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Autore: Yumeha    02/07/2015    6 recensioni
E anche quest'anno ho intenzione di partecipare alla NaLu Week! Spero di riuscire a far qualcosa di perlomeno decente. xD
Day 1: Wander
Day 2: Gratitude
Day 3: ???
Day 4: ???
Day 5: ???
Day 6: ???
Day 7: ???
Bonus day 8: ???
Buona lettura! ♥
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lucy, Heartphilia, Natsu
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Gratitude
 

Genere: Sentimentale, Drammatico
Tipo di coppia: Het
Note: AU
 
« Lucy! Ti ho detto mille volte di non correre quando scendi dalle scale! » urlò una donna dai capelli biondi, esattamente della stessa tonalità della ragazza appena richiamata.
« Tranquilla mam- » non finì di parlare perché inciampò nei suoi stessi piedi e cadde a terra atterrando con le ginocchia. Lucy si morse il labbro a sangue per non disperdersi in un raffica di imprecazioni molto colorite. Si alzò di scatto e puntando il naso all’aria, si guardò in giro con circospezione. « Tu non hai visto niente » borbottò, rivolgendosi alla madre.
Layla si portò una mano sul viso, esasperata. « Figlia mia, che caso perso che sei »
La ragazza le lanciò un’occhiata obliqua. « Io esco »
« Fai attenzione! Occhio alle macchine! Guarda sempre prima di attraversare! Non accettare nulla dagli sconosciuti! »
« Mamma! Per Mavis, non ho due anni! » sbottò incredula.
La donna ridacchiò, rivolgendole poi un sorriso caldo. « A più tardi, tesoro »
Lucy le schioccò un bacio sulla guancia e afferrando una borsa a tracolla uscì trafelata di casa. Corse verso il retro dell’immensa villa Heartphilia, afferrò una mountain bike e iniziò a pedalare velocemente, destinazione ospedale.
La bionda faceva volontariato nell’ospedale che dirigeva la madre, ogni volta si sentiva bene quando vedeva quella gente rivolgerle un sorriso luminoso, di ringraziamento. Persone che magari non stendevano le labbra se non in rare occasioni. Sapere che lei riusciva a portare un po’ di felicità nelle loro vite incasinate era ciò che la spingeva a varcare le soglie di quell’edificio intriso di tristezza, dove la gente lottava rimanendo in bilico fra la vita e la morte.
In quel momento sentì la notifica di un messaggio. Incurante di essere in mezzo alla strada, prese il cellulare dalla borsa e guardò il messaggio.
 – Ehi, quanto ti manca?
Sorrisi.
 – Sto arrivando.
Quasi non vide una macchina che inchiodò appena in tempo. Le suonò dietro per non so quanto. Aumentò il ritmo e sparì velocissima, voleva vederlo.
Quando scorse l’edificio bianco, lasciò la bicicletta vicino a un parchetto e la assicurò a un palo con la sua catena. Affrettò il passo e si diresse dentro l’edificio, salutando i medici che le sorridevano cordiali, ormai abituati alle visite giornaliere della figlia della donna che aveva fondato l’ospedale.
Lucy salì le scale, osservando i vari cartellini che segnavano i reparti. Quando il suo sguardo trovò quello giusto, qualcosa le strinse il cuore.
Voleva che avesse una possibilità.
Non era giusto.
Gli avrebbe ceduto volentieri la sua vita, tutto pur di saperlo felice. Ogni giorno lottava per vedergli in viso quel sorriso radioso che riusciva a farle percepire l’anima più leggera. Con quei pensieri, si accorse di essere giunta a destinazione.
Era davanti alla sua porta.
Bussò.
« Avanti » udì dall’interno.
Tu-tum.
Ecco che il suo cuore accelerava i battiti, spiccava il volo, faceva finta di essere un tamburo africano.
Aprì piano la porta, tutto quel bianco le fece male agli occhi, l’unica macchia di colore apparteneva alla zazzera rosa di capelli del ragazzo che stava sdraiato sul lettino. Le sue labbra alla vista della bionda si stesero immediatamente in un sorriso caldo, anche se gli occhi mal celavano alcune tracce di stanchezza. Al braccio aveva una flebo. Il volto era più pallido, quasi emaciato. La muscolatura non era più così definita come all’inizio.
