~ Non ci
è
permesso scegliere la cornice del nostro destino.
Ma
ciò che
vi mettiamo dentro è nostro. ~
Dag
Hammarskjold
L.A. Confidential
Il divano
della lussuosissima suite che la produzione del primo film di Nikki
Heat aveva
offerto a Castle, stava accogliendo lo scrittore e la sua musa mentre
mettevano
insieme tutti i pezzi del caso.
La morte di
Royce li aveva portati entrambi sino a Los Angeles, con profondo
disappunto di
Kate. Lei voleva indagare da sola.
Ma non ci
mise molto a cedere alle insistenze del suo partner ed ora, lei
rannicchiata di
fianco con il gomito appoggiato allo schienale mentre Castle sedeva
composto
rivolto verso il tavolino con la loro cena sopra, discutevano di quanto
appreso
durante la giornata.
“Non
mi
sembra vero che non lo rivedrò più”,
confessò Kate, dopo avergli confidato quanto
fosse stata affascinata da Royce, quando era una giovane recluta.
“Sai
cosa ho
pensato quando ti ho conosciuta?”, le chiese Castle,
sorprendendola.
Kate scosse
quasi impercettibilmente la testa e restò in attesa di
sentire la risposta.
“Che
eri un
mistero che non avrei mai risolto”, il suo sguardo era
così serio e profondo
da incatenare anche
quello di Kate “E
anche ora, dopo aver passato tanto tempo con te, sono ancora sorpreso
dall’intensità della tua forza, dal tuo cuore e
dalla tua bellezza”.
Un piccolo
sorriso nacque sul volto di Kate; abbassò la testa colta da
un fugace attimo di
imbarazzo per quelle parole “Beh, neanche tu sei male,
Castle”, disse ancora
con il sorriso sulle labbra.
Di nuovo
occhi negli occhi, Kate si ritrovò a pensare che era
capitato molte volte
durante l’anno.
Piccoli
momenti di assoluta perfezione che sbucavano senza preavviso e nei
momenti più
disparati.
L’unico
comune denominatore erano loro due.
Fortemente
in imbarazzo, Kate si strinse nelle spalle e cercò un
qualunque possibile
appiglio per cambiare argomento.
“Abbiamo
visto un mito del rock, oggi”, l’incontro con il
bassista dei Kiss fu la prima
cosa che le venne in mente.
Il sorriso
di Castle si spense appena, ma non si aspettava niente di
più. Sapeva quanto fosse
difficile per lei lasciar entrare le persone nel suo cuore
“Gene Simmons,
ancora non ci credo”, commentò quindi,
alleggerendo la tensione che si era
creata tra loro.
“Davvero
ti
sei vestito come lui per Halloween?”, chiese Kate, ricordando
il suo commento
dopo quello strano incontro.
“Oh,
sì,
stavo davvero benissimo!”, rispose fiero “E tu? Una
ragazza vestita in quel
modo è insolito”, commentò poi,
rivolgendole la stessa domanda.
“Ma ad
Halloween tutto è lecito, no? E anche io stavo
benissimo!”, rispose a tono.
Risero
entrambi, poi Kate volle togliersi una curiosità
“Come mai non hai sfruttato
l’occasione per far gonfiare il tuo ego, magari vestito da
Thor, ad esempio?”,
chiese sorridendo, prendendolo in giro.
“Ti
sconvolgerà sapere che certe volte mi piace passare
inosservato e scrutare i
comportamenti delle persone…”, le rispose
fingendosi offeso “…e comunque,
scherza pure, ma ricordo di aver fatto conquiste persino conciato in
quel
modo!”, ed ecco che l’ego rinomato di Castle
tornava a fare capolino,
divertendola.
Quanta
strada da quando invece la irritava da morire.
“Ah,
sì? Beh
anche il mio travestimento aveva sortito gli stessi effetti”.
L’egocentrico
e l’orgogliosa. Sarebbe potuto essere il titolo di un film.
“Beh,
certo.
Stiamo parlando del mitico Gene Simmons. Non poteva essere
altrimenti!”, aggiunse
lui.
