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Autore: Kanako91    01/07/2015    7 recensioni
Durante i festeggiamenti per il ritorno di Mablung e Beleg dalla Nirnaeth Arnoediad, Thranduil si ritrova a discutere con una giovane molto irritante, che si fa beffa delle sue idee sulla guerra e lo umilia davanti ai suoi amici, per poi sparire per anni.
Si rincontreranno dopo due rovine del Doriath, ma sarà la Guerra d'Ira a cambiare le idee di entrambi sulla guerra e su loro stessi.
[Precedente a Le spine della corona e leggibile separatamente]
Genere: Guerra, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Thranduil
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Frammenti di una Vigorosa Primavera'
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Dialoghi sulla guerra



Dialogo II.




Oropher entrò nella stanza di Thranduil e si fermò di fianco al letto, le braccia conserte. Thranduil piegò la tunica e la infilò nella sacca.

«Sai combattere, sai tenerti in vita» disse suo padre, «ma credi che questo importi di fronte a un drago?»

Non voleva sentire quei discorsi. Erano ridicoli. Tutte quelle preoccupazioni li avevano fatti restare tra i Laegrim, mentre Dior Eluchíl ristabiliva il loro regno e veniva massacrato per quel gioiello maledetto. Allora aveva ascoltato la cautela di Oropher, ora era troppo tardi.

Oropher strappò la sacca dalle mani di Thranduil e lui si raddrizzò, guardandolo con gli occhi stretti.

«Non posso stare qui ad aspettare che chi ha distrutto il Menegroth ci liberi dal Morgoth» disse Thranduil, le mani strette in pugno. «Saremo noi superstiti del Doriath a liberare le nostre terre da tutti i loro invasori!»

Oropher scosse la testa. «Credi che qualcuno ricorderà le tue gesta

«Se non sarà sconfitto il Morgoth, nessuno ricorderà le gesta di nessuno».

«Thranduil–».

Lui sollevò una mano e, per sua sorpresa, Oropher non proseguì.

«Ho fatto la mia scelta. Ti ho seguito fino a oggi, anche quando hai compiuto scelte che andavano contro le mie idee, ma la mia vita non è migliorata per questo. Voglio compiere le mie scelte, ora, e questa è solo la prima».

Oropher gettò la sacca sul letto. «E potrebbe essere l’ultima» disse e lasciò la stanza.



«Tuo padre è preoccupato».

Thranduil grugnì, senza smettere di lucidare la spada. Era troppo tempo che non la usava, ma era abbastanza carica di ricordi da rendergli difficile tenerla in mano senza che la mente tornasse all’ultima volta che l’aveva impugnata.

Himeleth sedette al suo fianco e si drappeggiò la gonna intorno alle gambe, bloccando qualsiasi ricordo con la sua sola presenza.

«Non vuole obbligarti a seguire la sua strada, ma vuole che tu capisca il perché delle sue scelte».

Thranduil posò la spada sulle ginocchia e guardò sua madre. «Capisco il perché delle sue scelte e non lo condivido. È arrivato il momento di farmi provare la mia strada».

Himeleth sospirò. «Non devi fare l’esatto opposto di quello che facciamo noi per dimostrarci che sai fare le tue scelte».

«Madre» la pregò Thranduil. Almeno lei doveva capirlo meglio di Oropher! «Sono secoli che voglio combattere per il mio regno e non ho mai agito su questo mio desiderio, perché avevo rispetto per le idee di mio padre e, fino a quel momento, mi sembrava che avesse ragione».

Poi era arrivata Arodel, con i suoi commenti tragici, e gli aveva fatto vedere le scelte di Oropher sotto un altro punto di vista. Non erano state quelle le intenzioni di Arodel, ma era con lei che Thranduil si era reso conto di quali erano davvero le sue aspirazioni.

