo così l'imbarazzo bruciante, ma anche l'aspetto quasi inverosimile da 'questo non accade davvero nella vita reale'' di tutta la situazione.

“Direi,” concede lei, “adesso sciò. Va via.”

Il pranzo è, proprio come il giorno precedente, assolutamente incantevole. Il tavolo dove si sono riuniti è diverso da qualsiasi cosa a cui tutti loro sono abituati, i ragazzi e Bilbo solitamente sono ammassati all'angolo di un tavolo sconvenientemente lungo e pomposo nella loro sala da pranzo al piano terra, ma la mancanza di spazio ridondante risulta essere la cosa migliore. Kíli e Fíli chiedono di sedersi ad ogni capo di esso, qualcosa che gli adulti felicemente accettano, in quanto significa che Thráin e la sua spaziosa sedia a rotelle occuperanno un lato del tavolo, e Thorin e Bilbo si trovano a sedere insieme all'altro lato.

Deidre li serve e Bilbo aiuta, ignorando completamente le sue proteste veementi, e passa la maggior parte del tempo ad ammirare l'impossibile ed accogliente domesticità di tutto quanto. I Principi sono allegri e rumorosi, descrivendo al nonno come trascorreranno la prossima settimana; Kíli annuncia con orgoglio che ha intenzione di partecipare ad un'altra recita, mentre Fíli (con l'incoraggiamento di Bilbo) riesce a trasmettere il suo desiderio di avere una propria videocamera, qualcosa di cui ha parlato fin da Marsiglia. Thorin accetta abbastanza facilmente, rilassato e sorridente, e Bilbo si chiede se tutto sia dovuto al fatto che ha osato furtivamente mettere la mano sul suo ginocchio sotto il tavolo, o se questo è solo un minore valore aggiunto. In entrambi i casi, si sente quasi orgoglioso, e sicuramente molto, ma molto felice, di vedere Thorin così, il sottofondo di stress e il senso avvolgente del dovere di solito persistente appena sotto la superficie ora dispersi del tutto.

La vasta sala è inondata dal bagliore dorato del mezzogiorno, infinitamente più accogliente per la presenza aggiuntiva, e il pollice di Thorin accarezza il dorso della mano di Bilbo prima di aver bisogno di separarsi per avere almeno qualche possibilità di affrontare la portata principale, e Bilbo pensa di non desiderare nient'altro nella sua vita. Ha trovato l'unica cosa che lo fa sentire di nuovo completo, che lo fa sentire a casa, e rinunciarci sarebbe... Kíli lancia attraverso il tavolo mezzo pomodorino che atterra quasi con eleganza nell'insalata di Fíli, il che riceve un unanime esasperato gemito da parte di tutti gli adulti, ma per fortuna, Fíli è abbastanza responsabile da non reagire, e il sorriso da bravata di Kíli è troppo largo e innocente per essere tutt'altro che divertente. Bilbo lo aiuta a rimuovere tutti i pomodori dal suo piatto, e vengono ceduti a Fíli, e cerca di trovare un modo di far sapere loro che non è stato così felice... da molto tempo.

***

La sensazione dura per un bel po', tutto sommato. Quasi l'intera giornata. Dopo il pasto, e un po 'di esplorazione necessaria – i ragazzi non sono stati negli alloggi di Thorin da molto tempo – accompagna i Principi alle loro stanze. Non ha nemmeno bisogno di trovare una scusa per tornare da Thorin dopo, perché Thráin chiede di parlare con lui, il che... potrebbe significare un qualsiasi numero di cose che Bilbo deve capire da solo. Dopo aver accettato in silenzio che Thorin vorrebbe parlare con il padre da solo prima, Bilbo ha abbastanza tempo per passare dall'edificio del personale, aspettandosi il solito putiferio della domenica pomeriggio. E in effetti, Balin è lì, a compilare il turno per la prossima settimana, sincronizzandolo con il programma di Bombur per tutte le cene e i pranzi elaborati che dovranno essere fatti, e Bilbo si rende conto che egli stesso è parte di questo caos rumoroso ed accuratamente orchestrato dei processi dietro le quinte del Palazzo, e se questa deve essere la sua casa, allora lo accetterà, accetterà tutto e anche di più, grazie mille.

