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Autore: AuraNera_    01/07/2015    1 recensioni
Trento, liceo artistico ai confini della città, caotico, disorganizzato e ricolmo di aspiranti artisti su campi diversi tra loro.
Quattro ragazze di quarta superiore, Sabrina e Sara di Arti Figurative e Sara e Silvia di Multimedia, vengono selezionate per una misteriosa iniziativa che prevedrà dei ritratti e delle fotografie con effetti particolari aggiunti.
Loro: le artiste.
Un gruppo musicale sud-coreano: i modelli.
Piccolo particolare: le quattro sono EXO-L.
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Storia partorita dalla sanità mentale molto poco sana della sottoscritta e delle mie colleghe, di conseguenza dedicata a loro.
Utilizzo talvolta di parole non esattamente fini, ma direi che siamo grandi e vaccinate abbastanza (?)
Il 93% di questa storia è frutto di situazioni analoghe nate tra i banchi del liceo.
Speranze per la storia? Strappare un sorriso a chiunque la leggerà!
Genere: Demenziale, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 1 – Preparazione psicologica


Ore 18:25 – Trento
Brina P.O.V.


Avevo lo stomaco chiuso e non riuscivo a mangiare. Stavo davvero per vomitare. Non riuscivo a smettere di pensare a quella situazione.
Ero euforica, ma preoccupata. E pensare che i ramen istantanei non si possono conservare una volta cotti! Almeno, non credo. Ma perché ho detto che volevo cenare? Che cos’ho in testa? Gli EXO?
Si, effettivamente sì.
Mannaggia a loro.
“Sabrina, tesoro, stai bene?” mi chiese mia madre, preoccupata.
“Sì, certo, mamma…” risposi distrattamente, mangiando qualcosa dalla mia ciotola. “Semplicemente non ho molta fame… capita anche a me alcune volte!” dissi poi facendole l’occhiolino e provando a fare un sorriso convincente. Con scarsi risultati.
“Si vede lontano un miglio che stai mentendo” mi disse allora mia sorella.
“Oh, zitta tu!” le rimbeccai facendole la linguaccia, alla quale rispose subito.
Non volevo proprio dirglielo. Non potevo dirglielo. Sarebbe scoppiato il finimondo.
Purtroppo tra il prometterselo e il mantenerlo ci sono di mezzo una madre e una sorella rompiscatole e ansiose quanto Suho omma. 
Quindi, dopo cinque minuti di ‘eddai, diccelo, non tenerti tutto dentro, sono la tua mamma/sorellina, per favore, dai, dai, dai, dai’ persi le staffe e, sbattendo una mano sul tavolo (e fracassandomela) sbottai.
“Gli EXO vengono in Italia, nella mia scuola e io devo fare un ritratto a ciascuno di loro, ok?” dissi tutto d’un fiato. Sì lo so, sono una checca nel tenermi dentro le cose, almeno con loro.
E quando me ne accorsi mi schiaffai una mano in faccia, facendola poi scivolare fino a che non mi coprì la bocca. ‘Ops’ pensai, mentre l’inferno si scatenava.
“Oddio… ODDIO! Quegli EXO? Gli EXO dall’exo planet? Quei fighi della malora? Quelli di cui io ho il braccialetto con in simbolo di Bacon e tu la collana con quello di Sehunnie? Gli stessi che cantano dentro tutti i tuoi album? Quelli che sono tornati con il comeback Exodus? Quelli…” partì a razzo mia sorella.
“SI, QUEGLI EXO, QUANTI ALTRI NE CONOSCI?” sbraitai io esasperata, mentre lei iniziava a saltellare in giro per casa unendosi a mia madre.
“IL MIO CHANNIE! VIENE QUI IL MIO CHANNIE! MIA FIGLIA FA UN RITRATTO A CHANNIE!”
“XIUMIN! SUHO! LAY! CHEN! CHANYEOL! BAEKHYUN! D.O.! TAO! KAI! SEHUN! EXO-K! EXO-M! WE ARE ONE!”
“ODDIO!” ruggii io, prima di fare una ritirata spettacolare e chiudermi in camera e buttarmi sul letto in una salto ben poco felino. Sembravo più che altro una foca, ma ben poco m’importava. Osservai a lungo la parete dove stava appeso il poster di quei ragazzi, nell’era di XOXO, all’epoca ancora dodici. Mi venne una fitta al cuore.
‘Kris e Luhan non ci saranno…’ fu il mio ultimo pensiero prima di addormentarmi nonostante l’ora, ancora completamente vestita.