Arodel non c’era più nella sua vita, chissà dov’era, ma Thranduil non aveva dimenticato il loro scambio di opinioni. Né l’espressione che aveva avuto quando gli aveva parlato del mondo al di fuori del Doriath. Ora Thranduil aveva visto quel mondo ed era intenzionato a renderlo più sicuro per quelli come Arodel e mastro Tirdegil, che viaggiavano per sopravvivere, ma col timore di morire.

«Ora voglio provare a fare quello che, dentro di me, sembra più giusto. Non sono l’unico a pensarla così, ci sono altri del Doriath che vogliono dare il loro contributo».

Himeleth chinò il capo in avanti, lasciando cadere i capelli intorno al viso, e Thranduil riprese a lucidare la spada. Non avrebbe cambiato idea. Ci aveva messo troppo tempo a decidere cosa fare e questa sarebbe stata l’ultima occasione per agire su quelle decisioni. Dopo di che, ci sarebbe stata la pace o la tenebra.

«Ricordi quando eri bambino?»

«Madre, non è il momento per i ricordi d’infanzia».

Himeleth sollevò la testa e lo guardò. «Ricordi quando l’unica luce era quella delle stelle? Quando la Cintura non esisteva?»

«Eravamo in pace» disse Thranduil.

«Non eravamo in pace, tesoro. Le creature del Morgoth infestavano le nostre terre anche prima dell’arrivo dei Golodhrim, non eravamo in pace. Non siamo mai stati in pace».

Thranduil le rivolse lo sguardo. «Nemmeno alle Acque del Risveglio?»

Himeleth scosse la testa. «Men che meno lì, per quanto mi basi solo sui racconti dei miei genitori. Ma se loro avevano deciso di partire, posso credere che non venissero da un luogo pacifico».

«Non poteva esserci guerra, lì. Non avevate nemici da combattere».

«Per esserci pace non deve esserci una guerra, secondo te?»

Thranduil guardò la lama della spada.

«La pace è lo spazio tra guerre o è l’assenza di pericoli?»

Thranduil non sapeva rispondere a quella domanda. Non era certo che la risposta fosse solo una di quelle proposte da Himeleth. Ma gli sfuggivano le parole e trattenne un sorriso. Era certo che quella maestrina di Arodel avrebbe avuto una risposta. Sollevò la testa e guardò Himeleth negli occhi.

«Madre, come posso scoprirlo, se non andando in guerra?»



Il punto di ritrovo era a un altro giorno di marcia e Thranduil fremeva per incontrare gli altri soldati del Doriath. C’erano veterani a guidarli, gli aveva scritto Rivorn, e ci sarebbero stati molti di quei giovani con cui era cresciuto, che aveva visto crescere, con cui aveva condiviso la gloria del Menegroth.

Thranduil era certo che lì non avrebbe trovato Arodel. Non poteva vedercela a combattere e nemmeno ad assistere l’esercito. Sarebbe stata utile solo a distruggere il morale delle truppe e Thranduil rise a quel pensiero.

Si addentrò nella Taur-im-Duinath, giusto il necessario per trovare un luogo in cui accamparsi e passare la notte al riparo dai pericoli della strada. Quella foresta si rifiutava di ospitare abitanti elfici per troppo tempo, ecco per qualche Abar coraggioso, e riusciva a tenere lontano anche gli Orchi. Era l’ultimo luogo sicuro prima della desolazione del Beleriand sotto il dominio del Morgoth.

C’era un odore familiare nell’aria, di fuoco e cibo elfico. I resti di qualche accampamento abbandonato o c’era qualcun altro?

Che fossero altri Doriathrim?

Thranduil seguì l’odore, finché non divenne più forte e più certo. La foresta si fece troppo buia persino per i suoi occhi e dovette affidarsi solo al naso e alle orecchie.

L’odore si fece forte e chiaro e Thranduil andò avanti, certo che avrebbe compiuto un altro passo e ne avrebbe trovato la fonte. Ma l’odore iniziò a indebolirsi di nuovo e Thranduil tornò indietro.

