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Autore: __Hopeless__    01/07/2015    0 recensioni
Arriva il momento in cui devi dire addio.
Ci sono momenti in cui ritorni per salutare.
Altri in cui, riabbracciando una persona, ti senti a casa.
''Una volta, in chiesa, il prete durante la messa ci disse “Non saprete mai quando sarà l’ultima volta che starete con una persona, non saprete mai quando sarà il vostro ultimo saluto. Dio non può avvisare sempre tutti gli esseri umani.” ''
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il profumo è diverso, il luogo è sempre quello. Le carte da parato delle stanze sono cambiate, alcuni mobili invece sono sempre gli stessi; come il pianoforte nella sala da pranzo e il tappeto persiano posto poco dopo la sua destra.
Che gran senso di malinconia.
Continuo a guardarmi intorno cercando di captare ogni sinfonia, ogni sfumatura, ogni sfaccettatura dei ricordi posti in questa casa, oramai non più mia. Oramai non più della mia famiglia.
E’ strano pensare che ora, in questa cucina dove anni fa giocavo con i miei fratelli più grandi davanti la tv, ci siano altri bambini a mangiare e a trascorrere il loro tempo, creando involontariamente altri ricordi da conservare gelosamente una volta cresciuti.
E’ strano pensare che queste mura, anche più vecchie di me, contengano tanti di quei segreti sussurrati di notte, tanti di quei sospiri durante il giorno, dopo litigate a porte chiuse, tante di quelle risate, insulti, preghiere, bestemmie, notizie… Quante cose hanno assorbito queste mura?
Mi scappa una risata. Malinconica, strozzata.
Il centro storico della mia città ha sempre avuto il suo fascino e le case che ospita sono le più accoglienti e familiari che ci siano, a mio avviso. Alle volte troppo piccole, alle volte con qualche problema alle caldaie o  alla ricezione della rete della tv o dei cellulari (per non parlare di internet), ma pur sempre deliziose. Sono contenta che almeno sul mercato immobiliare abbiano un valore di un certo spessore. Almeno c’è qualcosa che rende loro giustizia.
Decido di spostarmi nuovamente verso la sala da pranzo, avvicinandomi verso il pianoforte che continua a mostrare trionfante la sua marca: “KAWAI”. Il metronomo non è più li, almeno quello sono riuscita a portarlo con me durante il trasloco, nonostante fossi cosciente che non l’avrei più usato. Tocco un tasto a caso sulla tastiera, ma il mio dito affonda nel legno bianco senza produrre alcun suono. Come se davanti a me il tasto fosse solo un piccolo cuscinetto bianco, una nuvola vaporosa.
Non sono più in grado di comporre una melodia, non posso più abbandonarmi nella musica. Non ho più tempo per realizzarmi come desideravo. Non ho più tempo per i miei sogni.