Poi
spostò
lo sguardo cercando di ricordare “Che anno sarà
stato?”.
Anche
Beckett tentò di ricordare quando andò in quel
locale con Lanie.
“Era
il
’98!”, disse con foga, schioccando le dita nel
momento stesso in cui gli venne
in mente.
Contemporaneamente
Kate ricordò “Sarà stato il
1998”.
I sorrisi
sui loro volti si spensero.
Restarono a
fissarsi increduli, ripercorrendo nella mente quello che successe
quella sera
di Halloween.
“Kate,
a che
festa eri?”, domandò infine Castle con estrema
serietà.
“Non
può essere…”.
“A che
festa
eri, Kate? In quale locale?”, insistette lui, sentendosi come
se stesse
camminando su una fune sottilissima.
“The
40/40
club e tu?”, disse con un filo di voce.
Gli
sembrò
di aver smesso di respirare.
Da quando si
erano baciati in quel vicolo, per cercare di distrarre la guardia di
Lockwood,
si era ritrovato spesso a ripensare a quella ragazza misteriosa che era
sparita
nel nulla da quella festa di Halloween, dopo averlo baciato in quel
modo.
Baciare Kate
aveva risvegliato quel ricordo, complice forse quell’alone di
mistero e
malinconia di cui la detective era costantemente avvolta.
Ma mai
avrebbe pensato che le due donne potessero essere, in
realtà, la stessa
persona.
“The
40/40
club”, le rispose una volta riemerso dai suoi pensieri.
Kate
sembrava davvero sconvolta “Intendi dire che tu eri QUEL Gene Simmons??!!”.
“Quello
che hai
baciato per poi filartela? Sì, ero io”, rispose
con il suo solito fare
canzonatorio, anche se vederla così scocciata faceva male.
Lui era al
settimo cielo.
Erano
destinati. Ora ne era convinto più che mai.
“Non
scherzare...questo... questo significa che...”, Kate esitava,
in cerca delle
parole giuste.
“Significa
che era destino”, rispose Castle, con estrema decisione.
“Non
dire
così, mi conosci, lo sai che non credo nel destino,
nell’universo o in qualche
forza superiore!”, protestò Beckett.
Castle si
alzò in piedi preso dalla foga del discorso “Ma
non puoi negare che siamo tutti
parte di un disegno più grande. Non possono essere tutte
coincidenze, Kate. Non
è stata una coincidenza partecipare a quella festa di
Halloween!”.
“Mi
dispiace
ma non sono d’accordo. Mi rifiuto di essere una pedina dell’universo”,
sbottò alzandosi di scatto e posizionandosi di
fronte a lui “Non voglio essere parte di un disegno
più grande. Voglio essere
padrona delle mie decisioni e della
mia vita”
“Ma lo
sei!!
Tu hai deciso di baciarmi quella
sera. Non mi sarei nemmeno potuto avvicinare se tu
non me l’avessi permesso. L’hai presa tu quella decisione. Hai scelto tu
di mascherarti da Gene Simmon tra migliaia di altri costumi.
L’hai scelto tu e
l’ho scelto io.
Nessun’altro. Il destino ci dà gli strumenti, ci
offre le
occasioni, ma la strada siamo solo noi a tracciarla. Decidiamo noi
quale
percorso intraprendere!”.
Le girava la
testa.
Sentiva di
avere ragione. Ma anche le parole di Castle erano dannatamente vere.
Era
così
confusa già da tempo sulle strane emozioni che piano piano
quell’uomo aveva
fatto nascere in lei, e ora questo.
Di notte,
ancora sognava l’azione sotto copertura in cui si erano visti
costretti a baciarsi, sentendo i dinosauri* nello stomaco come
un’adolescente alla prima cotta, per scoprire ora che nemmeno
era il loro primo
bacio quello, ma bensì il secondo.
Era troppo
da gestire tutto insieme.
Sotto il suo
sguardo, così sicuro e determinato, si sentì
indifesa.
Evitò
i suoi
occhi e arretrò, portandosi i capelli dietro
l’orecchio.
“Vado
a
letto, è tardi”, disse solamente, consapevole di
essere nuovamente in fuga.
