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Autore: Flownes    02/07/2015    1 recensioni
Elena, le strade della sua mente e i cunicoli di un cuore che batte per un'altra ragazza.
Dal testo:
"Il monarca depone la corona ai piedi del popolo che, armato di soli forconi, gli sta davanti, dopo aver sconfitto l’esercito reale.
Si rompe l’equilibrio, la ragione diventa illogicità, accostamenti sballati mentre si cade nel vuoto. Senza voce, senza urla, senza fiato, si annega nel profondo oceano dello squilibrio. Si sprofonda senza tentare di nuotare, senza provare a salvarsi. L’ossigeno abbandona i polmoni, la pressione comprime i timpani, i piedi toccano il fondale sabbioso. Solo allora le gambe si piegano e spingono il corpo verso le acque più chiare della superficie.
Quale fosse l’origine di quei pensieri? Elena lo sapeva benissimo, era chiaro, limpido come il Sole."
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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CAPITOLO IV



Andare avanti



 
 
Aveva perso il conto dei giorni.
Probabilmente erano passati più di due mesi, non ricordava di preciso, eppure andava bene così. La sua vita era andata avanti, aveva passato le ultime settimane a studiare come una ragazza che ha l’esame di maturità il giorno seguente (in effetti era andata più o meno così) e alla fine era stata felice dei propri risultati. Ricordava di essere uscita da quell’aula di scuola, che non era neppure la propria, nella quale erano seduti i propri professori, quelli a cui voleva bene e che conosceva da cinque anni, e professori esterni, una incognita bella e buona. Terrificanti. Ad ogni modo era uscita con le lacrime agli occhi, lacrime liberatorie, e ora aspettava che uscissero i risultati a giorni.
Eppure una parte della propria mente, una piccola parte, ancora pensava a lei.
Le cose erano cambiate, erano cambiate da quando era andata a Roma alla festa universitaria: non aveva incontrato Chiara, non l’aveva neppure lontanamente intravista, c’erano troppe persone e mai l’avrebbe chiamata, l’orgoglio non le permetteva di prendere in mano il cellulare e di comporre il numero.
Le cose erano cambiate, non tanto nei fatti, quanto i pensieri che governavano la propria testa: Chiara non era più il primo pensiero la mattina e l’ultimo la sera. A Chiara non pensava quasi più, ma quando ci pensava non faceva altro che sentire una strana sensazione nello stomaco, come se avesse dimenticato qualcosa di importante. Effettivamente era andata proprio a quel modo, Elena aveva dimenticato qualcosa di importante, ma non era niente di lontanamente simile alle chiavi di casa, Elena aveva dimenticato una persona importante e quella persona era Chiara.
A tutto ciò si sommava una rabbia incontrollabile che avvampava in lei da un momento all’altro, facendole arrossire le gote e corrugare la fronte: era dannatamente arrabbiata. Furiosa perché aveva dimenticato Chiara, perché la stava ancora dimenticando, ma soprattutto perché non era stata una propria scelta quella di dimenticare. Lei aveva deciso tutto, aveva deciso tutto senza neppure consultarla. Aveva deciso che l’ultima conversazione che avevano avuto sarebbe stata l’ultima, che l’ultima volta in cui l’aveva vista sarebbe stata l’ultima, l’ultima volta che avrebbe incrociato i suoi occhi azzurri come il mare sarebbe stata l’ultima. Ed Elena non aveva potuto fare altro che assecondarla, accettare quella violenza che Chiara le stava facendo, le aveva ormai fatto.
Questi erano i pensieri che le attraversavano la testa, anzi, le trapassavano la testa, mentre camminava a passo svelto in strada, cuffiette nelle orecchie, sigaretta tra le dita. Da che era sdraiata sul letto a leggere un libro, si era accorta di aver smesso di comprendere le parole stampate con inchiostro nero sulla pagina e si era chiesta perché. Allora aveva provato l’impulso di fuggire o perlomeno di camminare, di andare. Così era uscita di casa, inventando una occasionale uscita con le amiche, una birra, una passeggiata… In strada aveva tirato fuori le cuffiette e aveva avviato la riproduzione casuale, tanto non aveva intenzione di ascoltare le parole delle canzoni, non aveva intenzione neppure di riconoscere le canzoni che le scorrevano nelle orecchie.