Ore 18:25 – Seoul
Tao P.O.V.


Ero seduto a tavola con gli altri, dopo cena, mentre osservavo i loro volti stanchi, ascoltavo le loro voci che discutevano sulle prove che avevamo, avevano fatto, mentre io me ne stavo seduto a guardarli, a ripassare mentalmente, ad accennare le mosse di danza.
Il mio piede era peggiorato e mi era stato negato di partecipare ai Comeback Stage, di provare, di ballare, persino di muovermi troppo e senza stampelle.
Abbassai lo sguardo, stringendo i pugni. Mi sentivo inutile e basta. Talmente tanto che quasi non sentivo l’eccitazione per le notizie fresche del giorno precedente.
Quasi, per l’appunto.
Le mie mani si rilassarono mentre il mio pensiero andava vacillando da un’ipotesi all’altra. Cercavo di pensare a dei volti occidentali, al colore degli occhi, quello dei capelli…
Non ero preoccupato, Suho aveva ragione: di sicuro avevano selezionato bene quelle quattro. Quindi ero contento e curioso. Non avevamo praticamente mai l’occasione di parlare con delle fan, e conoscerle poi!
Saremmo partiti tra un paio di settimane, intorno all’inizio di maggio.
Rialzai lo sguardo sui miei compagni, cercando di sentire se qualcuno aveva qualcosa di interessante da dire a riguardo. Purtroppo solo Lay e Suho ne stavano parlando, o meglio, il ragazzo cinese spiegava quello che sapeva sulla città al leader. E a me non interessava, come non volevo sentirli parlare delle prove.
Possibile che non capissero come mi sentivo?
“Vado in camera” annunciai, stampellando fino alla mia stanza senza curarmi degli sguardi degli altri sulla mia schiena.
Mi chiusi la porta dietro le spalle e mi sedetti sul mio letto, sbuffando.
Controllai il cellulare tanto per fare qualcosa, e subito lo sguardo mi cadde su un messaggio il cui mittente era ‘Yifan gege’.

Ciao Tao. Come va? Meglio il piede?

Fissai per qualche minuto il messaggio senza sapere bene cosa rispondergli. Infine mi decidetti.
Ciao gege. No, il piede è peggiorato, e ora non posso fare praticamente nulla, oltre il fatto che Suho è costantemente in ansia quando per sbaglio mi lascio sfuggire una smorfia.

Immagino. Ma dopotutto è di Joonmyun che stiamo parlando. La mamma ansiosa.

Già…

Tao. Non mi hai ancora risposto. Come stai?

Ti dico solo questo: è in questi momenti che mi manchi da morire gege.
Era così, Kris mi mancava tantissimo. Quando era ancora con noi, negli EXO, mi stava vicino nei miei momenti tristi. Mi capiva con uno sguardo, anche se non lo dava a vedere. Senza farsi notare, mi sussurrava parole di incoraggiamento.
E ora non c’era più. Non avrebbero più fatto prove con noi. Neanche quello stupido ritratto.
“Kris e Luhan non ci saranno… e noi dobbiamo fare finta che non ci siano mai stati” pensai con amarezza sbattendo la nuca contro il materasso.


Ore 20:32 – Trento
Silvia P.O.V.


