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Autore: Fiamma Erin Gaunt    02/07/2015    0 recensioni
[Nuova generazione; per una miglior comprensione di alcuni personaggi si consiglia la lettura di “Insegnami ad amare”]
Dal testo:
- Comunque non sono qui solo per una visita di piacere – ammisi, soffocando un gemito compiaciuto. Quel caffè era davvero delizioso: forte e scuro come piaceva a me. – La loggia ritiene di aver ragione di credere che un erede del Conte sia ancora in circolazione. –
Lucy sussultò leggermente, facendo rovesciare alcune gocce di nera bevanda sul tavolino in cristallo del salotto.
- Il Conte ha certamente seminato innumerevoli figli bastardi durante la sua vita –, concordò Paul, - ma c’è un motivo in particolare se la loggia ritiene di dover agire proprio ora? –
Quella era la domanda da un milione di sterline.
Avevo faticato non poco per far accettare la veridicità della mia fonte alla loggia e non dubitavo che Paul avrebbe sollevato le medesime considerazioni.
- Rackozy. –
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, conte di Saint Germain, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 1

 

 

 

 

Damon POV

 

 

 

Ero appoggiato alla parete in muratura del cortile principale della loggia, una Marlboro light stretta tra le labbra, quando Katherine mi raggiunse.
- Stai camminando in una direzione pericolosa, Dam – esordì, avvicinandosi a sfilarmi la sigaretta.
La portò alle labbra e prese un paio di profondi tiri.
Lasciò fuoriuscire il fumo in lente e ben delineate volute che si persero nella brezza invernale.
- Non abbiamo tempo da perdere e la loggia non lo capisce. Se Rackozy ha ragione ogni giorno che passa é uno in meno a nostra disposizione per trovare la Coppa. E Scarlett … per l’amor di Dio, dobbiamo seriamente portarcela dietro? –
Katherine mi lanciò un’occhiata di rimprovero.
- È emozionata e scombussolata per il suo primo salto. –
- È un impiastro. –
Ricevetti un buffetto dietro al collo.
- Ha solo bisogno di fare un po’ di pratica. –
Roteai gli occhi. – Questo é l’eufemismo del secolo. –
- Oh, andiamo, non fare il Golden Boy della situazione. –
Sbuffai, pescando dal pacchetto una nuova sigaretta. Aspirai il primo tiro con decisione e vidi brillare la brace rossastra.
- Ci farà ammazzare e, quando saremo nell’aldilà, ti rammenterò che “io te l’avevo detto.” –
Katherine sorrise malandrina.
Conoscevo quell’espressione e di solito non prometteva nulla di buono.
- Che c’è? –
Sgranò innocentemente gli occhioni verde azzurri. – Cosa? –
- Non provarci, Kat. Lo so che stavi pensando a qualcosa di tremendo o che finirà con il farci passare dei guai. –
Stavolta il sorriso si tramutò in un vero e proprio attacco di risate.
- Stavo solo pensando a quanto assomigli alla mamma quando dici certe cose. –
Indignato, le rivolsi uno sguardo piccato.
- Io non assomiglio alla mamma! –
- Sì, invece, sei proprio un’adorabile quarantenne sulla via della menopausa – continuò a ridere.
- Molto matura, Kat, sul serio – borbottai, cercando di scacciare dalla mia mente l’immagine di una mia versione quarantenne in gonnella.
Tossicchiai per nascondere l’attacco di risate che minacciava di sommergermi.
Katherine non aveva decisamente bisogno del mio incoraggiamento quando si trattava di fare ironia.
- Torniamo dentro, i miei piedi devono tornare a essere calpestati dall’impiastro – aggiunsi, lanciando lontano il mozzicone di sigaretta.
E no, non era una battuta.
Avevo perso il conto delle volte in cui Scarlett ci era finita sopra nel corso dell’ora precedente. A un certo punto avevo cominciato a pensare che lo facesse apposta e, conoscendola, non era un’ipotesi completamente da scartare.
Kat mimò un beffardo saluto militare con tanto di battito di tacchi. – Agli ordini, signor capitano. –
Percorremmo fianco a fianco il breve tratto di strada che ci separava dalla sala da ballo. Stavamo per entrare quando mi resi conto che la musica era accesa e che Scarlett era al centro della pista e provava ad eseguire i movimenti che le avevo spiegato precedentemente.
Ci metteva davvero molto impegno, non potevo negarlo, e il suo essere impacciata era decisamente più tenero quando non comportava il torturare i miei piedi.
Katherine mi diede di gomito, sorridendo con l’aria di chi sapeva bene cosa mi stesse passando per la testa.
La ignorai.
- Dille qualcosa di carino – mi esortò, spingendomi con forza all’interno della sala.
Preso in contropiede, non potei fare a meno di sbilanciarmi e trovarmi davanti a una Scarlett rossa per l’imbarazzo di essere stata scoperta a fare qualcosa di tanto inconsueto.
- Forza, dillo – mi esortò.
Perplesso, inarcai un sopracciglio. – Dire cosa? –
- Quanto sono ridicola e scoordinata, so che muori dalla voglia di ribadirlo per la centesima volta – chiarì la rossa.
Le iridi blu violacee si erano improvvisamente incupite e ricordavano lo sguardo che avrebbe avuto un cucciolo preso a calci.
Sapevo di non essere propriamente una persona cordiale e amorevole ma non immaginavo che i miei commenti l’avessero ferita tanto profondamente.
Avvertii il pungente senso di colpa all’altezza della bocca dello stomaco.
Detestavo quella sensazione, ma non riuscivo a ignorarla quando sapevo di essere dalla parte del torto.
- Okay, sono stato uno stronzo – cedetti.
- Un grandissimo stronzo – precisò Katherine, guadagnandosi un’occhiataccia.
- Un grandissimo stronzo, grazie mille per la precisazione – sibilai tra i denti.
- Sì, lo sei stato. –
- Magnifico, visto che siamo tutti d’accordo, possiamo andare avanti? Sto cercando di scusarmi e non mi riesce facile farlo. –
Scarlett annuì, incrociando le braccia al petto e predisponendosi all’ascolto.
- Tutta questa storia del Conte e del suo erede mi fa uscire di testa e dalla perfezione con cui esegui i movimenti del minuetto fino alla cosa più trascurabile come potrebbe essere … - tacqui, in cerca di ispirazione.
- Il modo in cui tengo in mano la reticule? –
Annuii. – Esatto. Tutto questo è di importanza assoluta e ci permetterà di tornare a casa tutti interi. La mia priorità è questa: riportare te e Kat indietro sane e salve. Se non dai il meglio di te il mio lavoro si complica enormemente. –
Scarlett annuì lentamente.
- Lo capisco, sul serio. Mi impegnerò per dare il meglio e alla fine riuscirò a ballare questo stupido minuetto a occhi chiusi. Anche se ammetto di averti pestato i piedi volutamente in un paio di occasioni – ammise con un luccichio malandrino negli occhi.
Ecco, lo sapevo.
Dio, dammi la pazienza.
  