Se solo potessi, tornerei indietro nel tempo. Direi all’adolescente che ero, di prestare più attenzione alle cose, di leggere di più, di prendersi del tempo per studiare meglio, riflettere e stare da sola. Le consiglierei di andare a vedere più spesso le stelle quando il cielo è limpido e spoglio da nuvole maligne. Le farei capire l’importanza dell’amicizia e dell’amore, ma la spingerei anche a riflettere su quanto possa essere importante volare con le proprie ali, a camminare con le proprie gambe, a non appoggiarsi ad un ramo che può spezzarsi da un momento all’altro lasciandoti cadere. Cercherei di aprirle gli occhi su quella strada che avrebbe percorso in futuro. Ma, conoscendomi, l’Alessandra testarda e volitiva, avrebbe fatto ugualmente gli stessi errori nel tempo. E allora credo che sia meglio che sia andata come è andata; alla fine non ha senso stare qui a rimuginare e a piangere sopra a quest’acido e indigesto latte versato. Ho comunque avuto i miei piccoli traguardi, le mie giornate spensierate e tranquille, nonostante tutto e nonostante tutti. Non ho bruciato tappe prematuramente e mi sono sempre presa i miei tempi. Però credo che chiunque, arrivato al mio punto, possa avere come rimpianto il non aver vissuto pienamente o liberamente o in modo diverso, le cose.
C’è una giornata, una giornata in particolare che ricordo con serenità e soddisfazione. Una giornata che nella sua semplicità, mi portò davvero un gran senso di spensieratezza nell’animo.
15 Luglio 2013, avevo diciotto anni, compiuti da pochi mesi. Decisi all’improvviso di partire con il mio ragazzo, per Termoli. 
Una cittadina marina vicina a dove vivevo io.
Volevo vedere il mare, volevo allontanarmi da quella cappa pesante e ansiogena che si era creata in famiglia. Mi era impossibile restare ancora a casa. Era il periodo in cui i miei genitori decisero di venderla, per farci trasferire in America, lasciando tutto e dico tutto, ai futuri inquilini. Per me era impossibile pensare di lasciare questo posto. Era inconcepibile immaginare un’altra vita in una città mille volte più grande, addirittura più grande di tutta la regione in cui vivevo. Sebbene, una ragazza alla mia età avrebbe dovuto desiderare di partire, di visitare nuovi luoghi, di scappare in posti nuovi e non ancora conosciuti. Ma le uniche cose che mi martellavano nella mente, erano delle domande a cui non riuscivo a dare risposta per tranquillizzarmi: “Ma nonna come starà da sola con nonno?” “Ma con il mio ragazzo come andranno le cose?” “Come farò ad abituarmi e a ricominciare tutto da zero?”.
Avevo davvero bisogno di quella giornata al mare.
Prendemmo l’autobus dal terminal della città alle otto e venti del mattino, per arrivare a Termoli alle nove e mezzo. L’aria era favolosa. Calda, ma accompagnata da un venticello fresco e oserei dire a tratti anche frizzante, capace di darti quel piacevole momento di refrigerio.
Attraversammo la strada lungo tutto il viale, dopo esserci fermati allo “Scrigno”, per comprare qualcosa da mangiare durante la giornata. E, dopo aver percorso il sottopassaggio della stazione –dove  tutte le volte che andavo, trovavo scritte e dediche nuove- riuscii a sentire l’aria salina del mare, farsi sempre più forte. Ero euforica quel giorno. Sembravo una bambina. E Samuel probabilmente avrà riso sotto i baffi per questo, non essendo abituato a vedermi in certi atteggiamenti.
-E adesso, possiamo stabilizzarci qui?-
Mi chiese posando tutte le borse sulla già scottante sabbia. Devo essere sincera, non mi entusiasmava il posto: avrei preferito un luogo meno affollato, più tranquillo… Ma in un determinato periodo dell’anno, certe richieste erano anche pressoché assurde da parte mia.
–E’ perfetto, va benissimo.-
lo rassicurai schioccandogli un bacio a fior di labbra, per poi aiutarlo a montare l’ombrellone. La giornata passò tranquilla. Eravamo solo noi due, nonostante la folla di persone che sembrava ogni ora, popolare la spiaggia. Scherzammo, parlammo e facemmo più volte il bagno. Costruimmo anche dei “bellissimi” castelli di sabbia, giusto per tornare bambini per un po’.
Mi sposto dalla sala da pranzo per andare in camera da letto, per cercare frettolosamente l’album con alcune foto di quella giornata. Ma, una volta entrata, mi rendo conto a malincuore che quella non è più camera mia; e che quell’album di foto non può più stare riposto, in silenzio, nel terzo scaffale della libreria celeste vicino la finestra del balcone.