Solo allora si accorse che c’era qualcosa tra gli arbusti e tastò con il fondo della lancia.

Qualcosa, del tessuto, fece resistenza.

Eccolo.

Thranduil batté il fondo della lancia al tessuto.

«Avete del cibo e un luogo per riposare da offrire a un viaggiatore?»

Nell’oscurità si aprì uno spicchio di luce e comparve un viso femminile, i capelli biondi legati in una treccia spettinata dietro la testa, gli occhi sgranati.

«Arodel?»

L’unica risposta che Thranduil ricevette fu di essere afferrato dalla tunica e strattonato verso il basso e nella tenda. Perché di una tenda si trattava, illuminata all’interno da una lampada posata a terra, al centro, sotto una parte reticolata del tessuto. Eppure non era passata nessuna luce all’esterno. Thranduil non aveva mai visto nulla di simile e, in ginocchio per non battere la testa, si guardò intorno.

C’erano due coperte piegate in un angolo, vicino a due stuoie e due sacche gonfie. In un vassoio vicino alla lampada, c’era della carne secca, con del pane scuro e due tortine di verdure e funghi, di una rimaneva la metà, l’altra era ancora avvolta nelle foglie. Anche il cibo era per due persone. Eppure Arodel era sola. Chi altro ci sarebbe dovuto essere con lei?

«Cosa ci fai qui?» gli chiese Arodel, lisciando le pieghe del vestito.

Thranduil si ricompose e si mise a sedere, gambe incrociante, di fronte a lei.

«Ero in viaggio».

Arodel guardò la lancia, abbandonata a terra vicino all’ingresso e la spada al fianco. Thranduil sollevò il mento. Non doveva giustificarsi con nessuno, tantomeno con lei.

«Tu cosa ci fai qui, invece?» le chiese.

Arodel prese in mano la tortina morsa e inarcò le sopracciglia. «Sono in viaggio».

Thranduil si tolse la sacca a tracolla e la posò di fianco a sé. Era strano rincontrare Arodel, erano anni che non la vedeva ma gli sembrava che non fosse passato un giorno. Eppure c’era qualcosa di diverso in lei, e sono si trattava solo degli abiti ancora più modesti e della pettinatura disordinata di chi non vedeva uno specchio da giorni.

Arodel lo sorprese a fissarla e lui frugò nella sacca per la sua cena. C’era carne secca anche per lui e lembas, che Himeleth gli aveva preparato in grande quantità.

«Vuoi qualcosa da mangiare?» gli chiese Arodel.

Thranduil estrasse l’involto con cibo e se lo posò sulla tunica, tra le gambe incrociate.

«Vedo che sei attrezzato» commentò lei e mise in bocca l’ultimo morso di tortina.

«Ti ringrazio lo stesso» le disse e sorrise. «Non avrei tolto il cibo a te e... Chi ti accompagna? Tuo marito?»

«No, mio figlio».

Thranduil sgranò gli occhi e Arodel scoppiò a ridere.

«Mi prendi in giro?»

Arodel piegò le foglie in cui era stata avvolta la tortina e smise di ridere. Le sue labbra erano sottili e rosee, come le guance dopo la risata.

«Avresti dovuto vedere la tua faccia. Non ho resistito».

Thranduil addentò un pezzo di carne secca e la guardò con gli occhi ridotti a una fessura.

Lei emise un verso nasale e prese un pezzo di pane. «Viaggio con mio padre, come sempre da quando siamo rimasti solo noi due».

Thranduil masticò la carne, senza distogliere lo sguardo dal viso di Arodel. Era così tranquilla, che sembrava quasi che non gli avesse appena detto di aver perso il resto della famiglia. Oltre a sua madre, chi altro aveva perso? Thranduil non ebbe il cuore di chiederglielo.

«E dov’è ora Mastro Tirdegil?»

Arodel sorrise appena, «È fuori» disse e si lanciò in bocca una pallina di mollica.