  

 

 

 

 

 

Scarlett POV

 

 

 

Si era scusato.
Damon “pomposo” Gabriel de Villiers si era scusato con me e, come se ciò non bastasse, era sembrato assolutamente compito e sincero.
Roba da non crederci.
Dopo il suo discorso mi sentii quasi in colpa per avergli pestato i piedi con tanto impeto.

Quasi perché una parte di me non aveva ancora dimenticato quando mi aveva paragonato a un mulino a vento impazzito.
- Vogliamo riprovare, monsieur de Villiers? –
Lo vidi annuire, eseguire un inchino e sfoggiare quella classe da perfetto gentiluomo d’altri tempi che lo faceva sembrare tremendamente simile al mr Darcy di Orgoglio e Pregiudizio, il mio libro preferito.
- Con piacere, mademoiselle. –
Katherine fece ripartire la musica, sistemandosi nell’angolo più remoto della sala e osservandoci come avrebbe fatto il giudice di uno di quei programmi in stile “Ballando con le stelle”.
Appoggiai una mano sulla spalla di Damon e mi stupii una volta di più nell’appurare quanto il suo corpo fosse possente. Sembrava di toccare del marmo invece di carne e ossa. Eppure era rapido e si muoveva con una grazia assoluta.
Invidiavo la facilità con cui faceva certe cose e il modo in cui le faceva sembrare tanto semplici da replicare, dovevo ammetterlo.
Sentii la sua mano stringermi la vita, sfiorando il fianco lasciato leggermente scoperto dalla camicia della divisa scolastica.
Una scarica mi percorse la pelle e fu quasi come se avessi preso la scossa.
Sussultai, pregando silenziosamente che il gesto fosse passato inosservato.
Ovviamente non era stato così perché gli occhi verde azzurri di Damon si erano posati sui miei con sorpresa.
- Stringo troppo? –
- No, stringi abbastanza … Cioè, non hai una presa troppo forte – balbettai.
Perfetto, adesso dovevo sembrare un’idiota incapace di mettere in fila soggetto predicato e complemento.
Si è appena scusato per aver preso in giro la tua imbranataggine e tu dimostri nuovamente di essere un patetico caso umano.
Bel lavoro, Scar, davvero; mi complimentai silenziosamente tra me e me.
Ero talmente presa dai miei ragionamenti che non mi resi conto di aver quasi ultimato il minuetto e per giunta con notevole successo.
Perfetto, avevo trovato la risposta a ogni problema danzante: sarebbe bastato che disconnettessi il cervello e lasciassi fare tutto a Damon.
La musica terminò nel momento esatto in cui Damon mi lasciava andare e si inchinava nuovamente con eleganza sfiorandomi il dorso della mano in un lieve baciamano.
Qualunque altro ragazzo sarebbe parso un perfetto idiota nel compiere gesti tanto all’antica, ma lui risultava stranamente seducente.
Oh, in nome del cielo, dovevo davvero smetterla di pensare a Orgoglio e Pregiudizio.
Lui non era Darcy e io non ero sicuramente Elizabeth.
- Non era poi tanto difficile, no? –
Annuii, non sapendo bene come replicare.
- A Giordano sarebbe preso un attacco apoplettico se fosse stato presente. Avrebbe cominciato a sproloquiare con i suoi “C’est magnifique” e altre idiozie – rise Katherine, battendo le mani in un piccolo applauso.
Sorrisi, incoraggiata dal commento.
- Niente male, Scar, sul serio. –
Sgranai gli occhi, sorpresa.
In sedici anni di vita dubitavo seriamente di aver mai sentito Damon chiamarmi con quel soprannome.
Raven, Kat e i miei genitori lo facevano quotidianamente, ma lui … forse mi ci aveva chiamato qualche volta quando eravamo all’asilo. Dagli otto anni in poi, quando avevo cominciato a frequentare la loggia, ero diventata semplicemente “combina guai”, “impiastro” o “terremoto”. Insomma, niente vezzeggiativi amorevoli e femminili per me.
- Beh, grazie. –
Stupida carnagione alabastrina che mi impediva di non arrossire ogni due per tre!
Sul serio, perché non potevo fare a meno di sembrare un’imbranata patentata?
Che domande, evidentemente i geni di Rubino avevano surclassato quelli di Diamante e così mi ero ritrovata con un abbonamento no limit alle figuracce.
Grazie, mamma.