Mi ero appartata a casa di Sara. Lo facevo costantemente, perché lei era praticamente sempre da sola e io praticamente sempre annoiata. E poi, avevamo delle cose molto importanti sulle quali discutere prima che io partissi per la mia casa più grande in un paesino in mezzo ai monti. Era già un miracolo che fossi ancora a Trento.
Avevamo sparate le canzoni degli EXO, e le nostre chiacchiere erano interrotte solo da qualche breve pausa di adorazione per i punti preferiti delle canzoni e per bere un sorso di succo alla pera.
Io e Sara dovremmo essere la campionesse nazionali di bevitrici di succo alla pera.
“Oddio Silva, come faremo quando ce li ritroveremo davanti?” mi chiese Sara dopo aver finito il suo succo, prendendo a camminare in giro per la stanza.
“Io appena vedo Kai muoio, sappilo” fu la mia risposta. Lei rise, una risata colma di agitazione. Non sopportava molto bene l’ansia pre-evento, ma almeno quando doveva esserci con la testa si calmava. Me lo aveva sempre detto anche lei, quando si avvicinavano i suoi spettacoli. Speravo che la ‘regola’ valesse anche per i dieci ragazzi.
“Io quando vedrò Lay mi scioglierò… per quella maledetta fossetta… ma poi che dovremmo fare, inchinarci? Perché boh, loro si inchineranno, ma noi di solito stringiamo la mano. Cosa facciamo? Gli stringiamo la mano mentre ci inchiniamo? Gliela stringiamo prima? Durante? Dopo il segnale acustico ‘bip’?”
Ok, la ragazza stava sclerando. E di brutto aggiungerei. Inoltre aveva due brutte occhiaie.
“Sara… ma hai dormito?” chiesi osservandola.
“Ma ti pare?” fu la tetra risposta.
Sospirai. Quella ragazza mi sorprendeva. Si riempiva di corsi e cose varie e come riuscisse a fare tutto pur avendo una media scolastica piuttosto alta, mangiando e dormendo e scrivendo lo sapeva solo lei. O solo Lay, dipende da come vogliamo metterla. Se adesso smetteva pure di dormire eravamo messe male.
“Tutti questi film mentali non ti fanno bene, Sara” le dissi, e lei ridacchiò, facendo spallucce. “Ma io in realtà non capisco bene di cosa abbiamo esattamente paura. Insomma mica ci sbranano! … o almeno, spero tengano D.O. al guinzaglio” continuai poi io, fissando insistentemente l’armadio bianco.
“Timore riverenziale?” ipotizzò la mia compare mentre digitava qualcosa sulla tastiera. Quindici secondi dopo partì Exodus.
“Può darsi. Oppure abbiamo paura che ci odino. Non sappiamo quanto possano apprezzare il nostro livello di fingirlaggio” borbottai.
“Lo credo anche io…” mormorò la ragazza sospirando. Mi mordicchiai il labbro mentre la osservavo. Diavolo, la stavo facendo diventare paranoica.
“Mah! Andrà tutto bene! Ci divertiremo secondo me! Dopotutto sono cretini quanto noi se non di più!” risi io, seguita a ruota dall’altra.
Poi mio padre suonò il campanello e mi chiamò all’appello chiedendo a Sara: “Hai una sorella in più che ti avanza?”.
Ma che spiritoso. Abbracciai la ragazza e la lasciai da sola al suo destino. Povera. Promisi a me stessa che le avrei scritto durante le vacanze. Anche solo per assicurarmi che non si sarebbe suicidata.
Montai nell’auto e mi cacciai gli auricolari nelle orecchie, facendo partire Best Luck. Io amavo quella canzone e la voce di Chen. E il solo pensare che presto lo avrei incontrato assieme agli altri mi fece salire l’emozione mista ad un po’ d’ansia.


20:32 – Seoul
Lay P.O.V.