Thranduil diede un altro morso alla carne, aspettandosi altro, ma Arodel continuò a mangiare mollica. Perché faceva la vaga? Non le stava chiedendo niente che fosse un segreto del regno. Non esisteva neppure più un regno per cui mantenere segreti!

«Abbiamo incontrato altri come te, in viaggio verso Nord, dove infuria la tenebra» disse Arodel. «E mi rendo conto che mi aspettavo che ci andassi pure tu».

Thranduil strinse gli occhi, mentre Arodel staccava un pezzo di crosta di pane e lo masticava senza distogliere lo sguardo da lui. Si sentiva stupido, non per quello che lei aveva detto, ma perché, avendola davanti, si stava accorgendo di come avesse sperato di rivederla ogni volta che gli era capitato di incontrare altri della sua gente.

Non che riuscisse a mettere da parte l’irritazione per questo.

«Hai visto giusto» disse Thranduil. «Ho intenzione di combattere per il Doriath, questa volta. Potrebbe essere l’ultima e voglio fare la differenza».

Arodel distolse lo sguardo.

Thranduil ghignò. «Sei preoccupata per me?»

Arodel gli rivolse un’occhiataccia. «Sto cercando di convincermi che insultarti non sia una buona idea».

Thranduil scoppiò a ridere e le tirò un buffetto.

«Perché vuoi tanto andare a morire? Sei riuscito a fuggire da entrambe le distruzioni del Doriath e non ti basta».

«Sono fuggito solo da una distruzione» disse Thranduil. Non aveva più tanta voglia di ridere. «La seconda volta non eravamo neppure tornati nel nostro regn. Mio padre ha preferito restare nascosto e non far nulla, quando il sostegno che avrebbe potuto portare a Dior Eluchíl sarebbe stato sufficiente per non dare strane idee a quei Goelydh».

Arodel corrugò la fronte. «Quale altro sostegno avrebbe potuto portare? Non avete un esercito, o è cambiato qualcosa?»

«Ci sono altri del Doriath con noi e ce ne sono altri per l’Ossiriand e nell’Arvernien, già prima che si stabilisse lì Dama Elwing. Avremmo potuto fare qualcosa».

«Perché non sei partito tu, da solo, come hai fatto ora?»

Thranduil abbassò lo sguardo sulla carne secca tra le mani. Si era maledetto più volte per non aver preso quella decisione, per aver seguito alla cieca suo padre, anche quando il suo cuore gli diceva il contrario. Ma non aveva risentito subito di quella scelta, aveva contato sulle buone notizie e sulla speranza che Oropher cambiasse idea. Non c’era stato il tempo di pensare a una partenza, perché erano arrivati i Faenoriani con le loro pretese. Come se, per quel gioiello, la Terra di Mezzo non avesse perso la sua creatura più bella e preziosa, come se il Doriath non avesse perso il suo Re e la sua Regina per lo stesso motivo.

«Perché ho rifiutato di prendere mie decisioni. Mi sono fidato del giudizio di mio padre e ho sbagliato. Ma ho imparato da quell’errore» disse Thranduil e incontrò lo sguardo di Arodel.

«Non avreste potuto fare niente in qualsiasi caso, lo sai questo? Il Doriath senza Melian non potrà mai risorgere ed essere sicuro».

Thranduil chiuse gli occhi e annuì. Anche se gli costò parecchio. Ma non valeva la pena di dirle di no, quando sapevano entrambi che lei aveva ragione.

«E ora stai andando a combattere per un regno che non esiste e che non esisterà più» disse Arodel. «Moriresti per la gloria passata».

«Ma se non lo facessi e la tenebra vincesse, sarò colpevole di non aver fatto la mia parte».

Arodel si rigirò la crosta di pane tra le dita.