“Buongiorno!”

È Bofur, con in mano una tazza fumante di caffè, nascondendosi il più lontano possibile da tutto il trambusto – e apparentemente anche da Mirjam, che sembra clamorosamente arrabbiata per qualcosa, le parole che Bilbo capisce hanno molto poco senso, e quelle che non capisce probabilmente aggiungono un sapore imprecativo. L'autista sembra un po' più smunto di quanto Bilbo si aspettasse, e fa una smorfia quando gli chiede in proposito.

“Sì, Bombur ed io potremmo essere rimasti alzati un po' più a lungo ieri, e come risultato entrambi abbiamo dormito fino a tardi,” esclama, “ma sappi che è stata la prima volta dopo anni. Anni! Ma come puoi immaginare, Mirjam non è troppo entusiasta a riguardo. L'ordine per quel pranzo da portare agli alloggi del Re è arrivato molto, molto tardi, e il mio caro fratello non era nemmeno fuori dal letto in quel momento. Deidre e sua moglie gli hanno fatto passare le pene dell'inferno. Oh beh. Almeno io ne sono uscito meglio, avrei dovuto portare Sua Maestà da qualche parte oggi, ed è stato cancellato all'ultimo minuto. Quasi non potevo credere alla mia fortuna. Mi chiedo cosa gli sia successo, però.”

L'immaginazione di Bilbo sta decisamente raggiungendo il picco, perché sembra quasi che Bofur gli abbia fatto l'occhiolino.

“Buon per te,” dice con cautela neutrale.

“Eh già.”

Va bene, quegli occhi sospettosamente socchiusi non sono sicuramente una coincidenza.

“Ehm, io... c'è rimasto un po' di caffè?” Bilbo si dirige altrove piuttosto goffamente, “Ho un po' di tempo prima di... sai. Doveri.”

“Mmhm,” è la risposta enigmatica di Bofur, ma lui sorride abbastanza facilmente e si avvia vagamente in direzione della cucina, “ce n'è rimasto parecchio. Fa attenzione a non provocare Mirjam però, è un... quale sarebbe la traduzione in inglese di ubzûn gilemel?”

“Ah, un... oh perbacco, tipo un 'campo minato ambulante'?” blatera Bilbo, “vuol dire che è impostata ad esplodere al minimo tocco?”

“Sì, esplosiva e pericolosa. Attento a dove metti i piedi,” Bofur ridacchia e si stende sopra la poltrona, e quando Bilbo torna, sta quasi sonnecchiando.

Sorseggiano il loro caffè tranquillamente mentre sentono Mirjam rimproverare i suoi subalterni con molto fervore, e anche Balin fa la sua apparizione nella stanza altrimenti pacifica, al telefono con qualcuno che lo sta facendo visibilmente infuriare, e per quando Bombur entra camminando come una papera, pallido e spettinato, Bilbo si chiede se la serenità che è riuscito a conquistare nel corso della notte passata non sia costata a tutti gli altri un sacrificio della loro.

“Spero ti sia piaciuto il pranzo,” dice lo Chef, “potrebbe costarmi il matrimonio.”

“È stato – come mai anche i sassi sanno che ero a quel pranzo?” farfuglia Bilbo, e i fratelli si scambiano uno sguardo divertito, anche se stanco.

“Ti rendi conto che era un ordine per un determinato numero di persone,” osserva Bombur, “non è stato difficile fare due più due.”

“È solo un pranzo, rilassati,” aggiunge Bombur, “non è come se ci avessi passato la notte.”

Bilbo sbatte le palpebre – o almeno spera che il suo turbamento interiore non si traduca in qualcosa di più innocuo di un battito di ciglia.