Stavo seduto nel soggiorno del dormitorio a leggere. Ossia: stavo guardando la stessa riga da circa dieci minuti perché ero perso nei miei pensieri.
E Chanyeol lo aveva notato e stava ridendo della grossa. O almeno, sospetto sia per questo che stava ridendo, con lui non si sa mai.
Grazie al cielo riuscii a concentrarmi sul libro quei dieci minuti che mi servivano per terminare il capitolo, poi lo chiusi.
Dimenticandomi del segnalibro. Ops.
Scrollai le spalle pensando che era l’ultimo dei miei pensieri.
Primo tra tutti, ero stanco. Così appoggiai la testa sullo schienale del divano sprofondando un po’ con un sospiro.
Fare Cina – Corea e Corea – Cina di continuo era un po’ frustrante. Sia perché ci si stancava sia perché mi dispiaceva di non essere presente agli eventi legati al comeback per via del film.
Inoltre avevo fatto un paio di quelle figuracce colossali in videochat. Eh vabbè, io almeno ci avevo provato.
Poi mi avevano dato la possibilità di muovermi più indipendentemente, e io avevo accettato. Subito dopo mi ero ritrovato assillato dai nove membri che avevano dato di matto perché avevano paura che me ne andassi. Ma gli avevo rassicurati, non l’avrei fatto.
E poi c’era la questione dei ritratti. Sarebbe stata una pausa delle registrazioni, pausa che mi avevano concesso, grazie al cielo. Sarebbe stato ancor più frustrante fare Italia – Cina e Cina – Italia.
Ero curioso di andare in Italia. Non c’eravamo mai stati. Sapevo poco di quella città, Trento. Era stata sede di un concilio perché era a metà tra l’Italia e il territorio tedesco. Ancora si parlava il tedesco.
Ma noi sapevamo tanto il tedesco quanto l’italiano. Per fortuna ci avevano garantito che le quattro parlavano scioltamente l’inglese.
Quindi, grazie al cielo, non avremmo comunicato a grugniti come i cavernicoli. Perché sarebbe stato abbastanza imbarazzante per loro e per alcuni di noi. Per gli altri sarebbe stata solo un’occasione come un'altra per fare confusione. Della serie… venti anni e non dimostrarli.
Mi diedi mentalmente del nonno.
Guardai l’orologio. Giusto in tempo. Dovevo prepararmi per tornare in Cina. Di nuovo.
Mi alzai stiracchiandomi.
“Yixing hyung, devi già partire?” mi chiese Baekhyun, guardandomi alla ricerca di segnali che potessero definire le mie condizioni. Stare in gruppo con Suho gli stava facendo un po’ male.
“Già. A quanto pare devo essere là prima. E ho dimenticato di preparare alcune cose” risposi per poi dirigermi di nuovo verso la mia stanza.
Ero curioso riguardo alle ragazze. Entro un paio di giorni avrebbero dovuto arrivare i loro fogli con le presentazioni. Probabilmente me li avrebbero inoltrati per mail. Meglio chiederglielo più tardi.
Non avevamo modo di conoscere molte occasioni di conoscere delle persone al di fuori di quelle con le quali lavoravamo, e anche in quel caso spesso i rapporti erano strettamente professionali. Per questo motivo questa iniziativa era una bella ventata d’aria fresca.
Incontrare delle persone normali e girare non imbacuccati con occhiali cappello e mascherina come degli agenti segreti col raffreddore.
Vista in questa prospettiva era piacevole come idea. Dipendeva tutto da loro, da quelle quattro.
Tuttavia, non ero preoccupato.
Emozionato piuttosto. Tanto.


Ore 02:07 – Trento
Aura P.O.V.