Thranduil avrebbe voluto dirle qualcos’altro, qualcosa che le potesse togliere quell’espressione triste dal viso. E fu allora che capì cosa c’era di diverso in Arodel: la prima volta che l’aveva vista, era stata sicura di quello che diceva, per quanto fosse tragica e pessimistica a livelli inverosimili. Ora era rassegnata, spenta, come se la realtà avesse superato le sue aspettative già pessime. Thranduil le prese una mano. Lei incontrò il suo sguardo e lui le sorrise.

«Non è ancora giunta la Dagor Dagorath, non andrei a morire per nulla, no?»

Arodel sbuffò e aprì la bocca per dire qualcosa, quando l’ingresso della tenda si aprì.

«Questa volta le trappole hanno funzionato!» esclamò l’ellon che entrò in ginocchio. I capelli erano dello stesso biondo di quelli di Arodel e i lineamenti erano molto simili, più marcati di quelli di lei e segnati da linee sottili intorno agli occhi e alla bocca.

Quello era Tirdegil e Thranduil ritrasse di scatto la mano da quella di Arodel.

Tirdegil si fermò e guardò Thranduil, sbattendo le palpebre con le sopracciglia inarcate. In una mano aveva due lepri e alla cintura della tunica aveva appesa una piccola sacca e infilato un pugnale dal manico lucido dall’uso.

«Arin, hai ospiti?»

Arodel batté le mani per liberarle dalle briciole. «Lui è Thranduil, figlio di Oropher».

«Mastro Tirdegil» lo salutò Thranduil con un cenno del capo.

Tirdegil lasciò cadere la tenda d’ingresso e sorrise. «Il figlio di Himeleth».

«Conosci mia madre?» Domanda stupida: chiunque conosceva sua madre. Era una delle compagne di Melian, e una delle Ivonwin, nessuno a corte poteva dire di non sapere chi fosse.

«È stata molto gentile con mia moglie, prima che le più grandi dame di corte richiedessero i suoi abiti».

Thranduil si lasciò sfuggire un sorriso. Forse ricordava, in modo vago, una sarta con cui sua madre passava lunghe ore ad ammirare tessuti e modelli, ma non si era interessato molto, a quei tempi era stato un ragazzino.

Tirdegil sedette a gambe incrociate e posò di fianco a sé le lepri. «E ora dove stai andando di bello?»

«A combattere con gli altri Figli del Doriath» disse Arodel.

Tirdegil guardò la figlia e poi Thranduil.

«Non avrei mai creduto di essere felice di vedere giovani andare a combattere» disse Tirdegil e un sorriso comparve sul suo volto, «ma vedo in te la volontà di fare il possibile non solo per il nostro regno che non c’è più, ma anche per gli altri popoli. Sono certo che Elu Thingol e Melian sarebbero orgogliosi di voi».

Thranduil rimase immobile, pietrificato. Si era aspettato parole di rimprovero, si era aspettato qualche commento sulla sua intelligenza, si sarebbe aspettato tutto tranne quello. Sentiva le guance bruciare e deglutì a fatica.

Qualcuno che poteva capirlo. Qualcuno che potesse capire cosa avesse spinto lui e altri a prendere quella decisione. Erano sopravvissuti alla rovina, ma questo non era servito a fermarla. La tenebra non aveva rallentato la sua avanzata perché c’era chi le era sopravvissuto.

Thranduil lanciò un’occhiata in direzione di Arodel e la vide immobile e impassibile, come se la cosa non la toccasse. Il che non era affatto vero, lui lo sapeva, lui aveva sentito la passione con cui si era opposta all’andare in guerra.

«Ti ringrazio, mastro Tirdegil» disse Thranduil, con un cenno del capo.

Tirdegil sorrise e Thranduil si rese conto di non aver mai visto sua figlia sorridere, non davvero. E Arodel non sorrise quella sera, neppure quando lui regalò loro un po’ del lembas in eccesso, neppure quando Thranduil dormì nella tenda con loro, e Tirdegil si mise tra lui e Arodel con una battuta.

Thranduil non aveva mai visto il sorriso di Arodel e forse non l’avrebbe mai visto.