 

 

 

 

 

 

Erede di Saint Germain POV

 

 

 

Assottigliai lo sguardo sforzandomi di leggere i caratteri sfumati e quasi incomprensibili del documento redatto dai Templari secoli prima.
Quel latino imbastardito contribuiva ad aumentare sensibilmente il mio mal di testa.
Non ero mai stato versato nelle lingue morte, ma quel particolare paragrafo era tanto indispensabile alla buona riuscita della mia missione quanto terribilmente ostico.
Passai le dita sulle tempie in lenti movimenti rotatori nella speranza di placare quel fastidioso martellio.
Tentai una nuova traduzione.
Scarabocchiai i primi periodi, poi storsi il naso e accartocciai la carta.
Spinsi via calamaio e piuma con stizza, osservando la china riversarsi lentamente sul pavimento di marmo.
Ci sarebbero volute ore di duro lavoro per ripulirlo e riportarlo al consueto splendore, ma non sarebbe stato un mio problema.
In fin dei conti la servitù esisteva per un valido motivo.
Sbuffai, abbandonando lo scrittoio dello studio e avvicinandomi alla grande finestra che affacciava sulla grande e incantevole Piccadilly Circus.
C’era una quiete assoluta nell’ultimo periodo a causa di quell’assassino a sangue freddo che in molti ormai avevano soprannominato Jack lo Squartatore. Agiva nel degradato quartiere di Whitechapel e nei distretti adiacenti ma l’intera buona cittadinanza di Londra era terrorizzata indipendentemente dal fatto di vivere nella povera East End rispetto alla ricca e lussureggiante West End.
Ciò comportava che nessun uomo o donna saggi vagassero per le strade all’una di notte passata.
E la cosa mi piaceva.
Non amavo granchè feste ed eventi mondani tantomeno la vivace confusione londinese. Insomma, questo spietato assassino se non altro contribuiva a garantirmi pace e quiete.
Peccato solo che tutto ciò non fosse neanche lontanamente sufficiente a permettermi di tradurre quelle cruciali pagine.  
Ero a un passo dal portare a termine la mia missione e venivo ostacolato da dei ridicoli vecchi Templari che adottavano costruzioni sintattiche e lessico arcaico e incomprensibile.
Avrei dovuto chiedere l’aiuto di qualche vecchio scribano o docente di latino nella speranza che potesse giungere a una conclusione più sensata delle mie.
Ci sarebbe voluto un po’ più di tempo, ma nulla di irreparabile.
Sarei riuscito a portare a termine ciò che mi ero prefissato, di questo ero sicuro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

 

Eccoci qui con l’aggiornamento. Spero che questo nuovo capitolo vi sia piaciuto e che vogliate farmi sapere che ne pensate. Ho volutamente omesso il nome dell’erede del Conte per creare un po’ di suspance, saprete la sua identità solo dopo che i nostri tre baldi viaggiatori l’avranno scoperta. Che dire, siate magnanimi e lasciate una recensioncina così ho un parere dalla critica xD.
Alla prossima.
Baci baci,
Fiamma Erin Gaunt

  
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