“Era delizioso,” dice con un filo di voce.

“Bene. Sei fortunato che sia stata Deidre a fare gli ultimi ritocchi. Non posso garantire cosa avrebbe fatto la mia cara moglie, al ritmo con cui stava andando.”

“Non ha esattamente offerto uno spettacolo mattutino allegro, nadad,” ironizza Bofur, il che gli guadagna qualche maledizione brontolata e Bombur ciondola la sua corporatura formidabile nella poltrona, chiudendo gli occhi fermamente quando altre grida rimbombano dalla cucina.

“Sei venuto per i regali, suppongo?” sospira, “potresti voler aspettare finché non si calma, altrimenti rischi di trovare una o tutte le tue preziose bottiglie a pezzi quando cercherà di uccidermi.”

“Beh, è stato bello,” Bofur ridacchia, “ma ho paura che adesso il lavoro mi chiami davvero. Ci vediamo stasera?”

“In realtà, ehm, io...” inizia Bilbo, ma prima che possa lanciarsi in una spiegazione complicata di come ha effettivamente intenzione di passare la serata... altrove, gli occhi di Bombur si aprono e dice a Bofur: “zûrâl izu hi uduzhin.”

“Chiedermi di... che cosa? Quale donna?” traduce Bilbo in fretta, lo sguardo che sfreccia da Bombur a Bofur.

“Oh, giusto, sì,” l'autista drizza le antenne, “la tua signorina Smythe è una donna molto dolce, sai.”

“Oh?” Bilbo inclina la testa, “oh, beh... sì, immagino di sì. Cosa...?”

“Abbiamo avuto modo di parlare ieri alla festa, e apparentemente la nonna... lo sapevi che sua nonna è la duchessa di Khazad? Quelle sì che sono persone di classe, e te lo dice qualcuno che porta in giro il Re per tutta la città ogni giorno. Comunque, mi ha detto che la nonna conosceva nostro zio Bifur prima... sai, della rivoluzione. E che vorrebbe molto incontrarlo.”

“Oh, Bofur, mi... dispiace, avrei dovuto dirle di non disturbarti, io–”

“Sciocchezze,” l'autista sorride, “è stata molto gentile su tutto. Non mi ha disturbato affatto, abbiamo semplicemente finito per parlare dei nostri parenti senili, questo è tutto. Sono abbastanza sicuro che la nonna sarebbe la prima persona a voler vedere Bifur senza alcun tipo di secondo fine. Parla di quei giorni un sacco, ora che effettivamente... riesce a parlare, e forse gli piacerebbe avere qualcuno con cui parlare, sai, qualcuno che ha vissuto tutto questo da un punto di vista simile, non so...”

Bofur si scambia uno sguardo affettuoso con Bombur, che annuisce leggermente, e Bilbo sente le mani che gli sudano un po'. Oh, la nonna di Frida potrebbe non aver alcun secondo fine, ma non è così sicuro di Frida stessa.

“Comunque, dobbiamo ancora chiedergli se gli andrebbe che qualcun altro gli facesse visita,” continua Bofur, “ma volevo chiederti... beh, se possiamo fidarci di loro. Lo so, lo so che può sembrare stupido, ma abbiamo avuto a che fare con così tante persone che cercano di mentire per avere un incontro con Bifur, e, voglio dire, la conosci, quindi c'è quel pezzetto di credibilità, tuttavia...”

“Oh, Bofur,” Bilbo sospira pesantemente, trascinandosi la mano sul volto, il gesto visibilmente esasperato prende i fratelli di sorpresa.

“Cosa? Ha forse qualcosa che non va?”

“No, no, non ha assolutamente niente che non vada, hai ragione, è una donna molto dolce. Ma forse dovresti sapere che... beh, esce con Bard Ibindikhel. Come ti sembra come credibilità?”