“Kate...”,
la richiamò Castle, senza successo.
“Buona
notte”, fu l’ultima cosa che lei gli disse prima di
entrare nella propria
stanza.
Restò
congelato sul posto, fissando quella porta chiusa.
L’aveva
vista ascoltare attentamente le sue parole.
Aveva letto
nei sui occhi l’indecisione e l’incertezza, ma
anche la voglia di lasciarsi
andare.
Forse non
era ancora pronta ma il muro con il quale si proteggeva aveva ricevuto
un bello
scossone.
Tanto forte
da impedire alla detective di staccarsi dalla porta, alla quale si era
appoggiata di peso, e dalla maniglia che non aveva ancora lasciato.
Tanto forte
da farle desiderare che ci fosse lì Lanie in quel momento a
sfidarla ad
aprirla.
L’orgoglio
avrebbe
fatto il resto.
Ma Lanie non
c’era e Castle aveva ragione. Era lei che aveva il potere di
decidere come
agire.
Il destino
li aveva portati a condividere una stanza d’albergo a Los
Angeles ma stava a
lei decidere se cambiare le cose o lasciare tutto immutato.
Lui si
esponeva sempre, si metteva in gioco e non voleva che pensasse di non
contare
nulla per lei.
Il ricordo
dei loro baci divenne così vivido tanto da farle desiderare
immediatamente di
poterne avere ancora.
E poteva.
Aveva il
potere di decidere.
Abbassò
la
maniglia della porta e ne aprì uno spiraglio.
Castle si
stava ritirando nella sua stanza quando si accorse di lei e si
fermò.
Le bastarono
pochi passi per raggiungerlo e incastrarsi nel suo abbraccio.
Si
alzò
sulle punte dei piedi, afferrandogli i capelli sulla nuca e tirandolo a
sé.
Le loro labbra
si riconobbero all’istante, come se non si fossero mai
lasciate e non fossero
mai state sostituite da altre sconosciute.
Era
perfetto. E sembrava così giusto.
Ma non lo
era.
Non era
né
il luogo né il momento.
E non solo
per l’indagine in corso sulla morte di Royce.
Non era il
momento giusto per loro. Il muro era ancora troppo alto, impossibile da
valicare.
Troppe cose
nella testa e nel cuore della detective andavano sistemate.
Spalancò
gli
occhi nel momento stesso in cui se ne rese conto, ponendo fine a quel
magico
momento.
Erano
entrambi storditi ed accaldati.
Kate si
portò le mani alla bocca, sentendo addosso il peso del suo
gesto.
Si
allontanò
iniziando a camminare nervosamente per la stanza “Non
posso”, sussurrò.
“Kate...”,
Castle cercò di parlare ma lei lo interruppe.
“Non
posso
farlo”, ripeté a voce più alta.
“Calmati,
va
tutto bene”, le disse per rassicurarla.
Non voleva
lasciar cadere il discorso ma nemmeno farle venire un attacco isterico.
“Sono
calma,
solo che...non posso proprio”, esclamò con gli
occhi lucidi.
Castle lo
sapeva. E di certo non l’avrebbe forzata a fare nulla,
così come non aveva
iniziato lui il bacio anche se avrebbe voluto.
Vorrebbe
baciarla in ogni momento.
“Non
sembri
calma”, scherzò, sorridendole.
Lei si
fermò
in mezzo alla stanza, respirò a pieni polmoni e
ricambiò il sorriso.
Le dinamiche
tra loro stavano gradualmente cambiando e Kate aveva bisogno dei suoi
tempi per
metabolizzare ogni singolo dettaglio.
Il muro era
sempre lì a ricordarle cosa avrebbe rischiato se avesse
aperto nuovamente il
suo cuore, ma da qualche tempo non sembrava più una barriera
così
insormontabile.
Castle iniziava
a vedere dei vacillamenti in quella corazza.
Il sorriso
sparì dal volto di Kate e sulle sue labbra comparve invece
un nome “Josh”.
Già,
Josh.
Il suo fidanzato.