E la cosa che più la mandava in bestia, pensò portando il filtro della sigaretta alle labbra, era che Chiara probabilmente stava bene, era felice a quel modo, senza di lei, consapevole del male che le aveva fatto lasciandola sola a quel modo in un momento così delicato della sua vita. Eppure Elena c’era stata, c’era stata sempre e sempre aveva creduto che Chiara ci sarebbe stata, a prescindere da tutto, a prescindere da tutti. Mai avrebbe pensato di ammettere quanto si fosse in realtà sbagliata, ancora una volta si era esposta troppo, aveva permesso a qualcun altro di avvicinarsi, di avvicinarsi sempre più, fidandosi ciecamente e ciecamente restando delusa e ferita.
‹‹La storia si ripete.››, così si era detta qualche giorno prima, pensando ancora a Chiara. La prima volta che si era lanciata fra le braccia di una persona, credendo di venir presa al volo, era caduta miseramente a terra, rompendosi in più punti, dimenticando più emozioni, come per esempio la gioia, la fiducia verso il prossimo, la consapevolezza di non esser soli, mai. Tutto questo se ne era andato in un attimo, lasciando il posto solamente al dolore, all’apatia nei confronti della vita, ad una diffidenza così radicata verso l'altro da lasciarle credere che mai le cose sarebbero cambiate. Poi un giorno le era arrivato un messaggio da un numero sconosciuto, era Chiara che si presentava, che chiedeva scusa per essere stata la causa intrinseca del dolore che Elena stava provando. E così come Chiara era stata la sua ancora di salvezza, la persona che l’aveva fatta ricredere, tornare ad essere quella di prima, con un po’ più di precauzione, una parte di sé, forse quella più bambina, le diceva che avrebbe incontrato qualcun altro in grado di risollevarla, una persona che le avrebbe teso la mano, l’avrebbe rialzata da terra e le avrebbe aggiustato le ali, insegnandole nuovamente a volare.
Quella persona avrebbe avuto una capacità estranea alla maggior parte degli umani, avrebbe avuto la capacità di restare. Quella persona avrebbe scelto di restare perché non avrebbe voluto allontanarsi, le sarebbero andati bene tutti i lati di Elena, i difetti, i pregi, i pensieri contorti e incomprensibili che solitamente le trapassavano la testa da parte a parte. Quella persona avrebbe scelto di restare.
Effettivamente tutto ciò suonava molto come una fiaba in cui il principe azzurro riesce a salvare la principesse dalle grinfie di un infido drago, ma nelle storie il principe arriva sempre alla fine, un attimo prima del ‘e vissero per sempre felici e contenti’, il finale che mai il pubblico è destinato a vedere e che quindi, molto probabilmente, non esiste se non nella fantasia. Elena non voleva assolutamente un principe azzurro che giungesse a liberarla dal drago crudele alla fine della propria storia e quindi della propria vita, anzi, non le andava proprio giù l’idea di dover aspettare che qualcuno si degnasse di farsi vedere per poter spiccare nuovamente il volo. Dipendere da qualcuno, lasciare che il proprio essere sia totalmente condizionato da qualcuno significava dargli un potere enorme: il potere sulla propria vita, della quale solitamente si è unici ed esclusivi padroni.
Ecco, Elena mirava a qualcosa di simile a questo, mentre camminava ascoltando una canzone di cui non riconosceva le parole, essere padrona di se stessa, non lasciare a nessuno il potere di prendere decisioni al proprio posto. Desiderava solo questo, essere responsabile della propria libertà, amministrarla quindi senza l’influenza di alcuno. Di colpo invertì la rotta, dopo aver spento sotto la suola il mozzicone di sigaretta. Era pronta ad andare avanti, anche se paradossalmente stava tornando sui propri passi per raggiungere casa. Chiara aveva scelto per lei di porre la maggior distanza possibile fra loro, Elena in quel momento aveva scelto di proseguire sulla propria strada, da sola. Da sola sarebbe stata in grado di recuperare una ad una le piume che aveva perso e di ricominciare a volare. Gli esseri umani non sono nati per volare forse, altrimenti avrebbero avuto piume  colorate e non nuda pelle, avrebbero avuto un becco per cinguettare amabilmente invece che avere una bocca in grado di pronunciare parole orribili. Ma Elena non si riteneva una di loro, lei era nata con le piume al posto della nuda pelle e si sarebbe ripresa le proprie ali per volare via.
Il Karma poteva definitivamente andarsene al diavolo, se mai avesse deciso di risputarle contro il ricordo di Chiara, Elena lo avrebbe affrontato, sarebbe stata libera, più forte di prima.
La ragazza alzò lo sguardo verso il cielo e sorrise alla luna, consapevole di essere nuovamente in grado di raggiungerla.
 





°Nota dell’autrice°
Eccoci giunti al finale, non voglio aggiungere personali commenti, Elena ha già espresso ogni cosa.
Come sempre aspetto le vostre opinioni.
Alla prossima storia,
Flownes
  
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