Lo stesso Bilbo si sorprende. Frida davvero sembrava preoccupata per la nonna l'ultima volta che hanno parlato, e forse non vuole davvero nulla di più che aiutare due amici che non si vedono da tempo a riconnettere... Oh giusto. Ci risiamo col prendersi in giro. C'è un quadro più ampio, da qualche parte in quei numerosi file sparsi sul tavolo di un café, che ora sembra essere stato secoli fa, e Bilbo vorrebbe aver prestato maggiore attenzione alle ipotesi eccitate di Bard e alle idee caute di Frida. Tutto quello che sa è che ora si rifiuta di trascinare più persone in questo. I suoi amici. Le persone che sono arrivati a volergli abbastanza bene da dare una cavolo di festa di compleanno per lui, per la miseria. Ha rifiutato Gandalf prima, quando ha cercato di... beh, di usarlo per arrivare a Bifur, e... Oh, a proposito di Gandalf, l'uomo non si fa né sentire né vedere da molto tempo, e questo è molto atipico da parte sua. Bilbo sente un leggero brivido strisciare lungo la schiena.

“Guardate,” dice con fermezza, “questa è una decisione che dovete prendere voi, ovviamente. Vi siete presi cura di vostro zio finora, quindi... continuate a farlo. Starete tutti bene, ne sono sicuro.”

Bofur lo sta guardando con curiosità, mentre la fronte di Bombur è corrugata con linee preoccupate, e Bilbo realizza che sembrano un po' confusi. Non li biasima, riconosce a stento le parole che gli escono dalla bocca.

“Bard Ibindikhel, eh?” dice Bofur, guardando Bombur, che si stringe nelle spalle quasi impercettibilmente.

“Che tipo è?” domanda l'autista, “è stato lui ad aver gestito tutto questo casino intorno a Thráin abbastanza decentemente, non è vero?”

“Io... Immagino di sì, sì,” risponde Bilbo con circospezione.

“Vedi, stiamo... considerando l'idea di lasciare che qualcuno racconti la storia di Bifur,” dice Bofur, “noi stessi non sappiamo tutto quello che è successo durante la rivoluzione, e non abbiamo il tempo di metterci a ricostruire tutto per ore all'Archivio di Azanulbizar. E certamente non saremo capaci di resistere alla pressione di tutte le persone che vogliono saperne molto di più.”

“Pensi che Ibindikhel sarebbe disposto a farlo, Bilbo?” aggiunge Bombur e Bilbo quasi geme disperatamente.

“Non sono... non potete aspettarvi che io...” tenta debolmente.

“Se chiamassi la signorina Smythe e le chiedessi di chiedere a Ibindikhel da parte nostra, dici che andrebbe bene?” vuole sapere Bofur, e Bilbo guarda i loro volti, tondi e onesti e, soprattutto, pieni di speranza, alla fine, ammette – non per la prima volta, e certamente, certamente non per l'ultima – di esserci dentro fino al collo.

“Credo di sì,” afferma, sconfitto, e i fratelli sorridono.

“Meraviglioso. Oh, questo è così fantastico,” Bofur è raggiante, “grazie per il tuo aiuto.”

“Oh, non credo che questo possa essere classificato come un aiuto,” mormora Bilbo, ma sorride loro, perché dopotutto, è un amico solidale.

Si salutano rapidamente dopo, e Bilbo indugia un po', prolungando la sua permanenza nella comoda poltrona, per quanto possibile, sorseggiando il caffè e sperando che potrebbe mettere a proprio agio la sua mente. Ha accettato di aiutare, questo è vero. Ma questo era per quanto riguarda Thráin, e in ogni caso, le conversazioni che hanno avuto nell'ultima settimana sono state in gran parte inconcludenti. E Bilbo ne è segretamente contento, certo che lo è. Thráin ama rievocare, parlare del passato, ma Bilbo non osa spingerlo verso qualsiasi argomento particolare, e così di solito finisce per ascoltare di questo o quel incidente diplomatico lieve o simili, e di tutte le persone che la Corona ha o offeso o graziato o con cui ha discusso. Lui stesso è incoraggiato a parlare del mondo attuale, per quanto possibile, Thráin affascinato da qualunque cosa sia accaduto durante i dieci anni del suo coma.