Per qualche ragione, questa rivelazione lo fece addormentare col cuore pesante.



Il mattino dopo, fecero colazione e uscirono dalla tenda. Anche di giorno, era ben mimetizzata nel sottobosco e Thranduil sapeva di esser stato fortunato a trovarla. Dormire in compagnia per una notte si era rivelato un balsamo per il suo umore, per quanto Arodel si fosse allontanata, come la timida e modesta elleth che non era.

Quella freddezza lo turbava, non era così che voleva ricordarla, non ora che stava andando a combattere, forse addirittura incontro alla morte. Thranduil slegò dall’albero una delle corde che teneva su la tenda e Tirdegil gli tirò una pacca sulla mano e gli fece segno di togliersi.

«Non ti preoccupare, posso sbrigare da solo questa parte» gli disse, e non c’era traccia di scortesia nei suoi modi né nella sua voce.

Thranduil lasciò la corda nelle mani di Tirdegil.

«Dove siete diretti?» gli chiese, scostandosi di lato.

Tirdegil arrotolò la corda avvolgendola dal palmo al gomito e indietreggiò verso la tenda.

«In un posto sicuro, lontano dai combattimenti» disse Tirdegil. «Avevamo pensato alle Bocche del Sirion, ma la gente stava facendo i bagagli e fuggendo. Non ci sono nemmeno più barche per l’Ovest, nei porti dell’Arvernien».

Arodel sbatté il tappeto che era stato disteso sul fondo della tenda e lo arrotolò, il tutto dandogli le spalle.

«Potreste raggiungere i Laegrim. I miei genitori sono lì e così altri del Doriath».

Tirdegil avvolse l’ultimo pezzo di corda intorno a quella arrotolata e la lasciò sull’angolo afflosciato della tenda. «I Laegrim sono ancora lì? Non abbiamo avuto a che fare con loro dalla morte di Dama Lúthien».

«Sono ancora lì, in numero minore a loro dire, e più schivi col passare degli anni, ma sono lì. Abbiamo cercato di migliorare le loro armi, ma sono molto attaccati alle tradizioni». Thranduil si lasciò sfuggire un sorriso. Oropher sembrava affascinato dalle tradizioni dei Laegrim, il che non era utile a farli migliorare.

«Arin!» chiamò Tirdegil e Arodel si voltò a guardarlo. «Che ne dici se andiamo dai Laegrim?»

«Per me va bene» disse lei e chiuse la sacca.

Tirdegil sorrise a Thranduil. «Ecco dove siamo diretti, allora».

Thranduil ricambiò il sorriso di Tirdegil e portò una mano al cuore e gli rivolse un saluto.

«Che le stelle brillino sul vostro cammino, mastro Tirdegil».

Tirdegil ricambiò il saluto e aggiunse: «Spero di rincontrarti nell’Ossiriand, in tempi più favorevoli».

Lo sperava anche Thranduil. Prese la sacca, la mise di traverso dietro la schiena e si avvicinò ad Arodel. Non sapeva cosa dirle e aprì lo stesso la bocca per parlarle, ma lei gli afferrò un braccio e lo guidò verso gli alberi.

«Lo accompagno fino al limite della foresta» disse Arodel al padre.

Tirdegil salutò con la mano e un sorriso, per nulla turbato. Thranduil lo era, invece, perché dopo tutta la distanza che Arodel aveva messo tra loro dal ritorno di suo padre nella tenda, non si sarebbe mai aspettato un gesto simile. Voleva insultarlo? Voleva provare a fargli cambiare idea lontano dalle orecchie di Tirdegil? Chissà come aveva preso le sue parole della sera prima.

Quando furono lontani dall’accampamento, Arodel rallentò il passo e gli lasciò il braccio.

«Devi proprio andare a farti ammazzare?»

Thranduil scosse la testa, lasciandosi sfuggire un sorriso. Non aveva avuto lui stesso pensieri simili, poco prima?

«La fiducia che hai in me è commovente».