Quello che
non c’era quasi mai, cosa che le era andata benissimo
così finchè non aveva
sentito il bisogno di qualcosa di più di una storiella poco
impegnativa.
Aveva
iniziato ad essere più esigente con lui e ad arrabbiarsi per
i suoi continui
viaggi all’estero.
E ora
baciava un altro?
Si sentiva
confusa sui suoi sentimenti per Castle e di sicuro era confusa sulla
sua
relazione con Josh ma di certo non si meritava di essere tradito.
“Non
posso
fargli questo”, bisbigliò Kate.
Ma quando
sollevò gli occhi, questi tornarono di nuovo fissi sulle
labbra di Castle.
Lo scrittore
lo interpretò come un buon segno “E se lui non ci
fosse?”, le domandò.
“Non
è
importante. Lui c’è”, rispose sulla
difensiva.
“Ma se
non
ci fosse?”, chiese ancora, anche se sapeva già la
risposta.
Impegnata o
single, il suo cuore era comunque ancora inaccessibile.
“Non
posso,
Castle”, ripetè, ora ad occhi bassi.
“Lo
so”.
Restarono a
guardarsi come solo loro sapevano fare, quando il resto del mondo
andava avanti
mentre Richard Castle e Kate Beckett fermavano lo spazio-tempo solo
guardandosi
negli occhi.
Poi, come
sempre, uno dei due ristabiliva le leggi della fisica riportando
entrambi con i
piedi per terra.
Si
incamminò
verso la sua stanza, credendo di aver sentito troppi “Non
posso”, da lei quella
sera. Sperava che l’indomani lei potesse essere
più loquace.
“Ho
detto
che non posso”, disse per l’ennesima volta,
bloccando la camminata di Castle
verso la propria camera da letto “Non ho detto che non
voglio”.
Quell’ammissione
lo colpì e lo costrinse a voltarsi. Non si aspettava quella
schiettezza da lei.
“Se
noi...”,
si asciugò una lacrima ribelle e proseguì
“Se adesso noi... probabilmente
domani mattina cambierei idea. Sarei terrorizzata e ti direi che non
sarebbe
dovuto succedere... e non voglio, non deve andare
così.”
Castle
ascoltava in silenzio, sperando che continuasse a parlare.
“Non
posso
adesso, non sarebbe giusto per Josh, devo parlare con lui... devo
lasciarlo,
prima di...”, tirò
su con il naso
ridendo un secondo dopo, per il gesto poco elegante, poi
deglutì e continuò “E
non sarebbe giusto nemmeno per te, non sono in grado di darti quello
che
vorresti e che meriti, ancora... ma lo sarò”.
Castle ci
mise qualche secondo a registrare il significato di quelle parole.
“Mi
stai
chiedendo di aspettarti?”.
Lei scosse
la testa “Non potrei mai chiederti questo”.
“Ti
sto
chiedendo di continuare le nostre vite e di lasciare le cose come
stanno, per
ora”, Castle cercò di precisare un punto ma lei lo
precedette “Non dico di
dimenticare o di ignorare quello che è successo oggi, fuori
da quel magazzino e
a quella festa di Halloween...”, si ritrovò a
gesticolare con le mani nel
tentativo di riuscire a spiegarsi “Solo che... ho bisogno di
più tempo, ho
bisogno di riflettere, di capire... di capirmi. E mi sento uno
schifo... lo so,
sono egoista ma ti giuro che...”.
Fu Castle a
interromperla questa volta “Non lo sei”.
Si sorprese
nell’udirlo. Non pensava che le avrebbe fatto una scenata ma
nemmeno che sarebbe
stato così accondiscendente.
“Non
sei
egoista. Lo saresti se, come hai detto, tu facessi una cosa di cui non
sei
pienamente convinta per poi scappare il giorno dopo lasciandomi
solo”.
Quella
semplice frase le fece battere il cuore come non mai.
Se
c’era
qualcuno che poteva mandare all’aria tutti i suoi buoni
propositi era lui.
Ma si
meritavano entrambi qualcosa di più di un’unica e
isolata notte di passione.
