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Autore: _Lullaby99_    02/07/2015    4 recensioni
RACCOLTA MOMENTANEAMENTE SOSPESA
[ PercyJackson!AU ] [ Raccolta di Missing Moments ]
Diamo una voce ai personaggi secondari - tutti strettamente legati ai Big Four però, che ci saranno in più o meno tutte le One Shot - già incontrati nella long " Il Caduceo, il Sole, l'Incudine e il Cinghiale " perché, suvvia, se lo meritano e sono sicura che sarete tutti curiosi di saperne un po' di più sul loro passato e sul modo in cui, mentre ci concentravamo sui nostri quattro eroi, hanno agito nel corso della storia.
Dedicato a tutti coloro che hanno contribuito al successo della long ♥
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hiccup Horrendous Haddock III, Jack Frost, Merida, Rapunzel, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '- Il Caduceo, il Sole, l'Incudine e il Cinghiale -'
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We are Demigods
[ Raccolta di Missing Moments ]

 
# HunterPart1 
 
La paura sarà il tuo nemico, Elsa
- Parte 1 -

 
-    Elsa, psst! – la chiamò anche quella notte la sorella minore – Sveglia, sveglia, svegliati! –
La bimba addormentata sapeva già cosa l’altra volesse da lei – era la stessa ogni giorno al calar della sera, del resto – per cui si limitò a grugnire divertita in risposta, aspettando silenziosa la sua insistente reazione.
-    Dai! – la supplicò difatti poco dopo, scuotendola animatamente con le piccole manine pallide 
-    Anna – stavolta non poté far finta di non averla sentita – torna a letto. -
-    Non ce la faccio! – replicò però la bambina, accasciandosi fintamente sfinita sul corpo ancora dormiente della sorella maggiore – Si è svegliato il cielo, perciò sono sveglia! Dobbiamo giocare!
Eccola lì la proposta che l’allora piccola e spensierata Elsa si era aspettata dall’indisciplinata Anna. Così stavolta aprì un po' gli occhi azzurri per poterla guardare, ridendo intanto di sottecchi. 
-    Va a giocare da sola! – finse però ribrezzo, spingendola subito dopo giù dal letto celeste.
Anna però non si era arresa, Elsa poteva ancora sentirla sospirare ai piedi del suo caldo giaciglio. 
E fu quando, risalita sul letto della maggiore, questa articolo  « Lo facciamo un pupazzo di neve? » che Elsa non poté più rinunciare.
Corsero insieme veloci lungo l’alta scalinata che le separava dal grande salotto – controllando però prima che il padre dormisse ancora beato nella sua stanza -.
La villa era calma e silenziosa, solo il rumore delle loro ciabattine a contatto col freddo marmo del pavimento risuonava ovattato tra le sue mura.
La risata trattenuta della piccola Anna – o quella a cui Elsa era sembrata una risata – minacciava ogni minuto passato a scendere le scale di esplodere.  
La maggiore delle due tentava di arrestarla portandosi un dito imperioso alla bocca, chiedendole il silenzio, e, per un po’ questo, unito al tentativo della minore di reprimerla anche con l’uso delle manine, sembrò funzionare.
Quando però arrivarono finalmente alla loro destinazione – lontane dalle orecchie indiscrete del padre – la mano della piccola Anna scivolò via dal suo musino rosato, permettendole così di articolare:
-      Fai la magia, fai la magia! -
Elsa, lusingata al pensiero di far felice ancora una volta la sorella, obbedì umilmente, cominciando a far accrescere dentro sé il potere ereditato da Borea, il grande dio del vento del Nord.
Anna la guardava con gli occhi accesi di entusiasmo creare palle di neve e, nel giro di pochi magici attimi, la sala d’ingresso della villa era di già imbiancata. 
Costruirono in men che non si dica un pupazzo di neve per nulla stilizzato, con tanto di carota a far da naso e due espressivi occhi color pece, che poi chiamarono Olaf, colui che amava i caldi abbracci