Aprii gli occhi incerta, vedendo tutto buio. I pochi contorni che i miei occhi riuscivano ad intravedere erano terribilmente sfocati. Che bella la miopia!
Avevo lo stomaco chiuso, quella stupida nausea che mi impediva di stare sdraiata in modo confortevole cosicché potessi prendere nuovamente sonno.
E invece no!
Attenta a non far rumore mi misi seduta e inforcai gli occhiali. Non che cambiasse molto.
Dato che il mio orologio era a lancette nere su sfondo nero non si leggeva bene di giorno, figurarsi di notte. Per cui se volevo sapere l’ora per poi potermi insultare con maggiore foga, dovevo uscire dalla mia camera per guardare lo stereo in soggiorno.
E tutte le volte dovevo fare l’agente segreto per evitare di svegliare la mia sorella maggiore, con cui condividevo la camera.
Mannaggia a lei che aveva il sonno abbastanza leggero.
Mi alzai in piedi un po’ traballante e feci un passo verso la porta.
E da là le mie ossa e articolazioni varie decisero di dare un concerto. ‘Ma che diamine!’ pensai contrariata camminando verso quella dannatissima porta.
Perché doveva avere il vetro quella stupida cosa? Bisognava aprirla in un modo particolare altrimenti faceva un casino bestiale.
Finalmente riuscii a vedere l’ora. Le due di notte. Ah ok. E a che era ero andata a dormire? A mezzanotte. Due ore. Beh, facevo progressi.
Mi sedetti sul divano e mi misi addosso la coperta, sospirando. Ma perché dovevo soffrire di ‘insonnia da agitazione’? Maledetta me.
E, maledizione, perché mia mamma ha il sonno leggero come un fazzoletto della scottex con morbistenza?
“Sara… che ci fai sveglia?” mi chiese seria.
“Non riesco a dormire” risposi, per poi pensare che potevo risparmiarmela. Se fossi riuscita a dormire, non sarei stata di certo lì. Feci un facepalm all’interno della mia mente.
“Lo noto” sbuffò infatti mia mamma, facendomi cenno di andare in camera con lei.
I miei genitori sono separati, per cui mia mamma ha un intero letto matrimoniale a disposizione. Quando ho il raffreddore o la tosse o non riesco a dormire mi dice di andare dentro con lei. Anche perché se mia sorella si sveglia per colpa mia mi scuoia.
“Ti vedo pensierosa da un paio di giorni. Più del solito. Per caso è successo qualcosa di brutto?” mi chiese mia madre accarezzandomi la schiena. Io sospirai.
“Non di brutto… ma mi mette un po’ di agitazione” risposi piano.
“Ah, quindi è successo qualcosa per davvero” ribatté lei in un tono che nascondeva l’ordine di raccontarle subito ogni cosa.
E io glielo raccontai, perché non avevo niente di meglio da fare e perché altrimenti me l’avrebbe chiesto fino a che non le sarebbe finito il fiato.
Le raccontai degli EXO, dei ritratti e delle compari. Mia madre aveva una faccia epica.
“E me lo dici così? Dovresti esserne felice!” mi rimbeccò.
“Io ne sono felice! Però ho la tremarella al solo pensiero… anzi, direi più che altro la nausea” borbottai con una risata nervosa.
“Ma va là, sciocca! Andrà tutto bene. Ora ti faccio il the così ti calmi e poi dormi. Ne parliamo con più calma domani, ok?” mi disse sorridendomi e accarezzandomi una guancia. Io annuii e lei sparì per dirigersi in cucina. Mi stravaccai sul letto matrimoniale con un piccolo sorriso.
‘Ma perché non glielo ho detto subito?’


Ore 02:07 – Seoul
Sehun P.O.V.


Camminavo su e giù per il soggiorno. Forse sarebbe stato meglio dire che camminavo in tondo. Ogni tanto mi sedevo sul divano, mi torturavo le dita, mi mangiucchiavo le pellicine del labbro e le unghie. La nostra estetista mi avrebbe ucciso, ma non me ne curavo.
Ero completamente in ansia.
Guardavo nervoso l’orologio appeso sulla parete, che segnava le due di notte.
‘Fanculo’ pensai rivolto a non so bene cosa. Forse a me stesso perché non riuscivo a dormire. Forse a quel dannato orologio che ticchettava troppo lentamente.
Non lo sapevo.
Sbuffai, prendendo un cuscino e spiaccicandomelo in faccia.
I pochi suoni che c’erano mi arrivavano ovattati alle orecchie per via del ‘ripieno’ contenuto nella federa. Ciononostante sentii chiaramente qualcuno che da dietro mi chiamava, senza riconoscerne la voce.
“Sehun.”
“Mgnnnnf” fu la mia risposta. Doveva essere un segnale per dire a chiunque fosse che lo stavo  ascoltando.
Tuttavia, il cuscino mi fu strappato via dal volto, cosicché mi ritrovai faccia a faccia con... Suho.
‘Oh, perfetto’ pensai.
“Sehun. Vai a dormire” mi disse senza troppi mezzi termini. Anzi, più coincisa di così la frase non poteva essere.
“Ci riuscissi, volentieri” fu la mia risposta mentre tentavo di riprendermi il cuscino, che lui non sembrava intenzionato a ridarmi.
“Sei agitato?” mi chiese, mentre allungava il braccio indietro, fuori dalla mia portata, dato che io ero inginocchiato sul divano e lui in piedi dietro allo schienale.
“Ma va?” risposi. ‘Eddai, rivoglio il mio cuscino!’ pensavo intanto.
E lo ricevetti. In testa. Ci rimasi così male che non riuscii a reagire, totalmente colto alla sprovvista. Così, quando il mio hyung mollò la presa, quel coso morbidoso mi rimase in equilibrio sulla testa a mo’ di cappello.
“Non dovresti” mi disse semplicemente, mentre inclinavo la testa per togliermi di dosso il mio ridicolo copricapo e iniziando a sistemarmi i capelli. Joonmyun nel frattempo si era seduto accanto a me, sorridendo.
“Siamo tutti emozionati per l’iniziativa... dopotutto è la prima volta che andiamo in Italia, almeno come gruppo. Però manca ancora un po’ alla partenza, e non puoi non dormire, altrimenti collassi durante le prove” disse mentre fissava anche lui l’orologio.
Io annuii soltanto. Aveva perfettamente ragione, lo sapevo.
“Chiedo a Kyungsoo se ti prepara qualcosa per calmarti? Credo sia ancora sveglio” propose il leader.
Accettai con un sorriso per ringraziarlo. Suho aveva il potere di calmare le persone quando erano in ansia.
Peccato che non funzionasse così tanto per quando eravamo troppo rumorosi. Poveretto.
In Italia saremmo stati intrattabili.
E avevo il presentimento che lui lo sapesse benissimo.