Verso sera, i bagnanti solitamente tornano a casa e chi non è della città ed è venuto solo per qualche ora, deve scappare a prendere il pullman per tornare nella propria sede. Noi invece restammo, per goderci il tramonto sul mare e il favoloso paesaggio che la sera ci offriva. Avremmo preso il pullman due ore più tardi, non sarebbe stato un problema.
L’atmosfera era favolosa. Avrei tanto voluto essere un gabbiano in quel momento, mentre il sole silenziosamente e timidamente, andava via. Avrei tanto voluto essere un gabbiano per volare fino all’orizzonte del mare, tranquilla, felice.
Istintivamente, mi sciolsi i lunghi e biondi capelli dalla coda di cavallo che li raccoglieva, correndo verso la riva del mare. Cominciai ad urlare, ridendo. Senza motivo. Ed, una volta arrivata ad un’ altezza d’acqua accettabile, mi tuffai tra le onde tranquille.
Due favolosi e incuriositi occhi verdi mi guardavano da lontano.
-Muoviti, vieni a farmi compagnia!-
Urlai gesticolando con la mano, cercando di incoraggiare Samuel a raggiungermi. Alle volte non lo capivo, pensava e si preoccupava troppo delle cose. Ma ora immaginavo il suo dilemma, non voleva lasciare tutto incustodito adesso che non c’era nessun’altro –a parte qualche coppia come noi- in spiaggia. Decisi quindi di uscire dall’acqua e di trascinarlo via con me.
-Fai come le sirene adesso? Mi porti via nelle acque del mare?-
Cominciò a scherzare mentre, senza porre realmente resistenza, si lasciava portare dove l’acqua era più alta.
–E dov’è O mia sirena, la tua melodica voce capace di intontirmi?-
Continuava a tirare la corda giocosamente.
–Non hai bisogno della mia voce ora, ti basta il tramonto. Ti prego guarda che bello!-
Dissi facendogli notare il colore non più blu dell’acqua. Dio. Se solo avessi potuto trasformarmi in un gabbiano in quel momento. Cominciai nuovamente a muovermi, a nuotare e a schizzare acqua dappertutto.
–Se ti senti le ali nell’anima, vola!-
dissi urlando gioiosamente; correndo di nuovo verso la riva. Probabilmente Samuel non si aspettava questo brio in quest’ultimo periodo, vedendo come ero diventata più cupa dopo la notizia del trasloco. Sembrava quasi sorpreso.

Usciti dall’acqua, sistemati per la partenza verso casa e con il sole oramai tramontato da un po’, guardammo un’ ultima volta il mare, insieme. Poi lui mi baciò.
–Sei la migliore e giuro, non ti lascio scappare.- disse.
Una volta, in chiesa, il prete durante la messa ci disse “Non saprete mai quando sarà l’ultima volta che starete con una persona, non saprete mai quando sarà il vostro ultimo saluto. Dio non può avvisare sempre tutti gli esseri umani.”
Quella fu l’ultima volta che guardammo il mare insieme.
Sospiro a questo pensiero e mi avvio verso la porta d’ingresso della vecchia casa.
Questa volta so che invece, è l’ultima possibilità che avrò per vedere questo posto. Sto andando via, per sempre. E prima di farlo, ho voluto fare un ultimo saluto a questa casa che per me ha significato tanto. Tornando in Italia,nella regione dove ero nata.
Il 20 Gennaio 2015, come mio solito, non prestai attenzione. Ero appena uscita di casa. Ero sovrappensiero e stavo pianificando le date per tornare a casa, volevo rivedere Samuel, guardare dopo tanto tempo con lui il mare, di nuovo.
In un atto di distrazione totale, in cui prendevo l’agenda con i voli aerei appuntati sopra in modo sparso, un autobus non frenò in tempo. Ed io morii sul colpo.
Tante volte ho chiamato la morte, sfidandola o sostenendo ingenuamente che avrei preferito morire piuttosto che allontanarmi dalla mia città natale.
Ma lei, stai tranquillo che  non ti ascolta , sceglie lei quando arrivare. E tu non puoi farci nulla.
Ora, so che devo davvero andare, che anche la mia anima sta per evaporare via da questa terra, non ho molto tempo ancora da poter trascorrere. Spero di riuscire ad arrivare a casa di Samuel, spero di riuscire a fargli sentire un ultima volta il mio tocco, seppure più leggero del normale.
Voglio abbracciarlo.
Voglio sussurragli: “Io ti aspetto: Stesso giorno, stessa ora, stesso amore, stessa vita. Sarò li. Mi raccomando.”


-Manù-
Sono tornata! E' da tanto che non scrivevo e che non mi facevo viva qui sopra...
Ho ancora una FF in corso che non tocco da un anno, perdonatemi.
Per ora vi lascio con questa OS.
Spero che vi piaccia, è molto semplice, niente di speciale.
Aspetto eventuali recensioni , critiche o altro :)
Sotto vi lascio i social dove potrete scrivermi. (Lascio tutto tranne Facebook.)
A presto bella gente!


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