Lui non lo sapeva, ma i medici non gli avevano fatto la chemioterapia perché si erano accorti troppo tardi della sua leucemia acuta. Non c’era più nulla da fare nemmeno con le terapie. Le venne un groppo in gola, ogni giorno cercava di rincuorarlo, di assisterlo, di fargli compagni e … illuderlo. Ma cosa poteva fare? Doveva dirgli che per lui non c’era nessuna chance? No, voleva continuare a vedere il suo sorriso sul volto, perché ogni volta che Lucy gli diceva di resistere, che ce l’avrebbe fatta, di stringere i denti che presto sarebbe evaso da lì, lui sembrava crederle e le prendeva la mano, la stringeva e le diceva quanto tenesse a lei. Poteva sembrare egoistico, ma non ce la faceva a vedere quel ragazzo con occhi vacui e spenti.
« Buongiorno Natsu! » salutò lei, piena di energia.
I suoi occhi smeraldini brillarono. « Lucy! Come stai? »
La bionda gli si avvicinò e gli scoccò un bacio sulla fronte. « Non mi lamento » si strinse nelle spalle. « Tu? Un po’ meglio? »
Il rosato aggrottò le sopracciglia. « Mi sento sempre più debole »
Deglutì a vuoto, cercando di scacciare le lacrime che le velarono gli occhi. Si schiarì la gola, giusto per accertarsi che non le uscisse roca. « Vedrai che andrà tutto be- »
« Credi che non lo sappia? » la interruppe, con voce gelida.
Il cuore di Lucy aumentò i battiti. « C-cosa? »
Natsu legò i suoi occhi magnetici a quelli color cioccolato di lei. « Della mia situazione »
Il labbro della ragazza tremò, così come vacillò la sua fermezza. Abbassò lo sguardo, bastò un’altra sua occhiata fredda, vuota e le lacrime sgorgarono dagli occhi di lei. Scoppiò a piangere, forte, forse anche troppo.
« Mi dispiace! Ho fatto di tutto per riuscire a salvarti! Ho proposto di pagarti le chemio, ma si sono rifiutati di farle in quanto sarebbe stato solo ulteriore dolore per te! Giuro, ho fatto ogni cosa possibile, ma il potere di guarire le persone non ce l’ho » singhiozzò.
Il ragazzo la guardò a bocca aperta. « Tu hai fatto cosa? »
« Natsu, i-io- »
Lui le afferrò dolcemente il viso e la portò vicino a sé, la guardò negli occhi e quando vide le sue palpebre abbassarsi, premette le labbra su quelle della ragazza.
Un bacio che sapeva di lacrime, dolore e tristezza.
Per Lucy fu la cosa più dolorosa da gestire. Non nascondeva di provare dei sentimenti per il rosato, probabilmente le piaceva dalla prima volta che era entrata in quella stanza spoglia, bianca che puzzava di antisettici. Quello che certe persone si ostinavano a chiamare colpo di fulmine, era successo a lei.
Era sbagliato.
Non dovevano innamorarsi.
Né lui, né lei.
Ma soprattutto lei. Cosa avrebbe fatto quando il ragazzo che amava avrebbe chiuso gli occhi per sempre? Quando non avrebbe più percepito il suo debole calore corporeo? Come avrebbe reagito?
Quando lui ruppe il contatto, le regalò un sorriso grato. « Grazie »
« Eh? Per cosa? » fece, sbattendo le ciglia, ancora stordita dal bacio.
Lui ridacchiò. « Per essermi stata sempre vicina, per avermi tenuto compagnia finora. Saresti potuta uscire da quella porta e dalla mia vita – per quella che rimane – in qualsiasi momento, anche ora volendo, eppure ogni giorno facevi la tua entrata sbattendo la porta, portando nelle mie giornate felicità, sentimento e colore. Hai addirittura cercato di pagare le mie possibili chemio. Giuro, se avessi un futuro davanti, avrei pensato di poterti sposare »
Fu troppo.
Riprese a piangere, ancora più forte di prima se possibile, un pianto a lungo tempo trattenuto, liberatorio.
« Ti prego non mi lasciare! » piagnucolò, gettandosi su di lui e stringendolo.
Per sbaglio rischiò anche di urtargli il filo della flebo, talmente il suo gesto fu repentino.
Le dita del ragazzo corsero tra i capelli morbidi e setosi della bionda, però non rispose e questo fece star male ancora di più Lucy. Cosa sperava che le dicesse? “Te lo prometto”? Quando nemmeno lui sapeva fin quanto avrebbe avuto ancora da vivere?
Una fantasia ipocrita, ecco cos’era.
Rimasero abbracciati per un po’, finché la voce calda del ragazzo non la fece allontanare, con un peso enorme sul cuore. Le sembrava che qualcuno le avesse legato un masso di diverse tonnellate al suo muscolo cardiaco e che lo stesse inevitabilmente portandolo verso il basso, trascinandolo nell’oscurità delle false speranze e nell’oblio della tristezza.
« È ora che tu vada, è terminato il tempo delle visite »
Annuì.
« Ci vediamo domani »
Quando la bionda si chiuse la porta alle spalle, le sembrò di udire un “Addio, Lu” ma non ne fu sicura. Diede la colpa alla stanchezza e si lasciò tutto quel bianco alle spalle.
 