Ad Anna piacque tantissimo, così tanto che il suo entusiasmo fece stagliare un sorriso soddisfato sul volto della sorella maggiore, sorriso che mai prima d'allora aveva fatto capolino sui suoi cipigli insicuri. Se alla persona più importante della sua vita quelle strane cose che sapeva fare piacevano, allora non c’era nulla di male nell’aver ereditato quel dono dal ramo di famiglia di suo padre. 
E giocarono, giocarono ancora. 
Scivoli di ghiaccio, tuffi nella neve e salto sulle tante collinette imbiancate.  
Ma fu mentre la piccola Anna saltava raggiante su queste sotto lo sguardo vigile ma pur sempre divertito della poco più grande di lei Elsa che qualcosa accadde, qualcosa destinato a rimaner impresso nella mente di quest’ultima per l'eternità.
Andava troppo veloce la bimba fulva, troppo per la bionda sorella che, improvvisamente nervosa, tentava in tutti i modi di tenerla su quelle collinette, creandone di nuove ad ogni suo salto. 
Ma le sue erano ciabattine, non scarpe anti-scivolo-sul-ghiaccio, e l’inevitabile accadde: Elsa perse l’equilibrio, non riuscì a creare l’ultima collinetta per attutire la caduta di Anna e, in un gesto estremo, la colpì proprio sulla testa fulva per tentare di mitigare il colpo. 
Ed eccola lì, a terra, priva di sensi, mentre una ciocca argentata si stagliava prepotente sui suoi capelli rossicci ed Elsa la stringeva shoccata al petto. 
-    Papà! – urlò – Papà! –
Le sue urla furono così forti da far scattare subito nel padre un moto di paura. Elsa lo dedusse dal modo in cui lo vide scendere poco dopo le scale, in camicia da notte e spettinato come mai l’aveva visto. 
-    È gelata. – esclamò l'uomo, una volta allontanata la figlia minore dalla disperata Elsa.
Quest’ultima raccontò tutto: le loro trasgressioni notturne, il gioco pericoloso fatto ed il modo in cui aveva per sbaglio colpito la sorella.
Il padre ricordò prontamente una leggenda al riguardo e nel giro di pochi minuti furono entrambi fuori, in balia della brezza primaverile notturna.
Stringendo forte le mano del padre e continuando a guardare mortificata la svenuta Anna, attraversarono a passi svelti la foresta che fiancheggiava la villa.
Nel giro di pochi ma per Elsa interminabili secondi giunsero in un posto pieno zeppo di rocce. Suo padre doveva essere impazzito: sarebbero dovuti correre in ospedale, e presto anche. Che senso aveva portare una bambina priva di sensi lì, in mezzo alla foresta?
Ma poi quelle rocce si animarono, rivelando di aver natura tutt’altro che minerale: quelli erano esseri non tanto belli ma guardandoli meglio neanche poi così tanto brutti. Avevano volti simpatici, dopotutto, sotto il rivestimento fatto di funghi e muschio che avevano al posto della pelle. 
-    Voglio parlare con Gran Papà. – disse il padre, ed il troll in questione, o almeno così il genitore li aveva chiamati poco prima, si fece avanti. 
Mise la mano sulla testa di Anna ed Elsa indietreggiò. 
Disse di averla guarita dopo pochi istanti, ma, col volto triste, sostenne che sarebbe stato meglio eliminare tutti i suoi ricordi sulla magia della sorella.
-    Ma... – provò ad obbiettare Elsa, tuttavia Gran Papà sembrava irremovibile
-    È per il suo bene.
La piccola annuì, desiderando più di ogni altra cosa la salute di sua sorella. Se per averla avrebbe dovuto nasconderle una parte di sé non le importava. Anna doveva vivere felice, lei poteva anche sacrificarsi perché questo avvenisse.
Un’altra cosa che Elsa non riuscì mai a dimenticare di quella sera – neppure da Cacciatrice – fu però la frase che Gran Papà le disse dopo averle dato quella spiacevole notizia.
La paura sarà il tuo nemico, Elsa. E così fu. 

 
***

Passò il resto dei suoi anni a celare, non mostrare. La porta chiusa come sua nuova sorella, i guanti azzurri come fedeli migliori amici.
Ascoltare Anna chiamarla al di là dell’uscio le spezzava il cuore ma non poteva, non doveva, accontentarla.
-    Lo facciamo un pupazzo di neve? – 
-    Va via, Anna! –
-    Okay... ciao. –
E la delusione nella sua voce... era opprimente.
Se solo avesse saputo perché la sorella si comportava così, se solo avesse... no! 