Bilbo ha avuto il piacere molto strano di parlare con uno dei suoi medici, una volta, e a quanto pare lo aiuta a mantenere la mente dell'uomo fresca. 'Sta facendo una cosa molto buona' sono state le parole del medico, se Bilbo ricorda correttamente e, beh, chi è lui per mettere in discussione i miracoli? Perché questo è ciò che è il recupero di Thrain apparentemente – miracoloso. Secondo Thorin, i medici non hanno mai visto niente di simile... Secondo Thorin, è tutto troppo bello per essere vero. Bilbo non ha bisogno che glielo spieghi ad alta voce – può benissimo notarlo nei movimenti di Thorin, nei suoi occhi, in tutto il suo essere quando è intorno a Thráin. Si sta concedendo di credere che è tutto vero, e la maggior parte del tempo, funziona meravigliosamente per lui. Ma Bilbo sa che il Re ha passato tutta la sua vita a perdere le cose, piuttosto che a tenerle, ed è abituato alla delusione. Il fatto che non sia ancora arrivata per quanto riguarda il padre è praticamente miracoloso, ma anche sconcertante, e a volte, Bilbo pensa di poter percepire i nervi di Thorin tesi come una corda, pronti a scattare.

Oh beh, pensa cinicamente mentre si avvicina di nuovo agli alloggi di Thorin, se la delusione non si presenta sotto forma di Thráin, potrei anche prendere io il suo posto. 'Sta facendo una cosa molto buona'. Giusto. Finché qualcuno non si farà male, a causa mia. Oh no, aspetta, è già accaduto. Quasi. Hmm.

Il suo filo dei pensieri sempre più angosciante e cupo viene interrotto quando le guardie del corpo lo fanno entrare, e si imbatte in Thorin che cammina per la lunghezza del salotto mentre Thráin guarda fuori dalla finestra con quello che può solo essere descritto come cattivo umore molto regalmente distaccato.

“... Ciao?” tenta Bilbo, e Thorin sospira, offrendogli un sorriso un po' debole, roteando gli occhi quando Bilbo solleva un sopracciglio interrogativo.

“Professore!” Thráin, che sembra trovare una sorta di soddisfazione nell'uso del titolo, nonostante le suppliche di Bilbo del contrario, esclama: “Non abbiamo parliamo dei benefici dell'aria fresca ieri? No?”

“Io... cosa sta succedendo?” chiede Bilbo decisamente confuso.

“Mio padre è in qualche modo venuto a sapere che uno dei suoi vecchi amici è vivo là fuori, e–”

“Bifur Abkhûz,” lo interrompe Thráin, “abbiamo parlato di lui, ricorda?”

Bilbo deglutisce, e Thorin lo guarda con più attenzione ora.

“Lo conosci?”

“Ah, beh... Bofur ha condiviso la storia con me, naturalmente,” dice Bilbo incerto.

“Ed è vivo!” aggiunge Thráin allegramente, “riuscite a crederlo?”

“Hm,” Bilbo inclina la testa, la sua confusione ancora saldamente al suo posto – cerca risposte con Thorin in silenzio, ma il suo sospiro esasperato non offre molto in termini di spiegazioni.

“Allora... qual è il problema?” osa chiedere Bilbo.

“Mio figlio,” Thráin lancia uno sguardo molto penetrante verso Thorin, che si allontana con rigidità (Bilbo avrebbe trovato il tutto molto accattivante in altre circostanze), “non mi permette di vederlo. Dice che è troppo difficile. Troppo pericoloso. Lukhdij, Thorin... Oh, mi dispiace, Professore, significa–”

Non tradurlo, Adad,” brontola Thorin, “il problema è che, il signor Abkhûz non è del tutto in sé, o così mi è parso di capire. Passa il suo tempo in un istituto della città molto protetto e molto privato. Come ho già detto innumerevoli volte, è privato per una ragione. Posso farti entrare lì in qualunque momento, Adad, ma sei ancora debole, e inoltre – e non posso davvero sottolinearlo abbastanza – non posso dedicare il mio tempo a questo prima delle elezioni. Se potessi aspettare...”