Ore 10:45 – Trento
Seir P.O.V.


Programma della giornata? Il solito.
Svegliarsi, caffè, tornare in camera, accendere il computer e iniziare a ripassare, imparare e riadattare coreografie varie. E nel ‘varie’ erano comprese le coreografie di quei ragazzi.
Ne avevamo imparate un po’ ormai. Avevamo iniziato con History, poi MAMA, poi Overdose, che oramai sapevamo. Ora facevamo pratica con Wolf e Growl. Poi io e Sara sapevamo il teaser di Two Moons e qualche pezzo di Moonlight.
Io sapevo qualche passo di tutte le coreografie. Mi divertivo parecchio ad impararle. Però non mi piaceva troppo inventarle.
Silvia e Sabrina preferivano cantare. Sara faceva un minestrone di tutto ed era contenta, come al solito.
Ciononostante, di quel gruppo inventato un po’ così per caso e per puro divertimento, io ero la main dancer. E la cosa mi divertiva.
Avevo ripassato tutte le coreografie, stavo rifacendo History ed ero arrivata nel punto dove si sentiva ‘dung, dung, dung’ e dove Kai stava in piedi da solo.
E un pensiero folle mi venne in testa.
‘Chissà cosa ne penserebbero loro del nostro ballo...’ mi chiesi, fermandomi a pensare.
Potevo provare a proporlo alle altre, ma constatai che sarebbe stato uno spreco di tempo e di fiato. Per esempio, Sara sarebbe morta prima, Silvia si sarebbe rifiutata e Sabrina boh, probabilmente si sarebbe messa a ridere fino a piangere o si sarebbe strozzata con la sua stessa saliva, prima o dopo.
Quindi no, decisamente no.
Mi sedetti per terra, in mezzo alla saletta prove che avevo allestito in soffitta, a gambe incrociate.
Non avevo detto ancora niente a nessuno. Tanto avrebbero risposto con ‘Ah, bene’ o cose simili. O almeno i miei genitori. Erano dei vecchietti e non mi capivano.
Così avrei aspettato di andare dalla mia sorella maggiore e da mio cognato, dove li stavo convertendo alla musica coreana. Lì avrei raccontato tutto e chiesto alloggio per maggio e giugno.
Era un piano perfetto. Con i miei genitori ci avrei parlato dopo. Dopotutto era una cosa di scuola, avrebbero dovuto apprezzare il mio insolito entusiasmo.
Anche se, dovevo ammetterlo, un po’ ero preoccupata. Insomma, stavamo per conoscere ed interagire con i nostri idoli, i ragazzi che ci facevano ridere anche per ore di fila fino alle lacrime.
Il record di risate lo teneva Sara, incredibilmente, con tre giorni a ridere di fila. Tutte noi ci chiediamo come cavolo avesse fatto, persino lei, anzi, soprattutto lei.
‘Sì, qualcuno ci resterà secco’ pensai divertita rialzandomi per mettere un’altra canzone da ballare, un po’ stufa di stare ferma a rimuginare. Quello era il compito delle altre.
Io preferivo scaricare la tensione ballando tutto il ballabile, per poi tornare in camera a disegnare e fare altro.
Ok, forse avrei dovuto studiare qualcosa… anche se non era esattamente la mia passione. Anzi, diciamo pure che lo studio e io non siamo compatibili.
Risi un po’ rigidamente, pensando che, dopotutto, dovevano capirmi.
Quella situazione stava mettendo già dal principio alla prova il mio cuore!