« Celare, non mostrare », questo l’insegnamento di suo padre. Solo così avrebbe potuto proteggere Anna e vivere in pace. Nessuno l’avrebbe mai chiamata strega, nessuno avrebbe mai più sofferto per colpa sua. 
Così teneva duro, mentre il freddo si impadroniva di lei, cancellando per sempre la spensierata e dolce Elsa di un tempo. 
Fino al giorno in cui suo padre –  la mattina seguente al suo dodicesimo compleanno - partì per un lungo viaggio di lavoro, diretto verso l'ennesima terra da esplorare. 
Ricco proprietario di una famosa catena di ristorazione, il “ The King of Arendelle “, mirava ad espandersi in tutto il pianeta – letteralmente -, così a volte si trovava costretto a partire assieme a dei colleghi per ispezionare i terreni scelti, verificandone in questo modo la loro idoneità alla costruzione.
Passarono giorni dalla partenza del padre. Elsa continuava a starsene in stanza, sola, Anna a chiamarla invano.
La loro tata – la signora Hamada - cucinava per loro e controllava che stessero bene. Il signor Arendelle non le aveva spiegato il motivo per cui la piccola Elsa dovesse rimanere sempre chiusa in camera sua, ma la tata, dopo numerosi e vani tentativi di ricevere una meritata spiegazione, aveva deciso ragionevolmente di non far più domande, rispettando silenziosa il dovere impostogli.
Apriva la porta quel tanto che bastava alla bambina per prendere il piatto colmo di pietanze e, ad Elsa, andava bene così. 
Il giorno in cui però alla porta si sarebbe dovuto presentare suo padre, carico di sorrisi e di nuovi giocattoli per loro, ciò che Elsa vide dalla finestra della sua camera offuscata dalla pioggia – pioveva da giorni ormai – non fu altro che il terreno impastato dall'acqua. Poi a tarda ora il telefono risuonò chiaro tra le pareti della grande villa e la loro tata afferrò la cornetta del telefono prima che potesse farlo lei.
Forse il traghetto ha solo tardato “ si ripeteva, sebbene un brutto presentimento le si fosse di già stagliato vivido nel petto “ O forse non partirà oggi per via del brutto tempo “. 
Fu quando la baby-sitter salì in camera col volto pallido di chi aveva visto un fantasma che Elsa capì cosa stesse accadendo: suo padre era partito, solo che non ci sarebbe stato nessuno ritorno per lui. Le onde lo avevano inghiottito, per sempre.