“Ma non posso!” replica Thráin con sorprendente fermezza, e con una voce ancora più sorprendentemente alta, e per mezzo secondo, il suo viso tradisce uno stato molto più calzante per l'attuale situazione – per un batter d'occhio, non più, sembra più tormentato e quasi spaventato, e il petto di Bilbo si stringe quando svanisce e sembra diventare più piccolo nella sedia a rotelle, ripiegandosi su se stesso.

“Non posso aspettare,” dice a voce più bassa adesso, “c'è qualcosa... qualcosa che devo dirgli, non posso...”

“Non puoi ricordarlo, sì, lo so,” dice Thorin molto teneramente, e si avvicina, la mano sulla spalla di Thráin dopo un momento quasi impercettibile di esitazione.

Bilbo si domanda a quanti molti altri sfoghi come questo Thorin abbia assistito. Lo stesso Bilbo è probabilmente fortunato in fin dei conti, fortunato che ha sempre avuto il piacere di vedere la parte più piacevole di Thráin. Finora. Il dolore è troppo evidente negli occhi di Thorin quando lancia un'occhiata a Bilbo, ma lo inghiotte rapidamente, e si concentra totalmente sul padre, dall'espressione potentemente accigliata, probabilmente cercando di ricordare al momento quello che deve dire al suo vecchio amico.

“Che ne dici di aspettare, Adad?” propone Thorin dolcemente e con attenzione, “solo per un po'. Finché non te lo ricordi. Possiamo andare insieme quando lo farai. Shândab?

Il momento di attesa sembra durare in eterno, ma alla fine, Thráin annuisce brevemente, la mano che copre quella di Thorin, dandole un piccolo buffetto. Si scambiano qualche frase sussurrata in khuzdul che Bilbo decide di non ascoltare, e poi Thorin si raddrizza, facendo cenno a Bilbo di seguirlo nella privacy relativa della cucina, mentre Thráin riprende a fissare fuori dalla finestra come se stesse cercando di vincere una battaglia contro il paesaggio.

“Devo andare,” dice Thorin, visibilmente infelice per la traversia, “ha ancora voglia di parlare con te, però.”

“Di cosa?”

“Non ne ho la minima idea. Di che cosa parlate di solito?”

“Il tempo,” dice Bilbo automaticamente, con un piccolo sorriso, e Thorin ridacchia con affetto.

“Giusto. Allora forse di quello. La stagione delle tempeste è in arrivo, dopotutto. Basta che... non vuole dirmi come ha scoperto della situazione di Bifur Abkhûz, ma è improvvisamente ossessionato da essa. Se ti dà fastidio...”

“Cercherò di attenermi a... argomenti meteorologici,” Bilbo annuisce, e Thorin sorride brevemente.

“Grazie. Io... Tornerò ad un certo punto della serata, abbastanza presto in realtà. Mi, ehm, chiedevo...”

“Passerò,” Bilbo avverte con successo dove quel particolare filo di pensieri si sta dirigendo, aggiungendo dopo qualche considerazione, “chissà, potrei anche ricordarmi di portare un cambio di vestiti questa volta”

Thorin lo fissa un po' attonito a lungo, ma poi, come se si fosse destato di colpo, sorride, lo sguardo cadente.

“Sarebbe fantastico. Io...”

“Vai, vai,” Bilbo lo spinge, “ci raggruppiamo qui stasera.”

“Giusto,” Thorin ride, e prima che Bilbo possa reagire in alcun modo, si china per premere un rapido bacio sulla guancia, che è, stranamente, piuttosto affascinante.