Arodel si girò verso di lui e incrociò le braccia sul petto.

«Non è una questione di fiducia in te, è un questione di chi stai andando a combattere–».

«Pregherai per me?»

Arodel si fermò con la bocca mezza aperta e lasciò cadere le braccia lungo i fianchi. «Certo che lo farò» disse lei, con tono così oltraggiato che Thranduil sorrise, «non voglio che tu finisca tra le fauci di qualche drago o impalato da qualche–».

Thranduil chinò la testa all’altezza della sua e premette le labbra contro quelle di Arodel. Non la strinse a sé, non si spinse oltre, avrebbe lasciato decidere a lei cosa ne sarebbe stato. Con un sospiro, Arodel lo afferrò per le braccia e lo tirò a sé e aprì la bocca alla sua, tremando per il nervosismo o l’emozione, Thranduil non avrebbe saputo dirlo. Quel che sapeva è che si sentiva vivo come mai prima, pieno di energia e pronto a combattere e a vincere.

Thranduil avvolse le braccia intorno ad Arodel e la baciò, come se fosse l’ultima volta.






Nota dell'autrice


Ed eccoci con la seconda parte, che fa un grosso salto temporale.
Vi lascio immaginare quale sia stata l’ultima volta in cui Thranduil ha impugnato la spada, mentre la prima è stata probabilmente durante l’addestramento, visto che, secondo i miei headcanon, durante la Prima Battaglia del Beleriand era piccolo e carino e dotato di spada di legno, al massimo.
Per il resto, in questo capitolo possiamo conoscere il padre di Arodel, che ho adorato scrivere e che deve il nome alla collaborazione con tyelemmaiwe (e anche con melianar per il nomignolo adorabile di Arodel, awww).

Le uniche note che ho da aggiungere:

  • la prima è qualcosa che, in realtà, ho detto spesso nelle risposte alle recensioni ma mai “in pubblico”: nonostante Tolkien dica che non ci siano racconti sulla Guerra d’Ira perché gli unici a parteciparvi furono gli Elfi di Aman, penso che all’inizio ci fossero comunque eserciti “indipendenti”, diciamo così, che sono andati a combattere contro Morgoth – per quanto ormai gli Elfi della Terra di Mezzo dovessero essere stanchi e forse erano anche un po’ arretrati rispetto agli avanzamenti “tecnologici” che aveva fatto Morgoth in quegli anni (??? cioè, lui se ne stava bello chiuso ad Angband, però il Beleriand era come un gran casino, mado’). La situazione doveva essere davvero disperata, anzi, lo era – come dimostra il viaggio di Eärendil –, e in una situazione disperata dubito che chi può non tenti il tutto per tutto. Così come ho immaginato abbiano fatto alcuni superstiti del Doriath e altri (si vedano i Noldor feriti nella prima parte di Sulla soglia della notte).
  • la seconda, una riflessione: ho accennato in altre storie a Himeleth come una delle “dame da compagnia” di Melian e siccome Melian aveva scorte di lembas (ne dà a Túrin), ho pensato che lei dovesse aver portato nel Doriath la ricetta e il grano utilizzato. E così, ho pensato anche che le sue dame da compagnia potrebbero essere delle Ivonwin, altrimenti perché esiste la traduzione Sindarin del nome? (okay, potrebbero averlo tradotto i vari sapienti). Sono tutte supposizioni fondate su quegli accenni che fa Tolkien, ma non potevo fare altro e non c’era nulla che dicesse il contrario. Poi, vabbè, l’idea di Himeleth che corrompe i Laegrim a darle un pezzo di terra per coltivare il grano per il lembas e ne prepara allegramente per il figlio che parte era troppo divertente, LOL!

Okay, credo di aver detto tutto quello che dovevo dire.
Grazie a chi ha letto e recensito e ci vediamo la prossima settimana, stesso giorno, stessa ora (circa), col capitolo finale!

Kan

   
 
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