Non per
questo Kate si sentiva meno in colpa. Non solo stava ponendo dei limiti
in quel
momento, ma non poteva nemmeno garantirgli se e quando sarebbe mai
stata
emotivamente pronta a vivere una serena relazione con lui.
“Ma
Castle,
tu...”, non era giusto in ogni caso quello che gli stava
facendo.
Lui le
sorrise “Non preoccuparti per me. So essere molto
paziente”, si avvicinò e le
diede un leggero bacio sulla fronte “Come si dice? Quello che
succede a Los
Angeles resta a Los Angeles”.
“Non
era Las
Vegas?”, domandò ad occhi chiusi, assimilando il
più possibile di quel dolce
bacio che molto probabilmente sarebbe stato l’ultimo, almeno
finchè lei non
fosse riuscita ad allineare testa e cuore sullo stesso asse.
“Credo
si
possa fare con tutte le città”, rispose
allontanandosi e tornando verso la
camera “A domani”.
“A
domani”,
rispose a sua volta, poi Castle sparì nella sua stanza.
Kate
restò
lì in piedi immobile nel salottino domandandosi se fosse
successo veramente.
Se
finalmente avesse fatto un passo avanti, seppur piccolo.
Aveva fatto
bene ad agire così? Avrebbe dovuto lasciarsi andare?
Gli occhi
vorticavano da un punto all’altro della stanza a seconda di
questo o quel
pensiero che le transitava nella testa.
Sicuramente
non sarebbe riuscita a dormire quella notte.
Pensò
che
forse nemmeno Castle si sarebbe addormentato con facilità.
In un
momento si immaginò sdraiata tra le sue braccia. Al sicuro.
“Quello
che succede a Los Angeles resta a Los Angeles”.
Fu
sorprendentemente facile arrivare alla sua
porta, ruotare la maniglia, entrare nella stanza e sdraiarsi accanto
lui.
Si
rilassò
solo nel momento in cui lui le avvolse la schiena con il braccio e lei
si
accoccolò sul suo petto.
Alle prime
luci dell’alba, quando si svegliò,
pensò che mai si era sentita così serena e
riposata.
Ma quello
che si erano detti la sera precedente restava ancora valido.
Non poteva
iniziare nulla di serio e duraturo in quel momento della sua vita. Non
avrebbe
saputo nemmeno da dove cominciare.
Si
alzò con
delicatezza per non svegliarlo e uscì dalla stanza.
Quando
Castle finalmente la raggiunse in soggiorno, la trovò
già vestita e pronta a
proseguire le indagini sulla morte di Royce.
I loro
sguardi si incrociarono e un piccolo sorriso spuntò su
entrambi i loro volti.
Poi, senza
bisogno di ulteriori spiegazioni, tornarono i Castle e Beckett di
sempre,
pronti a fare giustizia ad un innocente.
Entrambi consapevoli che conserveranno questa notte a Los Angeles gelosamente nei loro cuori e forse un giorno, quando Kate avrà affrontato tutti i fantasmi del suo passato, potranno riparlarne.
~ Lungo i
bivi della tua strada incontri le altre vite, conoscerle o non
conoscerle,
viverle a fondo o lasciarle perdere dipende soltanto dalla scelta che
fai in un
attimo; anche se non lo sai, tra proseguire dritto o deviare, spesso si
gioca
la tua esistenza e quella di chi ti sta vicino. ~
Susanna
Tamaro
*lo so, lo
so, si dice “sentire le farfalle nello stomaco”, ma
ammettiamolo... con un uomo
come Castle si possono solo sentire i dinosauriiiii *-*-*-* (E poi dai,
potevo
non fare un omaggio a Jurassic World? :p )
Ivi’s
Corner:
Ed ecco la
seconda delle tre Shot dedicate ai missing moments che ruotano intorno
al bacio
di Halloween raccontato in Déjà Vu.
Come sempre
non vado ad alterare (non di molto almeno ;p ) il reale corso degli
eventi, ma
gli do una spruzzata di colore in più.
Un grazie
giga alle mie tre consulenti e beta di fiducia! (Sì, ne ho
addirittura tre xD)
A presto con
la terza e ultima parte! :-*