“Deve prendere le medicine ogni ora, così i suoi assistenti ti aiuteranno se ti darà problemi...” Thorin ritiene necessario assicurare Bilbo mentre tornano a grandi passi in soggiorno, ma Thráin origlia e grugnisce, “quelle persone danno molti più problemi di me, per la barba in putrefazione,” e Thorin lancia a Bilbo un ultimo sguardo significativo prima di essere raggiunto da Dwalin e i suoi uomini, e scomparire.

Bilbo indugia, incerto di quello che dovrebbe fare, fino a quando un'idea molto inglese non si presenta, e si affretta fuori per fare il tè, Thráin lo segue, rifiutando qualsiasi aiuto molto con veemenza.

“Ci sono così tante cose che... non mi ricordo,” dice mentre aspettano che l'acqua bolla, casualmente come sempre, e Bilbo quasi non si pietrifica.

“Le sta tornando la memoria, però, non è vero?” risponde (spera) utilmente, “Penso solo che ci vorrà un po', ecco tutto...”

“Non ce l'ho un po',” afferma l'uomo semplicemente, fissando Bilbo con uno sguardo molto calmo, come se lo stesse sfidando a dissentire, “a volta mi sembra di poter... shathekh-dlag. Com'è la parola?”

“Scomparire,” traduce Bilbo fin troppo facilmente, e l'unica risposta di Thráin è un cenno con la testa soddisfatto.

“Ah sì. Quello. Non mi guardi in quel modo. Non dovrei nemmeno essere vivo.”

“Oh, suvvia, è ridicolo,” ribatte Bilbo con fermezza, abbastanza rapidamente, in modo che la sua voce non tremi.

“È vero.”

“No, non lo è,” dice Bilbo, sentendo una strana sorta di determinazione, “lei è vivo, no? Ovviamente qualcuno... il destino... oh, lo so, sembra ridicolo, ma lei è qui per un motivo. Voglio dire... lo sa. Naturalmente si sente debole, e, e impotente, ma sta migliorando. I medici la definiscono un 'prodigio medico'. Ecco.”

Porge a Thráin la tazza con cautela, cercando di non vacillare minimamente sotto la sguardo penetrante dei suoi gelidi occhi azzurri. Bilbo Baggins, la terapia innovativa per i re. Hmm.

“Lei mi crede, Professore,” dice Thráin tranquillamente, scegliendo di non commentare quando Bilbo lo conduce fuori dalla cucina e in salotto, ed è più di una dichiarazione che una domanda.

“A proposito di che cosa, signore?”

“Ci sono così tante cose che non mi ricordo,” ripete l'uomo, “così tante. Ma quando ho saputo di Bifur Abkhûz, sapevo... non riesco a ricordare. È lui. È anche Bundushar. Sono tutti... mùnar fat, qui.” Si dà un colpetto alla tempia.

Quella parola significa 'insalata', ma significa anche 'caos disgustoso', e Bilbo riderebbe, se non fosse così snervante.

“Naturalmente,” dice, “ma ha tutto il tempo del mondo per ricordare.”

“Intende tutto il tempo che mi rimane,” risponde Thráin un po' sardonico, e ridacchia quando Bilbo si stringe nelle spalle impotente.

“Mi perdoni,” continua, “sono solo preoccupato. Thorin pensa di avere tutto sotto controllo.... Certamente gli piacerebbe che io la pensassi così.”

“Penso che Thorin stia andando molto bene, tutto sommato,” commenta Bilbo un po' avventato, e il sorriso di Thráin si trasforma in qualcosa di enormemente illeggibile e confusamente affezionato.

“Sì,” sospira, “posso capire perché lo pensa.”

“Beh,” Bilbo si schiarisce la voce, sperando di sbarazzarsi del nodo nervoso che ha in gola, “perché non dovrei?”

“Lo schema si sta ripetendo,” Thráin usa una frase che Bilbo ha sentito da lui un paio di volte prima, “mio padre... ha sottovalutato i suoi nemici, e Thorin sta facendo lo stesso.”

“Nemici,” ripete Bilbo a pappagallo.