 
***

Furono mesi ancor più terribili per Elsa.
Lei ed Anna rimasero per un po’ a casa della loro tata che, alla fine, si era affezionata a loro e alla loro storia. Non che questo alla maggiore delle due dispiacesse, anzi, quella donna sembrava aver assunto il ruolo di una vera e propria mamma per loro, ma, nella sua piccola casa, non c’era più spazio per nascondersi. 
Così si era ritrovata a dormire di nuovo nella stessa stanza della piccola Anna – oramai bimba di dieci anni – e, adesso, nascondersi da lei per proteggerla era diventato impossibile.
Fortunatamente – e si fa per dire – Anna era diventata parecchio taciturna in seguito alla morte del padre. Sporadicamente, però, qualche domanda alla sorella la faceva comunque.
-    Perché mi hai evitata per anni? – chiese difatti una mattina di inizio Giugno, all’avvio della vacanze scolastiche
-    Non ora, Anna. – rispose fredda lei, mentre faceva finta di sistemarsi il letto a dovere
-    No, adesso non scappi più. – la afferrò però per il polso la sorella minore, guardandola per la prima volta dritta negli occhi di ghiaccio.
Doveva essere sfinita da quella situazione per poter reagire così. Le maniere forti non avevano mai fatto per lei.
-    Cosa vuoi sentirti dire? – controbatté così, cercando di mantenersi calma.
Non poteva arrabbiarsi o il potere enorme che aveva dentro le sarebbe scappato di mano, nonostante i guanti. 
-    Che mi vuoi bene, magari?! – gli occhi di Anna cominciavano a farsi maledettamente lucidi – Che ti sono mancata?! –
-    Anna... –
-    Dimmi perché all’improvviso sei sparita dentro quella stanza. Dimmi perché mi hai tagliata fuori. –
Anche i suoi di occhi si erano inumiditi a quegli ultimi comandi ma non poteva darlo a vedere. 
Fortunatamente – e anche stavolta si fa per dire – non ci volle molto perché questi si asciugassero da soli: bastò lo spavento preso poco dopo a sistemare il misfatto. 
Un mostro – Elsa era quasi convinta fosse un idra, date le nove e per nulla invisibili teste da rettile di cui era provvisto – aveva rotto l’unica finestra presente nella loro camera, facendo poi spaventosamente sbucare dall’apertura di vetro creata una delle enormi e letali teste da serpente.
Entrambe urlarono, terrorizzate. Anna era più shoccata dell’altra dato che il padre, prima della sua morte, non era riuscito a rivelarle la sua natura semidivina.  
 Ad Elsa invece l’aveva detto due anni prima, ad una cena presidiata solo da loro due. 
Sua madre non era mai morta: sua madre era la dea della saggezza in persona, la grande dea Atena.
Lo stupore in un primo momento era stato grande ma poi, una volta metabolizzata perbene la cosa e tornata finalmente la Elsa razionale, aveva capito che quella era proprio la risposta a tutti i punti interrogativi che da anni le avevano ballato fastidiosi il merengue in testa. Le strane creature viste da bambina, l’inusuale dono di poter leggere il greco antico nonostante la dislessia ed il fatto che suo padre non avesse nemmeno una foto di sua madre in casa... tutto aveva preso un senso, finalmente. 
Ma Anna non sapeva nulla, non poteva sapere, perciò andava aiutata e protetta. Fortuna che questo Elsa era già abituata a farlo. 
-    Sta calma! – le urlò così – Non moriremo. –
-    Sono calmissima, come vedi. Sto una meraviglia. – rispose la sorella con la voce tremante, usando come sempre quel sarcasmo tanto amato.
Dopo di che Elsa le afferrò prepotentemente il braccio, trascinandola con sé verso le scale. 
Veloci giunsero in cucina dove la signora Hamada stava preparando uno dei suoi deliziosi manicaretti per colazione. 
-    Che avete? – chiese la tata confusa, vedendo le due intente a scappare a rotta di collo verso la porta di uscita
-    Dobbiamo andar via, signora Hamada, grazie mille per ciò che ha fatto per noi. –
-    Ma sto per prendere in affidamento i miei nipoti che vivono a San Fransokyo, sapete, anche loro hanno perso da poco un genitore, non potete andarvene, pensavo di trasferirmi lì con voi... e poi siete minorenni! – 
-    C’è un mostro orribile al piano di sopra che ... – provò a spiegare Anna ma Elsa le diede prontamente un calcio dritto agli stinchi – Ahi! – 
-    Spero di rivederla presto. – si limitò poi a dire alla signora Hamada, scappando dalla porta d’ingresso. 
Peccato che una volta fuori tutte e nove le teste dell’idra si concentrarono su loro due: gli occhietti neri e vispi nelle iridi colorate delle bambine, le zanne mortali pronte e lacerare la carne tenera di entrambe.
-    Perché hai lasciato zia Cass...? – cominciò Anna a bassa voce, anche se quello non era proprio il momento adatto a parlare di ciò
-    Si chiama Cass? Oh, non mi interessa e non è l’ora di...  –
-    Sì, se solo tu avessi provato a chiamarla così invece che signora Hamada per tutto il tempo... Ma non è questo il punto! – tornò ad esprimere sussurrando e muovendosi il meno possibile il concetto precedente – Morirà. Tu l’hai lasciata a morire! - 
-    È una mortale, Anna. L’Idra vuole noi. – fece però semplicemente lei in risposta mentre i suoi occhi balenavano inevitabilmente a dietro la figura dell’idra.
Monster Donut. Quella catena di negozi di ciambelle non gliel’aveva mai raccontata giusta. Quella cosa a nove teste doveva essere spuntata da lì. 
-    Aspetta, che? Mortale? L’id-cosa? – 
-    Ti spiegherò tutto dopo, adesso fa solo quello che ti dico di fare. –