Lucy non era riuscita a chiudere occhio, dietro le sue palpebre era ancora vivido l’episodio del pomeriggio precedente, il suo battito non accennava a diminuire il ritmo, aveva il terrore che invece quello del ragazzo che amava potesse cessare. Aveva provato ad alzarsi nel cuore della notte, prepararsi una camomilla, fare una passeggiata al buio nel suo immenso giardino, ma nulla di ciò aveva funzionato per distrarla e calmarla.
La mattina seguente di conseguenza era uno straccio, sotto i suoi occhi scuri profonde occhiaie le davano una forma più bassa. Strisciando i piedi sulle scale, scese con un passo quasi cadenzato. Uscì di casa senza andare a salutare la madre e riprendo la sua mountain bike ripercorse la strada verso l’ospedale, esattamente come il giorno prima e prima ancora e ancora…
Quando però entrò nell’ospedale stranamente si trovò lo sguardo di tutti addosso, in un modo decisamente insistente e fastidioso. La bionda inarcò un sopracciglio e proseguì per la sua strada, salì le scale e raggiunse la sua porta, che stranamente trovò semiaperta. All’interno c’era diverso casino, in un attimo si sentì il cuore attanagliato dalla paura.
Fece eruzione nella stanza e quello che vide le fece scappare un grido che le graffiò la gola. Natsu giaceva seduto contro il muro, appena sotto la finestra, la testa ciondolante in avanti e gli occhi chiusi. La flebo era stata strappata dal braccio e ora giaceva a terra. Lucy si catapultò verso di lui e stringendolo cominciò a chiamarlo ad alta voce, mentre le lacrime iniziarono a sgorgare.
« Natsu! » strillò, afferrandogli il viso. « Ti prego apri gli occhi! Ti prego! »
Gli lasciò un casto bacio, sentendo il salato delle sue lacrime mischiarsi col dolce delle sue labbra.
« Non mi abbandonare … » singhiozzò.
Quando le sua mani sfiorarono il corpo non coperto dalla veste bianca da paziente e percepì la sua freddezza, dalla sua gola uscì un altro urlo disperato.
In quel momento un gruppo di medici, attirati dalle grida, entrò nella stanza. Il più grosso del gruppo afferrò la bionda di peso, caricandosela sulle spalle, mentre il resto attorniò il rosato.
Lucy scalciò, si dimenò, urlò, ma tutto risultò vano. « No! Lasciami! Natsu! » sbottò.
Il dolore esplose nel petto della ragazza, che continuava a piangere. Si aggrappò allo stipite della porta, per non lasciar da solo il ragazzo di cui si era innamorata, l’unico con cui aveva diviso dei sentimenti che andassero oltre il banale affetto, l’unico che era stato in grado di stravolgerle la vita, l’unico che le aveva scosso il cuore fino a farle mancare il respiro.
E adesso se n’era andato
Per sempre.
L’aveva lasciata sola.
Quando il dottore riuscì a staccarla dallo stipite, le rivolse un muto “scusa” con gli occhi e poi si allontanò.
In quel momento, una bambina priva di capelli e dagli sconcertanti occhi blu le si avvicinò e le porse un post-it giallo.
« Da parte del ragazzo che stava qui » brontolò la piccola.
 
“Grazie di tutto, ti amo.”
 
Lanciò un ultimo sguardo all’interno di quella stanza bianca, scorgendo il corpo accasciato contro la parete del rosato, prima che la porta si chiudesse.
Chiudendo così, anche quella parte della sua vita.
« Anche io, Natsu » sussurrò, mangiando un po’ delle sue lacrime.
 







Yumeha’s Corner
Appena in tempo! Mi sono messa a guardare un film e mi sono dimenticata di aggiornare. ^^” Solo io potevo riuscire a scordarmi una cosa simile..
Ciancio alle bande! Che ve ne pare? :D No okay, avete tutto il diritto per insultarmi, minacciarmi, mandarmi a quel paese. Anche ammazzarmi se avete bisogno di una valvola di sfogo. (?) Faccio seriamente pena nelle drammatiche cwc
Fatemi sapere.
Un bacione e a domani!
   
 
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