Ore 10:45 – Seoul
Kai P.O.V.


Mi ero fiondato in sala prove non appena avevo potuto. Suho aveva dovuto rincorrermi per farmi prendere una giacca per scacciare il poco freddo che c’era.
Che cavolo però, correvo, non avevano il tempo di riconoscermi e mi tenevo caldo. Che problema c’era?
Ah, queste madri!
Ero da solo nella sala mentre facevo un po’ di riscaldamento. Teoricamente avrebbe dovuto esserci anche Sehunnie con me, ma il leader lo aveva lasciato riposare un attimo di più perché non aveva dormito la notte.
L’agitazione dava brutti scherzi a tutti.
Io non riuscivo a stare troppo tempo fermo, dovevo muovermi fino a stancarmi al livello ‘collasso sul divano’ per smaltire l’agitazione. Sehun aveva l’insonnia, Tao sembrava depresso, Suho aveva crisi isteriche apparenti. Per quanto riguardava alcuni membri, mi sembravano sempre uguali.
Tipo Lay, che era sempre carino e disponibile con tutti, o Xiumin che si comportava come se la cosa non lo riguardasse. Anche Chanyeol non era cambiato molto… rideva come al solito per qualunque cosa, ma almeno riusciva a distrarci facendo l’idiota e trascinandoci con lui.
Questo era il lato positivo di avere Chanyeol in gruppo.
Finii di fare stretching e flettei il collo facendolo scricchiolare. Mancava solo la base musicale.
Iniziai riscaldandomi con MAMA, la canzone del nostro debutto. Era da tre anni che stavamo assieme, tre lunghi anni che sembravano passati in uno schiocco di dita. Tre anni di soddisfazioni, di sacrifici, di risate e di pianti.
Avremmo affrontato anche questa cosa assieme e io non chiedevo di meglio. Anche perché l’idea di partire per uno stato ancora inesplorato per noi era sempre una grandissima emozione, e farlo assieme completava la mia impazienza.
Il nostro problema erano le ragazze, come probabilmente noi eravamo il loro. Non sapevamo minimamente che cosa aspettarci, non un nome, un volto, un’età. Ma la cosa che più ci preoccupava era, ovviamente, il loro comportamento e il loro approcciarsi a noi.
Nonostante mi fossi imposto di credere alle parole di Suho, ero comunque nervoso. Soprattutto perché il leader stesso non sembrava credere un granché alle sue stesse parole.
Avevo ballato tre canzoni e stavo sbagliando una marea di passi rispetto al mio standard. Mi fermai, passandomi una mano tra i capelli bagnati e scuotendo la testa.
Non dovevo pensare a quello mentre ballavo. Dovevo concentrarmi sui passi e sulla musica.
Ma il mio cervello aveva fatto le valigie con tanto di biglietto di auguri con sopra scritto l’invito di raggiungerlo al più presto in Italia, dove si era recato.
Imprecai contro me stesso, sedendomi di getto per terra e strapazzandomi i capelli.
A quel punto, speravo solo che maggio arrivasse in fretta.
 


Angolino nascosto nell'ombra:

I'm Baek, people! (?)
Ok, scusate, battuta pèessima, vado a sotterrarmi.
Che dire, in questo capitolo mi sono divertita a collegare le varie reazioni delle quattro ragazze a quattro di quei ragassuoli, aggiungendoci pure gli stessi orari, perché sì (?). Con il fuso orario, le ore uguali risultano in tempi diversi, dopotutto.
Quindi, Brina e Tao che sono nostalgici, Silvia e Lay che devono partire, Sara e Sehun che soffrono di insonnia, Sara e Kai che ballano finoo allo sfinimento.
Mi sono divertita a scrivere della parte di Sehun, io e le altre avviamo iniziato a shippare lui con il cuscino (Sehscino, nuova OTP della vita! *okno*)
Non ho più molto da dire.
Bene.
Enjoy the Mayo!

Aura_

  
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