Senza armi né nulla ad aiutarle – ed anche se le avessero avute Elsa dubitava che le avrebbero sapute usare a dovere – l’unica cosa che alla figlia di Atena venne in mente per salvare la sorella fu concentrare l’attenzione del mostro solo ed esclusivamente su di sé.
-    Io la distraggo e tu scappi nella foresta. –
-    Cosa?! –
-    Fa come ti dico! –
E partì alla volta del mostro, senza ascoltare altre ragioni da parte di Anna. 
Quello era un suicidio bello e buono ma tutto per la salvezza di sua sorella. L’unica cosa che sperava adesso, correndo per tentare di allontanare l’idra da Anna, era quella di salvare lei e nessun altro.
Così, oramai lontana da casa della loro ex tata – che, poverina, chissà cosa pensava di loro due adesso! – arrestò la corsa, aspettando consapevole la morte. 
Qualsiasi cosa avesse tentato, pur ingegnosa che fosse, non sarebbe valsa nulla contro la potenza di quella creatura. 
Chiuse gli occhi. 
-    Ti voglio bene Anna. – sussurrò sentitamente, anche se consapevole che la sorella non l’avrebbe ascoltata.
Quando però sentì un disgustoso crack risuonarle nelle orecchie, una volta capito che il rumore non fosse provocato dalle sue di ossa intente a frantumarsi contro le fauci dell'assalitore, aprì gli occhi, più arrabbiata che stupita dall’avvenimento.
Anna era tornata a prendere un coltello da cucina in casa di quella che lei chiamava zia Cass e aveva letteralmente decapitato una delle teste dell’idra.
Non era decisamente una figlia di Atena.
Suo padre aveva dovuto concepirla con un’altra dea, ormai era certo. 
Che poi, era un'idea del tutto plausibile dato lo stretto legame che c'è sempre stato tra lui, mortale discendende di Borea, e la mitologia greca. 
-    Anna! – sbraitò così, mentre il volto le si faceva violetto per la rabbia
-    Che c’è? Ti ho salvato la vita! Ah, e anche io ti voglio bene, cuore di pietra. – 
-    No, non mi hai salvato la vita, hai condannato quella di entrambe! – 
Là dove Anna aveva dato apparentemente un taglio netto alla vita dell’idra, due teste al posto di quella mozzata stavano crescendo a vista d’occhio e prima che Elsa potesse inveire nuovamente contro la sorella queste le stavano già ruggendo contro.
Da nove a undici, perfetto. 
-    Io non lo sapevo! – Anna parve vergognarsi terribilmente – Mi dispiace! –
-    Non importa, tu vivrai, te lo prometto. –
-    Non se ne parla, io non vivo senza te. Entrambe vivremo. Perciò fatti venire una buona idea, ti preeego. –
-    Fuoco... credo sia quella la soluzione. -
Solo il fuoco poteva uccidere un’idra, sì, ne era sicura, ma dove trovarlo? 
E metti caso fossero riuscite a procurarselo, come evitare di bruciare tutta la foresta comprese loro stesse?
Elsa stava già per arrendersi quando un altro crack le riempì i timpani ed una terribile puzza di bruciato le si insinuò prepotentemente nel naso. 
-    Hai detto fuoco o sbaglio? – 
Un bambino – all’apparenza coetaneo di Elsa – stava mozzando e bruciando tutte le undici teste dell’idra, come se non facesse altro dalla nascita. 
Con la spada nella mano destra ed una torcia nella mano sinistra ne staccava e carbonizzava una ogni minuto, tutto da solo. 
Anna lo guardava estasiata, Elsa si sentiva invece un po’ umiliata.
Lei non sapeva fare quelle cose, decisamente no. Lei era teoria, fin troppa teoria.
Quando poi l’idra cadde a terra morta, il ragazzino, col fare smargiasso di chi aveva appena disintegrato tutto solo un mostro a nove – anzi, undici – teste ipervelenose, fissò entrambe la bambine, sul punto di dire qualcosa.
Elsa però lo precedette.
-    Si, si, davvero bravo. – disse, per nulla colpita, con addirittura una filino di antipatia nella voce – Ti aspetti che ti facciamo l’applauso? –
-    Elsa!
-    Sai com’è, vi ho appena salvato le penne. Adesso sareste spuntino per mostro senza di me. –
-    Come facevi ad avere quella torcia? – lo interrogò, noncurante del suo ultimo commento – E la spada? –
-    Se vivi solo da tempo impari a cavartela. E quelle cose me le ha... come dire... prestate qualcuno. –
-    Sei un ladro. – sentenziò così alla fine la biondina, puntando un dito dritto contro il castano sbruffone – Dovresti vergognarti. –
-    Con questa roba mi salvo la vita! – 
-    Ma certo, quindi questo ti giustifica a rubare?! –
-    Direi di si. –
-    E i genitori non dicono niente? –
Quella strana partita di tennis – che Anna aveva seguito confusa con gli occhi per tutto il tempo – cessò improvvisamente.
Elsa si chiese se avesse toccato un tasto dolente.
-    Non ho genitori. – rispose però poi il castano, e la bambina si sentì più in torto che mai.
Aveva esagerato.
Lo aveva trattato così solo perché voleva essere lei la salvatrice di Anna. Lei, che non aveva fatto altro che scappare per tutto il tempo. Lei, che era scappata non solo in quella situazione, ma da sempre.
Prendersela con quel ragazzino vestito solamente di abiti più grandi lui non era leale. 
-    Mi dispiace. – disse così - Io sono Elsa e lei e mia sorella Anna. Grazie per averci salvate, ti siamo debitrici. –
-    Finalmente un po’ di riconoscimenti. – annuì soddisfatto il bambino – Io sono... Flynn . –
Esitò sul nome. Sospetto, molto sospetto.
-    Sei un semidio come noi? – chiese però, nonostante la risposta le sembrasse ovvia
-    Un che cosa? – fece però confuso Flynn 
-    Hai avuto la mia stessa reazione. – commentò Anna guardando torva la sorella
-    Certo che nessuno vi ha spiegato niente, eh? –
 