“E io non posso fare nulla di più che stare qui a guardare,” continua Thráin come se non avesse nemmeno notato Bilbo al suo fianco, “non mi ascolta quando si tratta di politica. Pensa che io sia ighluzlag. Ah...”

“Obsoleto,” traduce Bilbo distrattamente, prima di rendersi conto di quello che ha appena detto e aggiungendo in fretta, “ma... certo che non lo è. È–”

“Mi aiuterà?” gli chiede Thráin in modo insolitamente diretto poi, e Bilbo semplicemente lo fissa a lungo, incapace di elaborare le sue parole.

“Aiutarla,” riesce a dire alla fine.

“Se solo potessi parlare con Bifur, sono sicuro che potrei ricordare. Ho bisogno di...”

“Aspetti, aspetti,” lo interrompe Bilbo senza tanti complimenti, “Mi piacerebbe... lo sa che mi piacerebbe aiutarla in ogni modo possibile, ma non posso solo... cosa si aspetta che io faccia?”

Sì, che cosa si aspettano tutti che faccia?!

“Thorin non mi ascolta.”

“E ascolta me?” protesta Bilbo impotente.

“Per favore,” dice Thráin semplicemente, “non ho molto tempo, devo... devo ricordare, devo–”

“Oh, vorrei proprio che smettesse di dirlo, signore,” esala Bilbo impotente, “ha un sacco di tempo, e dopo le elezioni–”

“Thorin non sopravviverà alle elezioni.”

Bilbo apre la bocca, ma poi il suo udito si mette al passo con il resto del cervello, e rimane a fissare Thráin con uno sguardo inebetito, completamente incapace di elaborare le parole.

“Non sia ridicolo,” mugola, e Thráin ridacchia seccamente alle proprie mani, torcendole in grembo, e sembra così... vulnerabile. Così innocuo, così debole. La testa di Bilbo pullula di pensieri in lotta, e idee, e emozioni, e non riesce a scorgere nessuno di loro in modo chiaro.

“Nessuno sta per morire,” commenta a fatica, “meno che mai suo figlio. O lei, se è per questo.”

“Lo schema si sta ripetendo,” dice Thráin e il suo tè turbina lentamente nella sua tazza come un piccolo, onnipotente buco nero.

Bilbo quasi schizza sul soffitto quando il suo telefono squilla, e gli sfugge un mugolio un po' patetico quando vede che sullo schermo c'è scritto 'Numero Bloccato'.

“Risponda,” Thráin agita la mano.

“Oh, no, no, non è niente, non so nemmeno chi è...”

E poi, sta parlando di persone che muoiono, e cosa diavolo è successo al chiacchierare sul tempo? Oh, non vuole proprio smettere di squillare, porca miseria...

“Sì, pronto,” sbotta Bilbo, passando dal divano, lanciando a Thráin uno sguardo di scusa, ma l'uomo sembra di nuovo ipnotizzato dalle proprie mani, le linee profondamente turbate che gli corrugano la fronte.

“Pronto!” ripete Bilbo con impazienza dopo un momento di silenzio, marciando nell'ampiezza della stanza nella debole speranza che possa contribuire a dissipare la sua improvvisa nausea, “chi è?”

“Salve, signor Baggins,” arriva una risposta, finalmente, e le gambe di Bilbo quasi cedono sotto di lui, e si deve sorreggere contro la finestra.

“Sono Smaug Bundushar,” dice la voce fin troppo familiare, da vero incubo, “Penso che sia giunto il momento che noi due parliamo.”

 









Dizionario:
Ighluzlag - obsoleto, scaduto, fuori dal mondo...
Lukhdij - Sei un guastafeste
Muhud turgun - Che la mia barba sia benedetta
Nadad - Fratello
Shathekh-dlag - scomparire
Shândab? - Va bene?
Ubzûn gilemel - campo minato ambulante
Zûrâl izu hi uduzhin - Chiedigli della donna
   
 
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