 
 

N.A.: Eccomi qui, con la prima parte della tanto attesa storia di questo... sì, strano trio. 
Essendo un passato abbastanza importante quello di Elsa & Co. - ricordate i capitoli in cui era presente, dopotutto, e le strane litigate tra lei e Flynn -  ho deciso intelligentemente di dividerlo in due, così da riuscire a rendere giustizia ad ogni cosa.
Well, ci sono un po' di cose da spiegare sulla questione Elsa coi poteri di Borea nonostante sia una figlia di Atena, anche se chi ha letto i libri dello zio Rick avrà già capito a quale personaggio dei sette della profezia di HoO mi sono ispirata. 
Partiamo dal principio. Ho perso parecchi giorni - mesi - a pensare ad un valido motivo per cui Elsa dovesse allontanarsi così tanto dalla sorella e, non riuscendone a trovarne uno plausibile al contesto, ho deciso di lasciar le cose così com'erano in Frozen, ma adattarle al mondo del caro Riordan. 
Come Frank in HoO - che era un discendente di Poseidone nonostante fosse figlio di Marte, poteva trasfomarsi in qualsiasi animale volesse ( *-* ) - Elsa discende da Borea - o meglio questo è il... bis bis bis bis bis nonno di suo padre -, per questo ha ereditato questi... strani poteri. Questo però non significa che non potesse essere anche una semidea figlia di Atena. Insomma, questo il risultato di mesi a farmi schemini mentali solo per far quadrare i conti sulla cara regina delle nevi - personaggio che tra l'altro non ha neanche un posto molto grande nel mio cuore, lo ammetto x'D Preferisco sua sorella Anna 
♥ -.
Poi... ah, sì, zia Cass. Tutti quanti avrete la testa a forma di punto interrogativo dopo questa mia stana trovata, scommetto x'D Volevo semplicemente unire la storia delle sorelle di Frozen a quella dei fratelli di Big Hero 6 - anche se non si incontrano alla fine ma entrambi hanno vissuto con quella meravigliosa donna *-* - perché... mi piaceva tantissimo l'idea di farlo. Ho sempre trovato simile la relazione Elsa-Anna a quella Tadashi-Hiro per cui, tutto qui, stavolta nulla di tanto pensato, mi sono semplicemente fatta guidare dal cuore - cosa che raramente riesco a fare, colpa di mamma Atena -. 
E questo è tutto per quanto riguarda la Missing Moment.
Ora però devo darvi un annuncio.
Dal 16 al 30 luglio sarò a Londra  - sclero, sclero, sclero! -, perciò spero di riuscire a pubblicare la seconda parte di questa One Shot - non ancora scritta >.< -  entro il 15. Se così non dovesse accadere - e spero davvero di no, cercherò di impegnarmi al massimo per voi - ci si risente sicuramente i primi di agosto. 
Insomma, io vi saluto qui, sicura che capirete quanto io sia contenta per la realizzazione di questo mio sogno e perdonerete l'eventuale prossimo ritardo.
Aspetto con ansia vostri pareri come sempre, vi ringrazio as usual e alla prossima



 
  
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